mercoledì 3 agosto 2022

Ancora sulla raccolta firme (anche in forma digitale) e sulle esenzioni

I "sommersi" e i "salvati" (v. nota a fine articolo)
La questione della raccolta delle sottoscrizioni a sostegno delle liste, nonché delle ipotesi di esenzione da questo onere continua comprensibilmente a tenere banco
. Accade tra le forze politiche che devono scontrarsi con la prima raccolta in agosto nella storia repubblicana italiana (lo ha ripetuto anche questa mattina Gianluigi Paragone alla conferenza stampa di presentazione della lista congiunta ItalExit-Alternativa), ma anche tra i giuristi. Roberta Lanzara di Adnkronos, tra il 31 luglio e il 1° agosto, ha intervistato sul punto i costituzionalisti Gaetano Azzariti e Giovanni Guzzetta; quest'ultimo è anche intervenuto ieri sul Dubbio. I problemi da loro posti sono certamente rilevanti e sono stati già in più di un'occasione trattati su queste pagine; alcuni aspetti meritano peraltro di essere visti con più attenzione. 

Un cocktail davvero tossico

Nessuno dei due giuristi contesta né il sistema della raccolta delle sottoscrizioni in sé, né quello degli esoneri in sé; a essere oggetto delle loro dure critiche è piuttosto la combinazione dell'attuale regime di raccolta firme (aggravato, per usare le parole di Guzzetta sul Dubbio, dalla "precipitazione degli eventi politici" e dalla "caduta di questa fase pre-elettorale in piena estate") e delle ipotesi vigenti di esenzione da quell'onere. L'irragionevolezza, secondo Azzariti, starebbe nella possibilità che formazioni politico-parlamentari di recente o recentissimo conio, non passate attraverso il cimento elettorale, siano oggetto di esenzione "solo perché stanno casualmente in Parlamento e possono collegarsi a simboli concessi da altri parlamentari", una situazione che, sempre per Azzariti, sarebbe "tale da rendere [...] quasi casuale la possibilità di raccogliere queste firme", non bastando come ratio per giustificare l'esonero alla singola forza politica la "generosità" del partito esentante (Centro democratico di Bruno Tabacci, in questo caso). 
Si sarebbe di fronte, insomma, a un vero e proprio "cocktail tossico", quasi lo stesso che era denunciato davanti al tribunale di Roma da +Europa nella causa civile iniziata nel 2019 per portare davanti alla Corte costituzionale alcuni aspetti del procedimento elettorale preparatorio ritenuti incostituzionali perché, appunto, irragionevoli. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 48/2021, aveva ritenuto infondate le questioni (e considerato inammissibile la questione sulla ridotta operatività delle esenzioni "ordinarie", ma essenzialmente per il modo in cui l'aveva formulata la giudice che si era rivolta alla Corte), in compenso aveva riconosciuto che i tempi per la raccolta firme erano ristretti e che un intervento del legislatore sarebbe stato opportuno (come pure il legare il numero di firme da raccogliere alla popolazione del collegio). Rispetto al quadro sottoposto al giudice delle leggi, quest'anno si è aggiunta una norma - inserita in sede di conversione del "decreto elezioni 2022" dall'emendamento Magi-Costa riformulato - che ha leggermente ampliato il novero dei soggetti esonerati. Paradossalmente, però, proprio quell'ampliamento - che sulla carta poteva essere positivo, riducendo lo "sbarramento all'ingresso" della competizione elettorale - sembra in qualche modo aver aggravato la situazione agli occhi dei giuristi interpellati in questi giorni, dal punto di vista della ragionevolezza dell'accesso all'esonero.

La terra dei miracoli e delle esenzioni?

Una norma può essere problematica e iniqua di per sé oppure - ed è molto più frequente - può esserla o diventarla in un determinato contesto. Per Giovanni Guzzetta - come si legge nel suo articolo di ieri - il contesto che rileva è quello determinato dagli "smottamenti politici avvenuti durante tutta la legislatura (scissioni, trasformismi e transumanze varie) e acceleratisi negli ultimi tempi", che "hanno moltiplicato sigle e partiti, che ovviamente vogliono tentare la sorte nelle prossime elezioni. Evitando possibilmente il bagno di sangue della raccolta delle firme", al punto che l'esenzione nel primo agosto pre-elettorale può diventare "una questione di vita o di morte", che fa la differenza tra i "sommersi" (sotto un mare di firme) e i "salvati" (sulla zattera dell'esenzione).
Il fatto è che, nota Guzzetta, "l’Italia è la terra dei miracoli". Nel 1976 si introdusse una prima eccezione alla regola della raccolta delle sottoscrizioni come prova di consistenza e serietà delle candidature, ritenendo che la presenza qualificata di un partito all'interno del Parlamento desse le stesse garanzie (allora però non occorreva il doppio gruppo parlamentare dall'inizio della legislatura, quella che Guzzetta chiama "la prima grande esenzione" ma prevista dalla fine del 2005: bastava avere anche solo un gruppo parlamentare al tempo della convocazione delle elezioni - magari sorto in corso di legislatura - o essersi presentati alle elezioni e aver ottenuto almeno un seggio); in seguito, però, si sono aggiunte altre ipotesi di esonero, "guarda caso proprio nel momento in cui il sistema politico si sfarinava sotto i colpi di scissioni e transumanze", dunque quando la "presunzione di rappresentatività entrava in crisi, sotto i colpi della crisi dei partiti". In quel contesto sarebbe stato logico ripensare l'istituto stesso dell'esenzione, più nel senso - ci si permette di dire - di mitigarlo o anche di eliminarlo (come in effetti era accaduto nelle tre elezioni celebrate con la "legge Mattarella", dunque nel 1994, nel 1996 e nel 2001) che di ampliarlo: come per miracolo, invece, fu ampliato in vari modi dal 2006 in avanti, per giunta quasi sempre "in articulo mortis, cioè verso la fine delle legislature" e - sia le esenzioni, sia i tagli "straordinari" alle firme da raccogliere - sempre una tantum, dunque con riguardo alle sole elezioni immediatamente successive all'entrata in vigore di quelle regole specifiche (in un vecchio articolo del blog si era parlato di una deprecabile "emergenza elettorale continua", che dal 2006 a oggi ha portato a non applicare mai il regime "normale" di presentazione delle candidature). "Del resto - ha scritto Guzzetta - perché privare il prossimo legislatore di questo passe-part-tout? Al futuro ci penseranno quelli che verranno, a seconda delle circostanze e delle convenienze del momento".
Quest'ultima frase fotografa una verità sacrosanta: se la legge elettorale dà veste giuridica a uno strumento tecnico (il sistema elettorale che delinea) che ha però un'alta valenza politica, lo stesso vale anche per le esenzioni dalla raccolta delle firme: il perimetro dei soggetti politici esentati è strettamente legato alle intenzioni di chi propone la regola e - soprattutto - a quelle della maggioranza che la approva, assumendosene la responsabilità politica (ciò non ha impedito a Guzzetta di considerare l'esenzione a favore dei partiti costituiti in gruppo alla data del 31 dicembre 2021 "una consacrazione di scissionismo e trasformismo, anzi, un vero e proprio premio", anche se - come si è visto - l'ultimo ventennio scarso della Prima Repubblica si era dato la stessa regola, per giunta in modo stabile). Secondo Guzzetta, anzi, il giudizio del corpo elettorale sulle forze politiche che hanno proposto e approvato queste norme di favore una tantum si potrebbe fondare anche su quell'atteggiamento: "Se vogliono una corsia preferenziale così ampia rispetto al viottolo lasciato agli altri cittadini - ha scritto -, questi ultimi hanno tutti gli strumenti per giudicarli. Certo se da un lato si rende la vita più facile a chi è già nelle istituzioni e dall'altro non si interviene per dare una chance dignitosa a chi da fuori voglia legittimamente entrarci (magari anche senza esenzione), non ci si può poi lamentare che il populismo dilaghi, l'astensionismo aumenti e la fiducia nella politica tocchi i minimi storici". (Incidentalmente, evocare il concetto di responsabilità politica sulle scelte in materia di raccolta firme ed esenzioni presuppone che elettrici ed elettori siano consapevoli delle differenze di trattamento tra soggetti onerati ed esenti: se ne parla da giorni, soprattutto da parte di chi pur stando in Parlamento deve andare a caccia di sottoscrizioni, ma chi scrive non è certo che l'intero corpo elettorale abbia quella consapevolezza che pure sarebbe necessaria.
Guzzetta ha puntato però il dito soprattutto su un passaggio successivo e non scritto, partendo ancora da un dato di fatto, anzi due: da un lato, l'abitudine a introdurre esoneri che avrebbe spinto i partiti e le compagini parlamentari a tentare "di trasformarsi in novelli messia capaci di moltiplicare pani e pesci come fece nostro Signore per sfamare le folle nel deserto"; dall'altro la considerazione che spesso una lista è "in realtà un'associazione di partiti e sigle, che si uniscono per le elezioni, ma rimangono separate giuridicamente". L'effetto, come ha scritto Guzzetta sul Dubbio, è che, in presenza di un'esenzione destinata a una lista con contrassegno composito, frutto di una federazione di forze politiche, "nel caso in cui alla successive elezioni vadano separati, ciascuna di esse rivendicherà il diritto all’esenzione. Ed ecco fatto il miracolo: la moltiplicazione degli esenti, venuti fuori da una matrioska di partiti e partitini, leader e leaderini, che unendosi e dividendosi dispensano miracoli e creano miracolati" (si è parlato più volte della situazione su questo sito, ma è giusto citare anche - come fa lo stesso costituzionalista - un lungo articolo pubblicato da Carmelo Palma su Linkiesta). 
Nell'intervista rilasciata ad Adnkronos, Guzzetta propone un esempio inevitabile nel giorno del varo di Impegno civico esonerato dalla raccolta firme grazie a Bruno Tabacci: "Nel caso di Centro democratico nelle scorse elezioni la lista che ha ottenuto il requisito per l'esonero era formata dalla fusione di Centro democratico e +Europa. Quindi a mio parere in termini strettamente giuridici, il soggetto che ha diritto all'esenzione non è né il Centro democratico da solo, né la lista +Europa da sola. Perché è attraverso la loro fusione che hanno ottenuto quel consenso che ha garantito loro il requisito per l'esenzione stessa". Il ragionamento è corretto, ma sembra opportuno considerare due particolari non irrilevanti: innanzitutto, l'esenzione una tantum parla sì di partiti che "abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni" - il contrassegno è quello di lista, non il simbolo del singolo partito - ma non impone di utilizzare nelle nuove elezioni il contrassegno che aveva maturato il requisito per l'esenzione (cosa che invece era stata prevista alla fine del 2005) e dunque l'esonero può comunicarsi anche a una forza politica in continuità con quella che ha guadagnato l'esenzione, ma non identica. Dall'altro lato, la lista risulta di fatto titolare di una "doppia esenzione", avendo anche eletto un deputato in ragione proporzionale (sia pure nella circoscrizione Estero), dunque questo può aver fatto ritenere Centro democratico "legittimato" a impiegare a suo vantaggio l'esenzione derivante dal superamento dell'1% da parte della lista. Anche questa ricostruzione, ovviamente, può essere ritenuta non convincente e contraria allo spirito della raccolta firme e dell'esenzione stessa (dimostrare la serietà di una proposta), a maggior ragione se l'esenzione di fatto viene "generosamente concessa" (per parafrasare le parole di Gaetano Azzariti) a un nuovo soggetto politico.
Per Guzzetta le interpretazioni estensive delle disposizioni in tema di esonero dalla raccolta firme sono pericolose perché - ha detto all'Adnkronos - tutto ciò dovrà essere poi vagliato dagli uffici elettorali in sede di presentazione delle liste", col "rischio concreto" che in quel frangente "ci possano essere delle sorprese". Lo stesso Guzzetta quasi le invoca (sul Dubbio) augurandosi che quelle "istituzioni preposte al controllo sulla presentazione delle liste [...] facciano sentire la propria voce. Perché" a suo dire quella lettura estensiva, peraltro solo verso alcuni dei soggetti interni al Parlamento, "sembra una frode bella e buona dello spirito e della lettera della legge". Di certo lo spirito con cui si erano scritte le regole era altro da quello praticato ora e si capisce la posizione di Guzzetta, ma non pare probabile che gli uffici elettorali circoscrizionali e quello centrale nazionale (presso la Cassazione) applichino una lettura restrittiva e rigorosa delle disposizioni, incluse quelle introdotte poche settimane fa. In primis la bocciatura delle liste presentate senza firme per un'esenzione presunta (e indicata come scontata, anche sui media, in pre-campagna elettorale), ma non riconosciuta dagli uffici elettorali si tradurrebbe nell'ulteriore riduzione dell'offerta elettorale, già impoverita dalla difficile raccolta firme agostana: quei collegi vorranno assumersi la responsabilità di una decisione che per qualcuno andrebbe contro il favor partecipationis? La difficoltà nel ricusare una lista che si crede esente sarebbe pure legata al fatto che a concedere l'esenzione sono forze dalla rilevante storia parlamentare (Centro democratico) o con due gruppi parlamentari attuali (Italia viva). Le letture estensive delle esenzioni sarebbero poi in linea con le letture altrettanto estensive (e molto criticate, ma tuttora praticate) degli articoli dei regolamenti di Camera e Senato sulla formazione di gruppi e componenti del gruppo misto; in ogni caso, in passato precedenti così "creativi" da somigliare a giochi di prestigio non sono mancati (uno per tutti, la doppia esenzione concessa quasi con lo stesso simbolo dalla Lista Antiproibizionisti sulla droga e dal Partito radicale alle politiche del 1992).
Ma la pressione è forte, perché, come dicevo, strappare un’esenzione, di questi tempi, è questione di vita o di morte. Del resto, confessiamolo: chi di noi, nella vita, non ha mai aspirato a una piccola o grande “esenzione”. Che gli evitasse traversie burocratiche, fastidiose lungaggini o la mannaia di un’esclusione imposta dalla legge. Una bella metafora dello spirito nazionale. Che avrebbe meritato una novella di Pirandello. O una urticante battuta di Flaiano. Ma dicono che entrambi, purtroppo, non ci siano più.

Sottoscrizioni digitali per aggiornare e "curare" le procedure elettorali

In tutto ciò, resta un problema molto grave, che non si è voluto risolvere quando se n'è avuta la possibilità. Tanto Azzariti (ad Adnkronos) quanto Guzzetta (sul Dubbio) rilevano come sia irragionevole che si sia concessa la raccolta delle sottoscrizioni in forma digitale per promuovere referendum o presentare una proposta di legge di iniziativa popolare, non volendola invece prevedere anche per le candidature elettorali (un emendamento ad hoc per le elezioni politiche a prima firma di Riccardo Magi, frutto soprattutto dell'elaborazione di Mario Staderini, è stato respinto a dicembre dello scorso anno dalla commissione Bilancio della Camera). A dire il vero Azzariti ritiene che ora sia troppo tardi per intervenire - ovviamente con un decreto-legge - perché significherebbe "cambiare le regole a gioco iniziato": è vero, anche se si tratterebbe di regole più favorevoli per i partecipati (sia pure ancora con il notevole handicap legato al costo delle firme raccolte in quel modo) e non si dimenticano episodi passati (relative alle elezioni comunali) in cui le regole sulla raccolta firme sono state ritoccate in peius a procedimento elettorale preparatorio avviato
Di certo ogni giorno che passa rende più difficile un intervento del governo in carica (per il disbrigo degli affari correnti, ma pur sempre con il potere di intervenire per decreto), magari su sollecitazione del Presidente della Repubblica. Non si ferma comunque l'impegno delle promotrici e dei promotori della Lista per i Referendum e la Democrazia: 25 militanti, inclusa Virginia Fiume - co-presidente di Eumans con Marco Cappato - hanno scelto di intraprendere lo sciopero della fame e hanno scelto di rivolgersi - anche con un video - al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica per segnalare l'emergenza della loro battaglia democratica per ottenere che le liste si possano sottoscrivere anche in forma digitale. Chi scrive è convinto che questo debba essere l'approdo, il prima possibile, anche se quel traguardo - con liste definite per tempo e non più modificabili e la possibilità di sottoscrivere anche usando lo Spid e senza bisogno di autenticatori - doveva essere raggiunto da tempo. Se non si provvede ora, dovrà farlo il nuovo Parlamento, tenendosi ben lontano dalla tentazione - assurda, considerando la corsa alle esenzioni di questi giorni, di cui chi scrive è testimone di primissima mano - di aumentare le sottoscrizioni richieste, sostenendo che con le Spid Elections presentare liste diventerebbe "troppo facile". Introdurre la raccolta delle sottoscrizioni in forma digitale sarebbe un modo per rinnovare le procedure elettorali (davvero obsolete, pur se molto affascinanti) e, in questo modo, prendersene cura: introdurre altre difficoltà, rialzando con una mano l'asticella che l'altra mano aveva abbassato, sarebbe davvero imperdonabile. 

N.B.: Con riferimento all'immagine dei "sommersi" e dei "salvati", si precisa che le liste rappresentate in entrambe le condizioni non sono le sole a essere (anche solo potenzialmente) interessate dall'esonero dalla raccolta firme o, soprattutto, le uniche a non esserne escluse: si è fatta una scelta indicando le formazioni di cui più si sta parlando in questo periodo. Si precisa anche che, per le liste che ancora non hanno divulgato il loro contrassegno, si è utilizzato quello ora in uso (M5S), quello impiegato alle scorse elezioni politiche (Fi, Lega, Fdi), quello visto in alcune elezioni amministrative (Azione - +Europa) oppure un'elaborazione verosimile ma assolutamente non ufficiale (Unione popolare, il cui emblema dovrebbe essere presentato domani). 

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