martedì 27 gennaio 2015

Il "Noi" di Della Valle (che alle elezioni rischierebbe lo stop)

Su queste pagine è già stato scritto più volte: compulsare la banca dati dell'Ufficio italiano brevetti e marchi con una certa regolarità può portare a scoperte interessanti. Deve averlo fatto anche Paolo Fantuzzi dell'Espresso, che oggi nel sito del settimanale ha sparato la sua esclusiva: è sua infatti la firma sull'articolo che parla di un marchio depositato il 16 gennaio a nome di Diego Della Valle.
La grafica, tanto per cambiare, è minimalista e senza il minimo spunto figurativo, sebbene la descrizione dell'emblema parli di "parte figurativa" per poi rimandare alla riproduzione grafica. Gli ingredienti? "Fondo giallo, scritta blu, immancabile bordino tricolore": così li descrive correttamente Fantuzzi nel suo pezzo.
Al giornalista interessa soprattutto dire - e coglie nel segno - che il claim utilizzato nel logo ritorna come un leitmotiv inesauribile negli interventi di Mr. Tod's: nelle dichiarazioni scelte a corredo della notizia, l'espressione "Noi italiani" è puntuale come un mantra, ricordando il "Noi dell'Italia dei Valori" ripetuto a suo tempo da Antonio Di Pietro e da altri del gabbiano iridato. 
La richiesta di registrazione del marchio per le classi 41 e 45, tra le più vicine all'ambito politico, sarebbero l'ulteriore riprova che qualcosa, per il patron della Fiorentina, sarebbe all'orizzonte in politica. Tant'è che lui stesso, a novembre, avrebbe detto che "bisogna votare il prima possibile". Tutto chiaro e tutto scontato? Non proprio. Perché sulla sua strada verso le elezioni il simbolo di Della valle potrebbe trovare un ostacolo con cui non aveva fatto i conti. Specialmente dalle parti del Viminale.
Il primo problema - il meno grave - può sorgere in sede di registrazione del marchio. Da tempo, come gli addetti ai lavori hanno potuto appurare, chi intende depositare un emblema politico come marchio (o, per lo meno, che appaia chiaramente "pronto all'uso" politico) finisce per litigare con l’art. 10, comma 2 del codice della proprietà industriale. C'è scritto che se il potenziale marchio contiene "parole, figure o segni con significazione politica", l’Ufficio italiano brevetti e marchi deve mandare il marchio alle amministrazioni pubbliche interessate o competenti: se sono contrarie alla registrazione del marchio, la domanda viene respinta. 
Il Ministero dello sviluppo economico non considera più come "segni con significazione politica" i simboli dei partiti, ma spesso il parere sulla registrazione degli emblemi è stato chiesto al Viminale e puntualmente ai richiedenti è stato risposto picche, per i dubbi circa l'uso che i titolari del "marchio politico" potrebbero fare sotto elezioni. Il Ministero teme che la registrazione come marchio permetta di aggirare le regole e i termini per il deposito dei contrassegni elettorali: visto che l'Ufficio brevetti e marchi non valuta la confondibilità, qualcuno potrebbe far circolare marchi simili ai simboli che finiranno sulla scheda. Ancora di più, però, c'è il timore che registrare i simboli come marchi permetta di aggirare le norme sulla propaganda elettorale: magari, dicendo che un certo emblema è utilizzato come marchio e non come contrassegno elettorale, si potrebbe fare pubblicità in tempi e modi non concessi per la propaganda. E visto che per il Viminale a identificare il contrassegno elettorale è "la caratteristica forma di cerchio", in una nota al Ministero dello sviluppo economico si precisa che il logo da registrare "dovrebbe comunque non presentare alcuna forma circolare".
Certo, Della Valle potrebbe fare a meno della registrazione come marchio, accontentandosi di usare il suo simbolo alle elezioni. Eppure il Viminale potrebbe mettersi di nuovo di traverso per tutelare chi è arrivato prima. Cioè Matteo Salvini. Perché non può sfuggire all'occhio come il "NOI" di Della Valle venga dopo il "NOI" fatto depositare da Salvini a dicembre. Graficamente l'impatto salviniano è decisamente maggiore, la scelta dei colori, delle proporzioni e degli spazi consente al messaggio testuale di emergere sicuramente meglio. Eppure quel "NOI" è il vero elemento in comune. Cambiano i colori, ma è innegabile che la parola abbia "la posizione centrale e di massima evidenza prospettica" (espressione presa dalla "sentenza Rizzo" del 2006, una delle tante pronunciate nel corso delle liti sullo scudo crociato) e, a ben guardare, anche lo stesso carattere (la font usata per Salvini è un Gill Sans, se quella di Della Valle non è identica è praticamente un clone).
Non si potrebbe impedire a Diego Della Valle - come a ogni altro - di utilizzare quel pronome nella denominazione di un suo movimento o, più semplicemente, nell'emblema. Ma, proprio per la posizione dominante della parola in entrambi i segni, qualcuno - specie se non segue la politica - potrebbe confondere i due simboli o anche semplicemente pensare che siano legati tra loro. Questo il Viminale non lo ha mai concesso: probabilmente vorrebbe evitare anche questa volta che una persona, entrata in cabina elettorale, davanti a cerchietti di tre centimetri di diametro rischi di crocettare il "Noi" sbagliato. E a evitare la confusione potrebbero non bastare i colori differenti e le dimensioni poco diverse. Ammesso naturalmente che, dopo lo scoop dell'Espresso, Della Valle voglia ancora usare davvero quella grafica.

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