lunedì 8 agosto 2022

Azione, corsa solitaria forzata se non fa liste con un simbolo senza firme

La scelta di Carlo Calenda di rompere il patto che aveva legato Azione al Partito democratico in vista delle elezioni politiche del 25 settembre ha attirato l'attenzione di molte persone, innanzitutto per cercare di capire quali scenari politici ed elettorali potranno aprirsi nei prossimi giorni, anche se sarebbe meglio parlare di prossime ore: entro le 16 di domenica 14 agosto, infatti, le eventuali coalizioni dovranno essere definite, senza più poter essere modificate.
Oltre a questo, però, nella comunità dei #drogatidipolitica, come in quella di chi studia il diritto costituzionale e tra i media si è diffusa una domanda, che già aveva tenuto banco nei giorni precedenti (quando l'alleanza, pur travagliata, sembrava reggere): ma quindi ora Azione, se non fa più la lista con +Europa, dovrà raccogliere le firme? In questi giorni il tema delle ipotesi di esonero dalla raccolta delle sottoscrizioni è stato trattato più volte in questo sito, con riferimento a coloro cui certamente o probabilmente spetta il beneficio, alle riflessioni giuridiche sull'istituto dell'esenzione e sull'interpretazione e applicazione delle disposizioni che lo prevedono e, da ultimo, proprio con riguardo al caso specifico di Azione

Il problema della raccolta firme...

Giusto ieri si è spiegato come il testo dell'art. 6-bis del decreto-legge n. 41/2022 ("decreto elezioni 2022"), nell'esentare dalla raccolta delle sottoscrizioni i "partiti o gruppi politici [...] che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno [...] alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale" preveda condizioni per l'esonero che Azione non sembra integrare per intero. Nessun dubbio sul fatto che Siamo Europei, soggetto politico-giuridico che all'inizio del 2020 ha cambiato ufficialmente il nome in Azione (o, per lo meno, in quel periodo ha sottoposto il mutamento di denominazione alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici) abbia partecipato alle elezioni europee del 2019 con proprie candidature e che abbia ottenuto almeno un eletto - cioè lo stesso Calenda - "in ragione proporzionale" (vale a dire l'unico sistema previsto per le elezioni europee); il problema è che ufficialmente non sembra avere presentato quelle candidature "con proprio contrassegno". Sulle schede elettorali il simbolo (cioè il fregio grafico) di Siamo Europei c'era, ma era contenuto nel contrassegno (il cerchio complessivo che caratterizza le liste) presentato ufficialmente dal solo Partito democratico, senza che nei documenti di presentazione figuri la dichiarazione di trasparenza di Siamo Europei, oltre allo statuto registrato del Pd (in altri casi, quando una lista era formata da un partito iscritto al Registro e da un'altra forza politica non iscritta, la pagina "Trasparenza" del Ministero dell'interno riporta tanto lo statuto del partito registrato quanto la dichiarazione di trasparenza della forza politica non registrata: si veda il caso della lista Il Popolo della famiglia - Alternativa popolare o di +Europa - Italia in Comune - Pde Italia): questo impedirebbe di considerare le candidature presentate da Siamo Europei - Azione nelle liste in comune con il Pd come presentate "con proprio contrassegno".
Sempre ieri si è ricordato che Azione potrebbe comunque provare a presentare liste senza raccogliere le firme, insistendo sul fatto che comunque il suo simbolo alle elezioni europee era presente e che quel simbolo può essere fatto valere come contrassegno: si tratterebbe pur sempre di un azzardo, di una scommessa, ma i presentatori delle liste potrebbero trovarsi di fronte a uffici elettorali circoscrizionali sensibili all'argomento del favor partecipationis, dunque disponibili a interpretare la disposizione sulle esenzioni in modo meno esclusivo e rigoroso. In effetti è questo il punto delicato della questione, per cui si può anche essere d'accordo con Calenda che, ospite a In mezz'ora in più ha dichiarato a Lucia Annunziata che "c'è una confusione soprattutto tra le istituzioni", ma c'entra poco il fatto che "Il Ministero dell'interno italiano non chiede al Parlamento [europeo] e il Parlamento [europeo] non chiede al Ministero dell'interno italiano perché è la prima volta che succede": il Parlamento europeo può certamente certificare l'elezione di Calenda in una lista che nel contrassegno conteneva l'espressione "Siamo Europei", ma altrettanto certamente non spetta al Parlamento europeo interpretare il diritto interno e decidere se una forza politica ha partecipato al voto con proprio contrassegno. La decisione è rimessa non al Viminale, ma agli Uffici elettorali circoscrizionali, che in alcuni casi - soprattutto alle europee del 2019 - hanno interpretato con larghezza i criteri di esenzione, in altri (come alle politiche del 2018) molto meno.

... e la trappola dei collegi uninominali

Anche all'interno di Azione, in ogni caso, dopo i primi giorni in cui il partito era convinto di essere esonerato dalla raccolta firme, dev'essere prevalsa l'opinione che confidare nell'esenzione potrebbe essere una via troppo rischiosa e soggetta a un'alea e a un margine di discrezionalità che è meglio non sfidare. Anche per questo, sempre ieri Calenda ha risposto ad Annunziata: "Se dovremo raccogliere le firme le raccoglieremo. [...] Io penso che se non ce la facciamo l'offerta era veramente molto debole". 
Si può condividere l'osservazione, ma occorre un approfondimento di natura tecnica e pratica, perché la sfida della raccolta firme di Azione, già dura per il poco tempo a disposizione, rischia seriamente di diventare impossibile per gli adempimenti richiesti dalla legge in materia di indicazione delle candidature e raccolta delle sottoscrizioni. Si tratta, per di più, della stessa trappola tecnico-pratica in cui si era trovata alla fine del 2017 +Europa, almeno fino all'intervento salvifico del "nocchiero elettorale" Bruno Tabacci, che aveva apportato l'esenzione di Centro democratico: vale la pena ricordarla e analizzarla in dettaglio.
Com'è noto, anche da pratica legata alle elezioni amministrative e regionali, le firme devono essere raccolte su moduli sui quali devono già essere scritti i nomi delle persone candidate nella lista per la quale si chiede il sostegno, né quei nomi possono essere cambiati in corso d'opera. Le disposizioni che prevedono questo, infatti, servono ad "assicurare la piena consapevolezza dei sottoscrittori in ordine ai candidati cui si riferisce l’atto di presentazione sottoscritto": ciò vuole dire - così si legge nella sentenza della sez. V del Consiglio di Stato n. 1087/2002, da cui viene anche la citazione precedente - assicurare che chi firma abbia "piena e indubitabile consapevolezza circa l’esatta identità dei candidati inclusi". In base all'art. 18-bis del testo unico per l'elezione della Camera, però, gli stessi moduli che elettrici ed elettori sottoscrivono devono già contenere, oltre ai candidati di lista del collegio plurinominale (rappresentati da quel contrassegno), anche "l'indicazione dei candidati della lista nei collegi uninominali compresi nel collegio plurinominale". La ragione di fondo è la stessa vista prima (chi firma per la presentazione di una lista potrebbe non volerlo fare di fronte a candidature nei collegi uninominali che non condivide) e in effetti non è sbagliata, ma crea problemi enormi, se non addirittura insuperabili a una lista che voglia coalizzarsi, ma debba raccogliere le firme. 
Il problema, in effetti, esiste (solo) perché esiste l'istituto dell'esonero dalla raccolta delle sottoscrizioni: se tutte le forze politiche dovessero dimostrare di avere un certo numero di presentatori, avrebbero tutto l'interesse a definire nel più breve tempo possibile le candidature di lista e ad accordarsi tra loro sulle coalizioni e sui nomi dei candidati per i vari collegi uninominali da presentare a nome di tutta la coalizione, in modo da avere davanti un tempo sufficiente per raccogliere le firme e ottenere i certificati di iscrizione alle liste elettorali dei sottoscrittori, come richiesto dalla legge. Visto che però le norme in vigore esonerano alcune forze politiche dalla raccolta firme, partiti e liste che beneficiano dell'esenzione non hanno alcun problema di tempo e possono tranquillamente confrontarsi (e scontrarsi o cambiare idea) sulle persone da candidare fino a poco prima della scadenza del termine per la presentazione delle candidature, senza avere alcuna premura. L'agio di cui godono le liste esonerate, però, si trasforma in un ostacolo invalicabile per chi invece, dovendo raccogliere le firme, ha necessità di sapere tutti i nomi da scrivere sui moduli per poter iniziare la raccolta: vale per le persone della propria lista, ma soprattutto per le candidature nei collegi uninominali, da concordare con le altre forze della coalizione.
Un esempio concreto, con nomi per niente casuali, aiuterà a capire il problema. Mettiamo il caso che Azione (che ha bisogno di raccogliere le firme) voglia presentarsi in coalizione con Italia viva (che invece, avendo almeno un gruppo parlamentare, è esonerata, come è stata esonerata la Lista civica nazionale - L'Italia C'è, grazie all'integrazione del nome del gruppo di Iv alla Camera): dovrebbe decidere subito le persone da candidare nelle proprie liste (e fin qui la cosa è ovvia), ma per poter iniziare la raccolta firme dovrebbe essere messa in condizione di sapere in fretta i nomi dei candidati nei collegi uninominali da scrivere sui moduli da far firmare. Dovrebbe dunque convincere Italia viva e la Lista civica nazionale - L'Italia C'è (che presenti o meno una sua lista) a concordare subito le candidature per i collegi uninominali, anche se queste - grazie all'esenzione dalla raccolta firme - in condizioni normali potrebbero attendere anche fino alla sera del 21 agosto, per poi presentare le liste l'indomani: ogni giorno in più dedicato alla scelta delle candidature, infatti, per Azione si tradurrebbe in un giorno in meno per la raccolta delle firme, in un tempo già molto delicato (varie elettrici e vari elettori che potrebbero firmare sono in vacanza in luoghi lontani dai comuni di residenza e dai collegi in cui potrebbero sostenere le candidature; sono assenti anche varie persone in grado di autenticare le sottoscrizioni). L'idea di raccogliere le firme senza indicare sui moduli i nomi dei candidati dei collegi uninominali (per aggiungerli in seguito) o preparando moduli separati per liste (da far firmare) e candidature dei collegi uninominali (da allegare) va esclusa: un emendamento (alla legge di bilancio 2018) che proponeva tale modus operandi fu affossato da Forza Italia; un anno e mezzo dopo, rispondendo in un question time a un'interrogazione di Riccardo Magi, per l'allora ministro dell'interno Salvini era impossibile interpretare il testo in modo da separare i moduli per le liste (da firmare) da quelli per i collegi uninominali (da presentare soltanto).

Le possibili vie d'uscita

Ora, mentre si scrive non risulta che Azione, Italia viva e Lista civica nazionale - L'Italia C'è abbiano stretto ufficialmente un accordo (che peraltro sarebbe definitivo e non revocabile solo dopo le ore 16 del 14 agosto...) né che abbiano deciso le loro candidature comuni nei collegi uninominali. In una situazione simile, Azione avrebbe meno di due settimane per raccogliere almeno 36750 firme per la Camera e almeno 19500 firme per il Senato (anche se queste ultime possono coincidere con parte delle prime); in ogni caso, non potrebbe raccoglierle senza avere raggiunto prima l'accordo all'interno della coalizione sulle persone da candidare nei collegi uninominali, col rischio che servano altri giorni per decidere, perdendo tempo prezioso per la ricerca delle sottoscrizioni. L'unico modo per avere più tempo a disposizione per raccogliere le firme necessarie per Azione sarebbe non stringere alcun accordo di coalizione, decidendo in autonomia e molto in fretta le candidature di lista (cosa che avverrebbe comunque) e anche nei collegi uninominali, investendo tutto il tempo dei prossimi giorni per ottenere le sottoscrizioni necessarie.
Il cocktail tossico di tempi stretti, procedimento elettorale preparatorio in piena estate, raccolta cartacea delle sottoscrizioni, obbligo di indicare in anticipo i candidati nei collegi uninominali anche in caso di coalizione e funzionamento delle esenzioni, insomma, finisce per costringere chi debba raccogliere le firme a non coalizzarsi, in una corsa solitaria forzata. L'unico modo per evitare questo esito e consentire ad Azione di cooperare con Italia viva sarebbe costruire una lista unitaria-federativa con la Lista civica nazionale - L'Italia C'è oppure con Italia viva, entrambe esenti dalla raccolta firme e quindi in grado di dedicare tutto il tempo necessario e opportuno alla scelta delle candidature; ancora di più, una lista unica che per assicurarsi l'esenzione mostrasse il simbolo o almeno il nome di Italia viva (anche declinato nel nuovo simbolo con la R rovesciata apparso pochi giorni fa) e fosse espressione anche delle altre due componenti politiche (evidenziandole in qualche modo nel contrassegno comune, anche se non sarebbe facile da gestire sul piano grafico) permetterebbe di risolvere il problema, aggirando le storture della legge che puntualmente, alla nuova occasione elettorale, si sono ripresentate. La scelta su come agire, ovviamente, è tutta nelle mani di Matteo Renzi, Carlo Calenda, Piercamillo Falasca, Federico Pizzarotti e delle altre persone impegnate nei rispettivi progetti politici. E anche nelle mani e nella pazienza di chi dovrà lavorare alle grafiche, a seconda delle strade che saranno percorse.

Nessun commento:

Posta un commento