Quando, il 27 gennaio del 1995,
“nasce” Alleanza Nazionale, cambiando il nome storico del Movimento sociale
italiano, «Rauti Giuseppe detto Pino» si era già preparato a dovere. L’idea che
si voltasse del tutto pagina, politicamente e anche nominalmente, proprio non
gli andava giù, come non piaceva ad altri sodali di partito, da Raffaele Bruno
a Silvio Vitale a Roberto Bigliardo: l’Msi non poteva sparire quasi senza colpo
ferire, cancellando di fatto il percorso iniziato con Almirante nel 1946 (per
chi aveva seguito Gianfranco Fini, ovviamente, non si cancellava un bel nulla,
casomai si doveva parlare di evoluzione).
Detto, fatto: un atto notarile
del 21 gennaio 1995 costituisce il «Movimento sociale italiano, nella
continuità del Movimento sociale italiano - Destra nazionale», a condizione che
al congresso di Fiuggi l’Msi di Fini avesse deliberato di sciogliere l’Msi o di
trasformarlo in un altro soggetto politico. «Continuità un fico secco, gli
eredi siamo noi, loro sono un partito nuovo» proclamano da Alleanza nazionale,
che per mettere le cose ben in chiaro piazza nel suo contrassegno – lo stesso
già usato alle elezioni del 1994, quando il Msi ufficialmente si chiamava
ancora così e si dovette creare un’associazione ad hoc – la fiamma tricolore ultima maniera (sia pure con la sigla
M.S.I bianca e non giallo-oro, sulla base rossa), giusto un po’ più piccola
rispetto al passato ma ben evidente. Quella fiamma, però, la vuole anche Rauti,
anzi, è convinto che spetti solo a lui e ai suoi: «Altro che cambio di nome, a
Fiuggi è stato sciolto illegittimamente l’Msi e chi ha seguito Fini ha aderito
ad An, che già c’era da un anno, quindi non possono rivendicare niente».
Tanto per
cambiare, si finisce in tribunale, ma prima bisogna votare (il 9 aprile) alle elezioni
suppletive di Padova – Emma Bonino è diventata commissario europeo e deve
lasciare la Camera – e un simbolo va comunque presentato. Rauti fa un tentativo
e fa depositare un emblema che richiami il più possibile quello del Msi: c’è
solo la fiamma con la base rossa e la sigla bianca (proprio la stessa di An),
inscritta perfettamente in un cerchio, tracciato in fretta a mina, con un
compasso. Manco a dirlo, il Ministero dell'interno boccia l’emblema, perché è
confondibile con quello di Alleanza nazionale visto che le fiamme sono uguali;
ci sono giusto 48 ore di tempo per presentare un altro emblema e salvare la partecipazione
alle elezioni.
Il partito
propone alcune varianti e una, per il Viminale, va bene: il nuovo contrassegno contiene
la dicitura maiuscola «Movimento sociale Fiamma tricolore» – il font utilizzato è stato appositamente
disegnato dai grafici – con la parola «Fiamma» evidente in posizione centrale; la
prima «A» (più grande rispetto alle altre lettere) nasconde parzialmente il
disegno tradizionale della fiamma tricolore, stavolta senza basamento. An però
non ci sta: «Quel simbolo è ancora troppo simile» tuona Ignazio La Russa, il
partito ricorre all’ufficio elettorale presso la Cassazione, ma il ricorso è
respinto e Rauti può utilizzare indisturbato il contrassegno alle elezioni del
1995.
Nel frattempo, la questione
finisce davanti al tribunale di Roma: per i giudici, a parte qualche piccola
differenza, il caso è la copia carbone di quanto avvenuto quattro anni prima,
quando il Pci si era trasformato in Pds e aveva perso per strada gli agguerriti
compagni di Rifondazione comunista, che volevano a tutti i costi il vecchio
nome e il simbolo tradizionale della doppia bandiera, con falce e martello. In
sostanza, da una parte c’è un partito che, nell’adottare una nuova linea
politica, cambia nome e modifica radicalmente il contrassegno (pur senza
rinunciare del tutto al vecchio); dall’altra c’è una formazione giuridicamente
nuova (tant’è che viene costituita con apposito atto) che però si richiama
integralmente alla vecchia linea politica e chiede di conservare i segni
distintivi ad essa legati. In una situazione come questa, solo An può mantenere
il nome e il simbolo del Msi, perché giuridicamente è lo stesso partito, anche
se è molto cambiato: non c’è spazio, insomma, per chi può vantare una continuità
solo ideale. Rauti per il momento incassa (il contenzioso in realtà continua e
se ne darà conto), ma la sua nuova creatura politica – che tutti ormai chiamano
Fiamma tricolore – è solo agli inizi: di strada da raccontare ce n’è ancora
parecchia.
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