Sembra facile, a prima vista, ricostruire il percorso politico di Ugo Intini, scomparso ieri a 82 anni: è sufficiente, infatti, accostare al suo nome l'aggettivo "socialista", con la certezza di non commettere alcun errore, vista la militanza pluridecennale e le tante parole scritte - in forma di libro, di prefazione, di articoli - nel corso degli anni. Chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica, tuttavia, non può accontentarsi di una semplice etichetta, per quanto nobile: la storia politico-partitica di Intini, infatti, risulta caratterizzata da vari simboli, alcuni dei quali promossi proprio dallo storico esponente socialista. Già solo per questa ragione, dunque, il percorso di Intini merita di essere ospitato su queste pagine; per chi scrive ce n'è almeno un'altra, ma la si farà emergere più avanti, a tempo debito, dopo aver fatto partire il racconto politico-simbolico dal suo vero inizio.
Quanto la firma di Ugo Intini fece le sue prime comparse sull'Avanti! (quotidiano che avrebbe diretto dal 1981 al 1987 - essendone direttore responsabile già dal 1978, sotto la direzione politica del segretario Bettino Craxi - e alla cui storia avrebbe dedicato un libro consistente nel 2012), il Partito socialista italiano si distingueva ancora - senza che questo fosse vissuto come problematico da gran parte degli iscritti e militanti - con la falce e il martello, abbinati al sole nascente e al libro: quegli elementi erano presenti e ben visibili sia nella versione degli anni '50 e '60 - adottata fino all'inizio del breve percorso comune con il Psdi, che portò prima ad accostare e poi, per qualche manciata di mesi, a fondere i due simboli - sia in quella in uso tra il 1970 e il 1979, frutto dell'elaborazione grafico-concettuale di Sergio Ruffolo.
Certamente quell'emblema in due sembianze, con gli "arnesi" in primo piano, può essere ricondotto alla storia di Intini (è stato, come si poteva intuire, il simbolo anche del suo primo periodo da direttore responsabile dell'Avanti!), ma senza alcun dubbio non è quello che viene più facile ricollegare a lui, tra quelli che hanno caratterizzato il socialismo nella storia della Repubblica italiana. Le prime tre legislature da deputato di Ugo Intini (1983-1994), infatti, sono state tutte distinte dal simbolo voluto per il Psi dal segretario Bettino Craxi, cioè il garofano.
Anzi, i garofani: nel 1983, infatti, la candidatura da capolista nella circoscrizione Genova-Imperia-La Spezia-Savona (rappresentativa, dunque, dell'intera Liguria, che elesse Ugo Intini con 28808 preferenze, quasi il doppio del secondo candidato più votato, Mauro Sanguineti) avvenne con il contrassegno presentato nel 1979, concepito ed elaborato da Ettore Vitale, con il fiore al centro e le miniature di falce, martello, libro e sole nella parte inferiore. Quelle immagini, tuttavia, erano comunque più visibili rispetto alla versione che aveva caratterizzato il 41° congresso dell'anno precedente: un tentativo di mitigare una trasformazione dell'immagine del partito che era stata innestata dal segretario, ma non aveva incontrato il pieno favore della base del partito.
Alla candidatura successiva, nella stessa circoscrizione, il garofano era cambiato: nel frattempo, infatti, Craxi aveva scelto di adottare la nuova versione del garofano, realizzata (già tra la fine del 1983 e l'inizio del 1984) da Filippo Panseca, senza più alcuna traccia di falce e martello nel simbolo. Probabilmente è questo l'emblema che più si ricorda nella carriera politica di Intini (nel frattempo passato dalla direzione dell'Avanti! al ruolo di portavoce e responsabile propaganta del Psi), proprio come in quella di Craxi: in fondo il leader socialista, dopo che Vitale aveva dato per primo corpo alla sua idea del garofano, aveva sentito il bisogno di ripensarlo graficamente - grazie a Panseca - rendendolo protagonista assoluto della propaganda e della comunicazione del partito.
Lo stesso fiore tornò sulla scheda elettorale del 1992, quando Intini fu confermato sempre in Liguria con 30758 preferenze; era in compenso cambiata la scritta, visto che Craxi già nel 1990 aveva scelto di sostituire la dicitura "Partito socialista" con "Unità socialista", come a dire che - dopo la caduta del muro di Berlino - la casa naturale degli ex comunisti doveva essere il Psi. Quella scelta, però, secondo Intini fu "una forzatura poco realistica": "sapevo bene anche sulla base del caso Togliatti, come i comunisti fossero distantissimi da una revisione vera", disse, intervistato nel 2011 da Livio Karrer, Alessandro Marucci e Luigi Scoppola Iacopini (l'intervista è confluita nel volume Il crollo).
Nel 1994 il Psi, finito nel ciclone di "Mani pulite" e non più guidato da Craxi, crollò poco sopra il 2% (con una rosa al posto del garofano), ma Intini aveva già preso un'altra strada: con Franco Piro, Margherita Boniver, il socialdemocratico Enrico Ferri e varie altre figure il 28 gennaio aveva promosso la Federazione dei socialisti, contestando le scelte che il giorno dopo si sarebbero prese all'Eur agli Stati Generali per la Costituente Socialista. "Noi abbiamo un'enorme responsabilità sulle nostre spalle - disse in quell'occasione - siamo un grande partito che ha un secolo di storia, non ci scioglieremo in modo ignominioso e non consentiremo che una minoranza del partito cacci la maggioranza del partito", ciò anche a contestazione della legittimità dei deliberati dell'assemblea del 16 dicembre 1993 all'hotel Ergife, con i quali si scelse tra l'altro di abbandonare il garofano (Craxi sostenne la mozione Piro invece di quella di Del Turco).
Il 13 novembre 1994, il Psi tenne il suo ultimo congresso e decise il suo scioglimento, a causa della sua pesantissima situazione debitoria (scegliendo la strada che di fatto aveva già percorso, all'inizio di quell'anno, il Partito liberale italiano). Ma se la maggior parte di quel che restava del Psi volle ripartire daccapo fondando i Socialisti italiani (senza garofano e senza rosa, con la guida di Enrico Boselli) e i contrari allo scioglimento seguirono Fabrizio Cicchitto ed Enrico Manca nella costituzione del Partito socialista riformista (che recuperò il sole nascente, mentre Valdo Spini se n'era già andato qualche mese prima con la sua Federazione laburista), Intini, Boniver e Piro un mese più tardi - il 18 dicembre 1994, all'Augustus di Roma - lanciarono il Movimento Liberal Socialista, che si ricollegava anche idealmente alla tradizione socialista e liberale di Carlo Rosselli (non a caso il quindicinale del gruppo, fondato pochi mesi prima diretto da Antonio Ghirelli, riprendeva la testata Non mollare!). "Una parte dei nostri amici e compagni di questa tragica diaspora - disse Intini in quell'occasione, come si può ancora ascoltare grazie all'immenso archivio di Radio Radicale - è finita con il PDS e questi amici e compagni hanno sbagliato, perché senza dignità e senza orgoglio hanno abbassato le loro bandiere di fronte a un partito comunista che stava umiliandoci, criminalizzandoci e cancellandoci, senza avere il coraggio di sollevare una questione morale di un Pds che si è finanziato in Italia esattamente come tutti gli altri, sì è finanziato a Mosca e ha usato l'argomento del finanziamento illecito per cancellare gli avversari politici. Un'altra parte di amici e compagni è finita in Forza Italia, ha seguito l'elettorato che però ha votato in stato di necessità per evitare il peggio; eppure l'elettorato sa riconoscere una destra economica che vuole cancellare lo stato sociale e che confonde il liberismo con il liberalismo, sa riconoscere una destra politica che sino a ieri faceva il saluto romano, sa porre dei limiti al trasformismo". "Hanno sbagliato questi nostri amici e compagni - concluse - ma la diaspora va in qualche modo ricomposta". In quella fase ancora un vero simbolo dei liberalsocialisti non c'era, in seguito sarebbe stata elaborata una grafica piuttosto precaria, con le lettere L e S affiancate e quasi fuse tra loro, ma sarebbe durata poco.
Alle elezioni regionali del 1995, infatti, sulle schede sarebbe finito essenzialmente il contrassegno - piuttosto anonimo, in effetti - della lista Socialisti e laici - La sinistra delle libertà (spesso abbinato a quello della lista Pannella): lì trovarono temporaneamente casa i liberalsocialisti di Boniver e Intini, i socialisti riformisti di Manca e Cicchitto, la Sinistra liberale di Maurizio Sacconi e Donato Robilotta e alcuni socialdemocratici. Quel fregio essenzialmente testuale - l - non sarebbe più apparso sulle schede, anche perché a fine anno era già pronto un altro progetto: la rifondazione del Partito socialista.
Sì, perché il 1° dicembre del 1995 - di nuovo all'Ergife a Roma - si riunì per la prima volta in regione (ma il cammino era iniziato in Liguria) il Partito socialista, che univa le esperienze del Movimento liberal socialista - con Intini e Boniver tra i principali promotori - e del Partito socialista riformista: c'era infatti anche il logo del Psr (in versione schiacciata) all'interno del simbolo che ricordava molto quello del Psi originario ed era stato depositato come marchio a metà ottobre di quell'anno da Luca Josi, ultimo segretario del Movimento giovanile socialista. Doppia corona rossa con dicitura bianca "Partito socialista" e, al centro, un mazzo di garofani (con corolla pansechiana) tenuto stretto da un nastrino rosso: voleva ripartire da lì un "Partito socialista" fuori dai poli - da quello berlusconiano che aveva deluso vari socialisti e da quello di centrosinistra con il Pds, additato come assassino del Psi.
Il gruppo non aveva però fatto i conti con il giudizio del Viminale prima delle elezioni politiche del 1996: per il ministero dell'interno, infatti, il simbolo si poteva confondere con quello del Psi "storico". Intini parlò di rifiuto "ingiusto sul piano politico e morale", si disse convinto che il partito di Boselli (Si) avesse caldeggiato quella ricusazione senza aver "voluto alzare la bandiera della continuità e della dignità socialista", ma dovette ritoccare il contrassegno: aprì il mazzo dei garofani per non farlo sembrare un unico fiore, rinunciò alla doppia corona rossa e anche a parte del nome, cancellando la parola "Partito", "come ai tempi della censura; al suo posto, a prova della violenza subita, sono stati inseriti tanti asterischi quante sono le lettere cancellate''. Il partito raccolse con fatica le firme a livello nazionale, ma riuscì a essere presente con più profitto in alcune elezioni regionali (Sicilia) e locali.
Il partito fu ufficialmente fondato in quel 1996, ma mostrò presto due anime, tra chi era più legato alla memoria di Craxi e chi puntava a cercare nuove convergenze con altre formazioni socialiste. Intini perseguì questa seconda via, promuovendo nel 1997 liste comune con il Si di Boselli, creando le liste Socialisti uniti e Socialisti italiani uniti, unendo una rosa a stencil (a volte usata come unico fregio elettorale) al ripescato garofano di Vitale realizzato nel 1978 e stavolta dotato di gambo più lungo; il segmento verde di base era quello dei socialisti boselliani. Il risultato non fu esaltante, ma per qualcuno fu pur sempre un primo tentativo di rimettere insieme pezzi di un mondo che, tra il 1993 e il 1994, era letteralmente esploso, anticipando quello che poco più avanti sarebbe accaduto soprattutto tra coloro che avevano militato nella Democrazia cristiana.
Difficile, però, tenere insieme anime che hanno idee diverse su come procedere e sui compagni di viaggio e che, per giunta, traducono queste divergenze in diverse posizioni in tema di diritto dei partiti. Nella seconda metà del 1997, infatti, quel Ps passò nelle mani di Gianni De Michelis, contrario a uno sguardo a sinistra che prevedesse qualche forma di dialogo con il Si alleato del Pds; Intini contestò questa posizione politicamente ("una piccola scissione") e giuridicamente (contestando la riunione della direzione che lo aveva sostituito, ritenendo di averla sconvocata, e diffidando De Michelis dall'uso del simbolo con il mazzo di garofani), ma decise di continuare diversamente il suo percorso politico a fianco di Boselli.
Nel 1998, così, mentre De Michelis continuò a ritenersi segretario del Ps (cambiando leggermente simbolo), Intini concorse alla formazione dei Socialisti democratici italiani - con evento fondativo a Fiuggi il 10 maggio - con il Si di Boselli e il Psdi di Gianfranco Schietroma. Sotto alla rosa del socialismo europeo (inserita tra una corona rossa simile a quella del vecchio Psi e il segmento verde del Si), nei primi mesi di vita del partito si poteva vedere un cerchio in cui trovavano spazio in miniatura il sole nascente dal mare dei socialdemocratici e un garofano pansechiano - ma tutto rosso - apportato da Intini. Da quel momento in avanti, il percorso dell'ex portavoce del Psi craxiano sarebbe stato sostanzialmente lineare, seguendo per intero il percorso compiuto da quella parte di socialisti che aveva scelto di stare nel centrosinistra e venendo eletto alla Camera nel 2001 proprio con lo Sdi.
Verso la fine del 2005, il partito di Boselli e Intini scelse di dare vita, insieme alla Lista Pannella, a un soggetto politico-elettorale comune in vista del voto politico del 2006: la lista Laici socialisti liberali radicali decise di distinguersi con il simbolo della Rosa nel pugno, concesso dal Partito radicale ma all'estero tradizionalmente legato a partiti socialisti. Con quell'emblema Ugo Intini fu candidato al Senato ("la Rosa nel pugno rappresenta un positiva novità, servirà a riequilibrare il centrosinistra, troppo arrendevole nei confronti delle posizioni estreme"), ma superò lo sbarramento del 3% solo in regioni (Calabria e Umbria) in cui la percentuale non era sufficiente a eleggere un senatore. La Rnp provò a sostenere che alcuni seggi le sarebbero spettati comunque, ma non riuscì a ottenere ragione dagli organi del Senato. Intini, probabile destinatario di uno dei seggi contesi, ottenne comunque la nomina a viceministro degli esteri.
Nel frattempo, sbriciolatosi nel giro di pochi mesi il progetto della Rosa nel pugno (anche a causa del "simbolo in affitto", oltre che di alcune divergenze tra socialisti e radicali), lo Sdi celebrò il suo V congresso straordinario nell'aprile del 2007, scegliendo di percorrere la strada della costituente socialista. Negli ultimi mesi dell'anno prese avvio il cammino del Partito socialista: riprese quasi per intero il nome del vecchio Psi (grazie a un atto del liquidatore Michele Zoppo), ma mantenne la rosa del Pse. Sotto quelle insegne Intini ritrovo Gianni De Michelis (e Mauro Del Bue), dopo la scissione che si era consumata nel Nuovo Psi nato tra il 2000 e il 2001. Le elezioni del 2008 inchiodarono il partito di Boselli intorno all'1%, ma il percorso continuò.
Il simbolo fu variato leggermente qualche anno dopo, con l'inserimento di un tricolore nella parte inferiore, ma soprattutto con il recupero integrale del nome antico, per cercare di marcare una maggiore continuità con la storia interrotta dalla liquidazione decisa alla fine del 1994; nello stesso segno è andata la rinascita - dopo vicende di alterno segno e tentativi di appropriazione decettiva - dell'Avanti!, resa possibile grazie a un atto del 2011. Pur non venendo più candidato, Ugo Intini è rimasto in quel partito (di cui era diventato segretario Riccardo Nencini), partecipando a vari eventi organizzati da questo e sostenendo chi cercava di conoscerne meglio storia e vicende: anche chi scrive è profondamente grato a Intini, che sempre nel 2011 diede il suo contributo per ricostruire i fatti occorsi tra il 1994 e il 1998 per una ricerca "simbolica" allora agli inizi, consentendo anche di recuperare - grazie al contatto con un compagno di allora, Raffaele Romano, che a quella grafica aveva lavorato - il simbolo originario (e bocciato dal Viminale) del Partito socialista col mazzo di garofani.
E a proposito di garofani, verso la fine del 2019 lo stesso Intini recuperò un garofano, visto che il Psi - nel frattempo passato sotto la guida di Enzo Maraio - aveva scelto di adottare un'immagine stilizzata del fiore, diversa da quelle in uso tra gli anni '70 e '90, ma comunque riconoscibile. Negli ultimi anni, dunque, si è rinsaldato il legame tra Intini e i garofani: non stupisce, così, che una delle tante foto circolate in queste ore, dopo la diffusione della notizia della morte di Ugo Intini, sia quella scattata al congresso di fondazione del Ps nel 1996, in cui lui stringe nel pugno un mazzo di garofani davanti a una composizione fatta con gli stessi fiori. Un segno, il garofano, che connota un'intera esperienza, anche quando è stato temporaneamente messo da parte per altri emblemi. Sia lieve la terra a chi li ha incarnati con dignità.
Nessun commento:
Posta un commento