martedì 11 settembre 2018

Depositato come marchio il simbolo del Partito Gay... ma ce n'era già uno

La notizia, in questi giorni, è rimbalzata su più mezzi di comunicazione: qualcuno ha iniziato a credere all'appetibilità di un partito gay o comunque di una forza politica impegnata innanzitutto (ma non solo) a tutelare i diritti delle persone omosessuali, al punto da evidenziarlo nel proprio nome. Sul Tempo lo si è letto il 9 settembre, dopo che a scoprire il tutto era stata l'Adnkronos. 
A destare curiosità era stato soprattutto il deposito come marchio - il 30 agosto - presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi di due grafiche, tutte a nome di Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center e attivista Lgbt, noto anche per essere stato presidente dell'Arcigay di Roma.
Il potenziale simbolo del Partito Gay è così descritto nel database dei marchi: "Scritta Partito Gay all'interno di un cerchio con una linea a 6 colori (rosso, arancione, giallo, verde, blue e viola) sotto la parola Gay, ed all'esterno del cerchio in alto le parole: Europa Italia. Tutte le scritte sono in carattere Calibri di colore nero". Era costruita allo stesso modo la grafica della Lista Gay, che semplicemente sostituiva la parola "partito" con "lista". In un certo senso, il riferimento all'Europa e all'Italia ricorda il simbolo usato alle politiche dalla lista Insieme (presentata da prodiani, Psi, verdi e Area civica), anche se le due parole sono presentate in ordine inverso e, in questo caso, sul bordo esterno del cerchio e non all'interno.
Fabrizio Marrazzo, intervistato dall'Adnkronos, ha spiegato che al momento "si tratta ancora di un'idea embrionale. Ma siamo disposti a scendere in campo qualora la politica si dimostrasse sorda alle nostre richieste. Con questa iniziativa vogliamo soprattutto dimostrare che promuovere temi come i diritti delle persone omosessuali non fa perdere voti". Lo avrebbe dimostrato un sondaggio commissionato da GayCenter alla Euromedia Research di Alessandra Ghisleri (i dati sono stati presentati in conferenza stampa alla Camera il 23 gennaio), in base al quale il 6,2% degli intervistati si sarebbe detto disposto a votare per una "lista gay" (anche se finora nessuno lo ha mai proposto), mentre la nascita di un movimento simile sarebbe vista comunque con favore dal 27,3% del campione, segno che - secondo Marrazzo - "i temi delle battaglie storiche Lgbt sono trasversali nel panorama politico italiano. Gli elettori Lgbt sono presenti in tutti i partiti". Un progetto politico simile otterrebbe consenso soprattutto tra i giovani (anche oltre il 14%) e avrebbe un successo diverso in base alla scelta di presentarsi da solo (1,6%), con il centrodestra (1,9%), con Leu (2,1%), con il Pd (3%) o con il MoVimento 5 Stelle (anche il 4%).
Posto che non è affatto scontato che l'idea di questo partito si concretizzi (lo stesso Marrazzo spiega che l'opera che si porta avanti mira essenzialmente a stimolare la politica a "dare risposte alla comunità Lgbt" e solo se queste risposte non dovessero arrivare si valuterebbe "un impegno diretto in politica"), il fatto è che un Partito Gay ci sarebbe già. E non esattamente da poco. Se infatti il primo nucleo di quel partito in Italia è apparso all'inizio del 2008, il 1° agosto dello stesso anno è nato il Partito gay italiano (dall'unione dell'associazione omonima, del Partito lesbico italiano e del Partito transessuale italiano), i cui tre soci fondatori dal sito internet del partito risultano essere Davide Cuppini, Marco Scarpa e Barbara Sandri. 
E' vero che lì si parla di "una realtà che verrà presto ufficializzata" (senza indicare date), ma il progetto dell'associazione ormai sembra consolidato. Lo stesso simbolo ha subito una variazione: se inizialmente c'erano varie foglie dai colori dell'arcobaleno su fondo rosa, attualmente l'emblema è decisamente più elaborato (rispetto alle origini), con la riga colorata sempre arcobaleno che funge da sostegno per la statua di Eros e Psiche di Antonio Canova e un altro motivo iride che tinge i pallini accanto al nome "Partito Gay" (con tanto di riflesso a specchio), mentre nella parte bassa è ospitato anche un segmento tricolore, per non evitare un riferimento cromatico nazionale.
Entrambe le grafiche, com'è facile vedere, sono molto più efficaci delle due alternative depositate come marchio. Ora, al di là delle perplessità dell'uso del termine "gay" per indicare l'intero universo omosessuale o lgbt (anche se certamente quella parola è più nota, più breve e più evocativa di "omosessuale" e più pronunciabile della sigla lgbt), viene da chiedersi se Fabrizio Marrazzo, nel depositare quegli emblemi, abbia tenuto conto di ciò che esisteva già da tempo. Non è dato sapere se la richiesta di registrazione come marchio sia stata concordata in qualche modo da Marrazzo con Cuppini e le altre persone fondatrici del Partito gay italiano, anche se è probabile che l'iniziativa sia stata autonoma. E' molto probabile che il simbolo non finirà mai sulle schede (l'ostacolo della raccolta firme è sempre problematico, per tutti), ma per alcuni giorni la stampa, soprattutto certi media che quest'idea non la vedono di buon occhio, ha avuto di che parlarne; intanto, però, il tema dei diritti lgbt e del rispetto dovuto a chi si professa così rimane, nella sua interezza.

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