mercoledì 21 dicembre 2016

M5S, un movimento vale due?

Fin dalla propria nascita, soprattutto a partire dalla marcia verso il Parlamento, il MoVimento 5 Stelle non ha goduto dei favori dei media (Rete a parte, ma nemmeno tutta) e si è attirato l'antipatia (o il disprezzo) di molti partiti. Anche per questo, il M5S è apparso spesso in uno stato di lotta permanente con l'esterno. Il solo periodo di vero "vento in poppa" forse è iniziato il 20 giugno, con la doppia vittoria ai ballottaggi di Roma (attesa) e di Torino (inaspettata); quella fase però ha iniziato a scricchiolare con le prime defezioni nella giunta Raggi ed è crollata del tutto nei pochi giorni in cui si sono concentrate le dimissioni di Paola Muraro, l'esplosione del caso Marra e il ridimensionamento di Daniele Frongia. 
Eppure, anche in quel periodo, le acque non sono state tranquille sul fronte interno: si pensi innanzitutto a tutta la logorante trafila del "caso Pizzarotti" a Parma (del cui esito qui ci si occuperà, appena Effetto Parma farà nascere un simbolo), o alle vicende delle "firme false" (o ricopiate?) a Palermo e non solo. Impossibile non ricordare, però, anche l'ordinanza con cui, a luglio, il tribunale civile di Napoli aveva sospeso le espulsioni di una ventina di attivisti (creatori di Napoli libera, gruppo "segreto" nato su Facebook per stimolare un confronto pre-elettorale che coi vertici, a loro dire, era stato negato), ma soprattutto aveva detto a chiare lettere che, "nonostante il Movimento 5 Stelle nel suo statuto ('Non-statuto') non si definisca 'partito politico', ed anzi escluda di esserlo, di fatto ogni associazione con articolazioni sul territorio che abbia come fine quello di concorrere alla determinazione della politica nazionale si può definire 'partito'". Anche il M5S, insomma, per i giudici era un partito e come tale andava trattato, senza alcuna differenza di forma e di sostanza.
Discendeva (anche) da quel pronunciamento dei giudici - oltre che da un'ordinanza analoga del tribunale di Roma risalente ad aprile - la decisione da parte di Beppe Grillo di mettere mano alle regole fondamentali del MoVimento. Vennero cambiati di certo il Non-Statuto e il Regolamento (già esistente dal 23 dicembre 2014, ma non citato dal Non-Statuto, almeno fino a settembre), messi in votazione a fine settembre - dopo varie settimane di rinvio, condite da polemiche visto che il voto era stato annunciato senza che all'inizio fosse disponibile il contenuto delle proposte - fino alla fine di ottobre (col dubbio rimasto sulla validità della votazione, non avendo partecipato alla consultazione online i tre quarti degli aderenti al MoVimento, quota richiesta dall'art. 21, comma 2 del codice civile, in mancanza di altre precisazioni nei documenti fondativi dell'associazione), ma non solo. Già, perché qualcosa nel frattempo era già cambiato: mi riferisco, in particolare, allo statuto notarile formato il 14 dicembre 2012 e significativamente innovato il 12 dicembre 2015 (questa, almeno, è la data indicata dalla difesa del M5S all'interno dei vari processi cautelari: dalla parte di atto notarile resa disponibile dal legale non si poteva leggere altro).
Se ai più la coesistenza di uno "statuto" e di un "non-statuto" può creare essenzialmente perplessità, per chi segue la vicenda stellata da un punto di vista giuridico la questione appare piuttosto chiara: il MoVimento, in realtà, ne vale due, nel senso che esistono due soggetti diversi che hanno (quasi) lo stesso nome. Il più risalente sarebbe il MoVimento 5 Stelle "nato" il 4 ottobre 2009 a Milano, al Teatro Smeraldo, in corrispondenza con l'evento "di lancio": la data, peraltro, non si trova su nessun documento "classico" (men che meno su atti notarili, allora inesistenti), né si legge sul Non-Statuto, datato 10 dicembre 2009. Questo M5S, con sede presso l'indirizzo web del MoVimento, sarebbe quello che nel tempo ha contato centinaia, migliaia di aderenti e come tale ha operato sul territorio; vista la sua esistenza de facto, non fondata su documenti scritti, ciascuna delle varie liste certificate, comunali o regionali, ha comunque dovuto costituire una propria associazione per dimostrare in modo più efficace la propria esistenza giuridica e agire (a livello elettorale, innanzitutto) senza problemi.
L'atto costitutivo notarile - con allegato statuto - del 14 dicembre 2012, invece, sembrerebbe indicare la nascita di una diversa associazione, comprendente Beppe Grillo, il nipote Enrico Grillo e il commercialista Enrico Maria Nadasi, in qualità di soci fondatori (nonché - in seguito - Gianroberto Casaleggio come socio ordinario) e con sede a Genova, in via Roccatagliata Ceccardi n. 1/14. Il nome di quest'ente all'origine era "Movimento 5 Stelle", cioè con la "v" minuscola: "nel carattere di una lettera, la 'v' di Vaffa, si annida - ha scritto in modo icastico Annalisa Chirico sul Foglio - un equivoco sostanziale". O meglio, si annidava, visto che il nuovo testo del 12 dicembre 2015 ha inserito la "V" maiuscola, eliminando la differenza tra le due denominazioni. 

In occasione del voto sulle modifiche a Non-Statuto e Regolamento, un testo a firma di Beppe Grillo sosteneva che "Il MoVimento 5 Stelle trova difficoltà a essere riconosciuto dalle leggi attuali perché la sua struttura e organizzazione è molto più innovativa e avanzata di quelle regolamentate dai codici", per cui il caso M5S sarebbe destinato "a fare giurisprudenza". Può darsi, in realtà "il pasticciaccio grillino", per riprendere di nuovo Chirico, o comunque la difficoltà ha avuto inizio proprio quando il MoVimento alle leggi attuali ha scelto di adeguarsiper partecipare alle elezioni politiche ed evitare contestazioni al Ministero dell'interno sull'esistenza giuridica della sua "creatura politica", infatti, qualcuno deve aver consigliato a Grillo di "costituire" ufficialmente il MoVimento con un atto pubblico, come facevano praticamente tutti i partiti per prassi (e come ora sono quasi obbligati a fare dalla legge, che condiziona alla registrazione dello statuto, formato con atto pubblico e dal contenuto secundum legem, l'erogazione delle provvidenze pubbliche).
Da quel momento, lo si volesse o meno, i M5S sono diventati due: la "non-associazione" nata nel 2009, con un Non-Statuto piuttosto agile e scarno e circa 135mila iscritti, e l'associazione fondata nel 2012 davanti a un notaio, con tre soci fondatori e uno ordinario (non necessario). Per tre anni i due soggetti giuridici hanno proceduto paralleli, accomunati tra l'altro dall'uso del simbolo, che fino alla fine del 2015 è stato nell'esclusiva titolarità di Beppe Grillo, il quale di fatto metteva il contrassegno a disposizione tanto della "non-associazione" (per la militanza, per i candidati e gli eletti), quanto dell'associazione (per le questioni più burocratiche). Lo statuto del 2012 non conteneva alcun riferimento o rinvio al Non-Statuto del 2009, per cui giuridicamente c'erano tutte le ragioni per considerare "non associazione" e associazione come due enti del tutto diversi sul piano giuridico. 
Qualcuno, forse, si è accorto di questa situazione "doppia" e deve aver suggerito di intervenire: come avevo anticipato, alla fine del 2015 scatta "un'accorta operazione di maquillage" (così l'ha definita Chirico sul Foglio) e la "V" diventa maiuscola per entrambi i soggetti giuridici. Che però sarebbero rimasti ben distinti. Lo ha continuato a sostenere nelle proprie carte di causa Lorenzo Borré, avvocato che difende gli espulsi di Roma e di Napoli, ma ha finito per ammetterlo anche il tribunale di Roma, nella sua chilometrica ordinanza (52 pagine) del 12 aprile 2016. 
Il giudice aveva notato che nell'atto costitutivo notarile del 2012 l'associazione "fa propri gli obiettivi politici programmatici dei Programmi formati e pubblicati nel sito" del M5S e "riconosce come proprio il diritto costituzionale dei cittadini aderenti" al M5S "a determinare la politica nazionale", il che significa dare implicitamente atto che il MoVimento 5 Stelle esisteva già e continuava a esistere, politicamente e giuridicamente (e anche qui per il tribunale, a dispetto dell'etichetta di "non-associazione", si è "in presenza, in termini giuridici, di un'associazione [...] in cui la volontà degli associati si esprime [...] attraverso il web e la votazione tramite internet"). Non bastasse questo (e i numeri di attiVisti ben superiori ai 3-4 soci dell'associazione notarile), era sempre lo statuto 2012 a precisare che potevano essere soci ordinari e sostenitori gli "aderenti al MoVimento 5 Stelle" che si fossero trovati in particolari condizioni e che avessero presentato la domanda "indirizzata alla sede dell'associazione, anche a mezzo e-mail": aderire al MoVimento (senza sede fisica) era condizione necessaria per diventare socio del Movimento (con sede fisica). 
E dopo le modifiche di fine 2015 allo statuto, cosa cambia? Assolutamente nulla, anche se anche l'associazione notarile fondata nel 2012 acquista la "V" maiuscola: di fatto - e anche di nome, viste le previsioni statutarie - si è di fronte a una sorta di suddivisione dei compiti. In pratica, gli iscritti al Movimento "non-associazione" scelgono materialmente i candidati per le elezioni, ma candidature e liste alle elezioni politiche ed europee vengono formalmente presentate dall'associazione notarile del 2012, anche dopo le modifiche statutarie del 2015. Da una parte la procedura è necessitata, perché alle elezioni nazionali non si consente la presentazione di candidature da parte di soggetti giuridici non costituiti in modo certo (con atto pubblico); dall'altra produce l'effetto piuttosto anomalo - ma non illegittimo in sé - di candidare soggetti che non sono ad alcun titolo soci dell'associazione, mentre aderiscono a un diverso ente collettivo, peraltro omonimo e che utilizza il simbolo di cui è titolare l'associazione stessa che si intesta le candidature. 
Tutto ciò inevitabilmente complica le cose e potrebbe venire persino la tentazione di pensare che, a partire dal 2015, associazione e "non-associazione" si siano fuse. La tentazione si spiega con l'inserimento nello statuto notarile di un riferimento al "non statuto" pubblicato sul sito www.movimento5stelle.it, mentre è lo stesso "non statuto" a parlare del simbolo come "contrassegno registrato a nome dell'omonima associazione, unica titolare dei diritti d'uso dello stesso": questa reciproca citazione potrebbe far pensare a un sistema di "vasi comunicanti", che in qualche modo unifica i soggetti. Così però giuridicamente non è e non può essere: i due "MoVimento 5 Stelle", entrambi ora con la "V" maiuscola, restano distinti tra loro, anche sulla base del testo dei documenti principali. La domanda di adesione all'associazione non può nemmeno più essere mandata via e-mail, ma esclusivamente con raccomandata con avviso di ricevimento, cosa completamente diversa rispetto alla procedura d'iscrizione al M5S); i soci sostenitori sono qualificati tuttora come "aderenti al MoVimento 5 Stelle abilitati a partecipare alle votazioni in rete", ma il nuovo testo precisa che non hanno diritto di voto in assemblea (anzi, le disposizioni relative all'assemblea non li contempla proprio tra i membri). Impossibile, sulla base di queste disposizioni, immaginare che il M5S del "non statuto" coincida con quello dello statuto notarile. 
Questo sdoppiamento, alla fine, non è stato senza conseguenze: due, in particolare, sono state macroscopiche e le hanno messe in luce i giudici di Napoli (decidendo sul reclamo, dopo che la prima decisione era stata favorevole al MoVimento 5 Stelle). Da una parte, il Regolamento non è "stato adottato col metodo assembleare e con le maggioranze previste per le modificazioni dello statuto originario": al più detto Regolamento potrebbe essere considerato una fonte per il Movimento nato nel 2012 (adottata dai pochi soci), non certo per quello del 2009 che non ha minimamente contribuito a formare il testo. Dall'altra, il comitato d'appello cui i ricorrenti si erano comunque rivolti, essendo previsto (in seguito a debite aggiunte) nella nuova versione dello statuto dell'associazione e nel citato regolamento, ma non nel "Non Statuto" (unica fonte regolatrice interna del MoVimento, che in quella fase non rinviava a nessun altro documento), non poteva considerarsi come un organo del M5S, cui rivolgersi in caso di espulsione. Espulsione che, in ogni caso, in mancanza di previsioni nel "non statuto", doveva essere deliberata dall'assemblea degli iscritti "per gravi motivi" ai sensi dell'art. 24 c.c. 
Per l'art. 21, comma 2 dello stesso codice civile, il regolamento avrebbe dovuto seguire la procedura prevista per le modifiche statutarie, dunque la partecipazione al voto almeno dei tre quarti degli iscritti e il voto favorevole almeno della metà dei votanti: in mancanza del quorum richiesto, tutte le disposizioni del regolamento sono in bilico. Ed è a un'altra norma del codice civile che il gruppo napoletano degli espulsi sta forse pensando, pur senza dirlo espressamente: quella che permetterebbe una sorta di "autoconvocazione" dell'assemblea degli iscritti. I napoletani, guidati da Luca Capriello, stanno infatti chiedendo in numero sempre maggiore di convocare l'assemblea nazionale degli aderenti al M5S, con un solo punto all'ordine del giorno: "l’adozione del metodo di votazione on-line, rendendolo sicuro, trasparente (anche attraverso l’istituzione del registro degli iscritti) e conforme ai principi assembleari, individuando un ente terzo – diverso dal gestore - che ne certifichi la validità". 
Se le firme dovessero superare le 13.500, andando oltre la soglia del 10% (gli iscritti totali all'inizio del 2016 erano 135.023), ci sarebbero gli estremi per chiedere ex art. 20, comma 2 del codice civile - la convocazione dell'assemblea dei soci all'unico amministratore del MoVimento, cioè il "capo politico", dunque Grillo stesso: era stato proprio lui a settembre a marcare il suo passaggio da garante a capo politico, una trasformazione tutt'altro che priva di conseguenze per il M5S e il suo modo di porsi, come ha notato in una sua riflessione l'amico e collega Riccardo DeLussu (tra l'altro, sparirebbe la peculiarità di un movimento il cui leader è "reso autorevole dal suo porsi al di sopra delle parti" e che "non prendendo decisioni non può sbagliare"). E se Grillo non dovesse dare seguito all'iniziativa, ci sarebbe modo di procedere comunque: lo stesso art. 21, comma 2 del codice civile prevede che, in caso di inerzia, sia il presidente del tribunale adito a ordinare la convocazione dell'assemblea. Della "non associazione" nata nel 2009, ovviamente, anche se il simbolo è quello generosamente messo a disposizione dalla sorella nata tre anni dopo.

Nessun commento:

Posta un commento