mercoledì 5 gennaio 2022

Un partito di centro e riformatore: Democrazia liberale al via

Ieri è stata annunciata la nascita di una nuova formazione politica nell'area liberale, dal nome Democrazia liberale. In effetti - e più esattamente - si tratta dell'evoluzione di un progetto esistente e, insieme, della fusione di più percorsi avviati nella stessa area, come suggerisce almeno in parte tanto l'organigramma apicale del partito, quanto il suo stesso (nuovo) simbolo.
Presidente di questo nuovo soggetto politico è Vincenzo (Enzo) Palumbo, avvocato messinese di lungo corso, vicesegretario nazionale del Pli tra il 1985 e il 1986, senatore nella IX legislatura, poi componente laico del Consiglio superiore della magistratura. Il suo nome, negli ultimi anni, è noto soprattutto per l'impegno profuso nelle battaglie contro le norme elettorali ritenute incostituzionali: prima come promotore delle richieste di referendum abrogativo della "legge Calderoli" con l'idea di far rivivere la previgente "legge Mattarella" (richieste non ammesse dalla Corte costituzionale), poi come promotore di ricorsi presentati per cercare di portare all'attenzione della Corte costituzionale le successive leggi elettorali (per l'esattezza, quello di Palumbo è stato il primo ricorso a generare questioni di costituzionalità sull'Italicum). 
Il primo simbolo di Rete liberale
Accanto alla sua attività di avvocato, Palumbo ha continuato il suo impegno politico in altre forme, soprattutto a livello territoriale: ha iniziato, in particolare, nel 2006 l'esperienza di Rete liberale in Sicilia, per poi confluire con questa nel 2009 nel Partito liberale italiano ricostituito e guidato da Stefano De Luca, diventandone presidente del consiglio nazionale. Alla fine del 2013 si sono nuovamente divisi i percorsi del Pli e di Rete liberale, che ha ripreso a operare come "soggetto pre-partitico". Dopo avere contribuito alla battaglia referendaria per il "no" alla riforma costituzionale del 2016, l'anno dopo Palumbo è stato tra i fondatori di LiberaItalia, soggetto politico liberale che a livello nazionale si proponeva come referente italiano principale dell'Alde ed era promosso, tra gli altri, dalle due figure di vertice della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto e Davide Giacalone (tuttora Palumbo fa parte del comitato scientifico della Fle). Il 5 gennaio 2018, infine, Palumbo è stato tra i fondatori di Rete liberale per la democrazia liberale, che è proprio il soggetto che oggi - in versione ampliata e rinnovata - si chiama Democrazia liberale. Ma lo si vedrà meglio più in là. 
Il nuovo segretario del partito è invece Marco Montecchi, imprenditore, a capo di Montecchi Group, fondatore e presidente della Camera di commercio italiana in Bulgaria. Dopo essere stato per alcuni mesi vicecoordinatore Maie Europa (con delega all’imprenditoria e alle Camere di commercio), Montecchi è stato tra i promotori del Partito liberale europeo, formazione politica di cui è stato segretario fino a poche settimane fa. Per l'esattezza fino al 4 dicembre scorso, quando è stato accolto tra i soci fondatori dell'associazione-partito appena ridenominata Democrazia liberale. Lui e altre persone già legate al Ple hanno scelto - anche prima che a quel partito fosse ordinato dal Tribunale di Roma di cambiare nome per la somiglianza con il Pli, vicenda dei cui sviluppi ci si occuperà tra pochi giorni - di proseguire il loro percorso all'interno di un altro soggetto politico, che con il loro apporto avrebbe potuto acquistare una dimensione nazionale.
Il simbolo di Democrazia liberale
appena sostituito
In particolare, il 4 dicembre scorso a Messina si è riunita l'assemblea dei soci fondatori di Rete liberale per la democrazia liberale, cui hanno partecipato tra gli altri Palumbo come presidente e Pippo Rao come segretario. In quell'assemblea si è proceduto innanzitutto a modificare lo statuto - quello che era stato approvato nel 2018 - in vari punti, a partire dal nome, che ora è soltanto "Democrazia liberale" (restano identici i fini, vale a dire promuovere in Italia, "attraverso iniziative di carattere culturale, sociale, politico ed elettorale [...] gli ideali liberaldemocratici"). Di fatto, quelle modifiche hanno trasformato un soggetto associativo, nato soprattutto per ridare vita alla presenza liberale in provincia di Messina, in un partito nazionale a tutti gli effetti, che aveva bisogno di un nome nuovo e più breve (del resto, democrazialiberale.org era già l'indirizzo del sito in precedenza e "Nuova democrazia liberale" era la corrente di Palumbo, nel 1986 guidata anche da Antonio Patuelli e Raffaello Morelli) e di un nuovo simbolo.
Il simbolo, in particolare, mantiene come elemento centrale il nuovo nome del partito, ma toglie la rete stilizzata e rimodula alcuni degli elementi precedenti: il fondo, in particolare, diventa tutto blu, più tendente al blu oltremare; il nome è scritto in giallo (tinta classica dei liberali europei insieme al blu) e in carattere Impact maiuscoletto, un po' stirato in orizzontale; il tricolore è stato trasformato da un semicerchio a una striscia orizzontale, leggermente ondeggiante, mentre le stelle d'Europa da cerchio si sono ristrette ad arco, nella parte del cerchio superiore al tricolore. L'associazione, nel diventare partito, ha dunque mantenuto parte del suo nome; l'emblema nuovo rimanda in parte all'esperienza del Partito liberale europeo, ma lo fa rielaborando elementi - fondo blu, stelle d'Europa, tricolore - già presenti nel simbolo di Rete liberale (depositato come marchio, alla pari del nome, nel 2014 da Palumbo) e comunque in modo che il risultato finale grafico non appaia confondibile con il simbolo usato fino a poche settimane fa dal Ple.
Tra i soci fondatori nell'assemblea sono stati cooptati, oltre a Montecchi, anche Pina Briante, Enrico Bivona, Andreina Cannizzaro di Belmontino e l'ex senatore leghista Marco Preioni. Si sarebbe dichiarato interessato al progetto di Democrazia liberale anche Alfio Di Costa, già fondatore del movimento Insieme si può - Cambiamo la politica, cambiamo la Sicilia.
L'idea, con i nuovi innesti e il nuovo statuto, è di costruire un partito che abbia una struttura territoriale in ogni regione, da rendere presto autonoma, pur restando in contatto con la direzione nazionale (organo per il quale sono stati indicati, oltre a Palumbo e Montecchi, Pina Briante, Andreina Cannizzaro, Claudio Cecchetti, Franca Cassandra, Marco Preioni, Letizia Sortino e Aldo Torchiaro, collaboratore del Riformista; nella riunione del 4 dicembre sono stati scelti anche i componenti del collegio dei probiviri). Tutto ciò dovrebbe servire a raccogliere e costruire una presenza liberale rilevante, che possa avere un peso anche all'interno delle istituzioni (dal 1994 in avanti non è stato eletto più nessuno a livello nazionale in un partito contenente la parola "liberale"; dal 2007 ci sono stati solo timidi affacci del Partito liberale italiano in Parlamento, unicamente grazie all'adesione di singoli soggetti, che non di rado hanno potuto costituire componenti del gruppo misto con la sigla Pli) e nelle competizioni elettorali. Il tutto continuando a ispirarsi - come si legge all'art. 1 dello statuto - "al principio della Libertà, quale supremo regolatore di ogni attività pubblica e privata" e riconoscendosi "nel Manifesto di Oxford del 1947, nella Dichiarazione di Stoccarda del 1976, nella Carta di Roma del 1981, nell’Agenda Liberale per il XXI secolo di Oxford del 1997 e nel Manifesto di Andorra del 2017". Aspirazione di Democrazia liberale è "operare per la riunificazione di tutti i soggetti politici italiani che s'ispirano alla cultura liberaldemocratica, anche aderendo in sede europea al partito Alleanza dei liberali democratici europei (Alde) e in sede internazionale a Liberal International" (art. 4 dello statuto).
Se le idee sono tradizionali e la "forma partito" è almeno in parte ereditata dalla storia, i mezzi per costruire e far funzionare il partito sono invece del tutto contemporanei: l'art. 29 dello statuto precisa che "tutte le comunicazioni tra gli organi del Partito con i soci e cogli aderenti saranno fatte per posta elettronica, o, in mancanza d'indirizzo mail dei destinatari, tramite pubblicazione sul sito web del Partito" e che "tutte le riunioni degli organi collegiali possono essere tenute, in tutto o in parte, a distanza, attraverso piattaforme telematiche, con tempestiva trasmissione delle relative credenziali digitali per l'accesso". Può - e forse deve - far parte anche questo di un soggetto politico che si qualifica "riformatore" (e non riformista) e di centro, che si rifà a una storia e a una tradizione politica, ma guarda innanzitutto al presente e alla sua evoluzione.

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