Il simbolo giusto sui manifesti... |
Il caso di Pisa appena visto è probabilmente senza eguali, nel senso che non è mai stato necessario tanto tempo per rimediare a un errore di stampa delle schede elettorali (anche se un minimo di continuità grafica tra il simbolo sparito e quello usato per sbaglio c'era); ciò non significa affatto che questo sia stato l'unico. A volte l'errore non è stato determinante per l'esito (come con la sparizione del riferimento alla candidatura di Giorgio Gori nel simbolo del Pd alle ultime regionali in Lombardia, con riguardo alle schede del mantovano); in altri casi, invece, l'errore è stato più grave e si è arrivati alla ripetizione delle elezioni, sempre per via giudiziaria, ma stavolta con meno tempo. E' quello che è accaduto a Piscinas, comune cagliaritano (oggi provincia di Sud Sardegna) del Sulcis con poco meno di mille abitanti, nel 1994, quando sulle schede un emblema fu scambiato per un altro, che in comune con il primo aveva soltanto la sagoma della Sardegna.
Erano tre i candidati in quelle elezioni che, il 12 giugno 1994 - le prime a svolgersi in un solo giorno, assieme alle europee e alle regionali sarde, e le prime con elezione diretta per il comune di Piscinas - si contendevano la poltrona di sindaco: Antonio Atzori (detto Antonello) con Impegno e progresso, Francesco Muscas con I giovani per cambiare Piscinas e Andrea Casu con Uniti per il paese. La grafica dei loro emblemi, a dire il vero, era piuttosto elementare: il palazzo comunale stilizzato per Casu, una lampadina accesa per Muscas e il profilo verde della regione - con tre cerchi a indicare la posizione di Piscinas - per Atzori.
Proprio l'unico candidato che aveva scelto di dare visibilità all'isola, tuttavia, al momento del voto incappò in una brutta sorpresa. Il sorteggio gli aveva riservato la prima posizione, ma se nei manifesti il primo simbolo mostrato era effettivamente il suo, in alto a sinistra sulla scheda gli elettori delle due sezioni elettorali di Piscinas trovarono tutt'altra raffigurazione. La Sardegna, in effetti, era sempre al suo posto, ma questa volta era tinta di verde e sopra erano comparse due spighe gialle: un simbolo molto simile a quello adottato nelle contemporanee elezioni regionali dalla Federazione democratica (la formazione del presidente regionale uscente, Antonello Cabras), ma che nulla aveva a che fare con l'emblema originale di Atzori, senza contare che quel contrassegno al proprio interno presentava anche il nome della lista, dunque era più difficile sbagliare (almeno in teoria).
Qualcosa, però, andò evidentemente storto in fase di preparazione del modello di scheda, con la stampa e il successivo controllo da parte della prefettura. I presidenti di seggio avvertirono tempestivamente il comune, che a sua volta informò debitamente la prefettura; il prefetto, a stretto giro e via fax, comunicò che le operazioni di voto e scrutinio dovevano proseguire regolarmente, così com'era avvenuto a Pisa quattro anni prima, e allo stesso modo - senza bisogno di ricorsi - si arrivò alla proclamazione degli eletti. Naturalmente, però, Atzori fece ricorso, proprio sulla base dell'errore di stampa nelle schede.
Il Tar della Sardegna - con la sua sentenza n. 1905/1994 - riconobbe che l'impiego di un'immagine sbagliata violava effettivamente le disposizioni della legge elettorale comunale, perché l'errore aveva comportato lo svolgersi delle elezioni "senza che fosse completamente garantito il diritto del ricorrente di essere individuato e valutato anche sulla base del contrassegno con il quale intendeva qualificarsi; perciò egli [poteva] ragionevolmente lamentarsi che il risultato elettorale ottenuto [potesse] essere diverso da quello che avrebbe ottenuto se la scheda elettorale fosse stata realizzata correttamente"; a nulla valeva il fatto che, anche con il contrassegno sbagliato, la candidatura di Atzori non fosse confondibile con quella dei due concorrenti (per le differenze nei simboli e per l'indicazione del nome accanto al simbolo, circostanza non presente nel caso pisano del 1990 dal momento che si votava con un sistema diverso), perché per i giudici "l'impatto rispetto all'elettorato [poteva] essere diverso da quello ricercato con il contrassegno effettivamente prescelto e depositato nei modi di legge".
Per evitare l'annullamento delle elezioni, tra l'altro, i due avversari di Atzori avevano provato a contestare un'altra doglianza del ricorrente, che aveva lamentato proprio la possibilità di essere confuso con schieramenti facenti capo al partito Federazione democratica: questi avevano sostenuto che in realtà a creare la confondibilità - al di là dell'errore in fase di stampa - avrebbe provveduto proprio Atzori, presentandosi come esponente di sinistra. Per il collegio giudicante, tuttavia, "la circostanza che la lista del ricorrente facesse riferimento ad un elettorato su posizioni progressiste non comporta[va] che fosse indifferente per i possibili elettori l'esistenza di un contrassegno riconducibile all’area" di Cabras, ex Psi. Ultimo elemento che depose a favore dell'annullamento delle elezioni fu il risultato finale: Atzori aveva sì perso le elezioni, ma solo 8 voti lo avevano separato dal vincitore Casu (313 a 305), per cui si poteva ben dire che la differenza tra il contrassegno sui manifesti e quello sulle schede poteva "aver influito in maniera determinante sul risultato della valutazione".
L'anno dopo, il 23 aprile 1995, si rivotò, ma stavolta la procedura riprese dall'inizio e i candidati erano solo i due più votati, Atzori e Casu: in quel caso - e probabilmente proprio con il simbolo giusto sparito in un primo tempo - Atzori vinse, anche se con uno scarto di poco maggiore rispetto a quello che lo aveva fatto perdere (339 a 325). La sua esperienza finì con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, per dimissioni della maggior parte dei consiglieri, ma l'esito delle elezioni del 1995 aveva mostrato che i motivi per ricorrere c'erano tutti. Anche se, in fondo, si trattava solo di due spighe, apparentemente inoffensive.
Erano tre i candidati in quelle elezioni che, il 12 giugno 1994 - le prime a svolgersi in un solo giorno, assieme alle europee e alle regionali sarde, e le prime con elezione diretta per il comune di Piscinas - si contendevano la poltrona di sindaco: Antonio Atzori (detto Antonello) con Impegno e progresso, Francesco Muscas con I giovani per cambiare Piscinas e Andrea Casu con Uniti per il paese. La grafica dei loro emblemi, a dire il vero, era piuttosto elementare: il palazzo comunale stilizzato per Casu, una lampadina accesa per Muscas e il profilo verde della regione - con tre cerchi a indicare la posizione di Piscinas - per Atzori.
... e quello sbagliato sulle schede |
Qualcosa, però, andò evidentemente storto in fase di preparazione del modello di scheda, con la stampa e il successivo controllo da parte della prefettura. I presidenti di seggio avvertirono tempestivamente il comune, che a sua volta informò debitamente la prefettura; il prefetto, a stretto giro e via fax, comunicò che le operazioni di voto e scrutinio dovevano proseguire regolarmente, così com'era avvenuto a Pisa quattro anni prima, e allo stesso modo - senza bisogno di ricorsi - si arrivò alla proclamazione degli eletti. Naturalmente, però, Atzori fece ricorso, proprio sulla base dell'errore di stampa nelle schede.
Il Tar della Sardegna - con la sua sentenza n. 1905/1994 - riconobbe che l'impiego di un'immagine sbagliata violava effettivamente le disposizioni della legge elettorale comunale, perché l'errore aveva comportato lo svolgersi delle elezioni "senza che fosse completamente garantito il diritto del ricorrente di essere individuato e valutato anche sulla base del contrassegno con il quale intendeva qualificarsi; perciò egli [poteva] ragionevolmente lamentarsi che il risultato elettorale ottenuto [potesse] essere diverso da quello che avrebbe ottenuto se la scheda elettorale fosse stata realizzata correttamente"; a nulla valeva il fatto che, anche con il contrassegno sbagliato, la candidatura di Atzori non fosse confondibile con quella dei due concorrenti (per le differenze nei simboli e per l'indicazione del nome accanto al simbolo, circostanza non presente nel caso pisano del 1990 dal momento che si votava con un sistema diverso), perché per i giudici "l'impatto rispetto all'elettorato [poteva] essere diverso da quello ricercato con il contrassegno effettivamente prescelto e depositato nei modi di legge".
Per evitare l'annullamento delle elezioni, tra l'altro, i due avversari di Atzori avevano provato a contestare un'altra doglianza del ricorrente, che aveva lamentato proprio la possibilità di essere confuso con schieramenti facenti capo al partito Federazione democratica: questi avevano sostenuto che in realtà a creare la confondibilità - al di là dell'errore in fase di stampa - avrebbe provveduto proprio Atzori, presentandosi come esponente di sinistra. Per il collegio giudicante, tuttavia, "la circostanza che la lista del ricorrente facesse riferimento ad un elettorato su posizioni progressiste non comporta[va] che fosse indifferente per i possibili elettori l'esistenza di un contrassegno riconducibile all’area" di Cabras, ex Psi. Ultimo elemento che depose a favore dell'annullamento delle elezioni fu il risultato finale: Atzori aveva sì perso le elezioni, ma solo 8 voti lo avevano separato dal vincitore Casu (313 a 305), per cui si poteva ben dire che la differenza tra il contrassegno sui manifesti e quello sulle schede poteva "aver influito in maniera determinante sul risultato della valutazione".
L'anno dopo, il 23 aprile 1995, si rivotò, ma stavolta la procedura riprese dall'inizio e i candidati erano solo i due più votati, Atzori e Casu: in quel caso - e probabilmente proprio con il simbolo giusto sparito in un primo tempo - Atzori vinse, anche se con uno scarto di poco maggiore rispetto a quello che lo aveva fatto perdere (339 a 325). La sua esperienza finì con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, per dimissioni della maggior parte dei consiglieri, ma l'esito delle elezioni del 1995 aveva mostrato che i motivi per ricorrere c'erano tutti. Anche se, in fondo, si trattava solo di due spighe, apparentemente inoffensive.
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