Ma, soprattutto: chi l'ha detto che i simboli non interessano (più) a nessuno e non fanno notizia? Ieri Il Tempo ha battezzato quasi un'intera pagina in chiave symbol news, a partire da una dichiarazione dell'ex ministro Gaetano Quagliariello a quel passaggio obbligato della politica-spettacolo che è ormai diventato Un giorno da pecora: «Presto cambieremo nome. Ncd serviva in una determinata fase, ma io ora spero che andremo oltre. Il nuovo nome si sceglierà più avanti».
Avrebbe dunque le settimane contate il Nuovo Centrodestra forgiato da Angelino Alfano: andrebbe in soffitta il nome e, ovviamente, anche l'emblema, probabilmente uno dei più vituperati della storia recente (e nemmeno su queste pagine all'esordio è stato trattato bene). Del resto, anche il varo del contrassegno aveva conosciuto la sua dose di sfortuna. E' sempre Il Tempo a ricordare, per la penna di Carlantonio Solimene, che il 5 dicembre 2013, alla presentazione del simbolo al Tempio di Adriano, il buio in sala durò quasi un minuto prima che il logo si materializzasse sul serio: «Un piccolo inconveniente tecnico - notò con arguzia al curaro il quotidiano romano - che preoccuperebbe i più scaramantici».
Il minicolpo di scena, peraltro, una manciata di giorni prima c'era già stato e nessuno, tra l'altro, lo sapeva meglio di Quagliariello. Perché proprio a casa sua il marchio "Il Nuovo centrodestra" era arrivato nelle mani di Alfano. Lo aveva registrato all'Ufficio italiano brevetti e marchi, in tempi non sospetti (era il 2011) Italo Bocchino, già vicepresidente di Fli. Praticamente un contrappasso, dopo che - a fine 2010 - i più vicini a Gianfranco Fini erano stati cortesemente informati che i viareggini Simonetta Marchetto e Ginetto Sugliano erano stati molto più veloci a depositare il marchio "Futuro e libertà". Ironia della sorte, i due erano esponenti della Democrazia cristiana di Giuseppe Pizza (in quel momento ancora impegnata nella battaglia legale sullo scudocrociato) e, tanto per cambiare, hanno registrato anche il "Partito della nazione" che potrebbe interessare a un certo Matteo Renzi.
Alfano si era rivolto a Bocchino quando il suo fidato Davide Tedesco, nel depositare vari altri marchi potenzialmente utili alla nascente formazione, anche solo per impedire ad altri di usarli ("Centrodestra"; "Unione per la libertà"; "Unione della libertà"; "Confederazione della libertà" e "Federazione della libertà"), aveva scoperto che sul segno distintivo principale qualcuno era arrivato prima. A evitare ogni pericolo, un atto notarile di due paginette ha sancito il passaggio di mano: "Considerando l’interesse di Alfano, - recitava il testo, diffuso da AdnKronos - Bocchino intende trasferire a titolo gratuito e con spirito di liberalità il marchio, come proprio contributo al nuovo progetto politico”.
La donazione, tuttavia, non è stata garanzia di successo per il partito (anzi, intinge di nuovo la penna nel curaro Il Tempo, ricordando come il "tonfo elettorale dell'ex presidente della Camera" nel 2013 "non incoraggiava certo all'ottimismo"). E' vero, al Parlamento europeo il partito ci è arrivato, ma la soglia del 4% è stata superata anche grazie al cartello elettorale con l'Udc, operazione che a molti ex An non dev'essere stata facile da digerire. E mentre vari aderenti a Ncd stanno già prendendo altre strade (da Forza Italia alla nascente Lega dei popoli marchiata Salvini), qualcuno si prepara a segnare il nuovo corso del gruppo alfaniano con l'ennesimo cambio di simbolo. "Come si cambia / per non morire", ammesso che basti.
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