Che poi, a pensarci bene, il progetto di cui ieri parlava Emilio Carelli di creazione di una componente, nucleo di un'area rivolta al Ppe, all'Europa, ai moderati e ai liberali non suonava del tutto nuovo. E non solo perché i Popolari (di Moncalieri e non solo) hanno ricordato che i "Popolari italiani" ci sono già e non è il caso di fare ulteriore confusione. Era tutto il nome, preso per intero, a ricordare qualcosa, almeno ai veri drogati di politica. Perché un Centro c'è già stato, anzi, proprio un Centro popolare. Anzi, a dire il vero erano almeno due (come si vedrà nei prossimi giorni), ma uno addirittura aveva una spiccata e dichiarata vocazione europea; soprattutto, poi, schierava uno dei simboli più simpatici e autoironici che si siano mai incrociati (anche se, a quanto si sa, sulle schede non ci finì mai). Ci si riferisce al Centro popolare europeo, progetto messo in campo da Dario Squeri nel 2004.
In quell'anno Squeri aveva alle spalle varie esperienze. La sua famiglia si occupa dal 1934 di lavorazione, fornitura ed esportazione di polpa di pomodoro all'ingrosso con l'impresa Steriltom, nata e sviluppatasi nel piacentino; Dario Squeri è oggi presidente del comitato di gestione di Pomorete, che raccoglie "la prima filiera del pomodoro". Anche in ambito politico, tuttavia, l'imprenditore aveva acquisito una certa notorietà: consigliere comunale Dc a Piacenza dal 1990 e assessore all'agricoltura in quota Dc-Ppi nella giunta provinciale di Piacenza dal 1990 al 1994, nel 1995 fu il primo presidente direttamente eletto della provincia di Piacenza, sostenuto dal centrosinistra; nel 1999 fece il bis, peraltro ottenendo anche l'appoggio della Lega Nord al ballottaggio. Tra i fondatori della Margherita, proprio nel 2004 Squeri destò molto scalpore quando dichiarò che al ballottaggio delle elezioni per indicare il suo successore avrebbe sostenuto il candidato del centrodestra Tommaso Foti, per non "consegnare la Provincia di Piacenza a un'alleanza politica dove è prevalente la presenza, sia a livello politico che programmatico, di una sinistra massimalista e condizionata da Rifondazione Comunista".
Voleva continuare a lavorare per costruire uno spazio per un "centro moderato che oggi non ha valenza in quanto disperso su tanti fronti e su diversi poli" e avrebbe voluto farlo all'interno della Margherita. Fu però deferito ai probiviri del partito per la sua presa di posizione, così lui decise di lasciare il soggetto politico che aveva contribuito a fondare; non mise da parte, in compenso, il suo progetto. Tempo qualche mese e Squeri presentò il Centro popolare europeo, il nucleo di un'idea che doveva partire da Piacenza per poi allargarsi assai più in là. Al centro doveva esserci il concetto di persona, che era "il collante delle tre grandi tradizioni politiche: cattolica, liberale e riformista", ispirazioni che però meritavano di essere attualizzate e superate proprio in nome della persona e dei suoi diritti, vecchi e soprattutto nuovi (in tema di salute, libertà, autonomia, famiglia, formazione ed istruzione, mercato ed economia, fisco e giustizia).
Occorreva secondo Squeri una scelta di campo chiara e netta: "in Europa - diceva - o si è moderati o si è socialisti", due opzioni rappresentate in ambito partitico dal Ppe e dal Pse. L'Italia - si leggeva nel sito del Cpe - era ancora "in mezzo al guado, prigioniera di un sistema bipolare imperfetto", ma se Romano Prodi stava lavorando alla Grande alleanza democratica (una sigla che sarebbe presto appassita, lasciando il posto all'Unione che avrebbe concorso alle elezioni del 2006) e di fatto guardava al Pse facendo naufragare l'esperienza della Margherita (questo secondo l'ex presidente della provincia di Piacenza, ma ci sarebbe voluto ancora molto tempo), anche nel centrodestra "i valori cattolici, liberali e riformisti" si sarebbero dovuti "concatenare in un’unica casa del Partito Popolare Europeo", andando "oltre la Casa delle libertà".
Non che nel centrodestra non ci si fosse provato sino a quel momento: almeno dal 1999 Forza Italia era parte del Ppe, come del resto lo era l'Udc; lo stesso ovviamente non poteva dirsi per Alleanza nazionale e per la Lega Nord. Di fatto, però, il centrodestra (e Forza Italia) perdeva terreno elezione dopo elezione e non mancavano insoddisfazioni e inviti a un cambio di passo. Non stupisce troppo, dunque, che la figura di un soggetto moderato, che aveva scelto di esporsi pubblicamente in un cambio di fronte che non sarebbe passato inosservato, potesse avere l'ambizione di offrire un laboratorio per rispondere "all'esigenza dei moderati e dei riformisti di ritrovarsi, insieme ed uniti, per affrontare le sfide del nuovo millennio". Un laboratorio che doveva inevitabilmente portare i moderati e i riformisti interessati "in maniera organica ed omogenea al Partito Popolare Europeo, ai suoi valori, alla sua dimensione storica e politica". Lì, non altrove, dovevano stare per Squeri i moderati e i riformisti, da qualunque partito venissero.
Lo stesso nome scelto, "Centro popolare europeo", era stato il frutto naturale della "necessità di rivolgersi con estrema chiarezza a tutto l'elettorato moderato, unita alla forte spinta europeista che vede nel Partito Popolare Europeo l'unico possibile punto di riferimento per i Cattolici, i Liberali e i Riformisti italiani": Vladimiro Poggi, piacentino, giornalista televisivo molto attivo in Lombardia (futuro Ambrogino d'oro nel 2017) e con varie esperienze amministrative e politiche (era stato, tra l'altro, tra i fondatori del Partito socialista riformista di Enrico Manca e Fabrizio Cicchitto) concepì su queste basi il nome del progetto politico (di cui poi sarebbe stato portavoce).
Restava però da scegliere il simbolo per quel laboratorio politico: un simbolo che parlasse di Europa, di futuro e della storia moderata italiana ed europea, il tutto possibilmente cercando di emergere e di farsi riconoscere. Lo statuto del movimento descriveva così l'emblema: "Il logo di forma circolare, raffigura nella parte alta, all'interno di una striscia di stelle gialle su sfondo blu, parallele alla semi-circonferenza, una balena bianca sorridente in un mare ondeggiante con sfumature blu, mentre nella parte bassa viene riportata, sviluppata su tre righe e con caratteri bianchi su sfondo blu, la denominazione dell'associazione, evidenziando, attraverso la dimensionatura dei caratteri medesimi la parola 'centro'".
Una balena dunque, anzi, una balenottera che aveva persino un nome, Betty. A disegnarla, a quanto era scritto nel sito del Cpe, il Ceo dell'agenzia di comunicazione piacentina Blacklemon Nicola Bellotti (in seguito responsabile comunicazione, strategie e marketing del Centro popolare europeo): lui poi con i creativi aveva completato il simbolo in un continuo confronto con Squeri. "La corona di stelle in campo blu - si leggeva sempre nel sito - è quella dell'Unione Europea, l'alba sul mare simboleggia il futuro, e la balenottera Betty vuole essere un omaggio ai padri fondatori della democrazia italiana ed europea. Il grande mammifero dei mari è da sempre descritto come un animale fiero e orgoglioso, leale e coraggioso, di indiscussa intelligenza. Le simbologie evocate, fuse insieme ad un autoironico richiamo alla 'balena bianca' della politica italiana, hanno convinto i fondatori del movimento ad eleggere Betty come propria ambasciatrice nel mare della Comunicazione". E, già che ci si era, si pensò a vari gadget per far diventare la balenottera Betty un segno virale, in grado di marcare quell'esperienza-esperimento.
Il lancio del Centro popolare europeo avvenne a Piacenza alla presenza di Sandro Bondi, allora tra i soggetti più noti di Forza Italia: in quell'occasione parlò di "un avvenimento di grande importanza che travalica la dimensione locale, sia per il valore della personalità di Dario Squeri, sia per le idee di cui si è fatto portatore. Da Piacenza - aggiunse - parte un segno indirizzato ai tanti elettori moderati e popolari che si sentono a disagio all'interno dello schieramento di centrosinistra. Le persone che non possono valorizzare al meglio le loro idee restando in quell'area e sono alla ricerca di una nuova casa".
I primi mattoni della nuova casa sarebbero apparsi alla fine del 2007, ma con le sembianze del Popolo della libertà, a guida berlusconiana, cui avrebbero concorso tanto Forza Italia quanto Alleanza nazionale e altre forze politiche moderate (ma non l'Udc e nemmeno la Lega Nord): costruito ufficialmente nel 2009, un anno dopo l'edificio avrebbe già iniziato a cedere. Prima di tutto questo, Squeri proprio nel 2007 era riuscito a raccogliere attorno a sé un centrodestra allargato, presentandosi come candidato sindaco: con lui c'erano Fi, An, Lega Nord, Udc, Dca, Pensionati, i Liberal Sgarbi, persino Azione sociale, Forza Nuova - Destra per Piacenza e il Movimento Italiani nel mondo di Sergio De Gregorio.
E la balenottera? Purtroppo sulle schede non si vide; in compenso c'era la lista Piacenza Libera! Squeri Sindaco, che in evidenza aveva un cuore sfumato, con all'interno il nome della formazione. L'ex presidente della provincia riuscì ad approdare al ballottaggio, anche se alla fine risultò vincitore Roberto Reggi, al suo secondo mandato come sindaco, raccogliendo il 55,72%. Guardando alla competizione tra liste nel centrodestra, Forza Italia sfiorò il 16%, ma Piacenza Libera! portò a casa l'11,38%, poco meno della lista personale di Reggi. Un risultato significativo, certamente debitore dell'esperienza del Centro popolare europeo, ma che non fu sufficiente per vincere.
Dopo quell'esperienza, Dario Squeri si è dedicato soprattutto alla sua attività di imprenditore, a capo di Steriltom e Pomorete; a oltre quindici anni dal varo del Centro popolare europeo, la sua idea di casa che ospiti moderati e riformisti nell'area del Ppe non è ancora divenuta realtà. Qualcuno non ha però smesso di pensarci a modo suo, anche se magari della balenottera Betty non ha memoria (o non l'ha proprio mai vista).
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