mercoledì 11 luglio 2018

Federarsi insieme per riprendersi la Dc: una strada possibile?

"Non moriremo democristiani": la frase di Luigi Pintor, piazzata come titolo sul manifesto dopo le elezioni politiche del 1983 - nelle quali la Dc era calata di molto - la conoscono di certo. Fosse per loro, però, la si dovrebbe leggere al contrario: democristiani, non moriremo. Non si spiega diversamente il fatto che sei giorni fa, a Roma, in via Gioberti 54, un gruppo di persone si sia incontrato per cercare, per l'ennesima volta, la strada che porti "al termine di un percorso definito e certo, alla celebrazione di un congresso unitario della Democrazia cristiana". Una strada che, secondo i partecipanti, passa attraverso la federazione di varie realtà.
Questo auspicio i frequentatori delle cronache politiche e di questo sito l'hanno letto un numero imprecisato di volte, con i promotori sempre pronti a precisare che "questa è la volta buona" e con i tentativi puntualmente destinati a sbriciolarsi per mancanza di solidità o per lo scontro con ostacoli giudiziari. Scorrere l'elenco dei partecipanti, tuttavia, è sempre interessante, visto che molti nomi sono ricorrenti da un tentativo all'altro: fare l'appello e vedere chi c'è o chi manca è significativo.
Promotrice dell'incontro del 5 luglio è stata l'Associazione iscritti alla Democrazia cristiana del 1993, gruppo attivo almeno dall'inizio degli anni 2000 e guidato da Raffaele Cerenza e Franco De Simoni, nomi non nuovi in questa vicenda. Cerenza ha partecipato a molte cause che hanno riguardato le formazioni intente a far valere o difendere il loro (preteso) diritto a utilizzare nome e simbolo della Dc senza essere disturbate (figurava, tra l'altro, tra i ricorrenti che avevano fatto dichiarare nullo il primo percorso che nel 2012 aveva riattivato il partito di cui era divenuto segretario Gianni Fontana). Sempre lui con De Simoni, soprattutto, ha cercato in ogni sede - più che di avallare la correttezza di questo o di quel percorso politico - di tutelare "l'ultima Dc", quella cioè che a gennaio del 1994, dopo il cambio di nome in Partito popolare italiano (e con l'ultimo tesseramento effettuato nel 1993), sarebbe entrata in un limbo: avrebbe continuato a esistere sul piano giuridico, ma se ne sarebbero perse le tracce, soprattutto dal punto di vista del patrimonio che i soggetti politici dichiaratisi successori della Dc avrebbero continuato a gestire ma - sempre a detta di Cerenza - senza averne alcun titolo. 
Il Cdu, quando c'era Rotondi
Oltre a Cerenza e De Simoni, sei giorni fa in via Gioberti 54 - sede di quell'associazione di iscritti Dc - erano presenti altri personaggi interessanti, primo tra tutti Gianfranco Rotondi: oltre a essere fondatore di Rivoluzione cristiana, è stato anche l'ultimo tesoriere del Cdu (e in quella posizione ha firmato vari atti relativi alla vicenda Dc, compreso quello con cui - nel 2002 - si poneva fine alla co-gestione obbligatoria del patrimonio ex Dc tra i tesorieri di Ppi e Cdu) e da mesi sostiene di essere titolare, in forza di una sentenza della Corte d'appello di Roma, della denominazione "Democrazia cristiana" (anche se la decisione si riferisce al lecito uso del nome del suo precedente partito, la Democrazia cristiana per le autonomie, non certo alla titolarità della denominazione storica). 
La Dc-Sandri
Oltre a Rotondi, si sono ritrovati Angelo Sandri e altri rappresentanti della Dc che lo riconosce segretario (per comodità Dc-Sandri), Paolo Magli del Movimento politico Libertas, Maurizio Muratore di Alleanza cristiana, vari esponenti dell'Associazione Dc Terzo Millennio, del Movimento Femminile della Dc unita. Hanno dato l'adesione, pur senza partecipare fisicamente, altre realtà (Partecipazione popolare di Giovanni Sgrò, Liberamente democratici di Natale Isgrò, Destra cristiano democratica di Cesare Bertocchi e la Costituente democratica liberale di Antonio Ingrosso), mentre c'era Valentina Valenti, già al fianco di Flaminio Piccoli alla fine degli anni '90 quando lui tentò di rimettere in pista una Democrazia cristiana e presente in altri tentativi di ricostituire il partito: era anche tra le persone ritrovatesi all'Ergife il 26 febbraio 2017, all'assemblea convocata dal tribunale di Roma che aveva poi rieletto Fontana come presidente. 
La Dc-Fontana alle ultime elezioni
E, a proposito, che ne è della Dc-Fontana operante da un anno e mezzo? Il verbale della riunione non lo annovera tra i partecipanti (ma per quel gruppo si è presentato Pellegrino Leo, altra persona che da anni si spende - letteralmente - per rivedere all'opera la Dc); c'erano però due rappresentanti della "Associazione Dc facente capo al dott. Giovanni Paolo Azzaro"; lo stesso Azzaro che, come si legge sempre sul verbale, pur facendo "parte del gruppo Fontana, ha fatto una sua riunione sfiduciando lo stesso Fontana". Proprio Fontana, però, sul sito della "sua" Democrazia cristiana ha scritto, dopo alcuni incontri con chi voleva portare avanti quel progetto, che "pur apprezzando e condividendo, in linea di principio, l’iniziativa tesa a ridare vita all'unico partito storico chiamato Democrazia Cristiana e contraddistinto dallo Scudo Crociato, non potrà non chiedere e ottenere previamente dall'Assemblea degli Iscritti [...] la formale autorizzazione a procedere", in una riunione convocata a Roma per il prossimo 29 settembre 2018 e denominata "congresso"; lo stesso Fontana oggi ha precisato che "l'Assemblea dei Soci della Democrazia Cristiana deve essere convocata dal suo Presidente pro tempore, pena inensistenza della stessa" e che "a tutti [...] è inibito qualsivoglia utilizzo personale (e per cui indebito) e/o politico del logo del partito, degli eventuali altri segni distintivi, del Codice Fiscale" senza l'approvazione dell'assemblea. Un inizio tranquillo, insomma.
Il Movimento politico Libertas
Sei giorni fa, in ogni caso, Gianfranco Rotondi ha formulato la sua proposta (figlia anche di vari incontri con le associazioni principali promotrici del progetto di "ritorno alla Dc"): mettersi tutti d'accordo per federarsi così da poter utilizzare nello stesso simbolo il nome "Democrazia cristiana" (che lui ritiene di poter apportare) e il simbolo dello scudo crociato, se messo a disposizione dall'Udc (che, piaccia o no, lo usa dal 2002 ed è stata puntualmente tutelata dal Viminale e dagli uffici elettorali). Se non ci fosse un accordo completo, la soluzione poteva essere l'aggiunta di un aggettivo o di una parola al nome della Dc (un po' come aveva già fatto lui con la Democrazia cristiana per le autonomie); occorreva però agire perché "se aspettiamo che un tribunale decida a chi spetta la Dc - si legge sul verbale - allora moriremo tutti senza mai sapere di chi sia la Dc". 
La soluzione individuata sarebbe la federazione tra i vari soggetti, "per non buttar via il lavoro che ogni singola associazione ha svolto in questi anni", come segnalato da Angelo Sandri: costituire un'associazione implicherebbe lo scioglimento dei vari gruppi che dovrebbero confluire nel nuovo ente e l'idea non piace a nessuno, mentre la federazione consentirebbe a tutti di mantenere la propria soggettività. L'osservazione ha un senso sul piano politico, ma giuridicamente non ha nessun valore: che si tratti di associazione in cui confluire o di federazione cui aderire, si è sempre di fronte alla costituzione di un nuovo soggetto giuridico che, per il diritto civile, è comunque un'associazione
La Dc-Piccoli del 1998
Da un certo punto di vista, si tratterebbe di una riedizione della strada che aveva intrapreso tra il 1997 e il 1998 Flaminio Piccoli, unendo varie delle esperienze di Rinascita della Dc (a partire da quelle di Andreino Carrara e Angelo La Russa) e con l'adesione di altri soggetti fondatori. Quell'esperienza, è noto, finì male, scontrandosi subito con le corazzate legali di Ppi e Cdu, che in tribunale bloccarono l'operatività della Dc-Piccoli: questa era un soggetto giuridico nuovo che rivendicava per sé il diritto di utilizzare il nome e il simbolo democristiani, quando allora nessuna sentenza aveva messo in dubbio la correttezza del cambio di nome da Dc a Ppi e la validità dei successivi accordi tra Rocco Buttiglione e Gerardo Bianco (dal "patto di Cannes" in poi) sul patrimonio del Ppi - ex Dc. Stavolta, a differenza del tentativo di Piccoli, i promotori del nuovo progetto ritengono di avere almeno due punti a loro favore: innanzitutto è diventata definitiva una sentenza che (sia pure in modo incidentale, e la cosa non è di poco conto) ha messo in dubbio la validità del passaggio di nome da Dc a Ppi e di tutti gli atti successivi; soprattutto però, sempre a detta dei promotori, non si dovrebbero affrontare azioni legali relative all'uso del nome (apportato da Rotondi) e del simbolo, nell'ipotesi che l'Udc decida di aderire al progetto e - di conseguenza - apportando lo scudo crociato. Resterebbe l'incognita di una possibile reazione da parte di ciò che è rimasto del Ppi - quello di Pierluigi Castagnetti e Luigi Gilli - e che (a dispetto di ciò che pensano quelli che rivogliono la Dc a ogni costo) è l'unico soggetto in continuità giuridica con il partito di De Gasperi; immaginare nuovi scenari di guerra legale, però, sconfinerebbe nella fantascienza, quindi è meglio fermarsi qui. 


* * *


La riunione si è chiusa con l'impegno a "superare le storiche divisioni e dar vita a un solo Partito unitario nuovamente denominato Democrazia cristiana", proponendo la stessa cosa al principale interlocutore, l'Udc. E, per "semplificare le sigle", è stata accolta la proposta di Franco De Simoni di affidare il coordinamento politico della federazione a Rotondi, con il compito principale di dialogare con l'Udc e la Dc-Fontana ("un apporto fondamentale"), "fino allo svolgimento del prossimo Congresso Unitario Nazionale" che i partecipanti sperano di celebrare entro l'anno.
Nella stessa riunione è stata sottoscritta dai presenti una bozza di atto costitutivo - redatta da Raffaele Cerenza - della stessa federazione, di cui si dice all'art. 1 che è "costituita fra soggetti che sono in continuità ideale con la Democrazia Cristiana storica"; la continuità giuridica con la Dc "in sonno" dal 1994 sarebbe "garantita dalla adesione e dalla presenza degli iscritti alla Democrazia Cristiana nel 1993" così come stabilito dalle decisioni culminate con la sentenza del 2010 della Corte di cassazione. Compito principale e fondamentale di quel soggetto giuridico, si legge sempre nell'atto costitutivo, sarebbe "il recupero del nome e del simbolo della Democrazia Cristiana storica", compiendo tutti i passi necessari a ciò. 
La natura di federazione emerge dall'art. 2, in cui si precisa che tutti i movimenti che fanno o faranno parte della nuova associazione "conserveranno la propria autonomia di azione, ma contemporaneamente si impegnano a non assumere iniziative che possano entrare in contrasto con le attività e le decisioni degli organismi della associazione Democrazia Cristiana", potendosi tra l'altro presentare alle elezioni solo con il nome e il simbolo della Dc.
E proprio la disposizione sui segni identificativi del partito risulta interessante: all'art. 5 si legge che essi sono "patrimonio comune dell'Associazione" e che il simbolo, ove l'associazione fosse sciolta, "non potrà essere oggetto di uso da parte degli odierni associati, salvo quelli che ne hanno titolo giuridico" (cioè evidentemente l'Udc, se entrasse a far parte dell'associazione, ma c'è da scommettere che chi l'ha usato finora non mollerebbe la presa).
Come statuto, si è scelto di adottare - volendo parlare di continuità giuridica - l'ultimo che la Dc abbia avuto, con le modifiche approvate dal consiglio nazionale nella seduta del 9 e 10 gennaio 1992; nella "fase transitoria", di durata non meglio precisabile ora, il partito sarà gestito dall'Ufficio di presidenza (triennale, rinnovabile), composto dai soci costituenti dell'associazione, all'interno del quale si dovrà individuare il segretario amministrativo che del soggetto giuridico avrà la rappresentanza legale e processuale.
Nessuno può dire quanti passi farà questo progetto e quanta voglia avrà l'Udc di seguire la strada proposta da Rotondi: di certo, se Cesa e gli altri compagni di partito non accetteranno il matrimonio proposto dalla federazione, rivendicare lo scudo crociato sarà quasi impossibile. C'è ancora tanto, tanto tempo per i colpi di scena: anche per questo, a studiare l'area Dc non ci si annoia mai...

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