Alla fine niente popoli, niente identità come si era ripetuto per mesi e come sembrava anche di avere intuito dalla richiesta di registrazione di un marchio - volutamente senza immagine - depositata a nome di Matteo Salvini il 25 settembre. Alla fine il segretario della Lega Nord il suo simbolo per mettere radici nel centrosud l'ha presentato e ha spiazzato quasi tutti.
Rispetto alla scheda originale del marchio, l'indicazione che più è stata rispettata è quella cromatica. Niente verde, proprio come promesso (troppo legato alla Padania, non certo esportabile sotto la linea gotica): il giallo, il bianco e il blu, invece, sono al loro posto, rispettivamente a colorare la scritta "Noi" (vero elemento dominante dell'emblema), la dicitura "con Salvini" (e il circoletto sottile che racchiude il testo) e il fondo, leggermente mosso grazie a una sfumatura che volendo può virare dal blu all'azzurro. A questi elementi, poi, occorre aggiungere il nome della regione centromeridionale che cambierà di volta in volta e starà su una lunetta bianca che spunterà nella parte inferiore del cerchio.
In realtà, per essere precisi, c'è un altro elemento che è stato conservato nell'emblema rispetto al progetto originario (oltre ovviamente al riferimento a Salvini): si tratta dell'identità. Perché è vero che la parola non è finita nella rappresentazione grafica, ma cosa c'è di più identitario della parola "noi", che una volta si riteneva tipica essenzialmente dell'area sinistra e del cattolicesimo sociale (punto, questo, che dovrebbe far riflettere sull'effettiva collocazione di questo progetto e sulla "provenienza" di chi lo sosterrà)? Piuttosto che tentare l'avventura della "Lega Sud" (che peraltro esiste già e da tempo), il segretario del Carroccio ha capito subito che era meglio non riutilizzare il termine Lega, troppo connotato e quasi sinonimo del partito che già guida e che non era opportuno né necessario trovare un elemento figurativo che sostituisse l'immagine storica di Alberto da Giussano.
Non doveva essere un'immagine, specie se riferita a un elemento territoriale (divisivo, nell'Italia dei campanili, specie al Sud) a rappresentare il nuovo progetto politico. Occorreva una virata a centottanta gradi, e cosa poteva darla meglio del "noi"? Esso proietta improvvisamente l'elettore al centro dell'azione, al punto che il simbolo - generico che più non si può - potrebbe essere indirizzato anche a chi abita sopra e appena sotto il Po. Il "noi", poi, finisce per dare, ai centromeridionali che sosterranno il progetto, una sorta di responsabilità cementata dall'impegno comune (sia pure sotto la "bandiera" e il nome di Salvini); da ultimo - forse il livello più accessibile - il nuovo emblema volta definitivamente pagina nella storia del "leghismo", lasciando definitivamente in soffitta a decomporsi l'armamentario di insulti, sberleffi e pesantezze verso gli italiani operanti da Roma in giù, spesso messo in campo da chi ha guidato il Carroccio prima di Salvini (e, in più di un'occasione, da lui stesso).
Certamente il simbolo non è un capolavoro artistico e si presenta realmente come un marchio, ma non cede alla logica dei colori nazionali e fa emergere le uniche cose che contano: la comunità, l'impegno e l'uomo di riferimento. Il resto, oggi, forse non fa più breccia come una volta o, magari, non serve proprio.
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