Come si è ricordato poc'anzi nell'articolo sulle amministrative a Carbonia, il 10 e l'11 ottobre si vota anche per le elezioni amministrative - oltre che in Sardegna - in Sicilia, regione che si distingue anche (tra l'altro) per una diversa legge elettorale comunale, che si distingue soprattutto per le norme relative ai comuni superiori a 15mila abitanti. Vale giusto la pena di ricordare che, in base alle ultime norme approvate (nel 2016, modificando una legge regionale del 1997), si può evitare il ballottaggio quando almeno un candidato sindaco supera il 40% dei voti (ed è eletto il più votato); quanto alle liste, non partecipano al riparto dei seggi quelle che non raggiungono il 5% dei voti e l'eventuale premio di maggioranza (del 60% dei seggi) è attribuito alla lista o alla coalizione del candidato eletto sindaco, ma solo se la lista o la coalizione hanno ottenuto a loro volta almeno il 40% dei voti (se quindi il candidato sindaco più votato supera, di poco o di molto, il 40%, ma è molto più forte della sua coalizione collocata sotto il 40%, non avrà alcun premio).
Al di là delle norme elettorali, tuttavia, non è passata inosservata - ed è opportuno darne debito conto - la presenza, in vari comuni superiori della Sicilia, di liste della Democrazia cristiana. Al solito corre l'obbligo di precisare di quale Dc si tratti e di chi siano le figure di riferimento: la Democrazia cristiana in questione, dunque, è quella "riattivata" tra il 2016 e il 2017 - sulla base di presupposti e atti contestati da più parti e sub iudice, ma finora non invalidati - che ha come segretario politico nazionale Renato Grassi (eletto nel 2018, dopo che nel 2017 l'assemblea dei soci aveva eletto presidente Gianni Fontana) e che circa un anno fa ha indicato come commissario Regionale in Sicilia Salvatore (Totò) Cuffaro. L'ex presidente della Regione Siciliana (allora in quota Cdu-Udc) in questo tempo ha impiegato i suoi poteri commissariali per "ricostruire" in Sicilia il partito che rivendica la connessione ideale e giuridica con la Dc "storica" (in cui lui stesso ha iniziato la propria militanza), nominando varie figure, aprendo sedi locali e ottenendo che molti consiglieri (varie decine, già a novembre dell'anno scorso si era parlato di oltre 200) e un certo numero di sindaci aderissero al partito.
Quest'opera si è tradotta concretamente nella partecipazione a varie competizioni elettorali. Liste della Dc si ritrovano, per esempio, a Giarre, a Favara, a Porto Empedocle, come pure in due luoghi iconici per la storia democristiana: Caltagirone, luogo di origine nel 1871 di don Luigi Sturzo, e San Cataldo, luogo in cui nel 1905 nacque Giuseppe Alessi, primo Presidente della Regione Siciliana, ma soprattutto tra i fondatori della Dc nel 1943: il partito, anzi, nacque proprio nel suo studio a Caltanissetta, "lì fu steso lo statuto e fu lui a tracciare con una matita rossa e blu il primo schizzo dello scudo". A parlare è Alberto Alessi, figlio di Giuseppe, a sua volta parlamentare Dc (e Ccd, nei primi giorni del 1994 e negli ultimi scampoli della XI Legislatura), attualmente vicesegretario della Dc che si riconosce nella segreteria di Renato Grassi, tra coloro che da molti anni vorrebbero rivedere attivo, politicamente vivo e giuridicamente legittimato un partito con il nome a loro caro, messo in soffitta dal gennaio 1994 (ha per questo partecipato a vari tentativi di riattivare la Dc).
Alle volte, la presenza elettorale della Dc si è inserita in scenari politicamente particolari: proprio a San Cataldo, per esempio, il partito sostiene con Forza Italia il candidato sindaco Luigi Cuba, mentre Claudio Vassallo è sostenuto da tre liste, incluse quelle di Fratelli d'Italia e della Lega; a Favara, invece, se la Dc appoggia la candidatura di Giuseppe Infurna insieme ad altre quattro liste (incluse quelle della Lega e di Forza Italia), Salvatore Montaperto sarà appoggiato da 7 liste, tra le quali #diventeràbellissima, Fratelli d'Italia e Udc.
Ancora più particolare degli scenari, tuttavia, appare il simbolo usato in queste occasioni: non è infatti il noto scudo crociato, ma una bandiera bianca leggermente ondeggiante, con una croce latina rossa sopra, collocata su fondo blu scuro, sormontata dalla sigla Dc e con al di sotto il nome intero del partito, scritto ad arco (entrambi in un curioso carattere graziato, certamente non abituale per i simboli elettorali). Per chi ha buona memoria, in parte il simbolo ricorda il contrassegno sostitutivo depositato al Viminale nel 2018, quando non fu ammesso l'emblema tradizionale dello scudo crociato e la Dc-Fontana non voleva comunque compromettere la propria possibilità di partecipare al voto almeno in qualche collegio: rispetto ad allora, il fondo è più scuro e la croce sulla bandiera dà maggiormente l'idea della croce latina (oltre a essere stata aggiunta la sigla del partito).
Visto che prima si è parlato della contemporanea presenza dell'Udc a Favara, si potrebbe avere la tentazione di pensare che anche in questo caso il simbolo che finirà sulle schede elettorali sia stato presentato come ripiego, dopo la bocciatura di un primo emblema con lo scudo crociato. Le cose, in realtà, non sono andate così: i presentatori delle liste hanno depositato direttamente il simbolo "rinnovato" della Dc insieme agli altri documenti. "Sono stato io a consigliare Cuffaro di non usare affatto lo scudo crociato - ci spiega Alberto Alessi -. Per quanto oggi la presenza dell'Udc sia assai più ridotta che in passato, a partire dall'Assemblea regionale siciliana, ho detto chiaramente a Totò che non bisognava perdere tempo: non valeva la pena ostinarsi a depositare il simbolo originale dello scudo crociato, con il rischio che venisse bocciato, dovendo quindi opporsi e fare ricorso, oppure dovendo resistere agli eventuali ricorsi dell'Udc se il nostro emblema fosse stato ammesso. Quello che conta ora è fare la battaglia per la Dc, per ricostituirla e farla nuovamente agire sul piano elettorale, per questo ho detto a Cuffaro: scegliete il simbolo che volete e andate avanti, sennò vi bloccate. Dopo il mio monito, quindi, il gruppo dirigente della Dc siciliana ha scelto l'emblema in autonomia."
Tra una manciata di ore si vedrà l'esito di queste elezioni. All'interno della Dc siciliana (e non solo) c'è molta attesa, nella consapevolezza che un buon risultato potrebbe infondere fiducia anche negli altri territori e aiutare a rimettere in moto l'intera macchina politico-elettorale del partito; se le cose andassero male, al contrario, sarebbe un brutto colpo, anche in ragione degli sforzi messi in campo nell'ultimo anno in quella realtà. La parola, una volta di più, va alle urne, anche per chi vorrebbe rivedere la Democrazia cristiana (con o senza scudo crociato) sulla scena politica regionale e nazionale.
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