lunedì 21 marzo 2022

Addio a Serafino D'Onofrio: l'impegno, la memoria e i simboli

In rete si è diffusa da poche ore la notizia della morte di Serafino D'Onofrio, un nome che forse a più di qualcuno non dice molto, ma a non poche persone - soprattutto a Bologna - dice eccome, provocando subito un grande dispiacere. Perché lui la politica l'ha fatta davvero, da napoletano - classe 1952 - trapiantato (e ben innestato, a dispetto dell'accento pienamente conservato) a Bologna nel 1977. L'ha fatta in senso lato, occupandosi della res publica da sindacalista Uil (lunga la sua esperienza di ferroviere) e da persona impegnata nell'associazionismo sportivo; l'ha fatta però anche in senso stretto, prima da dirigente del Psi (finché il partito ha operato), poi da iscritto ai Democratici di sinistra, poi ancora all'interno di formazioni civiche o di spirito civico.
Con una di queste - così almeno era stata vissuta in quella fase - era stato eletto in consiglio comunale a Bologna nel 2004: in quella tornata elettorale, infatti, D'Onofrio era stato destinatario dell'unico seggio conquistato dalla lista Di Pietro - Occhetto - Società civile - Italia dei valori, presente in quello stesso tempo sulla scheda delle elezioni europee. Tempo qualche mese e il gruppo di D'Onofrio - dal 30 marzo 2005 - prese il nome "Società civile - Il cantiere", nome tutt'altro che casuale. Evidentemente il consigliere si riferiva all'associazione Gruppo del Cantiere per il bene comune che poche settimane prima - il 14 gennaio 2005 - era stata fondata a Roma con atto del notaio Antonino Mazza da Giulietto Chiesa, Antonello Falomi, Diego Novelli, Achille Occhetto, Paolo Sylos Labini ed Elio Veltri: si trattava, in sostanza, del gruppo che in precedenza si riconosceva nella denominazione "Riformatori per l’Ulivo" e che aveva concorso alla formazione della lista presentata dall'Idv alle europee (la vicenda, peraltro, è stata oggetto di un lungo contenzioso sulla spettanza dei "rimborsi elettorali", probabilmente non del tutto conclusa, ma non è questo il tempo per parlarne).
Sebbene fosse stato eletto nella coalizione di maggioranza, che elesse come sindaco Sergio Cofferati (dopo la fine dell'unica giunta di centrodestra, guidata da Giorgio Guazzaloca), D'Onofrio si fece sentire - eccome - per dare voce all'Altra Sinistra, insieme ai consiglieri di Verdi e Rifondazione comunista, dando un'altra idea di Bologna (soprattutto in materia di sicurezza). Da quell'esperienza nacque - senza il Prc - la lista Bologna città libera, con le due Torri trasformate in volti rovesciati, presentatasi alle elezioni amministrative del 2009: D'Onofrio fu il più votato, con 289 preferenze (assai meno delle oltre 49mila raccolte nel 2004), ma la lista si fermò all'1,67% (poco meno della lista Cittadini per Bologna di Gianfranco Pasquino) e non ottenne seggi, né per il candidato sindaco Valerio Monteventi, né per D'Onofrio, né per Franco "Bifo" Berardi, anch'egli in lista.
Dopo quell'esperienza, Serafino D'Onofrio non si candidò più, pur continuando a guardare alla politica, a dire la sua e a impegnarsi. Chi scrive non ha mai conosciuto di persona D'Onofrio, il "sindacalista ferroviere" (come verrebbe da chiamarlo pensando, almeno per un attimo, al "macchinista ferroviere" gucciniano della Locomotiva, ma anche ad alcuni studi dello stesso D'Onofrio), limitandosi a qualche battuta attraverso Facebook; questo articolo, tuttavia, nasce per gratitudine nei suoi confronti, per una cosa tutto sommato piccola, ma che per i #drogatidipolitica in cerca di informazioni ha valore. Quando il sottoscritto dovette cercare contatti di alcune persone che, in base agli articoli scritti, sembravano note a D'Onofrio, questi non esitò a fornire indirizzi cui scrivere, risparmiando il tempo di ulteriori ricerche (e non è poco). Una volta, in compenso, D'Onofrio si è reso utile senza nemmeno chiedere o fare direttamente qualcosa, ma semplicemente "lasciando a disposizione". Quando, nel 2020, scomparve Giulietto Chiesa, il sottoscritto dedicò un articolo alla sua storia politica e gli sarebbe dispiaciuto non trovare il simbolo del Cantiere da inserire nel pezzo: lo trovò soltanto all'interno del sito Societacivilebologna.it, curato dallo stesso D'Onofrio. Ringraziandolo ex post per il ritrovamento, si sentì precisare dall'ex consigliere: "Ho mantenuto anche la home page del gruppo consiliare del comune di Bologna. Lì ci sono molte cose anche non solo bolognesi". 
Una riposta in apparenza semplice, quella di Serafino, ma che denotava un atteggiamento decisamente prezioso per chi fa ricerca e può ricostruire il passato anche - a volte soprattutto - grazie alle iniziative delle singole persone che hanno militato in un gruppo o hanno incrociato un progetto politico e ne hanno lasciato una testimonianza: c'è chi si preoccupa di cancellarne le tracce, mentre altre persone - come D'Onofrio - non solo non cancellano, ma addirittura tengono volutamente in vita, perché la memoria non si perda, a beneficio di chi verrà dopo. Basta anche solo questo per ringraziare di cuore Serafino D'Onofrio - che, nella sua presentazione da consigliere comunale, si premurò di scrivere "Non sono iscritto alla Massoneria ma al Dopolavoro Ferroviario di Bologna e all'Associazione Luca Coscioni". Buon viaggio, sindacalista ferroviere, la terra ti sia lieve.

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