Quanto questa mattina sono circolate le prime voci della prossima espulsione dal MoVimento 5 Stelle delle senatrici e dai senatori che ieri hanno votato contro la mozione di fiducia al governo di Mario Draghi la situazione è parsa molto delicata, per varie ragioni. Alle 10 e 20 sulla pagina Facebook di Vito Crimi, al momento ancora capo politico ad interim del M5S (benché si sia conclusa la procedura di voto per modificare lo statuto e non prevedere più la guida di un capo politico ma quella di un collegio di cinque persone) è apparso un post che spiegava meglio i contorni della questione: "I 15 senatori che hanno votato no sono venuti meno all'impegno del portavoce del MoVimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti. Tra l'altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l'esecutivo e l'opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all'opposizione. Per tale motivo non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo".
Non si tratterebbe, dunque, di un'espulsione dal MoVimento, almeno per ora, se non altro perché questa prevede un iter ben preciso, indicato dallo statuto (quello dell'associazione fondata nel 2017), vale a dire la denuncia di quelle iscritte e di quegli iscritti (da parte del Garante, del Capo politico, del Comitato di garanzia o da qualunque aderente) al Collegio dei Probi Viri, che valuta se avviare un procedimento disciplinare (comunicandone l'avvio e le ragioni alle persone interessate), la possibilità delle persone oggetto del procedimento di produrre una memoria difensiva entro dieci giorni, la decisione dei Probi Viri (tra richiesta di ulteriori chiarimenti, archiviazione o sanzioni) entro altri novanta giorni e comunicazione della stessa, con possibilità della persona colpita dalla sanzione di proporre reclamo al Comitato di garanzia.
Più semplicemente, si tratterebbe di espulsione dal gruppo senatoriale del M5S, a norma dell'art. 21 del regolamento del gruppo, per il quale tra le cause di sanzione si annovera il "mancato rispetto delle decisioni assunte dall'assemblea degli iscritti con le votazioni in rete" (comma 2, lett. d): il presidente del gruppo, "sentito il Comitato Direttivo [...], può disporre, sulla base della gravità dell'atto o del fatto, il richiamo, la sospensione temporanea o l'espulsione" (comma 1). A dire il vero il comma 4 prevede che di norma l'espulsione dal gruppo debba essere "ratificata da una votazione on line sul portale del MoVimento 5 Stelle tra tutti gli iscritti, a maggioranza dei votanti", ma subito prima si precisa che si fa eccezione alla regola qualora un componente del gruppo M5S aderisca ad altro gruppo (e allora non ci sarebbe nemmeno bisogno di espellerlo) oppure "in casi eccezionali nonché su indicazione del Capo Politico", dunque ancora di Crimi (per ora). Va peraltro detto che l'art. 11 dello statuto prevede alla lettera i) che "Per gli iscritti che siano membri dei gruppi parlamentari e/o consiliari, l’espulsione dal MoVimento 5 Stelle disposta in conformità con le procedure del presente Statuto comporta l’espulsione dal gruppo parlamentare e/o consiliare; analogamente, l’espulsione dal gruppo parlamentare e/o consiliare, disposta in conformità con le procedure dei rispettivi regolamenti, comporta l’espulsione dal “MoVimento 5 Stelle”; quest'ultima ipotesi sembrerebbe assai poco garantista, per lo meno immaginando che questo sia uno dei casi in cui si può essere espulsi dal gruppo senza votazione.
Di questa vicenda probabilmente si sentirà parlare di nuovo; è molto più urgente, in compenso, occuparsi della nuova collocazione parlamentare delle senatrici e dei senatori (che stanno per essere) messi alla porta dal gruppo M5S. Già, perché sarebbe fondamentale per i quindici nomi a rischio espulsione - alcuni particolarmente pesanti: Elio Lannutti, Barbara Lezzi e Nicola Morra - poter contare su un proprio gruppo parlamentare, per avere visibilità, tempo, strutture, fondi e - soprattutto - per rimpolpare l'opposizione, ora costituita essenzialmente da Fratelli d'Italia. Ancora una volta, però, il desiderio di un gruppo deve fare i conti con il regolamento del Senato, così com'era stato modificato nel 2017, proprio con lo scopo di sfavorire la frammentazione, soprattutto quella in corso di legislatura.
La chiave di volta, di nuovo, è l'art. 14, comma 4 del regolamento di Palazzo Madama:
Ciascun Gruppo dev’essere composto da almeno dieci Senatori e deve rappresentare un partito o movimento politico, anche risultante dall’aggregazione di più partiti o movimenti politici, che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione di Senatori. [...] E' ammessa la costituzione di Gruppi autonomi, composti da almeno dieci Senatori, purché corrispondenti a singoli partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati [...]
Si tratta, ovviamente, della stessa disposizione che ha permesso il sorgere del gruppo di Italia viva - Partito socialista italiano e anche di Europeisti-Maie-Centro Democratico, sia pure con progressive forzature della disposizione introdotta solo negli ultimi mesi del 2017. Nel primo caso il Psi, che aveva partecipato alla lista Insieme e tra l'altro aveva ottenuto l'elezione in Senato di Riccardo Nencini (pur se in un collegio uninominale) aveva permesso a Italia viva di ottenere un gruppo che altrimenti non avrebbe potuto creare; nel secondo caso non è stato chiarito se la nascita del gruppo si deve più al Maie (che ha eletto nella circoscrizione Estero il senatore Ricardo Merlo: tecnicamente non ha partecipato alle elezioni "unito o collegato" con altri soggetti, ma per la rispettabilissima opinione di Salvatore Curreri la partecipazione alle elezioni e l'elezione di un senatore sarebbero comunque sufficienti a dare copertura al gruppo) o, come chi scrive pensa, a Centro democratico (che ha partecipato effettivamente alle elezioni unito a +Europa, ma non ha conseguito l'elezione di senatori, anche se a questo avrebbe aderito Gregorio De Falco e in tale qualità avrebbe "depositato il simbolo di Cd" al Senato, come ha detto lui stesso).
Servirebbe anche in questo caso, dunque, l'appoggio di un partito che ha partecipato alle elezioni (anche) per il Senato. E nel tardo pomeriggio si è diffusa la voce che sia già stata sondata e ottenuta la disponibilità dell'Italia dei valori, fondata da Antonio Di Pietro ma guidata dal 2013 da Ignazio Messina. Il simbolo in quello stesso anno è cambiato (e ha perso il nome dell'ex magistrato), ma il gabbiano arcobaleno è rimasto lo stesso; da lì in avanti, l'attività politica ed elettorale è stata decisamente ridotta (un deludente 0,66% alle europee del 2014, pur con la presenza in tutta l'Italia grazie all'esenzione dalla raccolta firme per l'ottimo risultato alle europee 2009; alcune partecipazioni alle regionali e alle comunali negli anni seguenti e un breve ritorno in Parlamento grazie alla riadesione di alcuni parlamentari). Nel 2018 però l'Idv era tra le forze che hanno concorso alla lista Civica popolare legata a Beatrice Lorenzin: all'interno del contrassegno, sotto la "peonia petalosa", la "pulce" con il gabbiano era la prima a sinistra, seguita da quelle dei Centristi per l'Europa casiniani, dall'Unione (per il Trentino) di Lorenzo Dellai, da L'Italia è popolare di Ciriaco De Mita e da Alternativa popolare già di Angelino Alfano.
In effetti l'aiuto dell'Idv è parso a più di qualcuno il più logico possibile in questo caso: "Nei corridoi delle Camere - scrive sulla Repubblica Matteo Pucciarelli - si conferma che la trattativa è in corso e anzi, qualcuno (ma non c'è ufficialità) assicura che un accordo di massima tra la rediviva Idv ed ex 5 Stelle è stato siglato. I tramite sono Elio Lannutti, che in passato fu senatore e proprio di Idv ai tempi dell’ex pm di Mani Pulite e Pino Cabras, deputato sardo. La storia che lega passato e forse presente di Idv e M5S comincia con la Casaleggio associati che curava il sito e il blog dipietrista, all’epoca fu il primo partito ad aprire una sezione virtuale su Second Life, la suggestione della rete era nell’aria. Poi il blog di Beppe Grillo, prima della nascita del Movimento, invitò i lettori ad appoggiare le candidature alle europee del 2009 di Luigi De Magistris e Sonia Alfano, eroine giustizialiste e anti-berlusconiane". Qualcuno tra gli attiVisti della prim'ora aveva avuto esperienze legate all'Italia dei valori, anche se poi dopo il successo del MoVimento 5 Stelle per il partito fondato da Di Pietro non c'è più stato posto (anche se alcuni collaboratori parlamentari con il cambio di legislatura sarebbero passati a lavorare per il M5S).
Per Lannutti, dunque, potrebbe prepararsi un "ritorno a casa". Resta un particolare in sospeso, nemmeno tanto piccolo: non solo la lista di Civica popolare, al Senato come alla Camera, non ha superato il 3%, ma - a differenza del Psi che ha ottenuto l'elezione di Nencini a Palazzo Madama e di Centro democratico che ha visto eleggere Bruno Tabacci a Montecitorio, entrambi in collegi uninominali - nessun esponente dell'Italia dei valori è stato eletto né alla Camera né al Senato. Questo non sarebbe un problema se per far nascere il gruppo ci si limitasse al penultimo periodo dell'art. 14, comma 4, per il quale "E' ammessa la costituzione di Gruppi autonomi, composti da almeno dieci Senatori, purché corrispondenti a singoli partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati": come detto, l'Idv ha partecipato alle elezioni unita ad altri soggetti e, se almeno uno dei membri del nascente gruppo aderisse al partito, si potrebbe forse dire che il gruppo corrisponde a quel partito. Se però si leggesse quel periodo insieme a quello che apre il comma, si dovrebbe dire che anche il nuovo gruppo deve rappresentare "un partito o movimento politico [...] che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione di Senatori" e qui l'ultimo requisito mancherebbe.
A differenza del corrispondente articolo del regolamento della Camera, l'art. 14 non specifica esattamente chi deve valutare la sussistenza dei requisiti per costituire un gruppo: le comunicazioni sui gruppi vanno fatte alla Presidenza, ma non è chiaro se sui requisiti decida la Presidenza stessa o il Consiglio di Presidenza (i cui verbali, tra l'altro, non sono pubblici, a differenza di quelli dell'Ufficio di Presidenza della Camera). Chiunque deciderà, lo farà regolamento alla mano, ma anche considerando forse che quello che si vuole costituire ora potrebbe essere l'unico altro gruppo di opposizione oltre a Fratelli d'Italia e che, se la nascita non fosse consentita, il gruppo misto passerebbe di colpo da 22 a 37 membri, peggiorandone di certo la gestione.
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