Come si è già ricordato più volte in questi giorni, il deposito dei contrassegni per le elezioni politiche del 25 settembre si terrà tra il 12 e il 14 agosto presso il Ministero dell'interno. Manca dunque una settimana all'ultima giornata in cui - al di là delle curiosità e dei simboli presentati senza una reale possibilità di finire sulle schede, ma senza dubbio molto interessanti per chiunque appartenga alla classe dei #drogatidipolitica - si potrà avere un'idea più chiara degli schieramenti in campo: di solito già entro la serata del secondo giorno gran parte delle forze politiche ha provveduto a presentare il proprio emblema (nel 2018 in effetti, tra i partiti maggiori hanno depositato l'ultimo giorno - tentando di contendersi l'ultimo posto, non riuscendo peraltro nell'intento - soltanto Fratelli d'Italia e Partito democratico) e generalmente chi non ha ancora provveduto al deposito ha comunque già divulgato il proprio fregio elettorale.
In più, i giorni del deposito sono anche quelli nei quali si definiscono esattamente le coalizioni - insieme ai contrassegni vanno depositate anche le dichiarazioni di collegamento, non più modificabili una volta scaduto il termine delle ore 16 di domenica 14 agosto - e, dando uno sguardo alle bacheche del Viminale, tendenzialmente è possibile avere un'idea abbastanza precisa delle forze politiche che potranno finire sulle schede. Gli unici dubbi, in effetti, riguardano le forze politiche che devono raccogliere le firme (se, in particolare, riusciranno oppure no a ottenere le sottoscrizioni necessarie) e quelle che, invece, ritengono di poter fruire dell'esenzione sulla base di interpretazioni estensive - e non pacifiche - delle disposizioni in vigore.
Si torna dunque, di nuovo, sulla disciplina degli esoneri, dettata dall'articolo 18-bis del d.P.R. n. 361/1957 (cioè il testo unico per l'elezione della Camera, applicabile anche al Senato e all'elezione di deputati e senatori nella circoscrizione Estero) e, con riguardo solo a queste elezioni, dall'articolo 6-bis del decreto-legge n. 41/2022 ("decreto elezioni 2022"), introdotto in sede di conversione con la legge n. 84/2022. Vale la pena riprendere un'altra volta l'argomento, anche se in questi giorni è stato già trattato più volte su questo sito, perché i simboli divulgati in questi giorni sono in grado di mostrare, talvolta in modo piuttosto plastico, il funzionamento e il "peso" dell'esenzione dalla raccolta delle firme; a volte, poi, è significativo anche il fatto che certi simboli non siano ancora stati divulgati, benché non sempre il significato che si può attribuire all'attesa nella presentazione sia identico.
Se si prendono in considerazione i simboli ufficialmente presentati questa settimana, al di là di quello dell'associazione Ambiente 2050 (dichiaratamente non destinato alle schede, come spiegato da Federico D'Incà e da Davide Crippa), se ne trovano tre che devono certamente raccogliere le firme (Unione popolare, De Luca sindaco d'Italia - Sud chiama Nord e Rivoluzione sanitaria; c'era anche il simbolo composito di ItalExit e Alternativa, la cui federazione si è nel frattempo sciolta per divergenze sulle candidature e sulla campagna elettorale), altri tre contrassegni compositi che invece certamente saranno esonerati dalla raccolta grazie all'ultima norma approvata (Impegno civico - Centro democratico, Noi con l'Italia - Italia al centro, Coraggio Italia - Unione di centro) e uno che sta cercando un'altra via per ottenere comunque l'esenzione (noi Di Centro - Europeisti).
I casi delle due liste di centrodestra presentate venerdì rappresentano un perfetto esempio degli effetti della disposizione introdotta con la conversione del "decreto elezioni 2022". Noi con l'Italia, infatti, rientrava tra le liste che avevano partecipato alle elezioni della Camera del 2018 e avevano ottenuto più dell'1% (per cui i voti della lista erano stati computati a favore della coalizione), ipotesi prevista dalla riformulazione dell'emendamento Magi-Costa: questo aveva permesso a Maurizio Lupi di presentare già il progetto di lista da solo, ma lo ha messo anche nella condizione di condividere la lista con Italia al Centro (che di per sé non sarebbe stata esente dalla raccolta firme: lo ha ricordato lo stesso Toti durante la presentazione del simbolo, giustificando anche così le maggiori dimensioni del simbolo di Noi con l'Italia, oltre che con la storia più lunga di quest'ultimo partito e con il fatto che Toti non si candida, a differenza di Lupi), recuperando dunque un soggetto importante per il centrodestra e mettendosi nella condizione di ricevere più voti, magari utili per superare la soglia di sbarramento.
Quanto alla lista di Coraggio Italia - Unione di centro, probabilmente inattesa fino a poche ore prima (in fondo una lista centrista nella coalizione c'era già), deve interamente la propria presentazione al testo originario dell'emendamento Magi-Costa, in cui si era previsto l'esonero dalla raccolta firme per le forze politiche costituite in gruppo alla data del 31 dicembre 2021: Coraggio Italia era esattamente in quelle condizioni, come pure l'Udc (anche se, essendo "in condominio" con Forza Italia, non era scontato che il partito fosse d'accordo nel concedere l'esenzione al partito di Lorenzo Cesa per una sua lista: avrebbe infatti potuto cambiare il nome al gruppo e l'esenzione sarebbe svanita).
Tra i simboli già noti c'è anche quello dell'Alleanza Verdi e Sinistra, presentato durante la settimana precedente da Europa Verde e Sinistra italiana. Anche questa lista può presentarsi senza firme grazie all'esonero previsto una tantum per i partiti che alla fine del 2021 potevano contare su almeno un gruppo parlamentare: qui si tratta del gruppo di Liberi e Uguali, di cui fa parte Nicola Fratoianni, unico rappresentante di Si a Montecitorio. Si è già notato che poco prima dello scioglimento delle Camere - per l'esattezza alle ore 12 del 21 luglio, ma la lettera di comunicazione era del giorno prima - il nome del gruppo Liberi e Uguali è stato modificato in Liberi e Uguali - Articolo Uno - Sinistra italiana: visto che Si non è certo in maggioranza nel gruppo (vi aderisce solo un membro su dieci), appare evidente che il cambio di nome che ha concesso l'esenzione a Sinistra italiana - e, di riflesso, alla lista in comune con Europa Verde - è stato possibile grazie alla collaborazione e alla cortesia del capogruppo, Federico Fornaro, di Articolo Uno, partito che il 29 luglio ha stretto alleanza con il Partito democratico e presenterà i suoi candidati nelle liste dem "ampie". Non è un particolare da poco: non è scorretto immaginare che tanto Articolo 1 quanto Fornaro abbiano concesso il cambio di nome immaginando una corsa elettorale della lista guidata da Bonelli e Fratoianni all'interno della coalizione guidata dal Pd; sembra anche lecito pensare - lo ha scritto qualche giorno fa sul Riformista anche Aldo Torchiaro - che quella ridenominazione con annesso esonero sia avvenuta con il consenso del Pd, se non addirittura su suo impulso. Il che, a contrario, vorrebbe dire che un'eventuale scelta di Sinistra italiana (e della sua lista) diversa dall'apparentamento con il Pd metterebbe a serio rischio l'esenzione, costringendo Europa Verde e Sinistra italiana a non partecipare al voto (perché raccogliere le firme ora, avendo solo due settimane a disposizione, sarebbe praticamente impossibile).
Non a caso era firmato pure da Nicola Fratoianni l'ordine del giorno 9/3591-A/13, presentato dal deputato Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti il 22 giugno 2022 per impegnare il governo a "valutare attentamente, nel corso dell’esame del progetto di legge sul contenzioso elettorale [...] e/o in ogni altro caso di provvedimento in materia, l’apertura all’esenzione nei confronti di partiti o gruppi politici che abbiano presentato candidature alle ultime elezioni (2019) dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni con contrassegno congiunto che ne dimostri l’associazione ad un partito politico europeo e che abbiano conseguito almeno 400.000 voti validi a tali elezioni e abbiano partecipato all’ultima ripartizione del gettito derivante dal 2 per mille", visto che un primo ampliamento una tantum era arrivato con l'articolo inserito in sede di conversione del "decreto elezioni 2022", ma se si volevano "tenere presenti criteri ulteriori e più recenti rispetto alla trasformazione dei voti in seggi operata dal sistema elettorale per le elezioni 2018" era bene considerare "altri criteri oggettivabili per una motivata ulteriore apertura", cioè l'esito delle elezioni europee successive alle politiche e il concorso alla ripartizione del 2 per mille Irpef (che presuppone l'inserimento nel Registro dei partiti, la sottoposizione ai controlli della Commissione e la permanenza in Parlamento). II testo avrebbe così esonerato Europa Verde e l'eventuale lista cui avesse partecipato, visti il riferimento al Partito verde europeo e la percezione del 2 per mille (l'ultimo requisito mancava a La Sinistra, che pure portava nel contrassegno il riferimento alla Sinistra europea e aveva superato i 400mila voti). Il governo, col sottosegretario Sibilia, aveva accolto l'ordine del giorno, pur ritoccandolo (l'impegno, più soft, era a "valutare attentamente l'opportunità [...] di aprire all'esenzione"); com'è noto, però, il disegno di legge sul contenzioso elettorale è fermo in commissione alla Camera - e di quelle regole ci sarebbe bisogno... - e altre occasioni per ampliare le esenzioni non ci sono state.
Il testo dell'ordine del giorno non dovrebbe risultare del tutto nuovo per chi legge attentamente questo sito: si trattava infatti della rielaborazione - assai più "leggera" - dell'emendamento 6-bis.100 presentato sempre da Ceccanti in sede di conversione del "decreto elezioni 2022". Questo testo avrebbe esteso - sempre una tantum, con riguardo alle elezioni che ancora non si immaginavano così vicine - l'esenzione a varie forze politiche: visto che era sufficiente aver partecipato con un contrassegno "anche se composito" e aver ottenuto un seggio (anche nei collegi uninominali, non in una lista) o aver ottenuto almeno 150mila voti come lista e aver partecipato all'ultima ripartizione del 2 per mille, sarebbero stati certamente esentati tutti i partiti che, presenti coi loro simboli in miniatura, avevano eletto singoli parlamentari (non solo Psi e Udc, che avevano comunque il nome all'interno di un gruppo, ma anche con certezza i Centristi per l'Europa e Alternativa popolare, come pure altri partiti che hanno partecipato all'ultima ripartizione del 2 per mille essendo stati presenti in modo visibile in una delle liste che avevano ottenuto almeno 150mila voti, purché la coalizione avesse eletto almeno un parlamentare (dunque almeno Italia dei Valori ed Europa Verde). Questa soluzione, però, era inaccettabile per il centrodestra: già l'emendamento Magi-Costa riformulato esentava in modo esplicito Leu, +Europa, Italia viva (la cui collocazione "terza" allora non era scontata) e Psi, a fronte di Coraggio Italia, Noi con l'Italia e Udc per il centrodestra; la versione di Ceccanti avrebbe ampliato i soggetti esenti soprattutto nell'area del centrosinistra, con la possibilità che questi "facessero da taxi" per nuove liste esonerate che avrebbero portato voti alla coalizione, dunque il centrodestra si era messo di traverso.
L'emendamento Ceccanti avrebbe esentato autonomamente quasi con certezza anche Azione: visto che il riferimento alla partecipazione alle europee come Siamo Europei insieme al Pd con contrassegno composito (con l'elezione di Carlo Calenda) avrebbe potuto fondare quel beneficio. La stessa Azione, evoluzione di Siamo Europei (essendo lo stesso soggetto giuridico che ha cambiato nome), continua in effetti a sostenere che anche il testo attuale dell'art. 6-bis del "decreto elezioni 2022" consentirebbe l'esonero ad Azione, che avrebbe presentato come Siamo Europei "candidature con proprio contrassegno [...] alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni", ottenendo "almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale". Negli articoli precedenti qui si è sostenuto che, essendo le liste che hanno ottenuto seggi alle elezioni europee (M5S, Pd, Lega, Fi, Fdi) coincidenti con quelle che li hanno ottenuti alla Camera in ragione proporzionale (si aggiunge Leu), non si sarebbe capita l'utilità di quella previsione se non ampliando il novero dei soggetti esonerati ad Azione per le ragioni già dette (e considerando che uno dei presentatori dell'emendamento è proprio di Azione). Non si può trascurare, però, che la disposizione parla di "candidature con proprio contrassegno" (non simbolo, che si riferirebbe a parte del cerchio grande) e questo requisito Siamo Europei non sembrerebbe integrarlo: nel 2019 infatti il contrassegno è stato presentato dai dem Giovanni Pappalardo e Marco Miccoli, responsabile dell'ufficio elettorale ed ex deputato, ora componente della direzione nazionale Pd, senza partecipazione di esponenti di Siamo Europei; di più, risulterebbe depositato solo lo statuto del Pd, senza alcuna dichiarazione di trasparenza da parte di Siamo Europei. Ciò renderebbe difficile (o almeno molto rischioso) sostenere che liste di Azione autonome da +Europa sarebbero esenti dalla raccolta firme.
A dispetto delle dichiarazioni rilasciate o fatte trapelare, dunque, forse anche Azione avverte questo rischio di vedere bocciate proprie eventuali liste autonome e fino a ora è proseguita l'alleanza con +Europa (ma visto che l'equilibrio è instabile, non stupisce che il contrassegno della federazione non sia ancora stato ufficialmente presentato). Lo stesso rischio lo correrebbe presentandosi in modo autonomo sostenendo che l'iscrizione al Registro dei partiti politici basta a fondare l'esenzione, tentando di sostenere che, se l'art. 18-bis del testo unico per l'elezione della Camera, al comma 2, esonera dalla raccolta firme "i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all'inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi", si può leggere la "o" disgiuntiva nel senso di esonerare sia i "partiti", intesi come soggetti iscritti al Registro dei partiti politici, sia i "gruppi politici" che, pur non iscritti al Registro, hanno due gruppi parlamentari. Si tratta, come si ricorderà, della stessa strada scelta da Clemente Mastella per evitare la raccolta firme, stringendo un accordo tra il suo noi Di Centro e gli Europeisti, registrati come partito e dicendo di aver avuto contatti informali con alcune corti d'appello che gli avrebbero dato ragione. Questa via esenterebbe molte liste (incluse quelle di ItalExit, Alternativa e Pli), ma si tradurrebbe in una scommessa: gli uffici elettorali circoscrizionali presso le corti d'appello potrebbero respingere tale lettura ricusando le liste. Di certo sarebbe problematico - sotto il profilo del favor partecipationis - respingerne molte; di più, basterebbe che anche solo un ufficio ammettesse una di quelle liste (decisione non più impugnabile) per far scattare l'ulteriore azzardo dei ricorsi all'Ufficio elettorale centrale nazionale, facendo magari valere il precedente della lista del Movimento Politico Pensiero e Azione (Ppa) ammesso alle europee del 2019 proprio come partito politico iscritto al Registro.
Come si vede, dunque, la questione dell'esenzione è appesa all'interpretazione di alcune parole, in particolare la congiunzione "o" (apparentemente innocua) e il nome "contrassegno". Che spesso è ritenuto sinonimo di "simbolo", ma in effetti non è la stessa cosa...
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