Il partito ancora non c'è, ma ha già un account su Facebook. O, almeno, così può sembrare. Da alcuni giorni si parla del gruppo parlamentare che dovrebbe nascere al Senato nel segno di Denis Verdini, pescando soprattutto da Forza Italia e Grandi autonomie e libertà. C'è chi si spinge a individuare i futuri membri - Il Fatto quotidiano, ad esempio, dà quasi per certi come aderenti Lucio Barani, che certo non smetterà il garofano, Eva Longo, Giuseppe Compagnone, Riccardo Mazzoni, Ciro Falanga e Vincenzo D’Anna - ma, nell'attesa dell'annuncio ufficiale (previsto per l'inizio della prossima settimana), colpisce già il possibile nome del gruppo senatoriale, Alleanza Liberale Popolare e Autonomie (almeno stando al Fatto, perché all'AdnKronos D'Anna ha parlato di "Azione liberal popolare e Autonomie")
Precisiamo subito, gruppi parlamentari e partiti sono realtà diverse: i regolamenti di Camera e Senato richiedono un numero minimo di aderenti perché si formi un gruppo autonomo (rispettivamente 20 e 10). Se una formazione non arriva a quella quota e ha schierato i suoi candidati nelle liste di un altro partito - per "diritto di tribuna" - può restare in quel gruppo (lo fecero i radicali eletti col Pd nella XVI legislatura). Se il drappello degli eletti ha un minimo di consistenza (3 unità alla Camera, al Senato ne basta una), si può formare una componente del gruppo misto; vari accordi, infine, possono consentire di formare un gruppo che raccolga varie sigle, pure piuttosto variegate. Nella legislatura passata è stato così per Iniziativa responsabile (poi Popolo e territorio) alla Camera e per l'omologo Coesione nazionale al Senato); si è tentati di dire lo stesso ora per Gal, che unisce più partiti (ad oggi Grande Sud, Movimento per le Autonomie, Nuovo PSI, Popolari per l'Italia, Italia dei Valori, Vittime della Giustizia e del Fisco, Federazione dei Verdi, come si legge nella denominazione ufficiale del gruppo), anche se non tutti i componenti si possono inquadrare in questi soggetti politici. Formare un gruppo, dunque, non è per forza l'anticamera di un partito, con tanto di simbolo da elaborare.
Già il nome pare frutto di un parto: era circolata l'etichetta "Azione liberale", ma secondo Libero "All'atto di registrare il loro movimento politico, Verdini e i suoi hanno scoperto che era già stato registrato da un'altra associazione politica". In effetti come marchio quell'espressione non risulta, ma a spulciare qua e là in Rete e su Facebook spunta qualche pagina chiamata così e magari lo stesso è accaduto consultando qualche registro di associazioni. Si sarebbe allora lasciato il concetto di "azione" ripiegando su quello di "alleanza" (anche se per l'AdnKronos, come si è visto, è rimasto il primo termine), fino a ottenere il nome ricordato: nome lungo e poco appetibile, come "niente di entusiasmante" (sempre per Libero) sarebbe la sigla del nuovo gruppo, Apla. Che poi, a ben guardare, la denominazione sembra soprattutto poco originale, sa di "già sentito": dentro c'è qualcosa di Gal, di Alleanza popolare (il vecchio cartello Mastella-Martinazzoli) e anche di un nome che si è tentato invano di depositare come marchio anni fa, "Autonomia liberale partito d'azione liberalsocialista".
Su Facebook, però, qualcuno ha già cercato di muoversi. Perché un profilo da alcuni giorni si chiama Alleanza popolare liberale autonomie, qualcosa che si avvicina molto al nome circolato nelle ultime ore. Davvero difficile, però, pensare che sia stato creato apposta: se si guarda l'indirizzo web, l'account sembra chiamarsi in realtà "Martinoant", esiste - a guardare dal profilo - già da alcuni anni e conta oltre 3700 amici. Qualcosa che somigliava a un simbolo, tra l'altro, nel profilo c'è, ma nessuna forza politica potrebbe mai utilizzarlo seriamente. Tanto vale aspettare, a questo punto, e se son partiti, prima o poi simboleranno. C'è da starne certi
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