martedì 30 agosto 2022

#RomanzoViminale: i simboli che non abbiamo visto al Ministero (2022)

Mentre si attende di conoscere il contenuto esatto delle decisioni dell'Ufficio elettorale centrale nazionale sui ricorsi in materia di liste e candidature, chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica deve in sostanza ritenere "scaduto" il "tempo dei simboli" per le elezioni politiche di quest'anno. Concluse le fasi di deposito, ammissione e riesame da parte dei magistrati di Cassazione, restava da capire quanto certi emblemi rappresentati in Parlamento oppure legati a partiti iscritti all'apposito Registro fossero davvero in grado di esonerare le rispettive liste dalla raccolta firme. A quanto pare, le risposte giunte finora dalla Cassazione - ma note soltanto attraverso i media: appena possibile se ne darà conto nel dettaglio - hanno spento praticamente tutte queste speranze, così sui simboli di questa tornata elettorale è rimasto poco da dire (tranne vedere quelli presentati per il Senato in Trentino - Alto Adige: ci si arriverà).
Per chi frequenta abitualmente questo sito, però, resta ancora un rito ormai consolidato - essendo nato nel 2018 - da compiere: quello della "fantabacheca" che raccoglie alcuni dei contrassegni che non sono stati depositati in vista delle prossime elezioni politiche. I 101 emblemi presentati questa volta, infatti, sono sì più del doppio dei 49 visti al Viminale prima delle elezioni europee del 2019 e poco meno dei 103 esposti prima del voto politico nel 2018, ma sono comunque molti meno di quelli visti in passato e non comprendono alcuni simboli che chi si fregia dell'appartenenza al cerchio dei #drogatidipolitica avrebbe invece visto o rivisto con piacere. In alcuni casi si tratta di emblemi storici, purtroppo non portati da nessuno questa volta; altri fregi sono assai più recenti e magari in bacheca ci erano finiti solo una o due volte sin qui, ma sono riusciti a farsi ricordare e non ritrovarli è un peccato; altri ancora, infine, non sono mai stati esposti nei corridoi del Ministero dell'interno, ma avrebbero assolutamente meritato di finirci questa volta, per varie buone ragioni.
Con questo spirito, dunque, ecco la nuova "bacheca dei non presentati", con 15 contrassegni (più uno) indicati ad assoluta discrezione di chi scrive e di alcuni soggetti "fiancheggiatori": alcuni erano stati scelti anche nel 2018 o nel 2019, altri sono alla prima apparizione. Nella speranza che qualcuno di questi, per buona volontà di qualche figura volenterosa, torni in una delle bacheche vere alla prima occasione utile.
 
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1) Lista civica nazionale "Io non voto"

Mai come quest'anno, probabilmente, ci si attende un'affluenza bassa alle elezioni politiche. Quindi sarebbe stato più che normale trovare di nuovo in fila davanti al Viminale Carlo Gustavo Giuliana, classe 1953, palermitano come i colori del suo simbolo ormai storico: quello della Lista civica nazionale "Io non voto", col testo nero su fondo pervinca. L'emblema per l'ultima volta era finito nelle bacheche del Ministero dell'interno nel 2014 e ormai la sua assenza si fa sentire, soprattutto nell'epoca in cui il non-voto - purtroppo - acquista sempre più consenso nel corpo elettorale. Anche questa volta, dunque, votare "Io non voto" non si può: tocca farlo stando a casa.
  

2) Partito Pensionati e invalidi

In occasione del voto politico del 2018 era stata tra le prime a mettersi in fila nel terzo giorno di deposito dei contrassegni; stavolta invece nei corridoi del Viminale non si è avvistata Luigina Staunovo Polacco, fondatrice del Partito Pensionati e invalidiQuella riportata qui a fianco è l'ultima versione ammessa (nel 2018 appunto) del simbolo depositato da Staunovo Polacco: essendo stato ammesso più volte, a dispetto della parziale somiglianza con il fregio del Partito pensionati (più accentuata nella versione non ammessa quattro anni e mezzo fa), anche stavolta non avrebbe avuto problemi, se solo fosse arrivato in bacheca...  
Rispetto al passato, in effetti, è drasticamente calato il numero di emblemi presentati che si rivolgevano a quel gruppo di persone (e l'unico presentato, com'è noto, non è stato ammesso). 
Non si è visto nemmeno, giusto per fare uno dei nomi rilevanti, lo storico Pensioni & Lavoro del Gran Cancelliere Ugo Sarao, depositato da lui in persona, dal segretario Cesare Valentinuzzi o da un soggetto di loro fiducia: nel 2014 e nel 2019 alle europee aveva dato il meglio di sé, concependo una vera e propria "bicicletta" nel tentativo di presentare liste senza raccogliere le firme; nel 2018 era stato depositato "solo" Pensioni e lavoro (mentre nel 2013 si era rivisto Unione di centro, altra creatura di Sarao). Nella bacheca non è stato inserito, ma per gratitudine doveva assolutamente essere riportato almeno qui. 
  

3) Partito internettiano

Tra le assenze di cui occorre dare conto questa volta si deve annoverare anche il Partito internettiano, creatura politica di Francesco Miglino, che personalmente per molti anni ha partecipato come fondatore e segretario dei proprio movimento politico al rito del deposito dei contrassegni al Ministero dell'interno. Nel 2019, in occasione delle europee, era stato addirittura il numero 1 della fila (posto generosamente ceduto da Mirella Cece); era ragionevole attenderlo anche questa volta, per presentare il suo emblema rosso, viola e giallo (il primo a schierare la "at" al suo interno) e dare voce alle sue teorie di partecipazione piena attraverso la Rete (propagate fin dal 2001), ma bisognerà attendere il prossimo voto.
 

4) Partito socialista democratico italiano

In bacheca quest'anno è arrivato il contrassegno della Socialdemocrazia di Dino Madaudo e Umberto Costi e addirittura si è visto - dopo una sua breve avventura negli anni '90 - l'emblema della Socialdemocrazia liberale europea, ma si è atteso invano di veder depositare il simbolo storico del Partito socialista democratico italiano, di cui si era deciso il rilancio pochi mesi fa, eleggendo alla segreteria l'ex ministro Carlo Vizzini. Proprio lui si era premurato di dire che non era il suo partito ad aver concluso un accordo con Impegno civico di Luigi Di Maio (si trattava in effetti dell'associazione Proposta Socialista Democratica Innovativa, guidata da Mario Calì), ma la presentazione del simbolo poteva essere una buona occasione per riaffermare la rivendicata titolarità di nome e fregio.
  

5) Partito socialista italiano

In occasione di queste elezioni politiche il Partito socialista italiano concorre con proprie candidature - ed è cosa nota - alle liste del Partito democratico - Italia democratica e progressista. Se però altre forze politiche, pur partecipando a liste diverse senza inserire la propria "pulce" nel contrassegno composito, hanno scelto di presentare comunque il proprio fregio per tutelarlo, né il Psi né le altre forze convolte nelle liste ampliate del Pd (Movimento Repubblicani europei, DemoS, Volt e Articolo 1) hanno scelto di presentare il loro emblema. Dispiace per le forze politiche che sarebbero apparse per la prima volta, dispiace soprattutto per Mre e Psi, che tornando in bacheca avrebbero portato un'edera e un garofano in più nel panorama simbolico del 2022.
 

6) Parlamentare indipendente

Tra gli emblemi ammessi quest'anno figura anche quello di Tomaso Picchioni, teorico-pratico delle candidature individuali, per evitare che il voto a una persona possa incentivare l'elezione di altri soggetti: uno scenario da studiare, ma che l'attuale sistema (che di fatto lega le candidature nei collegi uninominali alla presentazione di liste) non è possibile. Ma allora sarebbe stato perfetto anche ritrovare in bacheca il simbolo Parlamentare indipendente già presentato più volte da Lamberto Roberti, per sostenere il suo disegno di "democrazia solipsista" che non prevede partiti o liste, ma solo candidature individuali. E invece il simbolo con tutti i colori dell'arcobaleno e le stelle d'Europa al centro non si è visto: tornerà, magari, alle prossime europee.
 

7) Sempre in piazza - Il presenzialista dei Tg

In bacheca, in effetti, non ci è mai finito. Eppure il simbolo Sempre in piazza - Il presenzialista dei Tg è nella disponibilità di Mauro Fortini, l'uomo dalla penna arancione da Guinness dei primati (lui e la penna), immortalato un numero imprecisato di volte dalle telecamere nella "zona parlamentare" di Roma. Quest'anno, se non altro, Fortini ha potuto mostrare il logo personale - realizzato da chissà chi... - in una sua provvidenziale e gentile incursione in un'intervista realizzata a chi scrive da Lanfranco Palazzolo sul deposito dei simboli. E questo perché, ancora una volta, Mauro Fortini era davvero "sempre in piazza" (quella del Viminale, in questo caso): si spera che, la prossima volta, lui abbia la possibilità di depositarlo sul serio.
 

8) Movimento sociale Fiamma tricolore

Tra le assenze "simboliche" che hanno colpito di più le persone attente alla politica, soprattutto legate a una certa area, va sicuramente annoverata quella del Movimento sociale Fiamma tricolore. Dal 1996 in avanti, infatti, a ogni elezione politica il fregio era stato avvistato nelle bacheche viminalizie, da solo (1996, 2001, 2006, 2013) o all'interno di contrassegni compositi (con la Destra nel 2008, in Italia agli italiani nel 2018). Quest'anno, per la prima volta, il simbolo (che dal 2004 è ufficialmente un "acronimo di goccia tricolore") di coloro che nel 1995 non avevano voluto disperdere il messaggi originario del Msi e per farlo avevano dovuto fondare un partito ad hoc non è nemmeno arrivato in bacheca (dunque nemmeno sulle schede). Un'assenza rilevante, che comunque lascia scoperta un'area non trascurabile.

9) Ora rispetto per tutti gli animali

Dopo la doppia presentazione in grande stile del contrassegno alle elezioni politiche del 2018 e alle europee dell'anno dopo, ci si aspettava un ritorno del simbolo di Ora rispetto per tutti gli animali, nell'anno in cui il Partito animalista tentava di essere presente in tutta l'Italia (grazie a 10 volte meglio) e spuntava il simbolo di Difesa animalista indipendente nazionale organizzata  - Daino. Questa volta, invece, il simbolo del partito guidato da Giancarlo De Salvo (con un orso marsicano e una X color senape) non è tornato al Viminale, così come non si è rivisto Flipper, il cane dei presentatori, mascotte del deposito 2019 (quest'anno c'era in compenso Stella, cagnolina di Max Panero di Destre unite).
 

10) Lista consumatori

Se quest'anno al Ministero dell'interno c'è stata penuria di pensionati, non si può non rilevare l'assenza totale di simboli dedicati ai consumatori, mentre in passato se n'erano visti in gran copia. Dovendo scegliere tra gli emblemi del passato, ci si permette di lasciare da parte i Consumatori uniti di Bruno De Vita (presenti nel simbolo composito di Verdi e Pdci del 2006 e poi confluiti nell'Unione democratica per i consumatori) e si ripesca la Lista consumatori, nata in collaborazione con il Codacons nel 2004 (schierata a partire dalle europee di quell'anno) e caratterizzata da un rospo al centro del simbolo, secondo il famoso motto dell'associazione "Non ingoiare il rospo!". 
 

11) Democrazia cristiana

"Un'altra Democrazia cristiana? Al Viminale ce n'erano quattro, due proprio con quel simbolo!" Si comprende la reazione, ma perché negarsi l'emozione di avere in bacheca una quinta Dc, nell'anno più democristiano di sempre? Quanto al simbolo, si poteva scegliere quello della Dc guidata da Angelo Sandri (che concorre alle liste di noi Di Centro - Mastella - Europeisti), ma si è riutilizzato lo stesso emblema presentato al Viminale dalla Dc-Mortellaro e dalla Dc-Luciani perché è quello impiegato da anni da Denis Martucci per la Dc guidata da lui (e che nel 2018 era presente come DemoCristiana accanto a Italia Reale). Il simbolo non è arrivato al Viminale per protesta, come spiegato in una nota da Martucci: "queste elezioni sono incostituzionali se non nella forma, nella sostanza [...]. Comprendiamo che per le grandi forze [...] la presenza di cittadini indipendenti che senza rimborsi e fondi vari si attrezzano di buona volontà e riescono a presentarsi anche solo in una circoscrizione elettorale, sia un fatto trascurabile. Tuttavia la democrazia non può ridursi ad una mera previsione teorica. Concedere ai cittadini una ventina di giorni (laddove la norma prevede la validità di firme raccolte sino a sei mesi prima!) in agosto per fare sottoscrivere e autenticare centinaia di candidature e circa 60mila sottoscrizioni con l'unica possibilità di trascinare amici e sostenitori (tutti ormai con vacanze prenotate) innanzi alle anagrafi (essendo chiusi gli studi di avvocati e notai), è un ipocrisia che fa invidia ai più rinomati regimi dittatoriali". Per Martucci "allo stato il diritto di cui all'articolo 49 della Costituzione è leso non solo dall'aver reso impossibile ai cittadini la partecipazione a queste consultazioni, ma anche dalle norme sulle esenzioni dalle sottoscrizioni che creano di fatto situazioni di grave, discrezionale e immotivata disuguaglianza tra le associazioni politiche".

12) Verde è Popolare

Più che in un'altra Dc, si sperava nell'arrivo di Verde è Popolare, ultima (per ora) creatura di Gianfranco Rotondi, che cela dietro a due foglie uno scudo crociato, su fondo verde. Finora solo la Democrazia cristiana per le autonomie (in fregio composito col Nuovo Psi), tra i partiti rotondiani, era approdata nelle bacheche durante il deposito generale dei contrassegni: Verde e Popolare invece non s'è visto, forse anche per evitare rilievi sulla presenza dello scudo. Rotondi sarà comunque candidato, non più da Forza Italia ma da Fratelli d'Italia (alla Camera in Sicilia 2-P03 e, per la coalizione, nel collegio uninominale di Avellino): lui ha spiegato che è il tentativo di "riprendere il progetto di un partito di centrodestra senza trattino, una grande forza di massa speculare al Pd, ma infinitamente più forte" (dopo il tentativo mal riuscito del Pdl) e del recupero della lezione di Carlo Bernini: "un democristiano prima guarda dove sta la sinistra, poi si gira a vedere se qualcuno la combatte e può batterla, e vota là". Non stupisce che colui che è affezionato alla definizione di "ultimo democristiano in Parlamento" si candidi là dove voterebbe un democristiano (per avere più chance di essere eletto e di rendere più moderato e inclusivo il progetto di Fratelli d'Italia); peccato però non aver incrociato Rotondi al Viminale col simbolo...
  

13) W la Fisica

Non c'è alcun dubbio: è un simbolo che ha "ballato una sola elezione" (quella del 2018), ma W la Fisica, il soggetto politico fondato da Mattia Butta (ingegnere che lavora all'Università Tecnica Ceca di Praga) per reagire da par suo alle "stupidaggini anti-scientifiche" provenienti da certa politica, si è fatto ricordare da molte persone, non solo quelle appartenenti alla schiera dei #drogatidipolitica. Anche stavolta, come nel 2019, il simbolo molto bianco con tocchi di nero e grigio sfumato non è tornato in bacheca; eppure di un rimedio serio alle panzane anti-scientifiche di varia provenienza ci sarebbe tuttora un dannato bisogno... 

14) Lega per l'autonomia - Alleanza lombarda

Altra carenza rilevante, nell'ultimo deposito di contrassegni, ha riguardato i simboli delle formazioni autonomiste: si sono visti solo il Partito sardo d'azione, il cartello Svp-Patt, il Movimento Friuli e la Liga Veneta Repubblica, senza altre formazioni sardiste (nel 2018 c'era almeno Autodeterminatzione), friulaniste (come scordare Front Furlan - Vonde Monadis?), piemontesiste (si pensi al lungo impegno di Roberto Gremmo), lombardiste o in generale decentraliste di cui c'era stata abbondanza in passato. Non sfugge, allora, l'occasione di vedere in bacheca almeno il fregio della Lega per l'autonomia - Alleanza lombarda, in passato al centro di una lunga contesa sulla titolarità del simbolo e fondamentale per l'esito delle elezioni politiche del 2006 (v. alla voce "Elidio De Paoli"). Dopo il 2009 il simbolo non si è più visto, ma c'è chi non lo ha dimenticato.  
 

15) Lista dei Grilli parlanti

L'ultima volta che si è visto Renzo Rabellino al Viminale è stata nel 2014: era venuto a depositare insieme a varie persone il simbolo della Lega Padana e altri emblemi a lui legati. C'era anche, ovviamente, la gloriosa Lista dei Grilli parlanti (che poi era in origine del Grillo parlante, ma anche con il nome scritto con un corpo minore rispetto al passato il contrassegno non era stato ammesso, quindi si era tornati al plurale). Inutile girarci troppo intorno: i frutti politico-grafici del genio assonante di Rabellino - e di chiunque abbia provato, in passato e per un certo tempo, a seguirne le orme - mancano a ogni vero #drogatodipolitica che si rispetti. E anche se è finita la "fase dei grandi scherzi" (ci si perdoni il riciclaggio della massima di Bertinotti-Guzzanti), dimenticarla sarebbe un delitto.
 

16) Comitato nazionale per l'Agenda dei draghi

Che Rabellino non sarebbe spuntato al Viminale era probabile; che il secondo e il terzo giorno di deposito dei contrassegni conoscessero lunghe fasi di mortorio era meno prevedibile e - soprattutto - poco gradevole. Nel mezzo delle chiacchiere tra le persone intente a raccontare la #MaratonaViminale, ecco l'idea collettiva tanto malsana quanto appropriata: tentare un'indegna sostituzione di Renzo Rabellino, producendo un simbolo degno di lui. Perché lui di certo un simbolo riferito a Draghi l'avrebbe preparato e presentato. Dopo Grillo e Monti (e, prima, Rosso e Buttiglione), quindi, era tempo di candidare Draghi, anzi, "l'Agenda Draghi" citata da più parti come modello da seguire o da evitare. Si doveva così cercare un'agenda vera e piazzarci sopra due draghi per giustificare il nome scelto; anzi, nel miglior stile rabelliniano, si poteva coniare come denominazione Comitato nazionale per l'Agenda dei draghi, ovviamente riportando solo le ultime tre parole e riducendo in modo sensibile le dimensioni della preposizione. Poco importa che alla fine della terza giornata sia stato depositato il simbolo di Italiani con Draghi: l'Agenda dei Draghi, pur destinata a bocciatura quasi certa, era ben più raffinata (e Moleskine potrebbe farci un pensierino...)  

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