Pare che in Italia far sparire un partito dalla circolazione sia maledettamente difficile: prima di chiudere bottega, occorre avere chiuso tutte le pendenze, economiche o giuridiche che siano. Finché è in piedi anche una sola causa davanti a un giudice, magari contro un dipendente, il partito deve continuare a esistere; finché non sono stati riscossi tutti i crediti, chiudere il partito non conviene.
Ecco perché, ad esempio, esistono ancora tutte le formazioni politiche che hanno partecipato alle elezioni politiche del 2006 e, fino allo scorso anno, hanno percepito i rimborsi elettorali per la XV legislatura anche se questa si è conclusa prematuramente: Alleanza nazionale, Forza Italia, Ds e ovviamente Margherita (Lusi docet) sono ancora vivi e vegeti e ne hanno ben donde. Anche se per il 90% degli elettori (compresi quelli più preparati) li dà per morti e sepolti.
La chiusura di un partito, dunque, ha tempi piuttosto lunghi e poco pubblicizzati. Si pensi che il Ccd (Centro cristiano democratico), fondato da Casini, D'Onofrio, Mastella e la Fumagalli Carulli nel 1994 all'indomani della trasformazione della Democrazia cristiana in Partito popolare italiano, politicamente ha cessato di esistere nel 2002, quando ha dato vita all'Udc (Unione dei democratici cristiani e di centro) assieme al Cdu di Buttiglione e alla giovanissima Democrazia europea di Sergio D'Antoni. Il partito della vela (ovviamente con lo scudo crociato appena accennato sulla tela gonfiata dal vento), tuttavia, ha continuato a operare giuridicamente per anni: la chiusura, infatti, risale all'inizio del 2010 e fino ad allora ha continuato ad approvare bilanci e a tenere riunioni tra i rappresentanti rimasti.
Durante tutto il tempo necessario a sciogliere un partito, il simbolo continua a vivere per gli atti interni che riguardano quella formazione politica, così come può sopravvivere nei contrassegni di altre formazioni, cui quel partito ha "politicamente" contribuito (la vela casiniana, appunto, spunta ancora nell'emblema dell'Udc). La legge, però, non obbliga un partito a sciogliersi: l'estinzione potrebbe non arrivare mai e quel segno può essere cavato fuori quando nessuno se lo aspetta. Se ne sono accorti tanti elettori di centrosinistra, all'inizio della campagna di raccolta di firme per il referendum elettorale "anti Porcellum": accanto ai simboli dell'Idv, del Partito liberale italiano di Stefano De Luca ed Enzo Palumbo, di Sel e altre formazioni meno note, faceva bella mostra di sé l'asinello semidisneyano dei Democratici, a rappresentare Arturo Parisi, tra i promotori del referendum. Oh bella, ma quell'asino è sopravvissuto alla Margherita e al Pd, e chi lo sapeva? Parisi sicuramente, a quanto pare...
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