Non so quanti abbiano fatto il conto, ma il 9 ottobre sono passati esattamente 25 anni dalla svolta simbolica più dolorosa della storia della politica italiana. Risale a quel giorno del 1990, infatti, la presentazione di quello che sarebbe stato il nuovo simbolo del dopo Pci, ossia del Partito democratico della sinistra. Il cambio di nome da Partito comunista italiano a Pds sarebbe arrivato solo pochi mesi dopo, con il congresso di Rimini del gennaio 1991, ma il disegno di Bruno Magno era stato reso noto con un certo anticipo.
Lui stesso ha sempre raccontato di avere ricevuto le indicazioni necessarie a creare il nuovo emblema da Walter Veltroni; ora però alla storia si aggiunge un altro tassello. Ad apportarlo è Francesco Martelloni, storico leccese con la tessera del Pci e oggi redattore della rivista Itinerari di ricerca storica: in un articolo pubblicato da Left Avvenimenti, a firma Stefano Santachiara, riporta i suggerimenti che lo stesso Martelloni avrebbe dato proprio a Veltroni: quella da preparare sarebbe stata sì una trasformazione, ma "senza strappi alle radici", per cui il nome sarebbe mutato in Partito Comunista Libertario e si sarebbe dovuto inserire come simbolo anche "l’albero della libertà della rivoluzione francese, nonché della Repubblica partenopea e di quelle giacobine del ’99" Frase che, secondo l'articolo di Left, riecheggiava le parole dello stesso Achille Occhetto sul tema ("L’albero della libertà accompagnò la rivoluzione francese e fu piantato ovunque, in tutte le piazze dei paesi d’Europa").
Questa idea di cambiare senza strappare, probabilmente, avrebbe portato a un risultato molto lontano da posizioni come quelle oggi rappresentate dalla Spd tedesca, puntando invece a delineare (assieme alla "rottura con ogni cultura autoritaria e violenta") "il recupero dell’ispirazione originaria dell’equivalenza tra comunismo e libertà". Anche in quel caso, va detto, falce e martello si sarebbero dovuti togliere dal contrassegno, essendo per Martelloni "troppo angustamente rappresentativi di sole figure economico-sociali e professionali del proto-capitalismo”, ma nessuno avrebbe dovuto togliere "l’insopprimibile" bandiera rossa.
Questa idea di cambiare senza strappare, probabilmente, avrebbe portato a un risultato molto lontano da posizioni come quelle oggi rappresentate dalla Spd tedesca, puntando invece a delineare (assieme alla "rottura con ogni cultura autoritaria e violenta") "il recupero dell’ispirazione originaria dell’equivalenza tra comunismo e libertà". Anche in quel caso, va detto, falce e martello si sarebbero dovuti togliere dal contrassegno, essendo per Martelloni "troppo angustamente rappresentativi di sole figure economico-sociali e professionali del proto-capitalismo”, ma nessuno avrebbe dovuto togliere "l’insopprimibile" bandiera rossa.
Come siano andate le cose è noto: nel nome non ci fu la parola "comunista" e il vecchio simbolo rimase, ma decisamente in versione mignon. Giusto per qualche anno, fino alla nascita dei Ds che cancellarono anche la bandiera che Martelloni voleva conservare. La pagina, però, era già stata decisamente girata da quel 9 ottobre 1990, quando fu piantata e mostrata la quercia.
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