venerdì 2 ottobre 2020

Il M5S, l'Udeur e l'opzione del nuovo MoVimento: scenari "simbolici"

Non poteva passare inosservata agli occhi dei #drogatidipolitica (quelli che la fanno e quelli che si limitano a guardarla con assiduità), l'uscita polemica di Alessandro Di Battista a Piazzapulita sul MoVimento 5 Stelle: per lui un'alleanza stabile col Pd indebolirebbe il M5S, rendendolo "un partito più come l'Udeur, buono forse più per la gestione di poltrone e di carriere. Non è quello per il quale ho combattuto
". 
Un giro sulle Facebook cult per chi non riesce a fare a meno della sua politica quotidiana è eloquente: "Pomigliano is the new Ceppaloni" commenta sarcastica la pagina Malati di Politica, mentre è più analitica Una foto diversa della Prima Repubblica. Ogni giorno: "Tecnicamente il paragone di Di Battista con l'Udeur non regge. Mastella con l'1% e 3 senatori teneva in pugno il governo. I pentastellati avendo stravinto le elezioni e con mezzo Parlamento a disposizione non riescono nemmeno a mettersi d'accordo tra loro e a decidersi se ordinare pizzette o tartine quando organizzano gli Stati Generali". Ironia della sorte, pur non essendo aggiornata da un po', Personaggi secondari della Seconda Repubblica dedica l'ultimo post datato 26 agosto alla multa per mancato porto di mascherina comminata a Matteo Salvini proprio da Clemente Mastella a Benevento. 
E come perdere l'occasione di sentire chi l'Udeur l'ha rappresentato? Adnkronos ha offerto un trittico imperdibile, aperto proprio da Mastella: "Noi siamo molto diversi dal M5s - e parla al presente perché l'Udeur non è mai venuto meno -. Senza di noi, all'epoca, il governo non ci sarebbe stato, altro che chiedere poltrone. Potevamo farlo ma non l'abbiamo fatto anche se eravamo decisivi. Infatti, senza di noi, l'esecutivo saltò. Di Battista dice quindi cose senza senso, dice un'idiozia politica che lo rende il leader delle idiozie politiche". Si rivede poi Mauro Fabris, dal 2006 presidente della Lega Pallavolo Serie A femminile, ma capogruppo Udeur alla Camera nella famigerata XV legislatura, quella del governo Prodi-bis nato anche grazie al partito di Mastella e caduto anche con la sua sfiducia: "L'Udeur era molto diverso dal Movimento 5 Stelle, anche per quello che era il nostro radicamento sul territorio, il nostro non era un partito di nominati ma di eletti. Di Battista forse non sa che Mastella, alle ultime regionali, ha raccolto 100mila preferenze. Quello di Di Battista è un accostamento di chi non conosce la storia e di chi non ha cultura politica, e con cultura politica intendo chi ha sempre raccolto consenso sul territorio" (Fabris plaude invece al sottosegretario Vincenzo Spadafora, che pure nel 1999 risulta essere stato segretario particolare del presidente della Campania Andrea Losco, proprio dell'Udeur). Parla pure - chicca per i #drogatidipolitica - Nuccio Cusumano, che il 24 gennaio 2008, parlando prima di Mastella a Palazzo Madama, annunciò il suo appoggio a Prodi e finì insultato, portato fuori in barella ed espulso dal partito: "L'Udeur è stata l'evoluzione più modesta di un grande progetto, quello del presidente Francesco Cossiga con l'Udr e ha rappresentato, nella sua dimensione minore, un solido sostegno al governo Prodi che, senza l'Udeur, probabilmente, non avrebbe avuto la maggioranza e non avrebbe vinto le elezioni. Di Battista è libero di dire quello che vuole se gli torna comodo e utile paragonare il declino dei Cinquestelle alle dimensioni piccole dell'Udeur".

M5S e Udeur: simboli lontani o vicini?

Anche sul piano simbolico Udeur e MoVimento 5 Stelle sembrano piuttosto lontani, specie a prima vista: l'Udeur ha sempre avuto un simbolo vero e proprio, con il campanile inserito per richiamare il legame con i territori e con il mondo cattolico-moderato, mentre solo in seguito sono state aggiunte le stelle, mero complemento d'arredo del contrassegno (persino per un partito che dall'inizio si è chiamato Unione democratici per l'Europa, ma via via ha perso il significato del nome, ridotto a semplice sigla). Il M5S, invece, più che un simbolo dall'inizio ha avuto letteralmente un marchio, fatto di segni deboli presi singolarmente, ma che ha costruito la sua forza con la saldatura di questi e l'uso prolungato: di questo fregio, le stelle hanno avuto dall'inizio un ruolo centrale, fin dalla definizione nel 2007 dei "Comuni a 5 Stelle" (riferendosi le stelle all'energia, alla connettività, all'acqua, alla raccolta rifiuti e ai servizi sociali), passando per la prima codificazione grafica delle Liste Civiche a 5 Stelle: da lì in avanti le stelle sono parte del nome, scelta consolidata a partire dal 4 ottobre 2009 con la nascita del MoVimento 5 Stelle, il cui simbolo - sia pure in bianco e nero - è stato depositato come marchio comunitario il 30 novembre dello stesso anno.
A guardare meglio e con un po' di pazienza, in realtà, qualche punto in comune tra i due simboli si trova. Innanzitutto - ed è il punto più facile - la presenza delle stelle, anche se per l'Udeur sono arrivate in un secondo momento e, come detto, hanno sempre giocato un ruolo ancillare (tanto che il loro numero cambiava a seconda della presenza o dell'assenza di elementi testuali sul bordo del contrassegno). Rileva poi che in entrambi i casi l'elemento centrale della grafica è sostanzialmente sopravvissuto a dispetto del tempo: vale tanto per l'unione tra la sigla e il campanile di Mastella (anche se nella sua ultima riedizione, come si è visto, il campanile ha cambiato forma, peraltro rubacchiata da un emblema toscano), quanto per la fusione tra il nome del M5S, la V rossa di fantasia e le stelle campite a sfumatura, il tutto racchiuso in una circonferenza rossa (nel corso del tempo sono cambiati i siti collocati nella parte inferiore del contrassegno, ma non erano certo la parte più riconoscibile della grafica). 

Liti di qua, liti di là

C'è però un altro elemento che avvicina in qualche modo le due esperienze politiche, vale a dire l'aspetto contenzioso in materia di simboli. In effetti non risultano particolari contese interne all'Udeur su chi avesse titolo di impiegare l'emblema, ma non va dimenticato che proprio quel partito nacque nel 1999 da un duro scontro interno all'Udr (Unione democratica per la Repubblica) tra il gruppo di Mastella e quello più vicino a Francesco Cossiga, che quel partito aveva voluto e cofondato (pur avendone in seguito abbandonato la compagine parlamentare). Complicava drammaticamente le cose il fatto che, per quanto si è riusciti a capire, titolare del nome e del simbolo fosse l'associazione politica Udr, fondata all'inizio del 1998 da Francesco Cossiga e altri senatori, prima ancora che nascesse ufficialmente (qualche mese dopo e poco prima del sostegno al primo governo D'Alema) il partito con lo stesso nome. E benché Mastella fosse diventato presidente dell'associazione, al suo interno si era trovato in minoranza rispetto ai fedelissimi dell'ex capo dello stato: questi (da Valentino Martelli a Diego Masi, da Angelo Sanza a Paolo Naccarato) in vista delle elezioni europee del 1999 avrebbero voluto convocare l'assemblea dei soci per impedire a Mastella di utilizzare il simbolo per il partito. La questione tanto per cambiare finì in tribunale più volte in quell'anno, con almeno una vittoria del gruppo di Cossiga, ma il tutto finì per sgonfiarsi nel giro di qualche mese, anche perché nel frattempo Mastella aveva iniziato a distinguersi con il simbolo dell'Udeur, mentre l'Udr non interessava ormai più a nessuno e si era di fatto dissolta.
Per quanto riguarda il MoVimento 5 Stelle, invece, è noto che esiste un contenzioso anche a proposito del simbolo, nato nel 2018, dopo che il 20 dicembre 2017 in uno studio notarile di Milano era stata costituita tra Luigi Di Maio e Davide Casaleggio un'associazione denominata "Movimento 5 Stelle" (richiamata qui, per comodità, come M5S-3), di cui Di Maio era "capo politico" (ruolo al momento ricoperto da Vito Crimi) e tesoriere, mentre Beppe Grillo ne era soltanto "garante". Lo statuto, peraltro, precisava che del simbolo del M5S (quello in uso solo dal 2015, con il sito "Movimento5stelle.it) restava titolare "l'omonima associazione [...] con sede in Genova", vale a dire quella costituita nel 2012 (il M5s-2) al fine di consentire la partecipazione alle elezioni del MoVimento che invece era nato "di fatto" come associazione (anzi, "non-associazione", cioè il M5S-1) nel 2009, dotato dall'inizio di un "non-statuto". 
Si era detto da più parti che il M5S-3 era stato fondato nel 2017 essenzialmente per "ripartire da capo", travasando tutti gli iscritti in un soggetto giuridico nuovo, dopo che varie ordinanze avevano messo in dubbio più provvedimenti e decisioni relativi alla gestione della "non-associazione"; in compenso, secondo vari attiVisti della prim'ora, la posizione di Grillo al vertice del M5S-1 e 2 e il ruolo di garante nel M5S-3 denotava l'esistenza di un conflitto di interessi in capo allo stesso Beppe Grillo: il tribunale di Genova aveva quindi nominato un curatore speciale per il M5S "originario". Proprio lui aveva poi chiesto che a Grillo, al M5S-2 e al M5S-3 fosse inibito l'uso del nome e del simbolo, a tutela del diritto al nome e dell'identità personale della "non-associazione" (M5S-1); allo stesso tempo, aveva chiesto di ottenere da Grillo i dati degli iscritti, per essere messa nelle condizioni di continuare ad agire. In sede di reclamo cautelare, il tribunale aveva negato che il M5S del 2009 potesse vantare una titolarità esclusiva del nome e del simbolo (dunque non ne aveva inibito l'uso alle associazioni nate nel 2012 e nel 2017), ma aveva obbligato Grillo a consegnare al curatore speciale del M5S-1 i dati degli iscritti perché la "non-associazione", costruendo per sé un nuovo sito come sede, potesse operare di nuovo
Quando poi, alla fine dello scorso novembre, la causa è stata decisa nel merito in primo grado sempre dal tribunale di Genova, è stato confermato l'obbligo di consegnare i dati delle persone iscritte, ma la giudice ha anche ribadito che il M5S-2009 non può ritenere di essere l'unico titolare del nome e del simbolo usati nella propria attività, negandoli alle associazioni costituite in seguito: posto che, per la giudice, nessuno ha contestato al M5S-1 il diritto di continuare a usare nome e simbolo, si sarebbe di fronte a un conflitto tra una "non-associazione" destrutturata, che esclude di poter diventare partito, e due soggetti giuridici strutturati, che invece agiscono come partiti. Non vi sarebbe stata alcuna scissione (in base alla quale il M5S-1 potrebbe impedire a chi se n'è andato di continuare a usare i suoi segni identificativi), non c'era la prova che proprio la "non-associazione" fosse esclusiva titolare di nome e simbolo (né che in passato avesse provveduto ad autorizzare all'uso chi lo aveva impiegato alle elezioni) e non ci sarebbe stato nemmeno un uso dei segni identificativi contro la volontà del M5S-1 (perché, secondo la giudice, il numero di coloro che avevano lamentato l'usurpazione di nome e simbolo era troppo ridotto per poter parlare anche solo di una consistente minoranza contraria all'uso fatto di quei segni). Il curatore speciale della "non-associazione" del 2009, insoddisfatto della sentenza, l'ha impugnata e ora si attende che inizi il processo d'appello, sempre a Genova.

Se si fa un Movimento nuovo, che succede al simbolo?

Perché si è ricordato tutto questo? Perché una settimana fa un lancio di Adnkronos, firmato da Ileana Sciarrasosteneva che all'interno dei gruppi parlamentari del M5S fosse sorta "l'idea di un nuovo brand, ovvero di un 'contenitore' e di un simbolo nuovi di zecca, che traghettino il Movimento in una nuova era". Questo anche per risolvere in modo netto le grane sorte via via con Davide Casaleggio e l'associazione Rousseau, che proprio oggi ha comunicato di dover "procedere alla sospensione di alcuni servizi e all'annullamento di attività e/o iniziative programmate per il trimestre ottobre-dicembre 2020", a causa dei molti contributi periodici dei parlamentari non ricevuti nel corso del tempo (e la situazione si protrae, da quanto si capisce, almeno dal 2019). Ora, al netto della notizia fornita sempre da Adnkronos - questa volta a firma di Antonio Atte - per cui sarebbe già pronta Open Rousseau, una piattaforma open source che consenta al M5S di operare (per giunta in modo più trasparente) senza bisogno di rivolgersi all'associazione Rousseau, è interessante che la voce in base alla quale si starebbe pensando a un altro soggetto giuridico per dare continuità alla linea politica attuale del MoVimento sia contemporanea alle oggettive frizioni tra gran parte dei soci del M5S-3 e uno dei suoi due costituenti, cioè Davide Casaleggio unitamente all'associazione che presiede (fondata con il padre Gianroberto nel 2016) e che presta i suoi servizi al MoVimento. Ci sarebbe il problema citato dei versamenti, ma secondo Sciarra avrebbero rilievo anche contrasti su aspetti "pesanti", come il superamento del limite dei due mandati per evitare di bloccare la ricandidatura di tante figure di vertice del M5S.
In tutto questo, la questione del simbolo sarebbe tutt'altro che secondaria e, tanto per cambiare, complessa. Il simbolo citato nello statuto del M5S-3, come si diceva, appartiene al M5S-2, i cui soci sono tuttora Beppe Grillo (presidente), il nipote Enrico Grillo e il commercialista Enrico Maria Nadasi: se nel 2012, quando questo fu costituito, era stato Beppe Grillo a concedere l'emblema registrato come marchio comunitario (quello con il sito "Beppegrillo.it", già concesso alla "non-associazione" del 2009, come previsto dal "non-statuto"), dopo la modifica statutaria del 2015 la stessa associazione M5S-2 risultava essere "unica titolare" del segno (e il 18 novembre fu depositata una nuova domanda di marchio comunitario per il logo con la dicitura "Movimento5stelle.it", in coerenza con quanto deciso da una votazione online degli iscritti). Permane, in base al rendiconto del M5S-2 chiuso alla fine del 2019, l'uso gratuito del simbolo concesso all'associazione Rousseau, ma si tratta appunto del simbolo del 2015, concesso - come spiegato a suo tempo dal M5S - "per poter legalmente vendere i gadget con il simbolo".
D'altra parte, l'associazione M5S-3 è titolare del marchio che attualmente utilizza come simbolo e come contrassegno elettorale, cioè quello che contiene la dicitura "Ilblogdellestelle.it" e che dal 2018 in avanti è stato votato: questo è stato depositato presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi esattamente il giorno in cui è stato svelato alla stampa e all'opinione pubblica (il 19 gennaio 2018, primo giorno di deposito dei contrassegni per le elezioni politiche) ed è stato registrato il 30 novembre 2018; come domicilio elettivo è indicato quello di Luigi Di Maio, ma il suo rappresentante risulta essere l'avvocato Andrea Ciannavei, presso il cui studio ha sede il M5S-3. A meno di eventuali modifiche statutarie successive alla costituzione di quest'ultima associazione - modifiche di cui non si è a conoscenza - lo statuto non parla del simbolo che sarebbe stato inaugurato soltanto un mese dopo il varo del M5S-2017; ciò non significa, ovviamente, che quel MoVimento non possa utilizzarlo, anche perché è lo stesso statuto nel testo oggi noto (art. 1, lettera b) a dire che al nome del M5S "potrà essere abbinato il simbolo" di proprietà del M5S-2, senza che vi sia l'obbligo di utilizzare soltanto questo. 
Su questa situazione complessa si innesterebbe la questione legata a un nuovo soggetto giuridico, con proprio nome e simbolo. Non sembra di poter dire che la figura di Davide Casaleggio sia fonte di problemi in questo senso: posto che né l'atto costitutivo, né lo statuto del M5S-3 contengono alcuna regola sull'uso del simbolo (né quello precedente né quello attuale), va notato che Casaleggio junior ha l'anomalo ruolo di cofondatore dell'associazione del 2017 che però non riveste alcuna carica nella stessa, né tanto meno ha poteri particolari in virtù del suo ruolo nella fase "genetica" del M5S-3 (se non quello di poter essere un iscritto, ma come tutti gli altri e le altre). Sulla base di questo, si può dire che Davide Casaleggio non ha alcuna voce in capitolo nella gestione del simbolo del 2018, così come non ne ha in quella del simbolo precedente, perché non fa parte del M5S-2; la questione del distacco, insomma, avrebbe un impatto mediatico, "ideale" e anche economico (basandosi sulle notizie circa le proposte dello stesso Casaleggio in merito a una sua nuova posizione di "fornitore solo esterno" dei servizi), ma non sulla gestione giuridica del simbolo.  Più complesso, sul piano tecnico, sarebbe il punto relativo al rapporto tra uso civile del simbolo e uso elettorale del contrassegno. Al momento, se si votasse a breve - ed è da escludere per ragioni di opportunità - certamente il M5S-3 potrebbe presentare proprie candidature con il simbolo del 2018 e anche, in alternativa, con quello precedente (immaginando che il M5S-2, che ne è titolare, non si opponga): toccherebbe al capo politico - per ora Vito Crimi - depositare il contrassegno al Viminale e delegare alla presentazione delle candidature; quelle candidature, tra l'altro, sarebbero presentate senza bisogno di raccogliere le firme, perché il M5S-3 ha gruppi parlamentari in entrambe le Camere dall'inizio della legislatura. 
Cosa accadrebbe, invece, se si decidesse di creare un altro soggetto giuridico? Questo soggetto potrebbe avere un nome e un simbolo diversi rispetto all'attuale, ma potrebbe perfino mantenere gli attuali: posto che lo statuto del 2017 non prevede nulla di particolare sul patrimonio del M5S-3 (quindi ci si deve accontentare delle poche norme che ci sono), il capo politico, in quanto legale rappresentante, previo consenso o ratifica dei componenti del Comitato di Garanzia, potrebbe decidere insieme al tesoriere di concedere l'uso del nome e del simbolo a un potenziale M5S-4 come è già avvenuto a monte nel 2017, avendo però l'accortezza, da un lato, di far dichiarare espressamente dal M5S-2 che non si oppone all'uso di quei segni identificativi e, dall'altro, di non inserire nel nuovo statuto formule di incompatibilità tra l'iscrizione al M5S-4 e il M5S-3. Certo, si complicherebbe ancora di più la situazione e si rischierebbe una nuova causa da parte del M5S-1 (che si sentirebbe ancora più leso nei diritti che ritiene di avere), ma questi potrebbero essere ritenuti problemi limitati. 
Un profilo più spinoso, casomai, riguarderebbe l'esonero dalla raccolta dalle firme: la legge elettorale, infatti, al momento solleva da quest'obbligo solo "i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all'inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi" (Art. 18-bis, d.lgs. n. 361/1957): il beneficio, dunque, spetterebbe solo al M5S-3 che ha presentato candidature nel 2018, non anche all'eventuale M5S-4 o al soggetto con altro nome che fosse costituito. Anche mantenere in piedi i gruppi parlamentari, legandoli semplicemente al nuovo soggetto e perfino mantenendo il vecchio nome e il vecchio simbolo, formalmente non permetterebbe di superare la formulazione della legge. Si è però tentati di pensare che questo problema resterebbe solo sulla carta: innanzitutto, si potrebbe far figurare le liste come presentate dai due MoVimenti insieme, per cui il contrassegno sarebbe considerato composito e l'esenzione sarebbe già possibile. In più, se non si volesse ricorrere a questo stratagemma, poiché si sta seriamente pensando di cambiare la legge elettorale, basterebbe mettere mano a quell'articolo per risolvere il problema una volta per tutte (esentando "i partiti o gruppi politici cui faccia riferimento un gruppo parlamentare in entrambe le Camere all'inizio della legislatura"), sperando che a qualcuno non venga in mente la consueta modifica una tantum, per cui la disciplina più lasca dell'esenzione riguarderebbe solo la prima applicazione della legge.  
Tutto, inevitabilmente, si complicherebbe se i giudici genovesi dessero ragione in appello al M5S-1 oppure se il M5S-2 decidesse di non concedere più al M5S-3 l'uso gratuito del simbolo registrato nel 2015. Certamente il M5S-3 resterebbe titolare del marchio registrato nel 2018 e potrebbe rivendicare il diritto a utilizzarlo senza disturbo; il fatto è che, a quel punto, il simbolo di cui il M5S-3 è titolare sarebbe quasi identico a quello del M5S-1 (ove arrivasse una sentenza d'appello a suo favore) oppure a quello di cui è titolare il M5S-2 e il cui uso sarebbe stato revocato. Di fronte a una diffida da parte degli aventi diritto a utilizzare come contrassegno un emblema anche solo confondibile col proprio, la Direzione centrale dei servizi elettorali del Ministero dell'interno (al pari di ogni altro organo chiamato a decidere l'ammissibilità dei contrassegni) si troverebbe davanti a un problema serio: un problema aggravato dalla pratica sbagliata all'origine di registrare come marchi i segni utilizzati in ambito politico, col rischio che chi registra un marchio politico pretenda di utilizzarlo (o di inibirne l'uso) anche al di là di quanto previsto dalle norme elettorali. Almeno per quanto riguarda un'eventuale revoca da parte dell'associazione del 2012, tuttavia, bisogna ammettere che si tratta di uno scenario assai improbabile: è difficile immaginare che Grillo sia su posizioni diverse rispetto a chi guida il MoVimento 5 Stelle. Dopo aver ragionato su qualche ipotesi è meglio, molto meglio vedere come la realtà evolve e discutere di questo, senza complicare ancora di più una situazione già intricata. Certamente molto di più della vicenda del vituperato Udeur.

Nessun commento:

Posta un commento