lunedì 11 ottobre 2021

Simboli sotto i mille (2021): il Nord e qualche avvertenza prima di partire (di Massimo Bosso e Gabriele Maestri)

D'accordo, anche ai #drogatidipolitica piacciono i grandi eventi e le invasioni di liste assicurate da voti come quelli che, in questo turno elettorale, hanno attirato l'attenzione: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, un'intera regione come la Calabria... Ma i veri #drogatidipolitica aspettano con ansia anche il voto nei microcomuni, quelli con meno di mille abitanti in base all'ultimo censimento: lì, come ben sa chi frequenta questo sito, per presentare una lista non servono sottoscrizioni a sostegno, ci si candida e si va sulle schede elettorali senza bisogno di raccogliere le firme. Proprio questa maggiore facilità di presentare le candidature produce da oltre un quarto di secolo fenomeni interessanti (e non sempre edificanti), da studiare e far conoscere.
Anche quest'anno, così, parte il nostro itinerario "sotto i mille", in cerca di curiosità, anomalie e stratagemmi della microItalia che va alle urne. Questo, a dire il vero, potrebbe essere l'ultimo viaggio che varrà la pena compiere in quei piccolissimi comuni, anzi, fino a qualche mese fa non era certo che avesse senso svolgerlo. A fine maggio, infatti, il Senato aveva approvato un disegno di legge che, tra l'altro, puntava a introdurre una minima raccolta di firme anche in quei microcomuni (almeno 5 fino a 500 abitanti, almeno 10 fino a 750 abitanti, almeno 15 fino a 1000 abitanti): il polverone sollevato a livello nazionale da Striscia la Notizia (a proposito delle liste esterne ai paesi, legate alle licenze retribuite delle forze di polizia e non solo) aveva probabilmente spinto a muoversi in fretta, ma alla Camera la discussione sul testo non è ancora iniziata (ne parleremo meglio tra qualche giorno), così quest'anno le liste "sotto i mille" si sono potute presentare ancora senza firme.
Quel disegno di legge, peraltro, punta anche a rendere stabile una norma inserita solo per questo turno elettorale "a causa delle oggettive difficoltà di movimento all'interno dei singoli Stati e fra diversi Stati"
: in tutti i comuni fino a 15mila abitanti (non solo quelli "sotto i mille") in cui era stata presentata una sola lista, se di norma occorreva che andasse a votare almeno il 50% degli aventi diritto (e che il numero di voti validi per la lista fosse pari almeno al 50% dei votanti), stavolta bastava che si recasse alle urne il 40% del corpo elettorale comunale e nel conteggio di quest'ultimo non sarebbero rientrati gli elettori iscritti all'Aire (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) che non avessero votato. Possiamo già dire che questa misura provvisoria ha salvato dal commissariamento vari comuni nei quali c'era una sola lista; il problema, invece, non si è comunque posto nei comuni in cui le liste erano almeno due, bastando in quel caso anche un solo voto valido o poco di più, come insegna il caso di Sambuco... e se questo nome non vi dice nulla, beh, malissimo!
Sostanzialmente, anche in questa occasione, le liste presentate e degne di nota (accanto a quelle "normali", effettivamente legate al singolo comune in cui si vota) si possono dividere in tre macrocategorie: a) liste espressione di piccoli movimenti, nazionali o meno, in cerca di visibilità e magari di qualche eletto; b) liste presentate per ottenere licenze elettorali; c) liste messe in piedi per evitare il commissariamento in caso di mancato raggiungimento del quorum (che è calato, ma non si sa mai...) oppure per limitare l'accesso al consiglio comunale di eventuali liste esterne attraverso una minoranza "amica" o almeno legata al paese.
Prima di partire per il viaggio, ci si consenta una piccola nota, anche per far capire a chi legge come nasce questo testo. Per poter mappare ciò che accade "sotto i mille" è d'obbligo, a scrutinio finito, uno sguardo accurato al portale Eligendo del Ministero dell'interno, verificando tutti i risultati che interessano e cercando di interpretarli; il lavoro, però, inizia già prima del voto, valutando il quadro delle candidature comune per comune, per individuare in anticipo alcune delle realtà da osservare con attenzione. Negli ultimi anni il Viminale ha dato a suo modo una mano, pubblicando con un po' di anticipo il tabulato che contiene i nomi e la consistenza (quanti candidati, divisi per sesso) di tutte le liste presentate in ciascun comune chiamato al voto. In generale, però, la cosa migliore è cercare di procurarsi il maggior numero possibile di manifesti delle candidature dei comuni interessati dalle elezioni: ciò consente di avere migliori riproduzioni dei contrassegni di lista (quelli che tradizionalmente illustrano i nostri articoli), ma anche di vedere i nomi delle persone candidate nelle varie liste, verificando se certi nomi si ripetono (nello stesso anno o rispetto agli anni precedenti) e avendo qualche indicazione sull'origine di chi è stato messo in lista (ad esempio constatando che la maggior parte delle candidature sotto lo stesso simbolo non è legata a quel territorio). 
Il solo modo per trovare i manifesti (senza disturbare gli uffici elettorali comunali) è passare in rassegna il sito web di ogni comune in cui si vota, cercando la versione Pdf del manifesto. Se quest'operazione appare lunga e complessa, lettrici e lettori non immaginano quanto sia snervante: di frequente la ricerca diventa una sorta di caccia al tesoro o di nascondino. Qualche comune dedica alle sue elezioni amministrative una pagina ad hoc (come fanno i comuni superiori, tenuti a pubblicare i documenti per le norme sulla trasparenza elettorale) o più pagine, una per ogni notizia (così la ricerca si fa meno immediata), ma molti comuni piccoli non lo fanno: guardando certi siti istituzionali è difficile sapere che in quel comune si voterà (a volte c'è solo la relazione di fine mandato). Se manca una pagina dedicata, si deve battere con cura l'albo pretorio digitale (ogni comune per legge deve averlo), cercando la pubblicazione del manifesto (che, sempre per legge, va affisso - anche nell'albo - entro l'ottavo giorno prima del voto). Occorre però armarsi di molta pazienza, che può non bastare. Di solito in effetti il manifesto si trova, ma il problema è dove: a volte è catalogato sotto "Atti elettorali", "Affissioni elettorali" o "Manifesti elettorali", oppure semplicemente tra i "Manifesti"; spesso però quelle voci non ci sono (o ciò che serve non sta lì) e bisogna cercare alla voce "Avvisi" o "Avvisi pubblici". Se il documento salta fuori, si passa a un altro comune, ma a volte il manifesto non c'è proprio, neanche il giorno prima del voto. Quando si trova, peraltro, scatta il disappunto se è stata inserita la scansione del documento, a colori (ma in cattiva qualità) o addirittura in bianco e nero (lo ha fatto persino il comune di Bologna): una scelta inspiegabile, visto che basterebbe affiggere il Pdf chiesto alla tipografia. Per recuperare almeno il simbolo a colori in dimensioni maggiori rispetto a quelli impiegati dal Ministero dell'interno, resta la speranza che il sito della rispettiva Prefettura abbia caricato il fac simile della scheda del comune che interessa: a volte si è fortunati, a volte ci si deve arrendere.     
Una volta raccolto tutto ciò che si è riusciti a trovare e consultati tutti i dati utili, in ogni caso, è tempo di mettersi in viaggio. Si parte dal Nord e, naturalmente, non si può che iniziare da una regione che ci ha sempre regalato grandi soddisfazioni, tanto da meritarsi un libro ad hoc - cioè il nostro, M’imbuco a Sambuco!: andiamo a incominciare, dunque, dal Piemonte.

Il nostro viaggio inizia registrando una new entry, vale a dire un nome e un simbolo che finora non si era mai incontrato. Si tratta del Fronte Piemonte, soggetto politico con una sua pagina Facebook e un suo sito: proprio lì si scopre che quel soggetto politico è nato "
per espressa volontà dei Dirigenti e Militanti di Forza Nuova, con l’arduo compito di aggregare le varie comunità locali piemontesi, per creare una solida realtà che aiuti i figli dimenticati di questo paese"; se in Rete, peraltro, il simbolo riporta un profilo nero montuoso che si staglia su fondo rosso, sulle schede elettorali le montagne sono diventate verdi. Fronte Piemonte si è presentato a Casaleggio Novara e a Montaldo Torinese: se nel primo comune non ottiene seggi a causa della presenza di due liste locali su tre, nel piccolo comune torinese il Fronte è proprio la seconda lista di due e con 22 voti (pari al 6,7%) elegge tre consiglieri. Va aggiunto che Forza Nuova si è presentata con il proprio simbolo a Suno, comune in provincia di Novara intorno ai 2800 abitanti (nel quale dunque si sono dovute raccogliere le firme): anche lì le liste sono solo due, così Fn è riuscita a raccogliere 144 voti (il 16,03%), sufficienti a far conseguire i tre consiglieri di opposizione; uno di loro, tra l'altro, è Lorenzo Borioli, candidato sindaco del Fp a Casaleggio (a ulteriore conferma della vicinanza tra i due progetti politici).
Non è invece una new entry, ma a suo modo una conferma degli ultimi anni, il Partito Valore Umano: affacciatasi per la prima volta alle elezioni e alla notorietà nazionale partecipando con alcune liste alle politiche del 2018, da meno di un mese questa forza politica è riuscita a spuntare persino al Parlamento, pur non avendo eletto nessuno. Il 14 settembre scorso, infatti, al Senato è stata costituita la componente del gruppo misto "
Italexit - Partito Valore Umano": il Pvu, grazie alla sua partecipazione elettorale di tre anni e mezzo prima, ha permesso di al partito di Gianluigi Paragone (a Palazzo Madama rappresentato da lui e dal senatore Carlo Martelli, entrambi eletti nelle liste del M5S) di costituire una componente autonoma e di avere visibilità. 
Tornando al Piemonte, i
l Partito Valore Umano ha proposto tre liste, in particolare a Sant'Agata Fossili, nell'alessandrino, e in due comuni del cuneese, Entracque e Vinadio: nel primo comune sono arrivati 16 voti (7,44%) e un seggio, strappato alla seconda lista - Giovani Insieme per Sant’Agata - che evidentemente non doveva avere un grosso radicamento nel paese (34 voti in tutto). A Entracque le liste invece erano solo due e il Pvu, con il 10,43% raccolto grazie a 44 voti, ha eletto tre consiglieri, ma il risultato ottenuto a Vinadio può dirsi persino entusiasmante per il piccolo movimento: qui i voti sono 104, pari al 28,65%, contro i 105 (28,92%) della lista Diamo una mano a Vinadio (che come simbolo ha … una mano che ne regge un'altra più piccola): un solo voto ha separato le due liste di minoranza, così al Pvu è toccato un solo consigliere dei tre riservati all'opposizione; le due liste sconfitte, però, insieme hanno raccolto più voti di quella vincente (cosa che nei piccoli centri è decisamente rara) e la nuova amministrazione non potrà non tenere conto di questo.
Nel viaggio che prosegue troviamo poi il Movimento Progetto Piemonte, piccola formazione identitaria regionale (legata soprattutto a Massimo Iaretti9 
già vista in passato in queste elezioni nei microcomuni. Quest'anno il Mpp si è presentato ad Albano Vercellese e Cravagliana, sempre in provincia di Vercelli, località dell'Alta Valsesia a pochi chilometri dalla Svizzera. Se ad Albano la competizione tra le due liste locali (finita 95 a 91) ha lasciato un solo voto alla forza politica di cui si parla (appunto nel ruolo di terza lista), a Cravagliana oltre al Mpp c'era una sola lista di paese e con 25 voti, pari al 17,53%, sono arrivati scattano tre seggi: una percentuale di tutto rispetto per una lista oggettivamente esterna al paese. Sul piano grafico, il Movimento Progetto Piemonte ha confermato la scelta della semplicità, con un cerchio a fondo bianco bordato di nero, mentre al centro c'erano ancora le diciture "Lista Civica", "Progetto" con il nome del comune e la sigla del partito, tutte scritte in nero (font Helvetica Black).
Altra formazione certamente locale è Progetto Paese, una lista civica che si è incontrata alcune volte negli scorsi anni (soprattutto dal 2019, ma già presente nel 2018) e che ha ottenuto consiglieri in vari comuni. Il progetto politico-elettorale risulta legato all'associazione no profit Diritti e Libertà e si pone come "gruppo di persone dallo spirito liberale che curano con attenzione i territori, si impegnano a salvaguardare la qualità della vita di ogni cittadino, a proporre idee innovative sui territori e a combattere ogni forma di discriminazione all'interno delle istituzioni": il presidente di Diritti e Libertà è Davide Betti Balducci, candidato sindaco lo scorso anno a Parella e in questa tornata aspirante primo cittadino a Torino, sostenuto dal Partito Gay LGBT+ e dal Partito Animalista. Progetto Paese - che in questo turno elettorale curiosamente torna all'emblema standard usato nel 2019 (quello del 2020 manteneva il paesino stilizzato, ma era personalizzato con il nome del comune al voto), mentre nella sua pagina web il simbolo, a fondo blu con un leggero tricolore, è ancora diverso - si è presentato innanzitutto a Barbaresco (Cn), dove sono arrivati solo 12 voti (3,60%); 
a Lemie, nel torinese, lo stesso numero di voti (10,91%) ha invece fruttato i tre consiglieri di minoranza (incluso il delegato nazionale, Mimmo Dellisanti). Sempre in provincia di Torino, a Borgomasino, è arrivata la percentuale migliore (11,79%; capolista, tra l'altro, era Sara Franchino, già consigliera regionale dei Pensionati per Cota dal 2013 al 2014, nonché riferimento legale per Diritti e Libertà), ma le liste in gioco in tutto erano tre, quindi i 52 voti ottenuti non hanno fatto conseguire seggi (ma quei consensi sono stati ago della bilancia nella competizione elettorale: visto che tra le due liste locali è finita 201 a 188, chissà dove sarebbero finiti i voti di Progetto Paese se non si fosse presentata?).  
L'ultima lista presentata da Progetto Paese la si è trovata a Gravere, sempre in provincia di Torino, ma a pochi passi dalla Francia: lì, con il 4,24% (prodotto da 15 voti), sono arrivati comunque due seggi. Le formazioni in campo, in quel comune, erano infatti tre: una - Gravere 21-26 - era senza dubbio pienamente legata al paese, come dimostra il 92,37% ottenuto; il restante 3,39% (12 voti) e il terzo seggio di minoranza è toccato… alla Democrazia cristiana! Avete letto bene, anche se - visto ciò che si legge con frequenza su questo sito - probabilmente non ne sarete del tutto stupiti. Il simbolo è molto simile a quello coniato dalla Dc nel 1992 (con lo scudo crociato su fondo blu): nella forma attuale, con tanto di bordo bianco intorno allo scudo, è stato usato dal 2006 dalla Dc guidata da Giuseppe Pizza, poi dal primo tentativo di riattivare il partito guidato da Gianni Fontana e, più di recente, dal nuovo processo di riattivazione iniziato nel 2016-2017 e che oggi ha come segretario Renato Grassi. Non è un caso la comparsa del simbolo a Gravere: proprio lì, da una quarantina d'anni, ha una casa Mauro Carmagnola, segretario amministrativo della Dc-Grassi. Proprio Carmagnola si era presentato come candidato sindaco ("
vedo il paese spegnersi. Vale la pena tentare qualcosa" ha scritto sul suo profilo Facebook) e l'unico seggio ottenuto dal simbolo della Dc (cioè da uno dei gruppi che rivendica la continuità giuridica con il partito che, comunque la si pensi, ha avuto un ruolo chiave nella storia d'Italia) è toccato appunto a Carmagnola.
Restando ancora in provincia di Torino, a Brosso troviamo l'unica presenza piemontese di L'Altra Italia, formazione già nota a chi frequenta questo sito (e di cui, dallo scorso anno, si è sentito parlare parecchio). Analizzando la lista si trovano (come sempre) molti candidati nati in Puglia, compreso il candidato sindaco, Vincenzo Miggiano che è uno dei dirigenti del movimento (si tratta in particolare del tesoriere). La competizione elettorale è stata stravinta dalla lista lista locale Caro Brosso con 242 voti (88,32%); il simbolo con l'aquila tricolore (ricavata dalla vecchia fiamma del Msi) è riuscito a raccogliere un solo voto, mentre gli altri se li è aggiudicati una seconda lista, Uniti per Brosso: visto che l'affluenza ai seggi ha superato di pochissimo il 76%, il che fa capire che non c'era alcun problema di quorum da affrontare o prospettare, il risultato ottenuto fa pensare che Uniti per Brosso sia stata messa in piedi soprattutto per evitare l'ingresso di estranei in consiglio comunale.
Si è parlato prima di Barbaresco e, a rischio di ubriacarsi, vale la pena tornarci. Qui, infatti, oltre alla lista vincente, Barbaresco è presente (nel simbolo c'era un bicchiere in cui il vino tracciava la skyline del paese), che ha ottenuto 278 voti (83,48%) e a Progetto Paese di cui si è già detto, c'era un'altra lista, Barbaresco 20 21. L'occhio del #drogatodipolitica, più che dal simbolo (in cui si vede soprattutto un disegno della torre del paese) è attratto dal nome del candidato sindaco, Gianluca Noccetti. Nel torinese lui è ben noto (ne riparleremo), ma proprio a Barbaresco di certo lo conoscevano già: nel 2016 era stato eletto consigliere, quale candidato della Lista dei Grilli Parlanti - No Euro (il candidato sindaco era Franco Grillo) e con gli altri due eletti di quella formazione - le liste in corsa erano infatti solo due e i Grilli parlanti avevano conquistato tutti i seggi di minoranza - aveva poi formato il gruppo della Lega. 
Questa volta, come si è visto, Noccetti si era proposto come aspirante primo cittadino, schierando in lista anche gli altri due consiglieri uscenti del gruppo di minoranza, Giuseppe Franchi e Simone Galfrè: i 43 voti ottenuti, pari al 12,91%, sono bastati a riconfermare i tre seggi. A Lequio Tanaro, della provincia di Cuneo ("la Granda") come Barbaresco, è finita sulle schede una lista omologa: il simbolo di Lequio Tanaro 20 21, peraltro, è ancora più semplice e non contiene nessuna raffigurazione grafica. 
Il candidato sindaco, in questo caso, è Simone Galfrè, come si è già detto consigliere uscente di minoranza a Barbaresco: è stato eletto consigliere, insieme ad altre due persone, grazie ai 34 voti ottenuti dalla lista (9,19%) conto i 336 consensi della formazione locale.
Se si cambia provincia e si torna nel torinese, a Massello si sono presentate tre liste: due erano locali e si sono divise 44 dei 45 voti espressi (si noti che la popolazione legale è di 
56 abitanti, mentre nel 1861 era arrivata a 813 persone: il paese, a 1188 metri sul livello del mare e dalla popolazione in gran parte valdese, è un esempio tangibile dello spopolamento delle montagne), conquistando tutti i seggi del consiglio. L'unico altro voto valido (una persona ha lasciato bianca la scheda) è andato alla lista Piemont, la cui grafica (scritta bianca su fondo blu con drapeau piemontese limitato in un piccolo cerchio) è quasi identica a quella della lista Piemont Liber presentata nel 1992 alle elezioni politiche. Anche considerando questo particolare, non ci si stupisce troppo a trovare in lista alcune persone già viste nelle liste "20 21" (incluso Giuseppe Franchi, consigliere uscente a Barbaresco) o altre con cognomi altrettanto visti in quelle formazioni. Il quadro, peraltro, non sarebbe completo se non si notasse che Gianluca Noccetti, che nel 2016 si era anche candidato a sindaco di Torino (per Forza Toro, Mida Automobilisti, Amici a 4 zampe, Comitato Disoccupati Esodati e Lega Padana Piemont), quest'anno figurava tra i candidati della Lega al consiglio comunale di Torino e con lui c'era anche Roberto Cermignani (consigliere circoscrizionale leghista uscente, ma in passato nell'Italia dei valori, poi coordinatore di Centro democratico in Piemonte e mancato candidato presidente alle regionali piemontesi del 2014, dopo aver presentato al Viminale, prima delle europee, il simbolo Chiamiamolo per il Piemonte). Non è tutto: nella lista della Lega presentata per il voto nella quarta Circoscrizione, infatti, si potevano trovare Cermignani, Marco Di Silvestro (candidato sindaco di Piemont a Massello) e - si legga con attenzione e con rispetto - Marco Rabellino.  
Lasciando Massello - con un pensiero inevitabile a una lunga epoca elettorale intrisa di calcoli e spruzzata di guasconeria, ma che a quanto pare è tramontata, lasciando il passo a scelte più pragmatiche e alla ricomposizione di vecchie ferite - e girando per il Piemonte, la regione in assoluto più ricca di comuni "sotto i mille", si trovano poi alcune liste che sembrano essere state presentate più per evitare il rischio del mancato quorum (anche quando non si è concretizzato, anche avendo riguardo alle vecchie regole) che per competere. Per iniziare la carrellata, nel torinese, a Lusigliè si trova la lista Noi Insieme, che con 20 voti - 8,40% - ottiene tre seggi (alle elezioni si è comunque presentato ai seggi il 56,4% del corpo elettorale). A elezioni finite, tuttavia, si apprende che il neosindaco Angelo Marasca e la sua sfidante (e attuale capogruppo dell'opposizione) Monica Bertuzzi sono marito e moglie: uno scenario da "interno di casa con ospiti" (elettori) che sembra fatto apposta per evitare sorprese legate al quorum.
Spostandoci in provincia di Alessandria, a Montecastello la lista Ansema per Möntecasté (
ansema significa "insieme") si aggiudica come seconda (e unica altra) lista i tre seggi della minoranza con soli 12 voti (7,89%: anche qui vota comunque il 55,67% degli aventi diritto). A Castelnuovo Belbo (At) Uniti per Castelnuovo ha ottenuto 11 voti, pari al 2,00%: qui però le liste sulla scheda elettorale erano tre, per cui i presentatori non si aspettavano forse una seconda locale, che ha preso 191 voti (34,73%), o in alternativa potrebbe essersi trattato di un'operazione politica sfortunata. A Olmo Gentile, sempre nell'astigiano, la lista L'Otto Marzo - la forza delle donne i voti raccolti sono stati solo 4 voti (12,12%), ma sono stati sufficienti per conseguire i tre seggi di minoranza, visto che le liste erano solo due: lì, peraltro, hanno votato solo 37 aventi diritto su 118, una quota al di sotto del quorum del 40% (quindi stavolta la seconda lista è più facile da spiegare).
Passando alla provincia di Biella, merita innanzitutto una visitina il comune di Veglio: anche qui le liste presentate erano soltanto due. Accanto a Giovani x Veglio c'era la lista Giovani amministratori piemontesi: le urne hanno assegnato a quella formazione soltanto 6 voti (pari al 2,97%), ma questi sono bastati a portare a quella formazione i tre consiglieri di opposizione. Non si è trattato, ovviamente, dell'esordio elettorale di quella lista: l'anno scorso, infatti, il simbolo esclusivamente letterale dei Gap è apparso sulle schede elettorali di Tavigliano, ma anche prima la si era già vista. Per quello che si sa, la formazione dovrebbe essere legata alla Lega e, in particolare, alla sua giovanile.
Sempre in provincia di Biella, però, una tappa d'obbligo è Rosazza: questo piccolo comune, infatti, ha offerto ai #drogatidipolitica una delle chicche assolutamente imperdibili in questo turno elettorale. Nel 2016 divenne sindaca Francesca Del Mastro Delle Vedove, sorella di Andrea, deputato di Fratelli d’Italia biellese, e figlia di Sandro, ex parlamentare di AN: allora la lista aveva il simbolo ufficiale di Fdi e - curiosità  già notevole - tra gli eletti c’era Carlo Fidanza, attuale europarlamentare (nemmeno originario di quel territorio). Nel 2021 la sindaca uscente si è ripresentata con un simbolo civico, #Ricostruiamo Rosazza (ma viene da chiedersi: chi l’avrebbe demolita, visto che amministrava lei con le persone di sua fiducia?): il paese ha 124 elettori, hanno votato in 57 e probabilmente qualche rischio di non superare il quorum (anche nella sua nuova versione) esisteva. Si può spiegare così la presenza di una seconda lista che, con notevole esercizio di fantasia, viene chiamata Lista n. 2 (provare, anzi, guardare per credere!)... e il simbolo? "Beh, siam biellesi, perché sprecare colore?", così la scritta nera su fondo bianco con cerchio bordato di nero è stata ritenuta sufficiente. Sarà stato il poco appeal di simbolo e nome, sarà stata la composizione della lista, praticamente tutta fatta di extra muros: come che sia stato, si è verificata un'anomalia assoluta, per cui la seconda lista non è stata scelta da nessuna elettrice o da nessun elettore. Morale, per la serie "Mi piace vincere facile", la competizione elettorale finisce 56 voti a zero e tutti i dieci seggi del consiglio comunale vanno alla lista della sindaca uscente (persino quando le liste sono due, per ottenere i tre seggi di minoranza almeno un voto bisogna prenderlo...).
Facendo, per finire, un salto in provincia di Vercelli, precisamente a Quinto Vercellese, si scopre che lì per la prima volta dopo anni si sono presentate due liste tutte locali: in passato infatti, al di là della presenza stabile della lista Per Quinto (che anche quest'anno ha espresso il sindaco, Giuseppe Ghisio), a rappresentare la minoranza erano stati esponenti di liste esterne di partito o quasi (Fiamma Tricolore, Forza Nuova, una civica di destra nel 2016). La presentazione di una seconda lista locale (denominata Lista civica per il cambiamento, con l'immagine di un libro aperto al centro) ha probabilmente invogliato maggiormente le elettrici e gli elettori a esprimersi: si è recato alle urne ben l'86,02% degli aventi diritto, forse un record a livello nazionale in questo turno elettorale...

In Liguria, essendoci poco da segnalare, ci si trattiene poco. Giusto il tempo di un primo giretto a Orero, in provincia di Genova, dove Giacomo (Mino) Gnecco ha vinto con assoluta tranquillità sulla lista Insieme per Orero, presentata a sostegno della candidatura a sindaco di Iolanda (detta Iole) Bacigalupi vedova Monteverdi: lei ha infatti ottenuto 21 voti (7,05%), comunque sufficienti a portare a casa i tre seggi della minoranza (gli stessi che la lista aveva già ottenuto nel 2016, avendo però raccolto un risultato migliore: 50 voti, pari allora al 15,2%). Si noti che a Orero ha votato il 61,15% del corpo elettorale, quindi non pare che la presenza della lista sia stata suggerita dall'opportunità di evitare problemi di quorum
Prima di lasciare la regione, poi, si può ancora fare un giro ad Armo, in provincia di Imperia. Anche in questo caso elettrici ed elettori trovano sulla scheda due formazioni: ha vinto bene quella dalla grafica più semplice (un campanile con tanto di campane che suonano), vale a dire la lista Pro Armo. Quanto alla seconda compagine in campo, cioè la lista Crescere insieme Armo (con la classica stretta di mano come elemento principale del contrassegno elettorale), ha raccolto in tutto 8 voti (pari al 14,04%) che si sono puntualmente trasformati nei tre seggi di minoranza. Anche in questo caso vale la pena dare un'occhiata all'affluenza e si nota che si è recato alle urne il 64,04%, dunque forse non ci si erano posti particolari problemi di quorum. Appare più probabile che gli abitanti si siano voluti cautelare da eventuali liste esterne e da eventuali sorprese nel risultato finale: qualcosa di simile era accaduto nel 2006, quando la lista Patria e Tradizione - Destra per l'Italia (certamente non legata al paese) con un solo voto si era aggiudicata addirittura 4 seggi (tanti ne spettavano allora alle minoranze nei comuni "sotto i mille").

Qualche tappa in più del nostro percorso si trova in Lombardia, la più popolosa regione italiana: lì, infatti, si scoprono alcuni casi interessanti. Partiamo dal piccolissimo comune di Morterone in provincia di Lecco (28 abitanti, 27 elettori, 22 votanti): lì si presentano due liste composte entrambe di residenti fuori paese (inclusi i sindaci). Ha vinto la lista Monterone insieme - con il profilo del Resegone nel simbolo - grazie a 12 voti (57,14%), sufficienti a ottenere 7 seggi, mentre la seconda lista (anche in base all'ordine sorteggiato per le schede) era del Partito Gay LGBT+, destinatario dei restanti 9 voti (nelle urne si è trovata anche una scheda bianca) e dei tre consiglieri di minoranza. Va segnalato che, a urne chiuse, la lista sconfitta (che proponeva come candidato sindaco Andrea Grassi) ha presentato ricorso, lamentando come Morterone insieme - tutta composta da candidati provenienti da Ballabio, dalla Valsassina e da Lecco - fosse stata ammessa nonostante i documenti fossero stati presentati 30 minuti dopo l'orario limite, mettendo dunque in discussione la regolarità delle elezioni e la vittoria di Dario Pesenti (primo sindaco a non chiamarsi Invernizzi o Redaelli). Il ricorso sarà discusso e magari se ne vedrà l'esito; nel frattempo la vita scorre come può nel paesino a 1070 metri di altitudine, il più piccolo comune d’Italia (e qualcuno potrebbe interrogarsi su quale senso abbia mantenere in vita enti così piccoli). 
Si è parlato poco fa del Partito Gay LGBT+, che certamente non può dirsi confinato ai microcomuni: si è dato conto, nelle settimane scorse, della sua presenza alle consultazioni di importanti città (a partire da Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli). Questa forza politica, in ogni caso, si è presentata pure a Valnegra, nel bresciano, centrando anche lì l'obiettivo di entrare in consiglio comunale con due esponenti, grazie ai 14 voti ricevuti (pari al 12,28%). Il terzo scranno riservato alle minoranze se l'è aggiudicato la lista Impegno civico, sulla base dei suoi 10 voti. Considerando che gli elettori erano 182, 118 dei quali hanno votato, è difficile spiegare la presentazione di una lista dichiaratamente civica (con tanto di montagne nel simbolo, le stesse di cui la lista intendeva evitare lo spopolamento con misure ad hoc) ma dimostratasi ben poco competitiva.
In un certo senso si è ritrovata più logica nella presentazione, nel comune comasco di Veleso, della lista Veleso Futura. Considerando che del 243 aventi diritto al voto si sono recate alle urne solo 119 persone (poco meno della metà, dunque), il rischio di non raggiungere il quorum del 40% del corpo elettorale non era campato in aria (mentre sarebbe stato assai probabile un commissariamento con le regole ordinarie, in base alle quali dovrebbe votare almeno un avente diritto su due). A conti fatti, in ogni caso, la lista in questione ha ottenuto solo 3 voti (2,83%), tanti quanti i seggi di minoranza che le sono stati automaticamente attribuiti, stante la presenza di due sole liste. Bene che si sia evitato il commissariamento, certo, ma casi simili inducono a riflettere sull'opportunità di ritoccare il meccanismo di assegnazione dei seggi (che, in casi come questi, finisce per sovrarappresentare di parecchio le minoranze). 
Nel pavese merita un giretto, invece, innanzitutto il comune di Breme, in cui una lista locale (Lista civica per Breme) fa man bassa di voti, vincendo con il 91,3%. Lì si è presentata anche L'Altra Italia, scelta però soltanto da 3 persone in cabina elettorale. I 27 voti che mancano all'appello sono finiti invece alla lista Patria e Libertà per la Lomellina provincia: questa (inconfondibile con la sua testa di aquila su stella tricolore), con il 7,83%, ha mandato in consiglio comunale Luca Battista, storico esponente della destra sociale della zona (oggi milita in Fratelli d'Italia) e altri due candidati. 
L’Altra Italia ha tentato una sortita elettorale anche a Rognano, sempre in provincia di Pavia, ma anche qui le liste locali erano due e le hanno lasciato solo 4 voti (1,28%). In proporzione è andata decisamente meglio a Sant’Angelo Lomellina alla lista presentata da Grande Nord (ribattezzata in questo caso Grande Sant'Angelo): con 27 voti (pari al 9,34%), infatti, è riuscita a conquistare tutti e tre i seggi di minoranza. Un dettaglio non secondario: considerando che solo il 43,26% del corpo elettorale ha effettivamente esercitato il diritto di voto, qualche rischio di non raggiungere il quorum (anche nella versione "alleggerita" valida per queste elezioni) c'era, quindi la seconda lista aveva oggettivamente una sua utilità, anche se in questo caso non è stata fondamentale.
Se in Emilia-Romagna non si sono registrati casi di comuni "sotto i mille" chiamati al voto (quindi non ci si passa, nemmeno per fare un giro dalle parti di uno degli autori), vale la pena fare una capatina in Veneto, terra di solito poco interessata da questo fenomeno, ma che comunque offre tre spunti degni di nota in altrettanti comuni. I primi riguardano il Partito dei Veneti, movimento dal carattere chiaramente locale: si è presentato a Rotzo, nel vicentino, ma le due liste locali gli hanno lasciato poco spazio, così i voti raccolti sono stati solo 6 (1,25%). 
Oggettivamente è andata un po' meglio a Portobuffolè, in provincia di Treviso: lì sono arrivati 30 voti (pari al 8,85%), trasformati in due dei tre seggi di minoranza. Il terzo se l'è aggiudicato la terza lista presentata, Per Portobuffolè, scelta da 21 tra elettrici ed elettori (6,19%). Vale la pena ricordare che nel 2016 le liste erano state due: se quella vincente era stata sempre Viviamo Portobuffolè - Lega (allora Nord) - i seggi riservati all'opposizione erano toccati tutti a Forza Nuova. Su uno di questi si era insediata Jennipher Gola: proprio lei, in questo turno elettorale, è stata l'aspirante sindaca indicata da Per Portobuffolè (non a caso i media locali hanno parlato della sua come "lista di destra"). 
L'ultima tappa veneta è Selva di Cadore, altro microcomune in cui si sono affrontate due liste (mentre nel 2016 se ne era presentata una sola). La lista Selva c'è! ha vinto senza alcun dubbio, concentrando 289 voti su 300; l'altra formazione, Insieme per Selva di Cadore, ha raccolto i restanti 11 consensi (pari al 3,67%), trasformati nei tre seggi di minoranza. A Selva vota il 65,46% (e anche cinque anni fa l'affluenza, pur risultando più bassa, si era tenuta a distanza di sicurezza dal quorum previsto dalla legge): si può dunque escludere che la presenza della seconda lista sia stata sollecitata dal desiderio di evitare il commissariamento.

La prima parte del viaggio si chiude qui. Nell'attesa di scendere nelle regioni del Centro e del Sud, c'è ancora il tempo di un'ultima segnalazione, un po' piemontese e un po' lombarda. In particolare, a Lozzolo e a Caglio (due comuni rispettivamente in provincia di Vercelli e di Como) hanno partecipato alle ultime elezioni quattro liste, un'anomalia rispetto alle realtà viste sin qui (che non sono mai andate, come si è visto, oltre le tre formazioni in corsa). 
Qui però sembra più difficile pensare a fenomeni strani o potenzialmente torbidi: l'analisi dei risultati (che non danno conto di simboli con un consenso vicino allo zero), infatti, fa pensare quasi sempre a liste espressione di parte delle comunità locali. Ciò non toglie che, a confronto con molti paesi monolista o al più bilista, si sia di fronte a due casi di forte (e insolita) partecipazione alla vita amministrativa. Di più, in entrambi i casi i tre seggi di minoranza sono andati uno a testa alle liste sconfitte (proprio perché non troppo lontane tra loro nei voti ottenuti): per questo, in ciascuno di questi due consigli comunali ci saranno ben quattro gruppi consiliari!

(1 - continua)

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