domenica 1 novembre 2020

Dopo Carbone e Posina, c'è futuro per le elezioni "sotto i mille" e le licenze retribuite?

Il caso di 
Carbone (Pz), non appena è stato divulgato dai media per la particolarità di vedere affrontarsi due sole liste interamente "forestiere" (dopo l'esclusione dell'unico gruppo locale, arrivato in ritardo a presentare le candidature), è subito apparso delicato e foriero di sviluppi rilevanti. Quando poi, esaurito in fretta lo scrutinio, il neosindaco si è dimesso insieme a tutti i consiglieri della lista a poche manciate di ore dalla loro proclamazione - portando alla decadenza degli altri eletti, secondo il principio simul stabunt simul cadent, e alla nomina di un commissario - si è avuta la sensazione di essere di fronte a un punto di non ritorno, come se qualcosa non potesse più andare come prima. 
Le rapide dimissioni dei vincitori hanno dimostrato che, almeno da parte di quella lista e del suo candidato sindaco, non c'era l'intenzione di partecipare per vincere o per ottenere un buon risultato e, in realtà, neanche di provare ad amministrare dopo l'inattesa (e forse indesiderata) vittoria. Si è pensato che ci fossero altre ragioni alla base della candidatura, magari diverse dall'idea di effettuare un'osservazione partecipante della campagna elettorale. Già prima del voto si era richiamata l'ormai nota norma che prevede un'aspettativa retribuita di un mese per i candidati appartenenti alle forze di polizia, spiegando in parte una partecipazione di liste in apparenza anomala; dopo le dimissioni e la conferma che vari candidati della lista "vincitrice suo malgrado" appartenevano alle forze di polizia, i sospetti sono diventati più fondati. Da anni chi studia i fenomeni elettorali o li osserva con curiosità pensava che dietro la presentazione di liste in microcomuni semisconosciuti, senza bisogno di firme e senza collegamenti con il territorio, ci fossero vantaggi legati alla semplice campagna (e vari articoli cartacei e online hanno denunciato la cosa); non era mai capitato, però, che il quadro fosse chiaro al punto da compromettere seriamente quel fenomeno in futuro. Già, perché il caso di Carbone, diventato noto per le sue particolarità e per i comportamenti (leciti, va detto) dei suoi protagonisti, ha attirato l'attenzione dei mezzi di comunicazione, del governo e del legislatore, nonché di chiunque ritenga ingiuste quelle condotte (e anche dei colleghi delle forze di polizia, che magari prima non avevano notato quelle candidature "senza intenzione" o non le avevano censurate pur credendole inopportune): con tanti occhi puntati improvvisamente addosso, chi pensasse di candidarsi solo per sfruttare trenta giorni di aspettativa ora potrebbe cambiare idea, per non rischiare lo stigma ed eventuali sanzioni.
Non bastasse questo, il caso di Carbone ha anche fatto scoprire il fenomeno delle liste presentate "sotto i mille" a un pubblico più ampio rispetto ai #drogatidipolitica: attirato da alcuni dei suoi tratti curiosi e a volte razionalmente inspiegabili (come Massimo Bosso e io abbiamo cercato di spiegare nel nostro libro M'imbuco a Sambuco!), qualcuno è rimasto colpito da certe anomalie più o meno vistose e ha cercato di indagare, anche "sul posto". Si spiega così, tra l'altro, l'interessamento da parte di Striscia la notizia, che dal 28 settembre ha dato il via a un'inchiesta (curata da Pinuccio e dal suo staff): partita ovviamente dal caso eclatante di Carbone, "Candidopoli" si è allargata oltre i confini della presentazione di liste da parte delle forze di polizia (tentando anche di tracciare un identikit grafico delle liste più interessate da questo fenomeno) e si è interessata a vicende legate ad altre liste in diversi comuni, sempre sotto i mille abitanti, quando ha ritenuto che vi fossero delle anomalie. 
In questo modo, tra l'altro, è venuto alla luce il caso di Posina, comunello del vicentino (di cui Massimo Bosso si era già occupato, per altre ragioni, nel suo consueto resoconto sui comuni "sotto i mille"), che alle elezioni aveva visto partecipare tre liste, compresa quella presentata da L'altra Italia (dal 2019 molto impegnata a presentare candidature anche nei comuni più piccoli). Questa lista con 17 voti validi su 317 ha eletto un consigliere di minoranza: dopo le dimissioni della candidata sindaca per motivi personali, tuttavia, sono arrivate le dimissioni di altri sette candidati consiglieri (includendo coloro che non avevano preso nemmeno un voto) e - almeno alla data del 26 ottobre - non era pervenuta alcuna risposta dalle persone collocate agli ultimi due posti in lista. Fin qui i fatti; a ciò si aggiungono gli esiti della citata inchiesta di Striscia, in base alla quale molte delle persone candidate - tutte originarie della provincia di Foggia - negano di avere mai accettato la candidatura e di aver firmato davanti a un pubblico ufficiale, come pure negano di conoscere la lista in cui sarebbero state candidate ed elette.

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Non è questo il luogo adatto per accertare come siano andate davvero le cose, tanto a Carbone quanto a Posina (il compito toccherà alle autorità investite delle questioni); qui però è giusto occuparsi delle norme giuridiche che, con la loro applicazione, hanno reso possibile questo scenario. Anche perché delle due vicende elettorali si è discusso anche alla Camera dei Deputati venerdì mattina: in aula si è discussa infatti un'interpellanza urgente (la n. 2-00975) presentata dai deputati di Forza Italia Pierantonio Zanettin e Mariastella Gelmini e rivolta alla ministra dell'interno Luciana Lamorgese. Con quell'atto, i due deputati forzisti hanno ricordato che il giuramento del sindaco e la nomina della giunta del comune di Posina sono avvenuti "quasi fuori tempo massimo" proprio per le difficoltà legate alle "dimissioni/rinunce a catena" dei candidati della lista L'altra Italia e hanno notato che le vicende di Posina ("un'inedita situazione per la provincia berica") sono in parte simili - almeno per le dimissioni in massa - a quelle che hanno interessato Carbone, per cui Zanettin e Gelmini volevano sapere se tra i candidati della "lista dimissionaria" vi fossero "dipendenti del Ministero dell'interno o di altre amministrazioni pubbliche", valutando nel caso l'opportunità di una "verifica sul piano disciplinare".
Cosa ha spinto Zanettin - che è avvocato ed è anche della provincia di Vicenza, la stessa di Posina - a presentare l'interpellanza? "Lo stimolo - spiega il deputato, appositamente interpellato da Isimbolidelladiscordia.it - è partito da quanto accaduto a Posina, questo bellissimo, ma sperduto paesino, di soli 600 abitanti, della montagna vicentina". La presentazione di quella lista, tutta di candidati del foggiano, e le dimissioni in sequenza dei suoi vari candidati ha fatto sì che "il consiglio comunale di Posina oggi operi con un consigliere comunale in meno. L'ho considerato uno sfregio alla nostra comunità. Il Veneto si caratterizza per il buon governo amministrativo, anche nei piccoli comuni. Non siamo abituati a queste 'furbate'". Fatti simili erano una novità per il deputato o ne era già a conoscenza, magari per aver sentito parlare di casi precedenti di candidature "anomale" nei comuni "sotto i mille"? A questa domanda specifica, Zanettin ha risposto di avere appreso dai giornali di quanto era accaduto a Carbone in Basilicata: "Francamente non ero a conoscenza dell’abuso, che taluni fanno, dell'aspettativa retribuita: è stata una sorpresa e non mi risultano precedenti nella provincia di Vicenza. Parlando con alcuni colleghi parlamentari, ho capito invece che nelle regioni del sud il fenomeno è abbastanza frequente e tollerato". Evidentemente il Veneto - che comunque presenta un certo numero di comuni al di sotto dei mille abitanti - era stato finora abbastanza immune dalla presentazione di liste meritevoli di maggior attenzione in quelle piccole località.
L'interpellanza urgente, presentata lunedì 26 ottobre, è approdata in aula a Montecitorio venerdì: a Zanettin, che l'ha illustrata, ha risposto il sottosegretario all'interno Achille Variati, anch'egli vicentino (e presidente della provincia dal 2014 al 2018). Nell'illustrazione, Zanettin ha fatto espresso riferimento al caso di Posina ("un piccolissimo comune, un piccolo mondo antico incastonato tra le Prealpi venete, che non è stato travolto dal turismo di massa", in cui è dunque "abbastanza strano che una lista composta da candidati tutti provenienti dalla provincia di Foggia si candidi") e alle dimissioni a catena che hanno provocato "problemi legali, burocratici e quant'altro, e il ritardo nell'insediamento del sindaco", dando anche conto delle ulteriori rivelazioni emerse nelle varie puntate di Striscia la notizia (che non avrebbero rilevanza solo amministrativa). Senza entrare ulteriormente in queste vicende, tuttavia, Zanettin ha ribadito le sue domande, generate soprattutto dall'accostamento alla vicenda di Carbone, chiedendo dunque se la candidata sindaca dimessasi fosse dipendente statale e godesse di qualche aspettativa, se nel caso fossero stati presi provvedimenti ("questo è quanto meno abuso del diritto, ove fosse un dipendente dello Stato che vuole utilizzare l'aspettativa retribuita per non svolgere attività di propaganda e di elezione") e se il Governo avesse intenzione di proporre modifiche normative per evitare nuovi scandali.
Nella sua risposta, il sottosegretario Variati ha ricordato appunto le norme che hanno involontariamente concorso agli esiti delle vicende elettorali di Carbone e Posina: l'art. 3 della legge n. 81/1993 (in base al quale "Nessuna sottoscrizione è richiesta per la dichiarazione di presentazione delle liste nei comuni con una popolazione inferiore ai 1.000 abitanti", per cui "sono gli stessi candidati che assumono, di fatto - anche nella responsabilità personale - la veste di presentatori delle singole liste attraverso l'accettazione della candidatura") e l'articolo 81, comma 2, della legge n. 121/1981 (in base al quale gli appartenenti alle Forze di Polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni, dal momento dell'accettazione della candidatura per tutta la durata della campagna elettorale). "Con la rinuncia di tutti i candidati della lista in argomento, il relativo consiglio è rimasto quindi non del tutto a posto, non del tutto completo" ha segnalato Variati, notando che si è ritenuto impossibile assegnare il seggio vacante alle altre liste, "in assenza di riferimenti normativi [...] che prevedano l'assegnazione ad una delle rimanenti liste" (risposta che qui si condivide). Secondo il sottosegretario, dunque, "le vicende della lista L'altra Italia [...] hanno determinato un vulnus alla rappresentanza della comunità di Posina di una unità in seno al suo consiglio. Questo rappresenta per me [...] un danno grave e un vero oltraggio ai cittadini di Posina".
Il paragone con la vicenda di Carbone, pur prospettato dall'interpellante, non appare tuttavia opportuno: lo stesso sottosegretario Variati ha precisato che nessun soggetto candidato nella "lista dimissionaria" a Posina "è risultato ricoprire incarichi pubblici, né essere appartenente alle Forze di Polizia o alle Forze armate, o comunque dipendente della pubblica amministrazione". Diverso è invece il caso di Carbone, come ha precisato lo stesso Variati: 
nei confronti di otto appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato che si sono lì, in quel comune, candidati, e hanno successivamente rassegnato le dimissioni dalla carica, è stato disposto l'avvio di un procedimento disciplinare. Il comportamento assunto [...] dai predetti all'esito della consultazione elettorale è stato ritenuto deontologicamente non corretto, per avere gli stessi disatteso le aspettative riposte in loro innanzitutto dagli elettori, in virtù della nota appartenenza alla Polizia di Stato: comportamento che ha creato un grave danno all'immagine e al prestigio dell'amministrazione, anche per essere stato ripreso da media locali e nazionali. Per tali motivi l'avviato procedimento disciplinare, per la gravità delle condotte che si prospettano, potrà configurare una sanzione superiore alla mera deplorazione, quale la sospensione o la destituzione dal servizio.
Zanettin si è detto soddisfatto della risposta di Variati ("lo conosco da trent'anni e lo conosco come amministratore serio e rigoroso: nelle parole che egli ha pronunciato oggi in quest'Aula riconosco quello spirito di impegno civico che ha contraddistinto la sua esperienza politica, credo abbia contraddistinto anche la mia", entrambe iniziate proprio dai comuni e dal territorio vicentino), ma ha riconosciuto che chi si candida in un comune senza avere davvero "un interesse [...] tangibile a quella candidatura" di fatto rappresenta un problema, che - come si è visto - non era stato avvertito finora nel vicentino, ma era ben noto da anni altrove.
Che fare dunque? Variati ha precisato che il Viminale "non esclude l'opportunità di rivedere" la norma che attualmente prevede l'aspettativa retribuita per le persone appartenenti alle forze di polizia che si candidano, "intervenendo in un'ottica di uniformità di trattamento di tutto il pubblico impiego" (per nessuna categoria di dipendenti pubblici, infatti, è previsto un regime di favore paragonabile a questo). Nella stessa direzione va un progetto di legge presentato dallo stesso deputato Zanettin (il n. 2728), che punta semplicemente a sostituire le parole "aspettativa speciale con assegni" con l'espressione "aspettativa non retribuita". L'idea, messa in luce nella relazione, è di continuare a permettere l'accesso alle cariche elettive "in condizioni di eguaglianza" (leggendo in questo caso l'art. 51 della Costituzione come norma che non consente al personale delle forze di polizia di trarre vantaggio in campagna elettorale dalla sua posizione), senza che però più di qualcuno possa ancora fruire "della norma e delle casse dello Stato, solo per potersi vedere garantito un mese di retribuzione senza prestare servizio". 
In aula Zanettin ha aggiunto che è possibile "ipotizzare insieme altre soluzioni, meno penalizzanti per l'intero comparto del settore": a parere di chi scrive, non si vede il motivo di un trattamento di favore rispetto al pubblico impiego, ma lo stesso deputato - espressamente richiesto di un parere per questo sito - ha precisato "Quello oggi previsto per le forze dell'ordine mi pare un privilegio ingiustificato". Nella sua replica finale, il parlamentare ha comunque sottolineato la necessità di trovare soluzioni normative per impedire episodi "così gravi, che macchiano [...] l'onore e il decoro delle Forze di Polizia" e per tutelare le stesse istituzioni comunali.
Tanto Zanettin quanto Variati (e, attraverso di lui, il Viminale) si sono dunque dichiarati disponibili a rivedere la norma sulle aspettative retribuite alle forze di polizia: ciò consentirebbe di affrontare una parte significativa del problema (dunque quella legata alla presenza di appartenenti alla Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, all'Arma dei Carabinieri e alla Guardia di Finanza, nonché alla polizia locale), ma resterebbe la possibilità di presentare facilmente liste senza alcun legame con il territorio e con adempimenti formali ridotti al minimo, vista la non necessità di raccogliere le sottoscrizioni a sostegno delle liste nei comuni "sotto i mille". Si è visto che a volte i problemi possono venire già da questo (e a volte anche, bisogna dirlo, dall'insufficiente controllo da parte delle commissioni elettorali incaricate di vagliare le candidature), ma nessuno ora sembra aver discusso anche la norma che permette di presentare senza firme candidature nei microcomuni. A una nostra domanda mirata, Zanettin ha confermato l'impressione: "Nei piccolissimi comuni, in cui non è facile trovare candidature, e l’impegno amministrativo si traduce in autentico volontariato, è giusto che la candidatura a sindaco non necessiti delle firme dei cittadini". Si tratta di una posizione da rispettare, anche per la chiarezza con cui è stata espressa; non è in effetti priva di risvolti problematici (oggettivamente anche l'idea che elettrici ed elettori di un piccolo comune si trovino di fronte una lista del tutto sconosciuta ha qualcosa di "anomalo"), specie in situazioni limite, che in teoria dovrebbero restare dei "casi di scuola" ma alle volte diventano dannatamente reali e concrete. Si è già visto, d'altra parte, che nel 1993 era stata eliminata anche la richiesta di sole dieci firme per non complicare troppo la presentazione di candidature in paesi così piccoli. Un sistema perfetto e senza difetti, dunque, non esiste: correggere uno di questi ultimi sarebbe già un risultato rilevante.

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