domenica 8 novembre 2015

Simboli fantastici (10): Partito del Nord o Lega? Cado dalle nubi...

Il simbolo ricostruito
del Partito del Nord
Anno del Signore 2009: dopo avere sfondato nella comicità televisiva (a Zelig, già nel 2005) e nel mercato discografico (con Siamo una squadra fortissimi, l'anno dopo), Checco Zalone - all'anagrafe Luca Medici - sbanca anche il botteghino con la sua opera prima da attore, Cado dalle nubi: un concentrato di situazioni grottesche in grado di far ridere chiunque (o quasi), a prescindere dall'area geografica.
Nella storia di Checco, pugliese innamorato del suo sogno di cantare ed emigrato a Milano in cerca di serate e contratti, a un certo punto compare uno strano teatrino, in un palazzo di mattoni della periferia milanese, all'apparenza un vecchio stabilimento industriale. Lì l'artista arriva con la sua chitarra, convinto di doversi esibire davanti a una comunità di immigrati calabresi, riunita per la festa del peperoncino verde, sciorinando un repertorio rigorosamente meridionale. Entra in scena carichissimo, grida "ciao Calabria!" e attacca una canzone in vernacolo e accento locale sul ponte sullo stretto di Messina, fermato solo da uno sconcertato presentatore che lo spinge dietro le quinte, mentre fioccano i fischi e gli insulti del pubblico sulle gradinate. 
In effetti, si è appena consumata una tremenda vendetta ai danni del cantante-chitarrista, messa in atto da Giulio, impresario cui Checco era stato indirizzato dal cugino: era rimasto scottato da una sua canzoncina sugli "uominisessuali" e, fingendo di voler procurare allo sfacciato artista una data per lanciarlo, aveva trovato il modo per stroncarne la carriera agli esordi. Lanciato com'era, Checco non si era reso conto delle facce schifate e degli abbandoni tra il pubblico quando aveva iniziato a cantare; non aveva sentito che lo stesso presentatore - ignaro di tutto - lo aveva introdotto come un artista venuto "direttamente da Bolzano" e che aveva "rivisitato le melodie celtiche [...] in chiave post-moderna". E, a volerla dire tutta, era stato così ingenuo e superficiale da non accorgersi dell'emblema enorme che campeggiava in sala, in scena e persino all'ingresso del teatrino: quello del Partito del Nord, al quale appartenevano tutte le persone lì presenti, riunite per una cerimonia politica.
Anche il meno attento tra gli osservatori capirebbe che il movimento tratteggiato nel film è la caricatura dei tratti più grotteschi e popolari della Lega Nord. Vale per il fastidio per i terùn, per i fazzoletti verdi e per la commozione generale - sulle note verdiane del Va' pensiero - di fronte all'ostensione dell'ampolla di acqua del Po (poco limpida e pura, dopo le funzioni fisiologiche espletate nel recipiente da Checco prima dell'esibizione). Non poteva mancare un cammeo di Alberto da Giussano, che troneggia nella casa del segretario cittadino Mauro Mantegazza - sulfureo lumbàrd interpretato da Ivano Marescotti - e che Checco, innamorato della figlia di Mantegazza, scambia impagabilmente per un Power Ranger.
E' altrettanto chiaro, però, che nel film la Lega si poteva solo evocare, senza citarla esplicitamente, onde evitare cause e altre beghe legali. Ecco allora partire l'operazione Pdn, cioè Partito del Nord: nel simbolo niente Alberti da Giussano e scritte blu, niente leghe; spazio invece al colore verde di fondo (ingrediente essenziale dell'immaginario leghista, ma assente nel contrassegno fino all'inserimento del "Sole delle Alpi"), alla sagoma della Lombardia - che ricorda le origini della Lega Lombarda - e allo scudo bianco che rimanda all'orgoglio locale di ogni campanile. 
Anche se il risultato grafico finale è volutamente grezzo e poco appetibile (in fondo si tratta pur sempre del simbolo vero di un partito falso e grottesco), la Lega - o, per lo meno, la sua caricatura - viene efficacemente evocata, fino a una delle ultime scene, in cui Mantegazza-Marescotti vuole dimettersi da segretario perché la figlia sposerà il meridionale Checco, ma vari militanti lo esortano a cambiare idea, tradendo con le loro voci la propria origine meridionale. Fosse stata una storia vera, oggi in piazza Maggiore a Bologna ci avremmo trovato anche Checco, senza chitarra ma con spilla e bandiera del Partito del Nord?

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