Nel 1995, scorrendo le schede relative alle elezioni regionali del Lazio, si poteva notare l'assenza di simboli legati ai pensionati, dopo che nel 1985 ne era comparso uno e un lustro più in là erano diventati due. Non si sa perché il Partito pensionati di Carlo Fatuzzo - in quel giorno candidato alla guida della Regione Lombardia - non avesse partecipato in Lazio; si spiega invece l'assenza dell'Alleanza pensionati, partito che - pur con nomi diversi - aveva concorso alle due precedenti consultazioni. Filippo De Jorio, il suo esponente di spicco (eletto nel 1985, il più votato ma non eletto nel 1990), era impegnato da mesi come membro del Comitato economico e sociale delle Comunità europee in rappresentanza dell'Italia: lo aveva indicato il governo italiano guidato da Silvio Berlusconi, su impulso di Alleanza nazionale di cui lo stesso De Jorio era stato tra i primi esponenti rilevanti. Alle regionali del 2000, invece, De Jorio era nuovamente candidato con una lista legata ai pensionati, questa volta però diversa e legata a una forza politica cofondata direttamente da lui tre mesi prima del voto, che si svoltosi il 16 aprile. il 17 gennaio 2000, infatti, era stato costituito a Roma il partito Pensionati uniti - Fipu, ove la sigla stava per Federazione italiana pensionati uniti.
Quella presenza non era affatto scontata: giusto un paio di anni prima, infatti, De Jorio era stato seriamente tentato di lasciare la politica attiva. Quando, alla settembre del 1998, il suo incarico presso il Comitato economico e sociale non era stato rinnovato, De Jorio non mancò di puntare il dito contro Gianfranco Fini, che non ne avrebbe sostenuto di nuovo la nomina (al suo posto andò Renata Polverini dell'Ugl): nel suo libro ... e le mele continuano a marcire (uscito nel 2018 per Pagine - ilibridelBorghese) scrisse senza mezzi termini che il leader di An stava iniziando "a sbarazzarsi degli ex democristiani come me", privando così i pensionati italiani di un loro rappresentante al comitato. In quegli ultimi mesi del 1998, De Jorio aveva seriamente maturato l'idea di non occuparsi più di politica, continuando la sua professione di avvocato e proseguendo nel suo impegno come presidente della Consulta dei pensionati, fondata da lui nel 1996 con Giulio Cesare Graziani, che peraltro scomparve proprio alla fine del 1998.
Proprio la mancata conferma in quell'anno, tuttavia, alla lunga finì forse per convincere De Jorio che per cercare di fare qualcosa di più per i pensionati occorreva anche una presenza politica autonoma e visibile: questa - in un'epoca decisamente bipolare, pur nella frammentazione comunque crescente - si sarebbe alleata di volta in volta con lo schieramento che sarebbe parso più in grado di appoggiare le istanze dei pensionati, pur senza legarsi a un partito in particolare o confluire in esso. L'idea, maturata nel 1999, arrivò a maturazione all'inizio del 2000, appunto in vista delle elezioni regionali che avrebbero interessato anche il Lazio: proprio nella regione di cui De Jorio era già stato consigliere, tra l'altro, nel 1995 Piero Badaloni era diventato presidente battendo il suo sfidante Alberto Michelini (giornalista Rai come lui) solo dello 0,17%, quindi anche una forza politica di nuovo conio e rivolta soprattutto a un settore della popolazione avrebbe potuto essere determinante.
Il 17 gennaio 2000, così, varie persone si diedero appuntamento presso lo studio romano della notaia Mariagrazia Russo (che all'epoca si trovava proprio in piazza Del Fante, sede anche del "quartier generale" di De Jorio): oltre allo stesso avvocato De Jorio, c'erano il generale Pietro Di Marco (presidente dell'Associazione nazionale finanzieri - Fiamme gialle), Giuseppe Polini (presidente dei Pensionati - Uomini vivi), Michelangelo Pascasio (già magistrato e presidente di sezione della Corte di cassazione), Vincenzo De Ficchy, il generale Paolo Palmieri (presidente della Dirstat Pensionati), Elena Santinelli Girardi (presidente dell'Unione nazionali pensionati civili e militari dello stato e degli enti locali), Quintilio Rossi (segretario generale dello stesso soggetto), Marino Palese (presidente dei Pensionati ex Irite) e il generale Umberto Bernardini (presidente dei Pionieri del Volo).
Si trattava, come ricorda sempre De Jorio nel suo libro, degli "attivisti più impegnati della Consulta dei pensionati". Furono loro a fondare il partito Pensionati uniti - Fipu, dandosi anche un simbolo che conteneva anche la dicitura "Rinascita dei Valori". Quel primo emblema non è mai finito sulle schede... e sottovoce si sarebbe tentati di dire "meno male": già a un primo sguardo, infatti, si aveva l'impressione di trovarsi di fronte a un simbolo del tutto provvisorio, composto verosimilmente con Microsoft Publisher. Lo rivelavano, più che il nome in Times New Roman grassetto corsivo o il fondo giallo, la sigla F.I.P.U. e l'espressione "Rinascita dei Valori", che avevano tutta l'aria di essere state create con lo strumento WordArt. Un perfetto esempio di grafica 0.0, probabilmente creata "in emergenza" per poter procedere subito alla costituzione del soggetto politico e giuridico, in modo da averlo pronto per le elezioni regionali (quelle che richiedevano il maggior impegno per la raccolta firme) e magari per qualche altra consultazione locale.
Un po' di tempo per migliorare il fregio, per fortuna, ci fu: il giallo fu reso meno squillante, le scritte furono composte in colore blu scuro (invece che in nero); la parola "Pensionati" acquisì decisamente peso nel cerchio rispetto a "uniti" (e nessuno avrebbe comunque potuto lamentare confondibilità con il partito di Fatuzzo, per le differenze cromatiche e verbali), sotto al nome del partito fu inserita una sorta di sottolineatura (che ricordava un po' quella dei Liberal di Sgarbi, anche se qui era blu e non rossa) e si volle distinguere "Rinascita dei Valori" non adottando una font bastoni (Impact), ma un più tradizionale Times New Roman grassetto corsivo, con maiuscole e minuscole stavolta (ricordando comunque nella disposizione la scelta fatta dalla Lista Di Pietro con l'espressione "Italia dei Valori", non ancora diventata per tutti nome del partito).
Con quel simbolo, i Pensionati uniti - Fipu parteciparono appunto alle regionali del Lazio, appoggiando - e nessuno oggettivamente si stupì - il candidato del centrodestra Francesco Storace. Questi vinse senza grossi problemi, battendo l'uscente Piero Badaloni con il 51,29%; a Roma, peraltro, il distacco risultò più contenuto (50,12% contro 46,96%) e lì anche lo 0,6% ottenuto dalla Fipu - con 1521 preferenze di De Jorio, comunque un numero di tutto rispetto - concorse a far prevalere il candidato espresso da Alleanza nazionale. Con lo 0,54% ottenuto a livello regionale, i Pensionati uniti non riuscirono a ottenere un eletto (negato anche al Partito socialista di Gianni De Michelis, le cui liste in quell'occasione ospitavano anche candidati di Rinascita socialdemocratica di Luigi Preti e arrivarono poco sopra la Fipu, con lo 0,61%), ma ottenne comunque un risultato migliore rispetto al Partito democratico cristiano di Flaminio Piccoli (e tra i suoi candidati c'era anche Dario Di Francesco, futuro fondatore di Forza Roma), ai Liberal Sgarbi e alla lista Democrazia moderna.
Come anticipato, nello stesso giorno indicato per le elezioni regionali i Pensionati uniti parteciparono anche ad altre consultazioni locali. Tra queste, si può citare il comune di Guidonia Montecelio, in cui la Fipu sostenne il candidato sindaco del centrodestra Stefano Sassano (poi risultato vincitore al ballottaggio) insieme a Forza Italia, Alleanza nazionale e Ccd. Quella partecipazione non andò benissimo (111 voti, poco meno dello 0,3%), ma si ricorda sia per un discreto maltrattamento grafico del simbolo dei Pensionati uniti (a patto di guardarlo bene), sia perché il contrassegno di lista comprendeva anche l'emblema del Movimento nazionale disoccupati italiani, un soggetto politico che meriterebbe - e avrà in seguito - più attenzione.
Nel 2001 i Pensionati uniti non parteciparono alle elezioni politiche (tanto più che De Jorio era rimasto comunque scottato dall'esperienza delle regionali laziali: nel suo libro ricorda che Storace avrebbe promesso di attribuire "a un rappresentante dei Pensionati la carica di Difensore civico della Regione Lazio", ma dopo la vittoria del centrodestra così non avvenne). Si decise comunque di depositare il contrassegno presso il Ministero dell'interno, anche per dare in qualche modo prova - pure attraverso il rito della fila davanti al Viminale e dell'esposizione in bacheca - della propria esistenza in modo ufficiale. Quel contrassegno era quasi identico a quello visto alle regionali dell'anno prima, salvo che per un piccolo dettaglio (la scritta "Rinascita dei valori" non era più in corsivo); in compenso, il "comparto pensionati" tra i simboli si era fatto più affollato. Oltre a quelli di De Jorio e Fatuzzo (nel frattempo eletto al Parlamento europeo nel 1999), infatti, c'erano anche i simboli dei Pensionati e invalidi (di Luigina Staunovo Polacco), di Pensioni e Lavoro (del vulcanico Gran Cancelliere Ugo Sarao) e l'Unione Pensionati (presieduta da Giovanni Parisi, ragusano di origine, trasferito a La Spezia): quest'ultimo simbolo - in un un primo tempo ammesso - fu ricusato dopo che l'Ufficio elettorale centrale nazionale ebbe accolto l'opposizione dei Pensionati di Fatuzzo, visto che portava la parola "Pensionati" blu, in evidenza, su fondo bianco. Nel conto occorre mettere anche la Lega Pensionati che figurava nella parte bassa del simbolo della Lega per l'autonomia - Alleanza lombarda (una storia di cui converrà parlare più in là).
Il partito di Filippo De Jorio per alcuni anni non avrebbe dato particolari segni di vita; sarebbe però tornato di nuovo al Viminale, con un simbolo rinnovato e una presenza più diffusa sul territorio nazionale. Il tempo sarebbe arrivato nel 2006 e tutto si sarebbe consumato nel giro di poche settimane; la storia, però, merita di essere trattata in futuro, con lo spazio che occorre.
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