lunedì 8 febbraio 2021

La "destra" prima della Repubblica: un racconto per immagini

I percorsi, una volta iniziati, meritano di essere proseguiti, anche quando potenzialmente non se ne vede il completamento e - anzi - si sa già che molte altre tappe saranno necessarie. Lo si può dire, ad esempio, per Paolo Garofalo, già sindaco di Enna, che nel 2019 aveva intrapreso un viaggio tra i segni grafici delle tradizioni politiche in Italia, inaugurando una collana intitolata appunto I simboli della politica. In quel progetto - portato avanti da Officina della Stampa edizioni - erano stati affrontati gli emblemi e l'iconografia della tradizione socialista e comunista; nello scorso mese di dicembre si è aggiunta una terza puntata editoriale, realizzata sempre con la formula della "galleria di immagini commentata", ma dedicata questa volta all'area opposta dello schieramento politico. 
Il nuovo libro di Garofalo, infatti, si intitola Dal Duce alla Fiamma. La destra in Italia dal 1910 al 1946. Lo stesso sottotitolo indica che il volume - di 184 pagine - lambisce soltanto la storia repubblicana italiana: il Movimento sociale italiano, in effetti, è richiamato dalle ultime immagini contenute nelle pagine finali del libro. Chi frequenta questo spazio web sa che qui si è scelto di trattare soprattutto gli emblemi partitici ed elettorali della Repubblica (alternando gli spunti offerti dall'attualità al recupero di episodi passati), concedendosi giusto qualche escursione negli anni precedenti se giustificate dalla peculiarità degli episodi: occuparsi di un periodo pre-repubblicano così lungo può dunque apparire una scelta "dispari", non in linea con quanto fatto sin qui. Ciò a maggior ragione se si considera che non poche immagini contenute nel volume non riguardano simboli strettamente partitici o elettorali, ma anche correnti, gruppi, enti, milizie e altri soggetti che tra il 1910 e il 1946 hanno caratterizzato il campo della destra in Italia (a patto di voler accettare un uso del concetto di "destra" tanto ampio e diffuso quanto inevitabilmente impreciso, non potendosi adattare allo stesso modo a tutte quelle esperienze: per capire quanto i più recenti studiosi del fascismo ritengano inadatta per esso l'etichetta di "destra", si possono consultare i volumi di Marco Piraino e Stefano Fiorito L'identità fascista e L'estrema destra contro il fascismo).
Si è però scelto con convinzione di scrivere di questo libro: la raccolta di immagini proposte, infatti, consente a chi legge di percorre almeno in parte il cammino di "un continuo divenire tra idealità, vagheggi e pulsioni spesso viscerali di un affermato primato della diversità". Sono parole tratte dalla prefazione di Raffaele Stancanelli, attualmente parlamentare europeo per Fratelli d'Italia, già sindaco di Catania e senatore per il Pdl, ma ancora prima eletto all'Assemblea regionale siciliana nonché assessore per Alleanza nazionale (e, ancora più indietro, militante del Fuan-Guf e consigliere a Regalmuto e Catania per il Movimento sociale italiano). Lo stesso Stancanelli nota che "il concetto di Destra non esprime appieno le potenzialità di consenso popolare ai valori tipici di un impegno politico e sociale" che cercava di "interpretare il diffuso bisogno di riscatto sociale e di sicurezza dei cittadini nonché di proiezione positiva per il futuro", anche attraverso un certo 'armamentario' di simboli e immagini. Si tratta certamente del parere di una persona "di parte", di cui chi legge (e anche, se lo si concede, chi scrive) può non condividere lo spirito; sarebbe però profondamente sbagliato non riconoscere in chi scelse di identificarsi in quegli emblemi - e forse anche in parte di coloro che semplicemente se li trovarono addosso, senza poter scegliere - passioni e sentimenti di cui quelle insegne erano compendio ed espressione, unendo in questo le persone che vi si ritrovavano (non a caso, la parola "simbolo" evoca etimologicamente proprio il "mettere insieme", ma anche l'idea di una realtà che ne rappresenta un'altra).
Dal sito www.vianellocollezionismo.it
La galleria si apre con l'aquila ad ali spiegate e posata su un legno - non ancora su un fascio - dell'Associazione nazionalistica italiana, nata nel 1910 soprattutto grazie a Enrico Corradini, Gabriele D'Annunzio, Luigi Federzoni e altre figure di rilievo. Assai impegnata sul fronte interventista (e presentatasi senza troppo successo alle elezioni del 1913), in seguito operò come consistente forza nazionalista (agendo anche con il proprio corpo paramilitare, le "Camicie azzurre") e vedendo eleggere propri rappresentanti alla Camera, fino alla sostanziale fusione con il Partito nazionale fascista nel 1923.
Alcuni dei contrassegni usati alle elezioni del 1921
Ebbe invece l'elmetto come emblema principale (non uniforme in tutta l'Italia, visto che all'epoca non era obbligatorio e solo i partiti maggiori e più solidi erano riusciti a stabilire un'immagine costante) il Partito dei combattenti, nato appunto per dare voce a chi aveva vissuto in prima persona l'esperienza della guerra e alle loro esigenze tutt'altro che secondarie.
Nella galleria iniziano poi ad apparire - ma in realtà si erano già visti con altri soggetti proprio in Italia - i fasci littori, innanzitutto adottati dai Fasci italiani di combattimento e dal Blocco nazionale, questo sia nei simboli destinati alle schede sia in quelli dell'iconografia "ufficiale". Si tratta ancora, in quel periodo, di "fasci repubblicani", con la scure al centro del fascio di verghe, magari abbinati ad altri segni (come la stella o l'aquila).
Lo stesso emblema avrebbe caratterizzato il Partito nazionale fascista, almeno fino a quando il fascio divenne emblema dello Stato: ciò accadde in forza del regio decreto-legge dicembre 1926, n. 200, il quale prese atto che "per consuetudine assai lunga" il fascio littorio era già divenuto simbolo dello Stato, dunque si prospettava la "necessità assoluta ed urgente di tutelare tale emblema". In quel decreto si precisò che "il Fascio Littorio è formato da un fascio di verghe e da una scure, uniti insieme da una cinghia o corda: la scure collocata di lato col taglio in fuori". Si trattava dunque di un diverso soggetto grafico, che avrebbe caratterizzato anche gli anni dell'impero (ragion per cui si parla spesso anche di "fascio imperiale"); con la Repubblica sociale italiana, invece, si tornò a preferire la versione repubblicana.
Garofalo nel suo testo mette in luce come "In una Italia scarsamente scolarizzata, con grandi sacche di analfabetizzazione soprattutto in alcune regioni agricole come nel nord-est, nel sud e nelle isole, l'appartenenza ad un gruppo, ad una comunità costruita, artificiale e non naturale, come i partiti e i movimenti politici, avveniva attraverso segni, collanti significativi", tra i quali i simboli grafici avevano un ruolo assai rilevante. Ciò è accaduto con il fascio, ma lo stesso può dirsi ad esempio per l'aquila imperiale oppure per il teschio (con o senza pugnale tra i denti).
Il volume, nella sua ricca galleria, ripercorre diversi emblemi (non certo solo relativi a partiti, ma anche a gruppi, istituzioni, corpi), cercando di dare un quadro piuttosto completo - attraverso le loro immagini - delle varie realtà collettive presenti negli anni precedenti il referendum istituzionale, vinto dalla repubblica. Fa eccezione, nel senso che è ovviamente collocata più in là, il simbolo del Movimento sociale italiano, con la sua fiamma tricolore. Quel partito e quel simbolo di fatto rappresentano l'epilogo della storia raccontata in questo volume; sono però, evidentemente, l'inizio di un'altra storia, con non pochi punti in comune ma anche con significative differenze. Difficile che Garofalo, a quel punto, si sottragga al compito di una nuova puntata della ricerca in forma di libro, proponendo a chi legge nuovi simboli dal passato, magari richiamando come base proprio i contenuti di questo sito (e qui si coglie l'occasione per ringraziare l'autore, per avere citato I simboli della discordia come "sito più completo" per ogni persona interessata ad approfondire il tema delle simbologie politiche). Ripercorrerà per immagini - anche in quel caso - una storia "altra", non per questo da non raccontare.

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