Vuoi vedere che, a ventidue anni dalla prima apparizione di un cognome all'interno di un simbolo - quello di Marco Pannella sull'emblema della lista nata per candidare gli esponenti radicali - la parabola grafica dei partiti personali è ormai in fase discendente? Sembra di poterlo dire, a guardare la cronaca: dopo che l'Idv ha tolto il nome di Antonio Di Pietro, anche Sel vedrà forse sparire il nome di Nichi Vendola.
La decisione è stata presa dall'assemblea del secondo congresso di Riccione, che si è concluso proprio oggi, ma a chiedere la cancellazione è stato proprio Vendola, il cui nome è stato tirato più volte in ballo in vicende giudiziarie nei mesi scorsi. Nel suo primo intervento ha lamentato di aver visto "rovesciato il senso medesimo della mia vita", di essersi sentito "spellato e lapidato dall'uso strumentale e sensazionalistico di fatti giudiziari". Precisando di aver ricordato questo "solo perché il mio cognome compare nel simbolo del nostro partito. E io spero che vogliate accogliere la mia richiesta di restituzione di quel cognome".
L'applauso, partito dai delegati presenti, ha solo parzialmente coperto la spiegazione fornita al suo gesto: "Non sono il proprietario del partito, io sono una persona e non ho sempre voglia di sventolare come una bandiera". Niente bandiera, dunque, e nemmeno arredo o accessorio di richiarmo di un contrassegno, per sperare di acchiappare qualche consenso in più.
La scelta di Vendola, in fondo, guarda al passato, per l'esattezza alla fine del 2009, quando i Verdi avevano lasciato il cartello delle elezioni europee Sinistra e libertà (erano rimasti solo gli ecologisti di Loredana De Petris) e poco dopo se n'erano andati anche i socialisti del Psi. In quella fase (mentre tutto il testo del contrassegno era in maiuscolo), il segmento rosso non ospitava nessun nome ed era disomogeneo, quasi fosse riempito a frottage con un pastello. A prescindere dalla grafica, la scommessa di Vendola va oltre lo sguardo all'indietro: togliere il suo nome dal simbolo significa in qualche modo dire che Sel può (e deve) esistere anche senza il governatore pugliese. Cosa su cui pochi giornalisti e analisti sarebbero disposti a scommettere volentieri (e forse anche qualche iscritto).
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