lunedì 16 luglio 2012

La rivoluzione secondo Sgarbi


Puoi aspettartelo da un comunista duro e puro dei tempi andati, da qualcuno dei rimasugli della politica anticapitalista sopravvissuto alle mille scissioni (che si chiami Ferrero, Diliberto o Rizzo), o magari da qualche superstite della falce e martello ancora perfettamente convinto, come Marco Ferrando e il suo Partito comunista dei lavoratori; potresti al limite attribuirlo a un Beppe Grillo particolarmente infervorato, o a qualche soggetto originale piuttosto disperato. Invece ti trovi davanti nientemeno che il «Partito della rivoluzione», scopri che la scritta al di sotto recita «Laboratorio Sgarbi» e ti viene spontaneo esclamare «Eeehhh??», come il Leonardo Manera dei tempi d’oro.
Il simbolo, in realtà, non è proprio nuovo: lo avevano già trovato sulla scheda delle ultime elezioni amministrative gli abitanti di Cefalù, paese in cui Vittorio Sgarbi si era candidato sindaco, dopo quattro anni passati da primo cittadino di Salemi (dimettendosi pochi giorni prima che l’amministrazione comunale fosse sciolta per infiltrazioni mafiose). Eppure, ora che tutta l’Italia è stata messa in condizione di conoscere l’avvento di questo partito, il suo emblema merita di essere studiato come si deve.
Già, perché questo emblema non somiglia affatto a tutti quelli che lo Sgarbi nazionale ha coniato e sgranato negli anni. Si lascino perdere le sue candidature più o meno fortunate sotto formazioni non concepite da lui, dalla prima esperienza col Pci all’ultima con Udc e Dc-Pizza, passando per Psi, Dc-Msi, Pli, Radicali, Fi e Consumatori. Sembra quasi archeologia il contrassegno dei «SI con Sgarbi», presentato nel 1994 alle politiche e rispolverato a fine anno giusto per polemizzare un po’ con i Socialisti italiani e cercare di non far usare loro la sigla «Si». Attraversata nel 1996 la fase della «Lista Pannella – Sgarbi», nel 1999 prova a rimettersi in proprio e battezza «i liberal Sgarbi – i Libertari»: niente a che vedere con Adornato & co., piuttosto un tentativo di riaggregare tutti i liberali finiti un po’ dappertutto allora. Il nome del critico d’arte è ben visibile, è quasi il vero simbolo assieme al fregaccio rosso che gli sta sotto, ma sulle schede non ci arriva: assieme ai loghi dei liberali di De Luca, di Sos Italia e di una reincarnazione dei Verdi Verdi, c’è anche quello del Psdi presentato da Enrico Ferri, ma per l’ufficio elettorale presso la Cassazione non spetta a lui usarlo, quindi l’intero contrassegno salta e non viene sostituito.
Gli aficionados di Sgarbi si consolano con le regionali dell’anno dopo, con i «Liberal Sgarbi» che si presentano un po’ dappertutto (scegliendo un libro aperto sotto all’augusto nome), ma devono aspettare il 2004 per rivedere lo stesso segno a livello nazionale, abbinato all’edera dei repubblicani nel famoso «Partito della bellezza/ragione», molto strombazzato ma poco crocettato. I «Liberal» tornano nel 2007 e ancora nel 2010, anche se in quell’anno si tratta piuttosto della diversa «Rete Liberal» (ma la sua aquila blu chiaro rischia di non partecipare nemmeno alle elezioni regionali in Lazio). Come che sia, tutte posizioni chiaramente di centrodestra, a partire dal nome «Liberal» che in Italia, vai a sapere perché, della connotazione progressista sembra non avere mantenuto nulla.
Stavolta, invece, il divino Sgarbi sembra fare maledettamente sul serio. Grafica minimale ma aggressiva, fondo nero con quelle parole, «Partito della rivoluzione», in un rosso acceso, molto rivoluzionario, sovversivo e impossibile da non notare, come quel «Laboratorio Sgarbi» in bianco, ché quella parola forse la si è vista comparire in qualche lista civica, ma niente di più. Anche a sentir parlare il leader, si resta impressionati: «Oggi, 14 luglio, anniversario della Rivoluzione francese, siamo davanti a palazzo Chigi perché vogliamo occupare il palazzo del potere». L’impressione, però, dura poco: l’immagine del Vittorio barricadero si sbriciola davanti all’ennesima collocazione nel centrodestra, con tanto di sostanziale avallo di Berlusconi e la presenza addirittura di Carlo Taormina con la sua Lega Italia. Anche qui, dunque, novità poche, ma d’ora in poi per la destra «rivoluzione» potrebbe non essere più una parolaccia, mentre a sinistra potrebbero iniziare a guardarla con sospetto. Una rivoluzione copernicana, degna del più ispirato Sgarbi che, non a caso, una volta disse: «Io sono pallido perché il Sole, quale io sono, abbronza ma non si abbronza». Appunto.

1 commento:

  1. ngang nhiên lên trợ giúp , ta xem kẻ đó thực lực ít nhất cũng đạt lam cấp chiến sĩ “ . Trọng kiếm hệ chủ ‘ lão hầu tử ’ lớn tiếng nói .
    Phất Cách Sâm ngưng trọng theo dõi những diễn biến dưới võ đài , cũng không quay đầu lại , chỉ nói : “ Không phải , kẻ đó không phải là chiến sĩ , cũng không thuộc nhân loại . Từ trên người của hắn ta không cảm nhận được khí tức của con người . Bổn mệnh khế ước , đó đích thị là đòng đẳng bổn mệnh khế ước trong truyền thuyết “ .
    Thiết Tí trên mặt lúc này cũng lộ ra vẻ kinh hãi , hắn biết được thực lực của Nội Tư Tháp đến mức nào , nay kết hợp thêm hồng long và huyết hồn thương , cho dù là hắn cũng không dám nghênh tiếp trực tiếp công kích của Nội Tư Tháp .
    “ Ngài nói đó là ma thú sao ? Nếu là ma thú , tại sao lại có khả năng hóa thân thànđồng tâm
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    chém gióh hình dáng con người , ngoại trừ vong linh thì chỉ có cửu cấp ma thú mới có khả năng làm được . Ta xem thực lực của ma thú này chưa đạt đến cửu cấp “ .
    Nếu Tử đúng là cửu cấp ma thú , cho dù cả Nội Tư Tháp và hồng long liên kết lại cũng không có khả năng ép Tử lún xuống đất .

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