domenica 21 gennaio 2024

Intorno al simbolo di Forza Italia, trent'anni dopo

Le date contano, anche quando sembrano di minore importanza (schiacciate da altre più divulgate) o quando sono note a poche persone. Il 21 gennaio 1994, esattamente trent'anni fa, il Ministero dell'interno apprese ufficialmente della nascita del movimento politico denominato "Forza Italia!" (con tanto di punto esclamativo) e costituito con atto notarile tre giorni prima a Roma. Proprio l'atto costitutivo e lo statuto erano stati depositati presso il Viminale, con raccomandata a mano (la lettera accompagnatoria risulta datata 19 gennaio), dal legale rappresentante ancora fresco di nomina, Mario Valducci. Risultava anche lui tra i fondatori che si erano ritrovati davanti al notaio Francesco Colistra, in via di Santa Maria dell'anima: gli altri erano Antonio Martino, Luigi Caligaris, Antonio Tajani e ovviamente colui che fu designato fin dall'inizio come presidente, Silvio Berlusconi.
Il plico fu ricevuto dal direttore centrale dei servizi elettorali allora in carica, il prefetto Rocco Statera, anche se lui stesso si premurò di avvertire l'interessato che "il presente deposito non ha valore alcuno". Questo appunto sembrava riferito soprattutto al primo dei documenti depositati (insieme all'atto costitutivo e allo statuto), vale a dire la descrizione del contrassegno del movimento politico, insomma del suo simbolo, anche se la rappresentazione grafica non era stata allegata. Quel deposito, infatti, non avrebbe potuto sostituire la presentazione ufficiale del contrassegno in vista delle elezioni politiche, che si sarebbero tenute - anche grazie a un decreto-legge, emanato proprio il 19 gennaio per consentire agli ebrei osservanti di votare il lunedì appena terminata la Pasqua ebraica - il 27 e il 28 marzo: sulla base di quelle date e delle previsioni di legge, il deposito dei contrassegni presso il ministero era stato fissato per venerdì 11, sabato 12 e domenica 13 febbraio, quindi solo la presentazione del simbolo in quei giorni avrebbe avuto valore ai fini del rito elettorale (e, probabilmente, il deposito anticipato non avrebbe nemmeno costituito un valido titolo di priorità, se qualcun altro avesse presentato un emblema simile per primo nei giorni stabiliti).
La descrizione merita comunque l'interesse di chi vi si imbatte. Si tratta ovviamente di un simbolo che - comunque la si pensi - ha profondamente modificato la vita politica italiana e ne è stato a lungo protagonista o tra i protagonisti fino a oggi (fatta eccezione per il quinquennio 2008-2013) e anche oltre la morte dello stesso fondatore: il 1° ottobre 2023 il consiglio nazionale del partito ha deliberato la modifica dello statuto inserendo il cognome di Berlusconi nella descrizione ufficiale del simbolo (e la nuova versione dello statuto è stata da poco pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale). La descrizione allegata nel 1994, però, è importante anche perché di fatto completava i documenti ufficiali: né l'atto costitutivo né lo statuto di Forza Italia (datati 18 gennaio 1994), infatti, contenevano alcun accenno al simbolo o al contrassegno elettorale (una prassi diffusa all'epoca, vista anche l'assenza di regole volte a fissare il contenuto minimo degli statuti). Vale dunque la pena conoscere il contenuto di quel documento, riportato di seguito:
Il marchio rappresenta la stilizzazione di una bandiera sventolante divisa diagonalmente in due campi (simili, equivalenti) ribaltati, di colore diverso. Al centro della bandiera, disposto diagonalmente campeggia il logotipo FORZA ITALIA nella versione negativa appunto il loro tipo Forza Italia è retinato con un'ombra nera scatolata a 45° sulla destra di spessore 1/3 dell'asta del logotipo stesso. I due campi non sono contigui, ma separati da due bande bianche di altezze 1/12 del lato minore della bandiera. sul campo superiore del colore Verde (Pantone 355) compare la scritta FORZA. Sul campo inferiore colore Rosso (Pantone 485) compare la scritta ITALIA. il campo inferiore compreso fra la lettera I e la lettera A è contiguo a quello Verde. Il logotipo "FORZA ITALIA" è composto in Helvetica Compressed Extra maiuscolo opportunamente modificato nella inclinazione e nella compressione con i seguenti parametri: inclinazione di 7° a destra (senso orario); condensazione al 96% (scala orizzontale).
Questo sito si è già occupato nel 2013 della genesi grafica del marchio (perché come tale è stato pensato, più che come simbolo partitico) di Forza Italia intervistando il suo creatore, Cesare Priori: si rimanda dunque a quell'articolo ogni considerazione sulla realizzazione del fregio. Si preferisce dare spazio ora a un altro punto di vista, non esattamente interno, ma di una persona che a suo tempo fu consulente del progetto originario di Forza Italia (o almeno di uno di questi), anche se con il tempo il ruolo di "consulente-osservatore non partecipante" si è trasformato - al di là delle intenzioni della persona stessa - n quello di "clandestino a bordo". E proprio Un clandestino a bordo era il titolo (o almeno uno dei titoli) che avrebbe voluto dare al proprio libro sulla gestazione, la nascita e i primi passi di Forza Italia Ezio Cartotto, giornalista, militante nella sinistra di Base della Dc (vicino soprattutto a Giovanni Marcora), dall'inizio degli anni '80 impegnato in varie attività formative con Publitalia su richiesta di Marcello Dell'Utri: Cartotto dal 1992 ha collaborato alla concezione del progetto politico che avrebbe poi preso il nome di Forza Italia. "Dovendo scegliere tra Berlusconi e Occhetto ho scelto Berlusconi" ha sintetizzato nel 2012 Cartotto (intervenendo al "Consiglio nazionale" della Dc - inserito nell'11° episodio del podcast Scudo (in)crociato - convocato il 30 marzo per ricostituire i vertici e che elesse come segretario Gianni Fontana, salvo essere poi dichiarato nullo), per spiegare la decisione di concorrere allo studio e alla nascita di un soggetto politico moderato, aperto a tutte le forze di centro e anche a una parte del Psi, in grado di prevalere - anche grazie al sostegno multiforme di Fininvest, che naturalmente auspicava quello scenario- rispetto alla sinistra in via di progressivo rafforzamento.
Cartotto - scomparso nel 2021 - pubblicò sì il suo libro, ma solo nel 2008 (benché se ne parlasse dal 1996, quando era in programma l'uscita per i tipi di Tullio Pironti), dall'editore Sapere 2000. Pure il titolo era nel frattempo cambiato, mettendo in evidenza il nome che era stato dato informalmente al piano per far nascere Forza Italia, "Operazione Botticelli". Per l'esattezza, quel nome in codice distingueva il progetto e l'idea di Dell'Utri, con al centro l'impegno politico diretto di varie figure di Publitalia e aperto - secondo il racconto di Cartotto - ad alleanze fin dall'inizio con Lega Nord e Alleanza nazionale, sempre per opporsi alla sinistra post-comunista. Si trattava dunque di un sentiero diverso rispetto a quello perseguito da Cartotto, che già prima delle elezioni del 1994 si trovò estromesso dal progetto forzista. 
Il percorso successivo di Cartotto è stato certamente segnato dal biennio 1992-1994, senza trarre da esso qualche giovamento: non solo nel 1996 - e anche in seguito - non arrivò la candidatura promessa (come più volte Cartotto ha raccontato), ma l'opera prestata in quegli anni ha comportato vari passaggi in tribunale e una notorietà decisamente indesiderata (anche per gli effetti sulla salute)  quando - a partire dal 2001, con la pubblicazione del libro di Elio Veltri e Marco Travaglio L'odore dei soldi - i verbali di quelle deposizioni hanno avuto ampia diffusione. 
In questa sede si cita il libro di Cartotto - da tempo esaurito (al di là di alcune copie tuttora nella disponibilità della famiglia, che su richiesta le spedisce), ma quasi di certo ben presente a chi ha concepito e sceneggiato la serie 1992 - perché nelle prime pagine contiene anche qualche riferimento alla genesi del simbolo di Forza Italia: altri aspetti di quelle vicende, considerati anche con grande spazio altrove, qui non rilevano. 
Il primo punto interessante è una sorta di prologo e corrisponde al primo capitolo, intitolato 4 aprile 1993: il concepimento:
È una domenica piena di pioggia. La sera, alle diciotto, è buio come se fosse notte. Sembra d’essere ritornati al periodo invernale. Io sono tutto fasciato perché il giorno prima sono riuscito, cadendo dopo aver inciampato sul marciapiede, a farmi male al gomito, al ginocchio e alle mani. Sono in auto e mio figlio sta guidando, mi sta portando alla villa San Martino di Arcore dove devo incontrare Silvio Berlusconi per un colloquio. L'appuntamento fa parte di una serie, iniziato ormai da alcuni mesi, dal settembre precedente, quando alla convention di Publitalia a Montecarlo avevo avuto un incontro a cena con Dell'Utri e Berlusconi, preoccupati della situazione politica in atto. [...] Questi incontri hanno l'obiettivo di verificare l'opportunità e la misura di un intervento da parte di Berlusconi stesso nell'attività sociale e politica italiana. Sembra che questo incontro debba essere particolarmente importante. 
Arrivo ad Arcore e, con l'aiuto di mio figlio, riesco a scendere dall'auto. Il maggiordomo m’attende e, a differenza delle volte precedenti, m’accompagna non nel solito salotto, ma nello studio piccolo. Nella stanza c'è una scrivania con una sedia dietro la quale è collocato un mega televisore; dall'altra parte, verso la vetrata che separa lo studio dal giardino, ci sono altri due sedie. Alla parete sono appese alcune fotografie che conosco bene: rappresentano personaggi illustri che hanno abitato la villa in passato, quando erano ancora vivi i marchesi Casati, per esempio c'è Benedetto Croce. Mentre attendo l'arrivo di Berlusconi, ripasso a memoria i passi salienti che, lo so, dovrò sottolineargli per l'ennesima volta. 
S’apre la porta, non quella che proviene dalla sala della musica ma l’altra, quella del corridoio. Silvio Berlusconi entra e, salutandomi, mi dice che era rimasto incerto fino all'ultimo sull'opportunità di farmi venire o meno. Poi però lui aggiunge subito: "Sai - dice - c'è qui una persona. È questo il motivo per cui non sapevo se farti venire o meno, ero indeciso sul fartela incontrare. Alla fine ho deciso che fosse meglio tu venissi, perché io sono esausto. M’avete fatto venire l’esaurimento nervoso. Fedele Confalonieri e Gianni Letta mi dicono che è una pazzia entrare in politica e che mi distruggeranno. Che mi faranno di tutto, andranno a frugare tutte le carte per vedere se trovano qualcosa fuori posto. Loro sono convinti che magistratura, sindacati, partiti di sinistra, tutti mi si metteranno contro e di traverso. Tu, invece, e Marcello (Dell'Utri) mi dite che io sono il bottino di un’eventuale vittoria della sinistra e che, se le cose dovessero andare male… dovessero vincere loro... mi ritirerebbero le concessioni, mi impedirebbero di fare il mio lavoro... e le banche mi toglierebbero i fidi. Credo che da un certo punto di vista Letta e Fedele abbiano ragione, perché so che quelli della sinistra controllano buona parte della magistratura. Voi, invece, avete ragione da un altro punto di vista, perché mi rendo perfettamente conto che le banche, per non parlare delle concessioni televisive, dipendono dalla volontà dei Ministeri, del Parlamento, del Tesoro, di Bankitalia e subiscono l'influenza di chi governa il paese. E allora cosa devo fare? A volte mi capita persino di mettermi a piangere, quando sono sotto la doccia e sono solo con me stesso. Non so veramente come venirne fuori. A questo punto voglio mettere a confronto te, che hai una grossa esperienza, con la persona che io stimo di più nel mondo politico e che si trova in questo momento qui. Voglio proprio vedere se, da un confronto tra di voi, scaturisce qualcosa che mi dia un'indicazione definitiva, giusta di quel che devo fare. Vado a prenderlo e te lo porto qui. Ti presenterò Bettino Craxi. È venuto da me ed è qui da un po' di tempo. Meno male che tu sei stato puntuale perché lui deve andare via presto. L'hai mai conosciuto prima?”. 
“No - dico io - non ho avuto occasione.” 
Comunque tu - precisa lui - digli le stesse cose che da tempo continui a dire a me. Io gliele ho un po' riferite ma... aspetta... 
Ho un attimo per pensare. Mi vedo davanti ai vertici della Fininvest Confalonieri e Letta, entrambi con solida cultura e da anni responsabili dei rapporti politici e sociali del gruppo. Gelosi custodi del loro ruolo. Gli altri vertici non hanno gran peso sulle scelte politiche. Se penso, poi, agli opinionisti mi rendo conto che sono divisi. Si sa che Costanzo e Mentana hanno qualche simpatia a sinistra, mentre Fede è, come sempre, con Berlusconi. Montanelli e Orlando sono con Segni, Monti di Panorama è per un centrosinistra, mentre Briglia di Epoca è sulle posizioni di Costanzo e Mentana. Funari e Liguori andrebbero a rafforzare l'orientamento di Berlusconi. [...]
L'unico che è a capo di un'azienda forte, anzi cassaforte del gruppo, che ha una forte autonomia culturale e una vera sensibilità politica che, pure nel completo rapporto di fiducia con Silvio, sostiene iniziative in proprio è Marcello Dell'Utri. Senza lui non sarei qui. 
I miei pensieri e le valutazioni sugli uomini di Berlusconi sono interrotti dal suo rientro nella stanza. Con lui c’è Bettino Craxi. Questa volta Silvio passa dalla parte della sala della musica. È la seconda volta che incontro da vicino Craxi, la prima volta s’era verificata occasionalmente in aeroporto mentre aspettavamo entrambi i bagagli, quando lui non era ancora diventato Presidente del Consiglio. È effettivamente molto alto: di fronte a lui io stesso, che sono alto, mi sento piccolo. Mi muovo con fatica dalla sedia. Ci salutiamo mentre Berlusconi spiega che vorrebbe gli riferissi quel che penso della situazione. Io attacco immediatamente, senza pensarci su due volte. 
"Le inchieste giudiziarie [...] e il referendum, che si terrà tra qualche settimana per modificare il sistema elettorale del Senato e che sarà sicuramente vinto dai proponenti, hanno creato una situazione del tutto nuova, una miscela esplosiva. Assistiamo l'effetto combinato di diversi fattori: il disgusto verso i partiti celato dietro ai referendum, Tangentopoli, che sta su scuotendo in tutta Italia le forze politiche del pentapartito e che però risparmia ancora il Pci-Pds, il Msi e la Lega, il debito pubblico, la svalutazione della lira, la crisi economica e fiscale, la malavita organizzata che colpisce sempre più duramente, i risultati elettorali parziali sempre più favorevoli alla Rete in Sicilia e alla Lega al Nord. Tutto questo sta creando una situazione grave e seria, capace di sconvolgere profondamente e per lungo tempo la vita del paese. Se l'azienda Italia affonda come potrà sopravvivere l'azienda Fininvest? Inoltre, poi, si può escludere che nell'attuale contesto mondiale, l'Italia abbia per le grandi potenze lo stesso interesse che rivestiva ai tempi più duri, della guerra fredda. Quindi dobbiamo contare solo su noi stessi. Ci attende una riforma del sistema elettorale rivoluzionaria. Si è appena deciso che i sindaci dei comuni, nel caso al primo turno nessuno ottenga la maggioranza assoluta, siano eletti direttamente dai cittadini attraverso un ballottaggio. Chi vince avrà in consiglio comunale un premio di maggioranza pari al 60% degli eletti. De Gasperi per molto meno, a suo tempo, si sentì definire dalle sinistre "truffatore". Poi, dopo il referendum, ci attenderà una legge elettorale che renda analoghi in modo direzione della Camera e del Senato e prevedibilmente le Camere saranno elette con il sistema cosiddetto maggioritario uninominale. [...] Chi avrà più voti, anche se meno della maggioranza assoluta dei votanti, sarà il deputato o il senatore che rappresenterà il collegio. Se sarà scelto il doppio turno come per i sindaci, ci sarà il ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto più voti al primo turno, come in Francia. Non si può ancora sapere se questo sistema, fortemente voluto dalle sinistre e dalla Dc, potrà essere temperato da una quota proporzionale che potrebbe essere mantenuta alla Camera e al Senato per accontentare chi protesta (Msi, Lega e Rifondazione). Ecco - concludo - la sinistra, utilizzando il suo radicamento sul territorio e lo sconcerto degli elettori del pentapartito, sconvolti dalle richieste in corso, potrà vincere in moltissimi collegiali uninominali e, conseguentemente, potrebbe avere un'ampia maggioranza alla Camera e al Senato, con la quale potrebbe persino cambiare la Costituzione senza il consenso dell'opposizione. Inoltre anche la Lega, le cui scelte politiche sono imprevedibili, potrà essere ampiamente presente e, con Roma in mano ad Occhetto, Bossi potrebbe avere l'alibi per spingere verso la Secessione. Si creerebbe un caos indescrivibile. La Jugoslavia non è lontana.”
Craxi cammina nervosamente avanti e indietro, non si siederà quasi mai durante i tre quarti d'ora nei quali rimarremo assieme. E Berlusconi, che ha addosso la solita tuta da ginnastica che usa quando è a casa sua, lo guarda. Guarda me, guarda Bettino e non fiata. Ad un certo momento Bettino comincia a farmi delle domande. Mi chiede come secondo me sarà la legge elettorale. Io gli dico che ci sarà una quota riservata alla proporzionale di regole di cui non so la misura e l'entità perché non è stata ancora decisa, ma che si parla di una quota del 20 o 30%. Mi chiede se secondo la mia opinione potranno i partiti tradizionali non comunisti, se trovano un'etichetta, una sigla, mantenere un certo consenso. Io gli dico che sarà possibile. Mi chiede ancora se questa sigla potrebbe essere la somma delle sigle delle varie forze politiche presenti. Gli dico che questo sarà molto più difficile perché quasi tutti i partiti sono a pezzi e la disciplina è allentata. In particolare per lui e per il Psi sarà difficile che altri partiti decidano di avvicinarsi sotto una sigla comune. Si parla per un attimo di Mario Segni verso il quale Craxi manifesta un disinteresse politico molto forte, una non considerazione come futuro possibile leader. Si parla poi di Martinazzoli per il quale Craxi esprime maggiore rispetto per le qualità politiche, ma non per l'ideologia che professa. È della sinistra democristiana - dice Craxi rivolto a Berlusconi - e per te è peggio di Occhetto. Quelli della sinistra democristiana sono i tuoi nemici. Ricordatelo sempre, più di quelli del Pci-Pds. Non farti illusioni. Se bisogna fare una coalizione di centro non comunista con asse portante Martinazzoli pe te sarebbe una soluzione più pericolosa del danno che vogliamo evitare. A questo punto bisogna trovare un'etichetta, un nome nuovo, un simbolo, un qualcosa che possa unire agli elettori che un tempo votavano per il pentapartito. Sarebbe importante distinguere tra Nord e Centro-Sud. Al Nord c'è la Lega e bisognerebbe trovare un punto d'accordo con loro, perché altrimenti la Lega potrebbe dividere l'elettorato non comunista facendo vincere gli ex comunisti salvo qualche collegio dove vincerà la Lega stessa. La linea della Lega è ambigua, al suo interno ci sono estremisti e moderati, cattolici e no. L'abilità di Bossi sta nel tenerle insieme". 
“Sarebbe importante - Bettino afferma - fare esplodere le contraddizioni della Lega, cercare divisioni tra loro. [...] Tu li conosci?” “Li conosco poco - risponde Silvio - ho visto qualcuno di loro, anche Bossi. Quello che mi preoccupa è quel che dicono, manifestano una sorta di moralismo puritano e aggressivo. Non mi piace trattare con loro, preferirei che si dividessero e che i loro moderati si mettessero con gli altri moderati”. 
A questo punto Bettino riprende il tema generale. È convinto che si possano vincere i collegi uninominali al Nord alleandosi con la Lega e che al Centro-Sud, invece, i notabili del Psi, della Dc e degli altri partiti di centro possano prevalere sia contro gli ex comunisti sia contro Fini. Pensa di tenere il Sud e parte del Centro. Silvio accenna timidamente ad aprire a Fini in funzione anticomunista. Bettino non concorda. Per lui Fini non è determinante, può fare più male che bene. Berlusconi nota che tutto è più difficile se si rinuncia in partenza a voti che potrebbero essere determinanti. Sottolinea poi che la sinistra ha dalla sua la maggior parte dei giornali, degli opinionisti e la Rai. La battaglia gli sembra disperata, poi mostra d’avere difficoltà a capire come funziona il sistema elettorale. Allora Craxi prende un foglio di carta, ed è uno dei pochi momenti nei quali si siede. Comincia a fare dei cerchietti. 
“Questo - dice - è un collegio elettorale. Gli elettori di un collegio saranno presumibilmente 110.000 persone e 80-85.000 quelli che avranno diritto al voto. Quelli che andranno a votare saranno 60-65.000. Prendendo in considerazione queste 60-65.000 persone e con l’arma che tu hai in mano delle televisioni attraverso le quali puoi fare una propaganda martellante a favore di questo o quel candidato che sarà presentato, ti basterà organizzare un’etichetta che riesca a raggrupparne 25-30.000 per avere forti probabilità di riuscire a rovesciare il pronostico. Accadrà per l’effetto sorpresa, per l’effetto televisione o per l’effetto del desiderio che gli elettori non comunisti hanno di non essere governati dai comunisti”. 
“E cosa succede - chiede Berlusconi - se invece questa cosa non si può fare, se non si riesce a mettere in piedi questo partito, se non si riesce a trasformare quest’idea in una realtà? Io guardo le cose da imprenditore, perché le idee sono una cosa e la realtà è un’altra e il cammino dalle idee alla realtà è molto lungo”. 
A quel punto intervengo io dicendo che quello che sta succedendo è sotto i nostri occhi, ed è quello che sta succedendo al presidente Craxi. “Io non credo che tu possa pensare di cavartela perché da certi giornali, che sono in un certo senso i portavoce di questa forza di sinistra che si va costituendo, sei considerato la base culturale ed economica del craxismo, sei considerato come il peggio che si possa immaginare nella storia della politica italiana. Di conseguenza oggi è Craxi e domani è Berlusconi. Questo significa che domani potresti vederti mettere in discussione le concessioni, o in modo diretto attraverso l’azione di un governo che vuole rinegoziare o attraverso il Parlamento che vuole cambiare le leggi”. 
“Sì, ma Fedele e Gianni Letta - obietta Berlusconi - mi dicono che noi siamo in uno Stato di diritto e che io potrei rivolgermi alla Corte internazionale di giustizia, potrei far rispettare queste leggi”.  
Craxi si fa una bella risata e dice: “Ma quando mai questi organi internazionali hanno avuto potere sulla legislazione interna di uno Stato? Casomai potrai cercare di farti pagare i danni dopo che t’avranno rovinato”. Se 
Forte di quest’interruzione di Craxi proseguo, dicendo che io credo che il presidente Craxi abbia perfettamente ragione e che, una volta in moto il meccanismo di revisione delle concessioni, eventualità che potrebbe innescarsi in maniera anche indiretta attraverso un processo di referendum, e con le banche allertate da un Ministro del Tesoro di quella coalizione, si dirà che lui è troppo esposto finanziariamente [...]. “Quindi - dico - sosterranno che tu sei troppo esposto rispetto alle banche e ti chiederanno di rientrare. Tu non riuscirai a rientrare e a quel punto inizieranno dei procedimenti fallimentari nei tuoi confronti. Del fallimento alla bancarotta fraudolenta il passo è molto breve e a quel punto tramite la bancarotta fraudolenta ti inseguiranno coi carabinieri anche alle Bermuda. per cui vi troverete tutti e due in fuga, il presidente Craxi da una parte e tu dall'altra. Questo è un processo giacobino in cui si sta involvendo il sistema politico giudiziario italiano che deve avere le sue vittime e, come dopo Luigi XVI la vittima da sacrificare fu Maria Antonietta, così, in un certo senso, dopo Bettino Craxi la vittima predestinata sei tu". 
C'è un attimo di silenzio, Craxi si è rialzato, ha ricominciato a camminare avanti e indietro. "Vedi - dice Craxi rivolgendosi a Berlusconi - c'è gente vicino a te che ha le idee chiare. Cerca di seguire quello che ti dicono. Io sono ancora convinto che, se tu trovi una sigla giusta, con le televisioni e con le strutture aziendali di cui disponi e attraverso le quali hai uomini sul territorio in tutta Italia, puoi riuscire a recuperare quella parte di elettorato che è sconvolto, confuso ma anche deciso non farsi governare dei comunisti e dagli ex comunisti e a salvare il salvabile." 
Berlusconi s’alza e, senza quasi rendersi conto che fuori piove che Dio la manda, dice: "Non potremmo camminare un attimo?". Io, terrorizzato perché sono tutto fasciato e bendato, sto per fare presente che non posso accompagnarli, ma è Bettino che risolve la situazione dicendo che lui deve andare. A questo punto mi alzo e lo saluto. 
Bettino esce, s'allontana e dopo pochi minuti Silvio rientra con un'aria più distesa, molto meno nervosa di quella che aveva all'inizio. "Bene - dice - adesso so quello che devo fare". Poi aggiunge: "Hai visto che uomo uomo però? Che impressione. Si sente anche così... fisicamente. È un cervello. Lo si vede. È un grande uomo, sotto tutti i punti di vista". Capisco in questo momento che lui verso Craxi ha veramente un’ammirazione straordinaria. 
"Deciso - dice - adesso bisogna agire da imprenditori. Chiamare gli uomini, comunicare la decisione. Adesso bisogna dirlo a Marcello, perché mi metta attorno persone che mi possono accompagnare. Bisogna fare questa operazione di marketing sociale e politico. Prendere contatto con tutti gli uomini del centro, con tutte le forze del centro. Mettere giù un programma di lavoro". E lì si vede l'imprenditore che parte immediatamente in quarta. Apre la porta e chiama il suo segretario […]. Poi fa entrare suo fratello, che era lì in villa anche lui con tutta la famiglia. Dice a suo fratello che aveva avuto un incontro approfondito. Non parla della presenza di Bettino, ma ovviamente quei signori l'avevano visto e probabilmente l'avevano anche salutato pochi istanti prima. E dice di aver preso la decisione, che adesso si parte in quarta, che tutti devono rimboccarsi le maniche perché non c'è tempo da perdere. 
"Bisogna vedere se è possibile influire su questa legge elettorale - dice - perché a noi farebbe comodo avere il proporzionale, non il maggioritario". "No - gli spiego - guarda che il proporzionale non si può avere perché ormai, dopo il referendum, indietro non si potrà tornare. Si andrà avanti, Bisogna solo stare a vedere la quota di proporzionale che sarà lasciata. Ma, da come vanno le cose, speranze ce ne sono poche". 
"Ah, speranze poche?" dice Berlusconi. E lì capisco che, pur essendo un imprenditore che vuole realizzare l'idea che ormai ha accettato di mettere in piedi, continua ad avere dei pensieri, delle riserve mentali che poi ricorreranno nel seguito del progetto, ritorneranno ogni tanto. Ogni tanto sarà preso da scoraggiamento, ogni tanto da paura, ogni tanto da perplessità e cercherà di trovare degli alibi per non andare avanti nell'iniziativa. Anche lì, subito, solo cinque minuti dopo già gli veniva in mente che si poteva modificare la legge elettorale per un sistema proporzionale che gli desse maggiori garanzie. Ma, a quel punto, non mi ci vollero molte parole. Capì subito e si rimise sullo scranno dell'imprenditore: "Va bene - disse - d'accordo, allora andiamo avanti, procediamo su questa strada, ormai la decisione è presa”.
Mi augura di rimettermi al più presto in salute e mi fa accompagnare fuori dove mio figlio m'attende. Il maggiordomo di Berlusconi, che è un uomo molto spiritoso, dotato di notevole senso dell'umorismo e dalla battuta sagace, accompagnandomi al vestibolo non perde l'occasione: "Ma senta un po', lei che se ne intende: quel signore che se n'è andato via poco fa devo continuare a chiamarlo presidente oppure d'ora in avanti posso farne a meno?" 
In quell'incontro raccontato da Cartotto già si trova l'idea di unire varie sensibilità sotto lo stesso simbolo (non a caso in Forza Italia si sono ritrovati cattolici moderati, liberali, socialisti, liberalsocialisti, socialdemocratici non interessati al campo avverso) e sorge l'idea di un'alleanza a geometrie variabili tra Nord e Centro-Sud nei collegi uninominali, come in effetti ci sarebbe stata (proprio con la Lega Nord nei collegi settentrionali, formando il Polo delle libertà, mentre al Centro-Sud l'alleanza del Polo del buongoverno fu soprattutto con Alleanza nazionale, diversamente da quanto suggerito da Craxi e Cartotto).

Il secondo capitolo contiene un altro accenno "simbolico" rilevante, che parla della scelta del nome e di un "incidente di percorso" occorso nell'estate del 1993 al primo simbolo di Forza Italia, non ancora il partito politico ma l'omonima associazione costituita con atto notarile a Milano il 29 giugno 1993 (i fondatori, per quanto se ne sa e racconta lo stesso Cartotto, furono Gianni Pilo, Dario Rivolta, Luigi Scotti, Alberto Spinelli, Sergio Travaglia e Giuliano Urbani). Quel simbolo era nato come marchio - quadrato, non ancora tondo e senza bandierina, ma con il sottotitolo "Alleanza per il buongoverno", un termine che sarebbe tornato in seguito - e, a quanto pare, era stato trattato come marchio fin dall'inizio.

Fin da metà aprile, Berlusconi mi aveva incaricato di verificare se poteva essere utilizzata la parola "Italia" all'interno del nome di una forza politica che volesse presentarsi in Parlamento. Berlusconi non era certo che nessuno potesse dire "no, un partito non può appropriarsi del nome Italia". Io condividevo questa incertezza e non avevo la risposta pronta perché si trattava anche per me di una cosa veramente nuova. 
Questo accertamento fu fatto nella seconda metà di aprile, quando anche si stabilì che, per il momento, il deposito del simbolo e del nome poteva essere fatto presso un notaio da due o più persone che si fossero date uno statuto, quindi persone godenti dei diritti civili. Non c'era altro da fare in quanto il deposito definitivo poteva avvenire solo al Ministero degli Interni e in epoca pre-elettorale. Farlo prima non avrebbe dato nessun particolare vantaggio se non quello di stabilire una priorità cronologica. Riguardo al simbolo, poi, Berlusconi era molto preoccupato che qualcuno glielo potesse "soffiare". Io avevo contribuito ad accrescere questa sua preoccupazione facendogli presente che, come stava regolarmente ormai accadendo per la Lega da diverso tempo, eran apparsi diversi "furbacchioni" capaci, presentando simboli il più possibile simili a quelli dei partiti maggiori, di far perdere loro dei voti. basti pensare alla Lega Alpina Lumbarda alle iniziative della sorella e del cognato di Bossi e a quelle di Roberto Bernardelli con la sua Lega Casalinghe-pensionati. Per evitare questa deprecabile evenienza Berlusconi diede disposizioni ai suoi grafici di preparare molti simboli simili con tutte le possibili varianti da depositare in modo che nessuno potesse utilizzare il nome e il simbolo da lui scelti. 
Mentre il simbolo fu deciso tra vari possibili nel mese di agosto, già ai primi di giugno Berlusconi comunicò la scelta del nome Forza Italia a un livello molto riservato di persone a conoscenza del progetto, ricevendo una poco entusiastica adesione. Ci furono anzi diverse critiche e osservazioni. Berlusconi mi disse, per esempio, che Giuliano Ferrara aveva giudicato il nome Forza Italia troppo calcistico. Da parte mia preferii non fare commenti perché, avendo una grande stima di Berlusconi come comunicatore, ero assolutamente convinto che, se lui riteneva attraverso quel nome di comunicare con la gente in modo più efficace che con altri nomi;, probabilmente aveva ragione lui. 
Nel mese di luglio accadde un fatto increscioso, il logo e il simbolo di Forza Italia furono presentati al Ministero dell'Industria come fossero il marchio e il nome di una birra. Fu uno stretto collaboratore ad avere questa pessima idea, un errore clamoroso di cui, per fortuna, la sinistra non venne a conoscenza. 

Per l'esattezza, le classi di prodotti e servizi per cui fu registrato il marchio furono 6 (articoli in metallo, in particolare portachiavi, fermasoldi e fermacravatte), 14 (metalli e pietre preziose, gioielli - in particolare medaglie, monete, spille, ciondoli - e orologi), 16 (materiali cartacei, in particolare riviste, opuscoli, bandiere di carta, fermacarte e francobolli), 18 (oggetti in pelle, come portadocumenti; borse, sacche, ombrelli, cartelle e zaini), 20 (oggetti di arredamento in vario materiale, in particolare aste per bandiere), 24 (beni di natura tessile, in particolare bandiere, foulard e fazzoletti in tela, gagliardetti in stoffa), 25 (generi di abbigliamento, in particolare foulard e fazzoletti in seta, cravatte, cappelli e magliette), 26 (accessori, in particolare fasce per capelli e spille), 28 (giocattoli e articoli sportivi, in particolare pupazzi, bamboline, borse e sacche sportive, palloncini), 35 (pubblicità, consulenza aziendale, distribuzione di materiale pubblicitario), 36 (prodotti assicurativi e finanziari), 38 (telecomunicazioni), 42 (servizi di varia natura, alimentari inclusi... ma la birra non c'entra, visto che sarebbe stata nella classe 32). A settembre sarebbero state depositate anche altre versioni del marchio, inclusa - alla fine del mese - quella con la bandierina che sarebbe stata protagonista dal 1994 in avanti. Chissà se lo avrebbero immaginato Cartotto e coloro che nel 1993 lavoravano a quel progetto nuovo alternativo alle sinistre...

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