Ci si abitua fin troppo a chiamare le cose con una parte del loro nome, al punto tale che l'abbreviazione diventa metonimia e così si finisce per pensare che quel nome basti a evocare quella cosa e soltanto quella. Così, il MoVimento 5 Stelle è semplicemente "il Movimento" per gli aderenti e gli attiVisti, al punto tale che questi si lamentano se qualche altro gruppo politico (specie se fondato da qualche ex M5S) utilizza quella parola nella sua denominazione. Lo stesso, da ben più tempo, vale per la Lega Nord: quasi tutti da sempre la chiamano "Lega" e i militanti hanno cercato di far leva su questo per cercare di bloccare le decine di Leghe fiorite negli anni, ma non sono mai riusciti ad assicurarsi l'esclusiva su quella parola (per i giudici nessuno può "brevettare" il concetto di "lega" come "associazione, gruppo, sodalizio").
Qualcosa di simile, a pensarci bene, è accaduto con il Partito della Rifondazione comunista. Anno dopo anno, bastava dire "Rifondazione" (con la maiuscola, scritta o pronunciata con enfasi) per richiamare bandiere rosse e falci con martelli, anche se il concetto in sé era e rimane assolutamente neutro. Che la parola non avesse acquisito alcun valore prettamente comunista lo dimostra, per esempio, il fatto che Publio Fiori, il 1° ottobre 2006 abbia voluto chiamare la sua nuova (e non ultima) formazione post diccì proprio Rifondazione democristiana. Ironia della sorte, sempre nel 2006 c'erano altre persone in vena di rifondare qualcosa: giusto pochi mesi prima, il 22 e il 23 luglio, ai Frentani si era svolto il primo congresso di Rifondazione socialista. "La nostra identità è il nostro futuro", recitava il titolo dell'assise, anche se probabilmente quel futuro doveva essere sfuggito a molti, perché in rete si trovano poche tracce dell'evento.
Il partito ha continuato a essere sconosciuto ai più anche quando nel 2011, suo malgrado, venne citato nell'ambito di un presunto tentativo di "compravendita" di un parlamentare. Fu Gino Bucchino (eletto nel 2008 alla Camera col Pd nella circoscrizione Estero) a denunciare il 24 febbraio un abboccamento da parte di un "giovane esponente" di Rifondazione socialista, il quale gli avrebbe proposto di abbandonare il suo gruppo e di aderire come persona di sinistra a quello di Iniziativa responsabile - all'epoca sostenitore del governo Berlusconi - in cambio di rimborsi per la nuova campagna elettorale e della certezza di rielezione nella legislatura successiva, garantita da Denis Verdini. Bucchino rifiutò e poche settimane dopo rese noto l'episodio, mentre Verdini si affrettò a negare tutto quanto, come pure Filippo Fiandrotti, già deputato torinese della corrente di Riccardo Lombardi e fondatore di Rifondazione socialista ("Diffido chiunque dall'usare il nome di Rifondazione Socialista - dichiarò alla Repubblica -. Bucchino? ma chi è 'sto pazzo... Quel che dice questo signore è impossibile. Rifondazione Socialista l'ho fondata io e, a onor del vero, non esiste neppure più. Siamo confluiti nel Pd come componente culturale, con Fassino e Valdo Spini".
Sarà, eppure qualcuno riteneva di incarnare ancora quello spirito rifondatore. Il giorno dopo sul Corriere si seppe che il "giovane esponente" si chiamava Giuseppe Graziani: riconobbe di aver contattato Bucchino "e con lui altri sei o sette parlamentari, ma non ho mai offerto soldi. Volevo che nascesse un sottogruppo nel Gruppo misto intitolato ai socialisti", poi della questione non si parlò quasi più. Andando a spulciare nel suo profilo, in una foto Graziani appare proprio alla tribuna congressuale dei Frentani del 2006 e da quell'assise uscì segretario nazionale del partito; in precedenza, lui era stato segretario del Nuovo Psi nel napoletano e, dopo quell'esperienza, aveva voluto rifondare i principi e i valori del socialismo repubblicano e laico.
Nelle immagini del congresso si vede bene tuttora il simbolo scelto dal partito, depositato come marchio pochi mesi prima da tale Ludovico Graziani, e così descritto: "marchio costituito dalla dicitura 'rifondazione socialista' a forma di un triangolo isoscele contenuto in una cornicetta sottile rossa; nel triangolo giallo sono rappresentati tre garofani in rosso con gambi e cinque foglioline in verde e sottostante vi è la dicitura 'rifondazione comunista' (sic!) in rosso. da notare che la parola 'socialista' è rappresentata con un carattere più grande".
Oggi, peraltro, quel disegno non sembra del tutto abbandonato. Praticamente gli stessi garofani - che somigliano molto a quelli di Filippo Panseca - nello stesso triangolo (stavolta a fondo bianco e bordato di rosso) sono inseriti nell'emblema più complesso di Socialismo umanitario universale, organizzazione politica "che - si legge sulla sua pagina Facebook - persegue l’obiettivo di soddisfare i primari bisogni dell’uomo e la salvaguardia della vita umana, l'autosufficienza alimentare e la valorizzazione delle risorse umane". Segretario generale ne è lo stesso Graziani e che il simbolo abbia anche un valore politico è facile da appurare: nel 2008 venne depositato in occasione delle elezioni politiche (allora però il cerchio interno di fondo era verde e, soprattutto, non si intravedeva un triangolo a punta verso il basso, che con quello dei garofani oggi forma una sorta di "stella di David") e, lo scorso aprile, il gruppo era pronto a sostenere Luigi De Magistris a Napoli e altri candidati nei municipi. Chissà se, dieci anni dopo, la dimensione umanitaria ha mandato nel dimenticatoio le velleità di rifondazione oppure queste sono ancora vive, magari solo nascoste da qualche parte...
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