Alla fine il leone è apparso, per tutti. Raffaele Fitto ha presentato oggi nell'aula dei gruppi di Montecitorio il simbolo della sua creatura politica, Conservatori e riformisti, mettendo in scena il tradizionale rito del cavalletto da scoprire con Geoffrey Van Orden il vice presidente del gruppo Conservatori e riformisti al Parlamento europeo.
Il leone c'è ed è blu, come aveva correttamente anticipato Affaritaliani.it, così come erano giuste altre anticipazioni che volevano un tricolore nell'emblema. Blu è anche la scritta del nome, proposta con una font leggera che dimostra anche una certa eleganza, mentre è bianco tutto il resto, segno che il nuovo soggetto politico non si è fatto cogliere dall'inizio da quel horror vacui che sembra affliggere molte delle formazioni nate negli ultimi anni.
Ovviamente - come del resto è giusto - ai giornali interessa soprattutto capire chi sta (e resterà) con Fitto e quali siano i programmi della formazione per il futuro. Qualche indicazione l'ha data lo stesso leader, un tempo berlusconiano di ferro: "Noi non siamo né con Le Pen, né con la Merkel", la collocazione è senza dubbi nel centrodestra, in alternativa a Renzi, senza voler "mettere in campo un sottobosco di intese o accordi poco chiari". A Berlusconi Fitto continua a volere bene, non prova rancore, ma c'era e resta la convinzione che "il modello attuale di centrodestra non ha prospettiva, il modello di successo proposto 20 anni fa non ha più futuro".
In effetti, la stessa scelta del leone spazza via buona parte della strategia comunicativa vista nel centrodestra berlusconiano visto fin qui. L'ex Cavaliere,infatti, nei suoi simboli non aveva mai voluto fiori, animali o altri segni che dovessero essere interpretati, ma solo segni di immediata comprensione. La fiera schierata da Fitto, invece, richiede pur sempre un briciolo di astrazione in più. A questo proposito, se anche i dettagli contano, si può notare che il leone scelto non è accovacciato come quello del gruppo europeo ECR, simile a quello che troneggia maestoso e protettivo all'esterno di tante nostre chiese. La belva dei fittiani è "in piedi", sulle quattro zampe, ferma o forse colta in un movimento lento: a dare giusto un tocco di "istantanea" e di potenziale guizzo è la coda, fermata mentre si svolge a S. Si tratta, a ben guardare, di una bestia presente, ben visibile, fiera del suo esserci e pronta a intraprendere il cammino necessario (che, manco a dirlo, guarda a destra, come nell'omologo europeo)
Era diverso, tanto per dire, uno degli ultimi leoni visti nella politica italiana, quello dell'Usei, ove la sigla sta per Unione sudamericana emigrati italiani. Lì la belva era chiaramente colta in una posizione di attacco, con le fauci tra il famelico e il ruggente e le zampe pronte a scattare (e la stessa "coda a S" comunicava sensazioni ben diverse). Qui però la sensazione da trasmettere è ben diversa: al gruppo di Fitto, infatti, serve soprattutto certificare la sua esistenza in vita (anche se intanto servirebbe qualche unità in più alla Camera per costituire un gruppo autonomo), mostrare la fierezza della propria scelta e un atteggiamento di chi è pronto a mettersi in gioco. Nel leone ritto c'è più o meno tutto questo; l'accostamento del tricolore al blu mette in campo tutte e quattro le tinte nazionali, nell'ormai consolidata tecnica di presentazione dei partiti catch-all. Cosa importante, rispetto alla precedente esperienza del Nuovo centrodestra, il simbolo è nato subito tondo e non ci sarà alcun bisogno di adeguarlo in futuro. Ci sono ancora varie cose da sistemare (a partire dalla determinazione del modello organizzativo: "Verrà definito nei prossimi mesi - ha detto Fitto - dopo aver ascoltato tutti, con un meccanismo di legittimazione e del consenso che parte dal basso", abbandonando "l'idea dei nominati"), ma questo emblema sarebbe già pronto per correre alle elezioni. Con quali risultati? Un po' presto per dirlo, no?
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