mercoledì 16 maggio 2018

Pomezia, la fiamma del Msi diventa una punta di lancia

Sembra non conoscere mai fine il contenzioso elettorale (e non solo) che oppone il Movimento sociale italiano di Gaetano Saya e Maria Antonietta Cannizzaro e Fratelli d'Italia, sempre imperniato sulla legittimità dell'uso della vecchia fiamma del Msi. L'ultimo episodio, solo in ordine di tempo (e c'è da giurare che non sarà affatto l'ultimo), si è svolto nei giorni scorsi a Pomezia, sul litorale romano, dopo la presentazione delle liste per le elezioni amministrative previste per il 10 giugno.
Da un comunicato emesso dal raggruppamento locale del partito di Saya e Cannizzaro, firmato dal presentatore della lista, Gennaro Sorrentino, si apprende infatti che il 13 maggio la Sottocommissione elettorale circondariale competente, che ha sede a Velletri, ha invitato il Msi a sostituire il proprio contrassegno elettorale, ritenendo che l'immagine della fiamma possa "trarre in errore l’elettore", essendo questa presente anche nel simbolo di Fratelli d'Italia.
La decisione era sostanzialmente prevedibile, come ogni altra volta in cui questo è accaduto: è ancora vigente l'art. 30, comma 1, lettera b) della legge n. 570/1960 (sull'elezione delle amministrazioni comunali), in base al quale la Commissione elettorale competente ricusa, tra l'altro, i contrassegni "riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possono trarre in errore l'elettore". Si discute da anni, come è noto, sulla portata dell'avverbio "tradizionalmente" (quale lasso di tempo permette di parlare di "tradizione"? Basta una legislatura, magari nemmeno intera? Quale periodo di non impiego può far ritenere interrotto l'uso tradizionale?), ma da sempre è questa la disposizione che è stata utilizzata per chiedere al Msi-Saya la sostituzione dell'emblema, tanto a livello nazionale quanto alle elezioni amministrative (anche se non sono certo mancati casi in cui quel simbolo è stato ammesso, magari convivendo con quello di Fdi o addirittura come parte della stessa coalizione). 
Tutto chiarito? Sul piano normativo volendo sì, a livello pratico e concreto non tanto. Perché in modo altrettanto prevedibile i presentatori della lista del Movimento sociale italiano hanno lamentato nel loro comunicato stampa - significativamente intitolato La giustizia a volte è bendata come la Dea della Fortuna... - un'inadeguata valutazione del caso. In particolare, il comunicato fa riferimento all'ultima - salvo errore - decisione dei giudici civili sul "caso fiamma", ossia l'ordinanza del Tribunale di Roma del 7 giugno 2017, emessa nella causa n. 13731/2017 (e di cui su questo sito mi sono già occupato). Quella decisione, originata da un ricorso ex art. 700 c.p.c. in via d'urgenza del Msi (e non di Fratelli d'Italia, come è scritto invece nel comunicato) volto a impedire che Fratelli d'Italia continuasse a usare l'antica fiammella, si era in realtà chiusa male per il partito di Cannizzaro, il cui ricorso era stato rigettato con tanto di condanna alle spese (cioè l'esatto opposto di quanto riportato nel comunicato); ciò non toglie, tuttavia, che per la giudice Cecilia Pratesi che si era espressa in merito, la "sintetica e globale comparazione" dei contrassegni del Msi e di Fdi ne consentisse "agevolmente una efficace distinzione (stante la preponderanza del colore azzurro nel simbolo di Fdi [...] e la diversa proporzione che assume il simbolo della fiamma [...])". 
Quelle osservazioni, fatte sulla base dei simboli in uso allora, possono essere riferite senza alcuna modifica anche al nuovo emblema adottato da Fratelli d'Italia (sia nella versione ufficiale, sia - a maggior ragione - in quella elettorale nazionale, in cui è preponderante il nome di Giorgia Meloni), che peraltro adotta la fiamma senza più base trapezoidale: per questo, riprendendo ancora le parole dell'ordinanza, non si dovrebbe parlare di "effetto decettivo [...] sul piano elettorale per la netta distinguibilità dei due contrassegni". Era inevitabile, dunque, che il Msi, pur non essendo uscito vincitore da quella decisione, scegliesse di far valere almeno la parte di questa che gli risultava favorevole, se non altro per difendere a livello teorico la propria posizione. 
Visto però che la teoria è una cosa, la pratica è un'altra, per evitare di restare fuori dalle prossime elezioni amministrative (magari anche dopo aver impugnato la decisione della Commissione elettorale davanti al Tar, senza certezza sull'esito), il Msi locale ha concluso che "ad oggi l’unica strada percorribile, a malincuore, è la modifica del contrassegno": per questo, il depositante ha presentato un nuovo emblema, che mantiene la scritta "Destra nazionale" e, al posto della fiamma, piazza al centro del simbolo una punta di lancia (così la chiama Il Caffè) tinta da un tricolore a bande diagonali. La partecipazione è così assicurata, ma il gruppo locale del Msi non rinuncia a esprimere per altre vie le proprie ragioni: è stato infatti annunciato un esposto al prefetto di Roma (cui è legata la Sottocommissione che si è espressa sul contrassegno) su quanto è avvenuto. Non servirà granché, visto che ormai le decisioni sono state prese e le elezioni si svolgeranno con il simbolo modificato, ma almeno resterà traccia.

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