domenica 5 luglio 2020

Unione democratici cristiani, ecco il simbolo per le elezioni di settembre

Sembra tutto fatto o quasi: il 2 luglio, per chi ha partecipato alla nuova assemblea della Federazione popolare dei democratici cristiani, la scelta di presentare liste comuni sotto l'egida dello scudo crociato alle prossime elezioni - regionali e amministrative - si sarebbe ormai concretizzata. Di più, quel passo sarebbe il primo e importante momento di confronto e "prova su strada" in vista di un traguardo più ambizioso: la costituzione di un soggetto politico nuovo per chi si riconosce nell'eredità politica democratica cristiana e popolare (o, almeno, per una parte significativa di queste persone).
Certamente restano vari dettagli - anche non secondari - da definire, ma quelli fondamentali, simboli compresi, ci sono. A quanto si apprende, sarebbero state soprattutto le ultime due riunioni della Federazione popolare Dc, coordinata da Giuseppe Gargani, a essere determinanti per arrivare al risultato. Un esito che vedrebbe unite alcune tra le sigle più citate dell'area che si rifà all'eredità politica della Democrazia cristiana (innanzitutto l'Unione di centro guidata da Lorenzo Cesa, poi la Democrazia cristiana che riconosce come suo segretario Renato Grassi, il Nuovo Cdu di Mario Tassone e la Fondazione Democrazia cristiana di Gianfranco Rotondi), ma anche una serie nutrita di movimenti, associazioni e gruppi (comprese le realtà citate in un articolo di alcuni mesi fa) che porterebbero a ben 65 il numero dei soggetti contraenti il patto.
Va sgombrato subito il campo da un dubbio o, comunque, da una legittima domanda che potrebbe sorgere. Le liste in arrivo alle prossime elezioni e il nuovo soggetto politico che potrebbe sorgere entro la fine dell'anno non si possono etichettare in modo sbrigativo come "rifare la Dc": non autorizza a pensarlo - anche se sarebbe facile - il fatto che gran parte di coloro che prendono e prenderanno parte a questo progetto siano stati e continuino a considerarsi "democratici cristiani"; non basta nemmeno notare, come pure è possibile fare, che alcuni tra i protagonisti di questo percorso abbiano nel corso del tempo dato vita a partiti denominati Democrazia cristiana (a partire da Rotondi) o che altri (come coloro che fanno riferimento alla Dc-Grassi) abbiano cercato per anni di riattivare la Democrazia cristiana "storica", partendo dalla constatazione che nel 1994 il passaggio dalla Dc al Ppi era avvenuto irritualmente, senza la celebrazione di un congresso. Si tratta, casomai, di un progetto che mira a costruire uno soggetto politico cui possa riferirsi (aderendovi o votandolo) chiunque si riconosca in "una politica di centro autonoma, alternativa alla destra e alla sinistra" e, più in generale, al popolarismo di don Luigi Sturzo e a quello europeo: un esito che, peraltro, ha richiesto e richiederà che camminino insieme, dialogando e collaborando, forze che in un passato anche recente hanno compiuto scelte politiche diverse e, in certi casi, si sono anche scontrate duramente tra loro (in particolare sulla titolarità e sull'uso dei segni distintivi della Democrazia cristiana).  
Nella riunione (a distanza) del 24 giugno l'assemblea della Federazione popolare dei democratici cristiani avrebbe stabilito ufficialmente - come si legge nel sito della Dc-Grassi - che il superamento della diaspora politica democristiana sarebbe passato innanzitutto attraverso il progetto denominato Unione dei democratici cristiani, da schierare al primo appuntamento elettorale rilevante, costituito dal turno di elezioni regionali e amministrative previsto per il 20 e il 21 settembre. In questa fase le forze politiche e culturali impegnate in questo progetto mantengono "piena e ampia indipendenza al fine di condurre il proprio rispettivo percorso"; si sono tuttavia impegnate "in una intesa convinta e fattiva" per presentare liste unitarie (i cui candidati, per Gianfranco Rotondi, dovrebbero essere scelti entro l'8 agosto), raccordarsi tra loro attraverso "coordinamenti regionali e/o locali" e magari estendere gli accordi fin qui maturati (ma sempre e solo attraverso il "metodo democratico"). Come contrassegno elettorale si era individuato quello - già anticipato nei giorni scorsi - a fondo blu, con lo scudo crociato democristiano apportato dall'Udc e circondato da un arco di dodici stelle e, in basso, la dicitura "Unione dei democratici cristiani" (magari con le iniziali dell'Udc marcate in rosso); Lorenzo Cesa, in quanto segretario nazionale dell'Udc, avrebbe accettato il nome (che peraltro è parte della denominazione completa del suo partito, "Unione dei democratici cristiani e democratici di centro") e il simbolo scelti, proponendo solo di inserire anche il riferimento alla regione interessata dalla singola lista. Si era peraltro sottolineato - da parte di Mario Tassone e Renato Grassi - che, in sede locale, si sarebbero dovute valutare le condizioni politiche avendo come obiettivo la presentazione di "liste di centro democratico e popolare alternative sia alla deriva nazionalista e populista a dominanza salviniana, sia alla sinistra radicale e senza identità". Ogni azione volta a costruire il nuovo soggetto politico centrista sarebbe stata valutata e decisa dopo le elezioni, anche sulla base del risultato di queste.
Il nuovo incontro si è svolto, come si diceva, giovedì 2 luglio a Roma (su proposta di Cesa) e lì le decisioni prese pochi giorni prima sono state perfezionate. Ribadita la volontà di perseguire come Federazione "una politica di centro autonoma, alternativa alla destra e alla sinistra", si è precisato che la Federazione avrà "una autonoma linea politica e programmatica che deve essere verificata e sperimentata con liste autonome, ove possibile, sopratutto in occasione delle elezioni comunali"; non sono escluse alleanze con altri movimenti e partiti politici - pensando anche al fatto che nei giorni scorsi l'Udc ha annunciato accordi di coalizione in alcune regioni, in particolare con il centrodestra - ma si è precisato che tali alleanze "debbono essere verificate e decise caso per caso".
L'appuntamento elettorale di settembre, tuttavia, è tuttora visto come una semplice tappa di un percorso più lungo: le liste unitarie presentate sotto l'egida della Federazione saranno presentate con "la prospettiva di poter, attraverso un'Assemblea costituente a fine anno, dar vita ad un soggetto politico nuovo", che si richiami espressamente alla tradizione democratica cristiana e pienamente inserita nel popolarismo europeo. Per questo, per il momento la Federazione ha deciso di darsi "un simbolo che si richiama allo scudo crociato e al Partito popolare europeo", il cui deposito dovrebbe avvenire - a cura di Giuseppe Gargani - nei prossimi giorni "presso gli uffici competenti" (non è dato sapere se si pensi a una domanda di marchio o ad altri depositi, magari presso il Ministero dell'interno a scopo puramente notiziale). Nell'emblema, oltre allo scudo e al fondo azzurro - direttamente mutuati dal simbolo dell'Udc, che li apporta - ci sono il nome integrale della federazione e, nella parte inferiore, il riferimento al Ppe (a sinistra il cuore giallo con le stelle e a sinistra la sigla minuscola rossa), il tutto racchiuso in una circonferenza rossa.
Nel frattempo, tuttavia, per le elezioni regionali si è immaginato un contrassegno un po' diverso: esso nella parte inferiore ha la dicitura "Unione democratici cristiani" (senza più "dei"), mentre la parte superiore è occupata - invece che dalle stelle d'Europa immaginate prima - da un segmento rosso con la dicitura "Popolari", accompagnata al nome della regione interessata. Si tratta, come si vede, di un emblema del tutto simile a quello ufficiale dell'Udc (con il riferimento regionale ai "Popolari" al posto di "Italia" sul segmento rosso, la dicitura "Unione democratici cristiani" invece di "Unione di centro" e, ovviamente, senza riportare le vele di Ccd e Democrazia europea): è probabile che la scelta grafica - e anche nominale - serva a mettere maggiormente in luce l'apporto dell'Udc a questo progetto elettorale (senza che peraltro questo si traduca in un'incorporazione in quel partito degli altri soggetti politici) e, forse, anche per evitare ogni tipo di contestazione simbolica e sperare di ottenere più facilmente l'esonero dalla raccolta firme di cui godrebbero liste dell'Udc in alcune regioni (in particolare in Liguria, Marche, Campania e Puglia). Si può probabilmente leggere in questo modo il mandato dato al comitato direttivo della Federazione perché valuti "la compatibilità di questo ultimo simbolo con le leggi elettorali regionali".
L'idea, dopo i risultati raggiunti fin qui, è di allargare il dialogo, in particolare a coloro che fanno riferimento al manifesto elaborato da Stefano Zamagni, già noto come Rete Bianca e ora come Parte Bianca. Secondo Ettore Bonalberti, presidente dell'Associazione liberi e forti e tra i dirigenti della Dc-Grassi, anche loro possono "concorrere alla ricomposizione più vasta della realtà politico sociale cattolico democratica e cristiano sociale dell'Italia": piuttosto che "un centro che guarda a sinistra" scacco di un permanente "ricatto tra le necessità dell’emergenza e quello più indigesto del partito renziano", per lui - come ha scritto pochi giorni fa sul sito di Alef - sarebbe meglio "costruire insieme un grande centro politico con riferimento alla migliore tradizione dei cattolici democratici e dei cristiano sociali, nettamente distinto e distante dalla destra nazionalista e populista e dalla sinistra senza più identità, direttamente collegato al Ppe". Proprio come quello che potrebbe nascere dalla Federazione popolare dei democratici cristiani.

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