sabato 9 maggio 2020

Lista civica nazionale, quando si voleva proporre una Città ideale

Chi non ha sperato o sognato, almeno una volta, di vivere in una "città ideale", dal punto di vista dei servizi, delle bellezze, dei ritmi e di ogni altra cosa possa tradursi dello star bene? Difficile comunque farlo, anche solo a livello locale; eppure, nella storia simbolica della politica italiana, c'è stata una fase in cui qualcuno aveva immaginato di estendere quel progetto all'intero paese. Veniva da pensare questo guardando al simbolo che era stato elaborato per il progetto della Lista civica dei cittadini per la Repubblica, o se si preferisce la Lista civica per la Repubblica dei cittadini: l'emblema, in fondo, consentiva entrambe le letture e di certo non si trattava di un caso.
Il progetto era legato a un manifesto, lanciato nel 2007. I primi quattro firmatari erano Elio Veltri (medico, a lungo sindaco socialista di Pavia, consigliere regionale e parlamentare Pci-Pds, poi tra i fondatori dell'Italia dei Valori), Oliviero Beha (giornalista e scrittore, naso sportivo e cresciuto fantasista), Francesco "Pancho" Pardi (docente di urbanistica, tra i promotori delle manifestazioni per la libera informazione e la giustizia nella stagione dei "girotondi", non ancora parlamentare Idv) e Roberto Alagna (allora consigliere regionale in Lazio, dopo un lungo impegno politico-amministrativo nella capitale) e costituivano il comitato promotore; li seguivano vari altri nomi in gran parte noti (Dario Fo, Beppe Grillo, Franca Rame, Lidia Ravera, Antonio Tabucchi, Marco Travaglio, Franco Barbato, Gianni Barbacetto, Andrea Cinquegrane, Armando Della Bella, Giuseppe Ielo, Stefano Montanari, Cristina Naso, Rita Pennarola, Sonia Toni e Gianni Zamperini). Si mirava a "restituire dignità alla Politica, intesa come servizio al Paese, di rilanciare democrazia ed economia, dopo anni di decadenza, attraverso la partecipazione dei cittadini, il controllo sul potere politico e l'impegno diretto nella gestione della cosa pubblica". 
Critico tanto con il centrodestra, quanto verso il centrosinistra per come aveva agito (senza abrogare le norme della stagione berlusconiana ritenute illegittime) e per come si stava apprestando ad agire con la nascita del Partito democratico (che si annunciava "come la somma di due nomenclature politiche in sella da oltre 20 anni, degli errori commessi e delle responsabilità della grave malattia in cui versa il paese", come si aggiungeva che "la sopravvivenza di due piccoli partiti comunisti è garantita da battaglie ideologiche che coprono l'assenza di cultura istituzionale, da carenze progettuali e da pratiche spartitorie"), il manifesto voleva rivolgersi tanto agli elettori di centrosinistra non interessati a quelle proposte politiche, quanto a quelli del centrodestra "che hanno a cuore i valori della Costituzione", nella convinzione che i rispettivi schieramenti non fossero "emendabili": "Chiedere all'attuale ceto politico di cambiare politica, regole e comportamenti sarebbe come chiederne il suicidio". Contro gli intrecci tra politica, amministrazione ed affari, occorreva puntare di nuovo sui principi fondamentali democratici della separazione dei poteri e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, per cui era necessario "rendere attuali i valori costituzionali riguardanti la responsabilità dei partiti di fronte alla legge, contrastare i conflitti di interesse e ridurre drasticamente i costi della politica", oltre che ridare attenzione all'ambiente e rinvigorire il combattimento contro le mafie.
Il varo del progetto risale al 6 ottobre 2007, alla manifestazione che si tenne in piazza Farnese a Roma, con il significativo titolo Dal V-Day alla Lista Civica Nazionale. Già, perché nel frattempo - tra l'8 e il 9 settembre di quello stesso anno - si era tenuto il V-Day (sì, il Vaffanculo-Day) - in varie piazze d'Italia, compresa Bologna: proprio lì era intervenuto Beppe Grillo, organizzatore di quella grande manifestazione collettiva, a sostegno della sua campagna "Parlamento pulito", legata a una proposta di legge d'iniziativa popolare (per rendere incandidabili o sospendere dal mandato coloro che avessero svolto due mandati parlamentari o fossero stati condannati per reati dolosi o colposi gravi, nonché per introdurre la preferenza nelle leggi elettorali politiche) che raccolse oltre 350mila firme. Evidentemente i promotori avrebbero voluto dare un seguito a quell'evento col botto, ritenendo la loro manifestazione una sorta di naturale evoluzione; non mancò ovviamente la puntuale polemica, con Grillo che disse di non avere nulla a che fare con quella manifestazione romana e Beha che replicò dicendo che anche lui aveva firmato il manifesto e non si era espresso contro il titolo della manifestazione quando gli era stato sottoposto da Veltri. 
In ogni caso, quel giorno sotto la pioggia di Piazza Farnese si parlò concretamente di "Lista civica nazionale" e quell'etichetta divenne comune in quell'ambiente, a dispetto del nome "ufficiale" che era stato scelto in precedenza: lo dimostra il fatto che, alcuni giorni dopo la manifestazione (precisamente il 18 ottobre), Roberto Alagna abbia depositato come marchio il simbolo pensato per le liste, ma in bianco e nero e - appunto - con la denominazione integrata "Lista civica nazionale per la Repubblica dei cittadini". Quella lista, tuttavia, non arrivò sulle schede delle elezioni politiche (e in seguito non lasciò di sé altre tracce), ma nemmeno nelle bacheche del Viminale: una "Lista civica nazionale", in effetti, ci fu, ma si trattava di "Io non voto", progetto di Carlo Gustavo Giuliana che nel 2006 era sbucato per la prima volta, nel suo rosanero tutto palermitano, tra i vari contrassegni depositati.
Si diceva però del simbolo e del suo depositante. Centro grafico dell'emblema era appunto la Città ideale, o per lo meno la sua rappresentazione più nota secondo il quadro ignoto esposto a Urbino, con al centro una rotonda. Si trattava di una stilizzazione (comunque piuttosto ben fatta) bicolore, color granata e grigio chiaro, con una serie di edifici rappresentati in prospettiva che richiamavano in qualche modo quelli dell'opera urbinate. Ebbene, se in effetti il simbolo visto prima non arrivò sulle schede, gli elettori avevano già visto e avrebbero visto ancora altre sue interpretazioni, in fondo tutte legate tra loro.
In particolare, nel 2005 alle elezioni regionali del Lazio, tra le formazioni a sostegno della candidatura di Piero Marrazzo per il centrosinistra c'era anche la Lista civica con il nome del candidato presidente e, al centro, proprio la rotonda della Città ideale urbinate, pur se virata al rosso. Quella formazione elesse quattro consiglieri, tutti in provincia di Roma: tra questi, c'era proprio Roberto Alagna, con una lunga esperienza civico-politica alle spalle. Nel 2001, infatti, era stato eletto consigliere comunale a Roma nella lista civica Roma per Veltroni, mentre in precedenza era stato eletto come consigliere (1989) e come presidente (1992-1994) nel II Municipio. 
Forte della sua esperienza civica, già dal 2002 Alagna aveva promosso la costituzione della Rete delle Liste civiche italiane (Coordinamento Civico Nazionale - Cittadini per), con l'intento di valorizzare il ruolo e il significato delle esperienze civiche locali, "rafforzandone l'iniziativa e sostenendone i processi di crescita diretti a proiettarle in una dimensione istituzionale più ampia". Nell'organo nazionale di coordinamento c'era appunto Alagna, assieme ad Emilio Arcuri (Primavera Siciliana), Franco Barbato (Rete Civica Campana, futuro parlamentare Idv e non solo), Roberto Damiani (deputato, eletto con la Margherita ma nel gruppo misto, divenuto poi presidente di Governo civico), Alfonso Pisicchio (Rinnovamento Puglia), Clara Puppo (Insieme per Monza). Evidentemente anche quella lista delle regionali si inseriva in quel contesto. Da quell'esperienza, in un certo momento, si pensò una prima volta (dopo una riunione il 5 novembre 2005) di creare una lista nazionale, di fatto schierata nel centrosinistra, a sostegno di Prodi: già allora si pensò di utilizzare il simbolo della Città ideale.
Le cose poi andarono diversamente e, in effetti, quella formazione non arrivò alle elezioni; in compenso, in quel 2006, almeno in un caso la Città ideale finì sulle schede. Tra le formazioni a sostegno della candidatura a sindaco di Milano di Bruno Ferrante, infatti, c'era anche la lista che avrebbe dovuto supportare la corsa autonoma di Dario Fo e che, invece, entrò a far parte della compagine di centrosinistra. Uniti con Dario Fo per Milano, però, si contrassegnò proprio con la Città ideale, con la stessa forma (cioè con gli edifici a contorno della rotonda) e stilizzazione che si sarebbe vista più avanti; l'immagine, tuttavia, fu tinta dei colori dell'arcobaleno, per caratterizzare ulteriormente quella proposta. Non ci si stupisce, così, a trovare anche Fo tra i firmatari del manifesto del 2007.
Nel 2008, come si è detto, non arrivò la sospirata lista alle politiche (anche se in giro per l'Italia più di una formazione locale prese il nome di "Lista civica dei cittadini"), ma la grafica con la rotonda sarebbe tornata. Nel 2010, infatti, a sostegno della candidatura alla presidenza del Lazio di Emma Bonino c'era anche la Lista civica cittadini/e per Bonino: stessa grafica della Civica nazionale e, naturalmente, nella lista provinciale di Roma c'era anche Roberto Alagna, che arrivò secondo nelle preferenze (ma quella volta, causa vittoria di Renata Polverini, la lista ottenne un solo seggio in tutta la regione, dunque non ebbe riconfermato il seggio). 
Nelle elezioni regionali successive, il simbolo della Lista civica nazionale non sarebbe più tornato e, salvo errore (e non potendo conoscere tutte le realtà locali), nemmeno altrove. La Città ideale, in compenso, per un attimo sembrò pronta a tornare: tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018 era infatti circolata una versione alternativa del simbolo dell'ultimo partito - in ordine di tempo - fondato da Vittorio Sgarbi, Rinascimento, presentato con il Mir di Gianpiero Samorì, che invece del dettaglio della Creazione di Adamo di Michelangelo della Cappella Sistina (il dito di Dio che sfiora quello di Adamo) conteneva proprio il centro della Città ideale. Al Viminale, poi, arrivò la versione michelangiolesca e dell'opera urbinate non si ebbero altre tracce. Ma in fondo potrebbe sempre tornare utile, a chi volesse dare l'idea di armonia e buon governo (sperando di poter mantenere la promessa).

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