Sembra più tranquilla del solito, la fila davanti al Ministero dell’interno che da domani fino a lunedì pomeriggio alle 16 si prepara a depositare i contrassegni da usare alle elezioni europee. Qualcuno degli “animatori” dell’anno scorso ancora non si vede e forse non verrà: qualche mentitore di professione è convinto che temono un’accoglienza poco simpatica dei presenti e delle forze dell’ordine.
Qualche furbastro forse c’è già: qualcuno lascia solo il nome, segno che tengono il posto per simboli “coperti”, da non mostrare o potenzialmente devastanti. Due ragazzi, per dire, sono convinti: “Chi rappresentiamo? Dio”, spillare loro qualcosa di più è impossibile.
Al numero 8 invece c’è lei, Mirella Cece, ingrediente fondamentale per la fila davanti al Viminale. Quando arriva, alle 11, ha già i suoi blocchetti pronti per distribuire i numeri di arrivo a chi si mette in fila, dietro le transenne, dopo di lei. Di gente, in realtà, non ne arriva molta: entra persino qualche turista, che si siede lì con la cartina e la guida, probabilmente ignorando il rito che si compie.
L’età media dei depositati o di coloro che tengono la fila è di 30-35 anni, ma i veterani tengono la posizione. Col numero 5 c’è Carlo Gustavo Giuliana, che insiste nella sua battaglia della lista “Io non voto” (“Quest’anno rischiamo di essere la maggioranza”) e Luciano Gesuelli, che per una vita ha depositato simboli e liste prima per la Dc, poi per i popolari e ora continua col Pd.
E poi ci sono tre ragazzi per CasaPound Italia, che sono sulla piazza dalle 7.30 e fanno turni di 4 ore per presidiare il loro numero. Nell’attesa ascoltano incuriositi la storia della Cece e del suo Sacro Romano Impero Liberale Cattolico: chissà che non sia una buona giornata, per fare proseliti...
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