mercoledì 17 dicembre 2014

Due congressi, una Fiamma: qual è quella buona?

Due congressi contemporanei, ma un unico partito: nel senso che solo una delle due assisi rappresenterebbe correttamente il Movimento sociale Fiamma tricolore. Sembra questa la lettura da dare agli avvenimenti che hanno riguardato nello scorso fine settimana il partito fondato nel 1995 da Pino Rauti, dopo aver attraversato nell'ultimo anno (soprattutto dopo la sfiducia a Luca Romagnoli l'8 dicembre del 2013, atto che ha portato al suo abbandono) una fase piuttosto delicata.
Come si è anticipato, una parte della formazione politica si è riunita a congresso nel week end a Roma, confermando alla segreteria Attilio Carelli, già reggente dopo l'addio di Romagnoli; un'altra parte invece avrebbe convocato un diverso congresso a Salò, tenutosi domenica e dal quale sarebbe uscito come segretario Stefano Salmè. Questi, tuttavia, precisa di non avere convocato nulla: sarebbe stata invece la maggioranza dei dirigenti a dare seguito alle deliberazioni del Comitato Centrale in tema di congresso "emendate dalla parte che viola statuto, codice civile e norme di rango costituzionale", violazioni in gran parte oggetto di un'azione intrapresa il 20 novembre presso il tribunale civile di Roma, in cui lo stesso Salmè figura come attore assieme a Daniela Perissutti, entrambi membri del comitato centrale (e che nei giorni successivi risultano dichiarati decaduti dall'iscrizione ad opera del segretario reggente Carelli).
Le violazioni, secondo Salmè, sarebbero state diverse. In primo luogo, la reggenza di Carelli avrebbe dovuto limitarsi - così dice lo statuto all'art. 12, comma 8 - a una durata di sei mesi, fino alla convocazione dei congresso e mantenersi nei limiti dell'ordinaria amministrazione, senza "fare nomine di alcun tipo diverse da quelle strettamente necessarie all'espletamento delle sue funzioni". Il reggente, invece, non avrebbe fatto approvare il bilancio al comitato centrale in ottobre (delegandolo ad altro organo, a differenza di quanto previsto dallo statuto) e non avrebbe fornito agli attori l'elenco degli iscritti fino alla data del 31 luglio ("unici legittimati" a prendere parte al congresso) e i documenti che confermavano dette iscrizioni. 
Altre censure, più gravi, riguardano il regolamento stesso del congresso, approvato dalla segreteria generale dell'assise l'8 novembre con un solo voto contrario. Le critiche, in particolare, cadono sulla quota di delegati di diritto ammessi a partecipare al congresso, un numero "maggiore rispetto a quelli 'eletti', [...] in palese violazione al principio costituzionale di democrazia interna che deve informare ogni partito politico in Italia". 
Il discorso varrebbe soprattutto per i 20 componenti del comitato centrale ("è del tutto illogico che tale organo eletto dal precedente congresso possa incidere in modo così pesante sul congresso futuro, cui parteciperanno circa 100 delegati"), per i membri di determinati organi funzionali (come la commissione di disciplina o il collegio dei revisori dei conti), per la genericità/discrezionalità di formule come "personalità iscritte al partito" e, soprattutto, per alcuni organi che sarebbero stati nominati proprio nell'ultima seduta del comitato centrale (la segreteria nazionale, sia pure reggente, e la coordinatrice femminile nazionale, figura non più prevista dallo statuto) o poco prima (come per il segretario nazionale giovanile, peraltro non eletto ma nominato come commissario dal segretario reggente).
Ce ne sarebbe abbastanza, secondo i soggetti attori, per ritenere violati i diritti degli iscritti all'interno del partito, poiché la prevalenza dei membri di diritto farebbe venir meno l'uguaglianza di diritti tra gli iscritti prevista dall'art. 7 dello statuto. In questo modo, toccherebbe al giudice dichiarare inesistente, nulla o annullare il regolamento congressuale e la delibera della segreteria generale del congresso che l'ha approvato: ciò, all'evidenza, significherebbe far cadere (o, per lo meno, congelare) gli effetti del congresso svoltosi a Roma e che ha confermato Attilio Carelli alla guida del partito (trasformando la sua reggenza in segreteria).
Toccherà ora ai giudici pronunciarsi (anche perché è probabile che lo stesso Carelli o chi per lui abbia deciso di agire nei confronti di Salmè, contestando la legittimità del congresso di Salò) su quale delle due Fiamme tricolori sia quella "legittima", nel pieno rispetto dello statuto e delle altre norme vigenti. Ci vorrà qualche mese, probabilmente (non ci sono elezioni imminenti); nel frattempo, su Facebook e in rete ci si divide, ci si scontra e ci si confronta (nella pagina legata a Salmè si interrogano gli iscritti anche sull'opportunità di tornare al disegno della fiamma del 1999), in attesa di un verdetto. Anche se, tra scissioni e pezzi persi per strada, la goccia tricolore sembra in buona parte evaporata.

1 commento:

  1. AVE, RITENGO OPPORTUNO DI RISPOLVERARE IL VECCHIO MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO, MAGARI MODIFICANDO IL VECCHIO SIMBOLO DEL M.S.I, DANDOGLI UNA NUOVA LIVREA, E CONTARE SUI VERI CAMERATI PURI CHE NON HANNO MAI TRADITO, SONO ISCRITTO AL M.S.I DAL 1968, DOPO LA F.T. QUESTO E' IL MIO PENSIERO....

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