Quando il talento c’è, va
riconosciuto sempre. Anche quando sembra quasi di avvertire un tocco di zolfo,
davanti alla genialità ci si leva il cappello, nient’altro. Certo, più
difficile farlo se di quella genialità si fanno le spese. Così, a quasi un mese
dalle elezioni regionali in Lazio, non dev’essersi ancora stemperata l’espressione
iraconda dei candidati della Lista Storace presidente, nell’osservare i
risultati del voto. E non tanto (o non solo) per avere perso la presidenza
della Regione, ma soprattutto per uno scherzetto niente male messo in atto con perizia.
L’autore, del resto, non poteva
essere che lui, Renzo Rabellino da Torino, il genio delle operazioni Alias,
questa volta in trasferta. E che trasferta. Alle elezioni politiche aveva
presentato i simboli della Lega Padana (progetto politico attivo da anni, anche
se l’emblema è stato leggermente modificato) e della Lega Centro, new entry assoluta: contrassegno
abbastanza innocuo, in fondo, con la scritta bianca su fondo verde e il
segmento circolare inferiore rosso. La stessa Lega Centro era stata proposta per
un apparentamento al comitato elettorale di Francesco Storace, nella sola
circoscrizione di Roma: chi di dovere ha accettato, sono stati presentati i
documenti, la lista e il contrassegno sono stati accettati dall’ufficio
elettorale regionale e i manifesti delle candidature sono stati stampati.
Solo in quel momento qualcuno si è reso conto davvero di cosa era accaduto: il simbolo della Lega Centro per Storace, infatti, è stato contenuto e schiacciato in meno di metà cerchio, mentre nella parte inferiore dominava decisamente il cognome di Storace, scritto a caratteri ben maggiori rispetto a quelli della Lista Storace presidente. Per la ciliegina sulla torta, bastava uno sguardo alla lista dei candidati: oltre a Rabellino, primo dell’elenco, spicca il numero consistente di piemontesi (area in cui il Nostro agisce di norma) e l’assenza totale di romani o per lo meno laziali. Qualcuno è nato in Puglia, in Campania, persino in Tunisia o in Libia, ma a Roma e dintorni nemmeno per sbaglio.
Solo in quel momento qualcuno si è reso conto davvero di cosa era accaduto: il simbolo della Lega Centro per Storace, infatti, è stato contenuto e schiacciato in meno di metà cerchio, mentre nella parte inferiore dominava decisamente il cognome di Storace, scritto a caratteri ben maggiori rispetto a quelli della Lista Storace presidente. Per la ciliegina sulla torta, bastava uno sguardo alla lista dei candidati: oltre a Rabellino, primo dell’elenco, spicca il numero consistente di piemontesi (area in cui il Nostro agisce di norma) e l’assenza totale di romani o per lo meno laziali. Qualcuno è nato in Puglia, in Campania, persino in Tunisia o in Libia, ma a Roma e dintorni nemmeno per sbaglio.
Manifesti in giro non se n’erano
visti, forse nella convinzione che non ce ne sarebbe stato bisogno. L’antifona
l’avevano iniziata a capire anche quelli della Lista Storace, che si sono resi
conto all’improvviso che i voti della “lista del governatore” non li avrebbero
presi tutti, ma qualcuno avrebbe preso strade più piemontesi che laziali. Un
bel guaio, non tanto per Storace – che i voti li avrebbe presi comunque – ma
per quelli della “vera” lista a suo sostegno, che improvvisamente hanno sentito
vacillare il seggio che ancora non avevano. Si trattava solo di sperare che gli
elettori seguissero il cuore (quello della lista, ovviamente) e non cadessero
nel tranello.
A urne chiuse, i numeri più che
parlare urlano: nella circoscrizione di Roma la Lega Centro ha sfiorato i 33mila
voti, la Lista Storace presidente si è fermata a 27mila ed è riuscita a strappare
un seggio solo grazie agli altri 20mila voti ottenuti nelle altre province. La
brigata di Rabellino non è arrivata all’eletto per un soffio, in compenso i
suoi voti hanno impedito alla Lista Storace di arrivare almeno al secondo. Mandata
giù con difficoltà la sconfitta della coalizione, era già tempo di scoprire che
qualcuno, ridacchiando, aveva sfilato almeno una poltrona da sotto. Non a caso,
un drappello di candidati della Lista Storace, in parte consiglieri uscenti, ha
prontamente fatto ricorso, chiedendo addirittura di annullare le elezioni (e
agendo in sede civile per danni e in sede penale per truffa) perché il simbolo sarebbe
stato «diverso da quello precedentemente noto»: dimostrerebbero l’anomalia, in
particolare, le 170 preferenze espresse a favore della Lega Centro a Roma,
mentre per raggiungere quelle della Lista Storace bisogna aggiungere due zeri.
Per chi ci ha rimesso il seggio,
sono mancati i controlli dell’ufficio elettorale competente e soprattutto del comitato
elettorale; «Se non si prendono voti, prima fare autocritica e poi alzare
l'indice contro altri – ribattono dalla Destra di Storace – ricordandosi di non
sparare contro chi ha offerto l'opportunità di competere che non era
obbligatoria». In ogni caso, al genio di Rabellino va dato merito: bravo 7+. Avesse
arraffato anche l’eletto, l’8 o il 9 non gliel’avrebbe tolto nessuno.
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