Inutile negarlo: il "caos simbolico" che ha preceduto le elezioni politiche del 2013 e che ha fatto notizia soprattutto per i cloni del MoVimento 5 Stelle ha lasciato il segno. Da una parte, in varie occasioni alle amministrative sono spuntati emblemi che in qualche maniera potevano rimandare al M5S; dall'altra, ogni volta attivisti e candidati del MoVimento si sono ampiamente lamentati, protestando con veemenza contro i simboli considerati "di disturbo".
Qualcosa di simile era successo a Pesaro lo scorso anno, in occasione delle elezioni amministrative. A complicare la situazione, stando a quanto riportato dai quotidiani nella primavera del 2014, c'era un grave dissidio all'interno dei sostenitori del M5S, foriero di scissioni successive.
A chiedere la certificazione dello staff di Beppe Grillo, all'inizio, erano state ben due liste, quella legata a Fabrizio Pazzaglia (vicino all'unico consigliere uscente stellato, Mirko Ballerini) e l'altra allo psicologo Igor Jason Fradelloni. Il clima era teso dall'inizio e lo divenne anche di più dopo la certificazione data al gruppo di Pazzaglia. Fradelloni aveva lanciato una campagna di "impeachment" nei confronti di Grillo, lamentando un "delirante sopruso politico subito dai cittadini pesaresi", poi aveva lanciato alle amministrative la lista che non aveva ottenuto il simbolo ufficiale del M5S: Cittadini Pesaro (in origine Cittadini 5 stelle). L'emblema non lasciava dubbi sulla provenienza, con la sua circonferenza rossa e le stelle gialle a semicerchio (nove, ma nella stessa foggia del M5S). Non è dato sapere se e come la lista certificata si sia lamentata del fregio in questione, mentre sempre i giornali parlarono di rissa tra Pazzaglia e Fradelloni in un'assemblea di istituto, con il dirigente trasformatosi in improvvisato paciere.
Ci furono eccome le lamentele del M5S, invece, quando da Cittadini 5 Stelle si distaccò un ulteriore gruppo, guidato da Cristiano Sambuchi e denominato Pesaro in Movimento. I colori qui erano obiettivamente diversi, soprattutto grazie al fondo blu e al segmentino tricolore in basso a destra: l'aria che si respirava faceva molto centrodestra, cosa non del tutto fuori luogo, dal momento che la lista sarebbe stata parte di quella coalizione. Il problema, casomai, era dato dalle stelle che, pur in dimensioni diverse, erano proprio cinque: l'unione con la parola Movimento per i rappresentanti "ufficiali" del M5S doveva essere parsa insopportabile e il consigliere uscente Ballerini aveva minacciato di agire contro l'ammissione di quell'emblema.
Fu lo stesso Sambuchi a rispondere a mezzo stampa alle critiche. Rivendicò la distanza grafica e cromatica rispetto al simbolo legato a Grillo, citò un parere legale a sé favorevole sull'ammissibilità del simbolo, poi analizzò i singoli elementi: "esistono in Italia altri partiti che utilizzano la parola 'Movimento', ci vengono in mente il Movimento Sociale Italiano, il Movimento per le autonomie, il Movimento Associativo Italiani all’Estero. Dover anche dare una risposta sull'utilizzo delle stelle ci fa sorridere, qui infatti i partiti che hanno nel loro logo le stelle in Italia non si contano". Stelle che peraltro si ispiravano alla bandiera europea pur avendo "grandezze diverse, questo perché le stelle rappresentano le 5 province marchigiane e vorremmo che Pesaro arrivasse ad essere la stella più grande". Le lamentele di Ballerini, per Sambuchi, servivano essenzialmente a influenzare la commissione elettorale, per indurla a bocciare il segno.
Si fosse stati alle elezioni politiche - bisogna ammetterlo - probabilmente il Viminale avrebbe chiesto di sostituire entrambi gli emblemi, essendo stati in passato sanzionati simboli similpentastellati per molto meno. Quella volta invece, nella tradizione più "lassista" delle elezioni locali, i due simboli furono ammessi e finirono sulle schede. Gli elettori, in ogni caso, non si confusero: se la lista ufficiale strappò il 16,23%, la corsa solitaria di Fradelloni ottenne solo lo 0,59% e il suo simbolo lo 0,57%. Piuttosto poco, ma sempre di più del risultato di Pesaro in Movimento, nella coalizione che candidava a sindaco Roberta Crescentini): Sambuchi non andò oltre i 284 voti, pari allo 0,54%. Matteo Ricci, per il centrosinistra, vinse a mani basse, ma i veri drogati di politica preferirono decisamente interessarsi alla "disfida a 5 stelle". Su chi uscì vincitore e chi vinto, sembrano esserci pochi dubbi...
Qualcosa di simile era successo a Pesaro lo scorso anno, in occasione delle elezioni amministrative. A complicare la situazione, stando a quanto riportato dai quotidiani nella primavera del 2014, c'era un grave dissidio all'interno dei sostenitori del M5S, foriero di scissioni successive.
A chiedere la certificazione dello staff di Beppe Grillo, all'inizio, erano state ben due liste, quella legata a Fabrizio Pazzaglia (vicino all'unico consigliere uscente stellato, Mirko Ballerini) e l'altra allo psicologo Igor Jason Fradelloni. Il clima era teso dall'inizio e lo divenne anche di più dopo la certificazione data al gruppo di Pazzaglia. Fradelloni aveva lanciato una campagna di "impeachment" nei confronti di Grillo, lamentando un "delirante sopruso politico subito dai cittadini pesaresi", poi aveva lanciato alle amministrative la lista che non aveva ottenuto il simbolo ufficiale del M5S: Cittadini Pesaro (in origine Cittadini 5 stelle). L'emblema non lasciava dubbi sulla provenienza, con la sua circonferenza rossa e le stelle gialle a semicerchio (nove, ma nella stessa foggia del M5S). Non è dato sapere se e come la lista certificata si sia lamentata del fregio in questione, mentre sempre i giornali parlarono di rissa tra Pazzaglia e Fradelloni in un'assemblea di istituto, con il dirigente trasformatosi in improvvisato paciere.
Ci furono eccome le lamentele del M5S, invece, quando da Cittadini 5 Stelle si distaccò un ulteriore gruppo, guidato da Cristiano Sambuchi e denominato Pesaro in Movimento. I colori qui erano obiettivamente diversi, soprattutto grazie al fondo blu e al segmentino tricolore in basso a destra: l'aria che si respirava faceva molto centrodestra, cosa non del tutto fuori luogo, dal momento che la lista sarebbe stata parte di quella coalizione. Il problema, casomai, era dato dalle stelle che, pur in dimensioni diverse, erano proprio cinque: l'unione con la parola Movimento per i rappresentanti "ufficiali" del M5S doveva essere parsa insopportabile e il consigliere uscente Ballerini aveva minacciato di agire contro l'ammissione di quell'emblema.
Fu lo stesso Sambuchi a rispondere a mezzo stampa alle critiche. Rivendicò la distanza grafica e cromatica rispetto al simbolo legato a Grillo, citò un parere legale a sé favorevole sull'ammissibilità del simbolo, poi analizzò i singoli elementi: "esistono in Italia altri partiti che utilizzano la parola 'Movimento', ci vengono in mente il Movimento Sociale Italiano, il Movimento per le autonomie, il Movimento Associativo Italiani all’Estero. Dover anche dare una risposta sull'utilizzo delle stelle ci fa sorridere, qui infatti i partiti che hanno nel loro logo le stelle in Italia non si contano". Stelle che peraltro si ispiravano alla bandiera europea pur avendo "grandezze diverse, questo perché le stelle rappresentano le 5 province marchigiane e vorremmo che Pesaro arrivasse ad essere la stella più grande". Le lamentele di Ballerini, per Sambuchi, servivano essenzialmente a influenzare la commissione elettorale, per indurla a bocciare il segno.
Si fosse stati alle elezioni politiche - bisogna ammetterlo - probabilmente il Viminale avrebbe chiesto di sostituire entrambi gli emblemi, essendo stati in passato sanzionati simboli similpentastellati per molto meno. Quella volta invece, nella tradizione più "lassista" delle elezioni locali, i due simboli furono ammessi e finirono sulle schede. Gli elettori, in ogni caso, non si confusero: se la lista ufficiale strappò il 16,23%, la corsa solitaria di Fradelloni ottenne solo lo 0,59% e il suo simbolo lo 0,57%. Piuttosto poco, ma sempre di più del risultato di Pesaro in Movimento, nella coalizione che candidava a sindaco Roberta Crescentini): Sambuchi non andò oltre i 284 voti, pari allo 0,54%. Matteo Ricci, per il centrosinistra, vinse a mani basse, ma i veri drogati di politica preferirono decisamente interessarsi alla "disfida a 5 stelle". Su chi uscì vincitore e chi vinto, sembrano esserci pochi dubbi...
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