mercoledì 2 settembre 2020

Toscana, Roberto Salvini escluso anche per il Tar

Il contrassegno sostitutivo
La terza sezione del Tribunale amministrativo regionale della Toscana ha da poco confermato l'esclusione della candidatura del consigliere regionale uscente Roberto Salvini alla presidenza della regione, nonché la sua unica lista collegata Patto per la Toscana.
Come si ricorderà l'esclusione, decisa una prima volta il 28 agosto, era dovuta al giudizio di confondibilità che l'Ufficio centrale regionale aveva emesso sul contrassegno della lista Patto per la Toscana, a causa del rilievo visivo dato al cognome del candidato, molto simile - anche nel colore e per il minimo corpo del nome "Roberto" - rispetto a quello che il patronimico di Matteo Salvini ha nel contrassegno della Lega: tutti gli altri elementi del contrassegno respinto sono stati considerati "suvvalenti" rispetto al cognome in evidenza, creando così una situazione di possibile "agganciamento" degli elettori che potrebbero votare Roberto Salvini credendo che la lista sia quella legata al più noto Matteo Salvini. 
Il candidato presidente aveva contestato queste tesi, rivendicando (anche sulla scorta della sua esperienza politica e in consiglio regionale) il diritto a candidarsi con il proprio cognome usato alle condizioni concesse a chiunque aspiri alla presidenza e ritenendo inopportuno applicare all'ambito elettorale criteri e parametri (a partire da quello della notorietà) utilizzati di norma nel diritto commerciale e della proprietà industriale; aveva tuttavia dichiarato la sua disponibilità a modificare in parte il contrassegno - arrivando, nell'emblema più distante dall'originale della terna presentata, a ingrandire il nome "Roberto" e ad attenuare il colore giallo - ma l'Ufficio centrale regionale ha confermato il proprio verdetto, generando il ricorso al Tar deciso oggi.
Per il collegio del Tar Firenze - come è scritto nella sentenzan n. 1035/2020 - il simbolo del Patto per la Toscana "risulta effettivamente tale da generare confusione con il contrassegno proprio della lista Lega Salvini Premier": questo per la presenza in entrambi della "scritta 'Salvini' con analoghi dimensione e colore", tale da "indurre gli elettori medi a credere" che il simbolo del Patto sia il simbolo della Lega, quindi di un altro partito. Il poco risalto del prenome rispetto al cognome e "il fatto che quest’ultimo appaia evidenziato con caratteri grandi e colorazione gialla, similmente al simbolo della 'Lega Salvini Premier', sono elementi suscettibili di indurre facilmente l’elettore medio (il quale è portato ad identificare mentalmente il cognome Salvini nel noto Matteo parlamentare) ad abbinare il contrassegno della lista 'Patto per la Toscana' alla lista espressione della Lega", per cui il provvedimento di esclusione è stato ritenuto legittimo. Il fatto che Matteo Salvini non sia candidato alle regionale toscane non avrebbe alcun valore, se non altro perché per la legge elettorale la confondibilità vale anche con partiti che non partecipano alle elezioni, purché siano rappresentati in Parlamento e il loro uso del simbolo sia tradizionale, cioè consolidato (quindi, per i giudici, si deve dedurre - anche se non è scritto a chiare lettere - che a maggior ragione questo vale se il nome che potrebbe subire la confondibilità è incluso nel simbolo che partecipa alle elezioni, anche se la persona cui corrisponde quel patronimico non è candidata).
Qualche riga è dedicata anche alla questione del simbolo sostitutivo, che Roberto Salvini e la sua lista avevano proposto (quello qui raffigurato è la versione n. 3, la più lontana dall'originale): il Tar ha sposato la linea dell'Ufficio centrale regionale, secondo il quale la procedura della legge regionale sul procedimento elettorale è "in sé compiuta" e non consente alcun rimedio a chi presenta contrassegni identici o confondibili, dal momento che non sono previste e regolate "seconde possibilità"; a prescindere da questo, la posizione è stata accolta senza alcuna spiegazione in merito anche a proposito della presentazione multipla di contrassegni (che demanderebbe all'ufficio "un atipico potere di scelta, non previsto nemmeno dall'ordinamento nazionale") e circa la reiterata confondibilità delle tre alternative presentate, caratterizzate "dal maggior risalto attribuito al cognome 'Salvini' e dalle dimensioni della scritta 'Roberto' ragguardevolmente inferiori a quelle di detto cognome".
Il ricorso di Roberto Salvini è stato dunque respinto, ma i giudici hanno addirittura ritenuto di dover addossare ai ricorrenti le spese processuali (che "seguono la soccombenza"): si tratta di un'eventualità piuttosto rara, scegliendo di solito i giudici amministrativi di compensare le spese stesse, per cui sembra quasi che il collegio abbia voluto punire gli autori del ricorso.

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