domenica 26 giugno 2016

A Bologna rinasce un Pci (che punta alle elezioni)

D'accordo, non è lo stesso soggetto giuridico che nel 1991 decise di cambiare il proprio nome e di rimpicciolire i segni di un tempo, ma da oggi esiste ufficialmente di nuovo un Partito comunista italiano e ha un segretario, che resterà in carica fino al primo congresso tra alcuni mesi. Il rito della Costituente comunista era iniziato venerdì al circolo Arci di San Lazzaro di Savena ed è terminato da un'oretta, con la sala grande della struttura ben affollata - 571 delegati da tutta l'Italia e un bel numero di invitati - e addobbata con tante bandiere che, per le persone che entravano, hanno certamente riportato l'orologio della mente - almeno per qualche lungo secondo o minuto - indietro di un quarto di secolo o anche di più.
Il simbolo, indubbiamente, è quasi identico a quello che fu del partito di Togliatti, Berlinguer e - per ultimo - Occhetto. Fin dall'inizio è stato chiaro che le bandiere erano uguali, al di là delle aste che da bianche erano diventate nere e del contorno bianco della bandiera rossa che si è ingrossato, mangiandosi un po' di tricolore; quanto alla la sigla del partito, sempre nella parte bassa del simbolo, aveva perso i punti ed era stata "rinfrescata" nel carattere, sempre bastoni ma più leggero rispetto al passato (dall'Helvetica al Brandon Grotesque). Nessun "tradimento della tradizione" (men che meno di Renato Guttuso, che quasi certamente non aveva disegnato l'emblema storico del Pci, come molti continuano a credere ancora oggi: una leggenda metropolitano-comunista dura a morire...), ma desiderio di riprendere un discorso abbandonato venticinque anni fa, senza che questo sia stantio o ricoperto di polvere sin dall'inizio. 
Così, nel comitato centrale uscito eletto dall'assise di questi giorni, ci sono 157 persone, con una buona rappresentanza di giovani al suo interno: parole d'ordine, comunismo radicato nel presente, impegno senza nostalgia. E se a farsi promotore della nascita del nuovo soggetto politico è stato soprattutto il Partito comunista d'Italia (tra le persone sul palco si riconosce bene Manuela Palermi, già capogruppo Pdci al Senato nella XV legislatura), a partecipare alla costituente non sono stati solo ex esponenti del PcdI, ma anche persone con un passato in altre formazioni comuniste (a partire dal Prc) e, più in generale, dal mondo del lavoro, del sindacato e delle associazioni. 
La votazione di oggi pomeriggio ha indicato come segretario Mauro Alboresi, un lungo passato nella Cgil, già segretario dei Comunisti italiani in Emilia Romagna: lui manterrà la carica fino al primo vero congresso del Pci, previsto nei prossimi mesi (probabilmente il prossimo anno), poi il partito continuerà la propria attività. Il progetto, l'idea non è tanto il voler unire tutti coloro che si dichiarano comunisti e militano in altre formazioni, col rischio di costruire un semplice cartello disomogeneo, fatto di compagni che si guardano in cagnesco; chi si è ritrovato in questi giorni a San Lazzaro, a 12 chilometri dalla Bolognina che fu teatro dell'inizio della fine del Pci, punta soprattutto a costruire una realtà politica solida e credibile per i cittadini che si identificano nella sinistra. 
Punto indefettibile dell'agenda sarà partecipare alle elezioni e farlo proprio con quei segni distintivi: il nome è quello storico e non darà alcun problema (nessun partito agisce da tempo con il nome di Pci, nemmeno il Partito comunista di Marco Rizzo, che ovviamente non è parte di questo progetto). Quanto al simbolo, qualcuno aveva temuto che la (voluta) quasi identità con l'emblema che fu del partito di Berlinguer potesse provocare una reazione da parte dell'Associazione Berlinguer, che riunisce tutte le fondazioni nate per conservare il patrimonio degli ex Ds - simbolo compreso - e il cui legale rappresentante è tuttora il tesoriere del partito, Ugo Sposetti; interpellato un mese fa da David Marceddu del Fatto Quotidiano, tuttavia, Sposetti aveva dichiarato: "Se quando il loro simbolo verrà registrato sarà identico al nostro, faremo quello che dovremo fare. Purtroppo, se c’è qualche variazione sul simbolo non gli puoi dire nulla". Questo dovrebbe - o almeno potrebbe - bastare a non far prefigurare cause o altri provvedimenti da parte dei titolari dell'eredità simbolica del "vecchio" Pci: una sorta di "tolleranza" che dovrebbe permettere ad Alboresi e agli altri di prepararsi alla sfida del voto senza grattacapi, ma "solo" con la responsabilità di impegnarsi per dare al simbolo un valore degno del suo passato.

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