"... e abbiamo tutti / un fuoco dentro al cuore / un cuore grande che / sincero e libero / batte forte per te". Per l'Italia, probabilmente, il cuore di quelle persone non ha mai smesso di battere (nessuno può permettersi di formulare giudizi su questo); per Forza Italia, invece, probabilmente le parole dell'inno - scritte nel 1993 da Renato Serio e da un anonimo, come risulta dall'archivio Siae - si sono ormai logorate per gran parte dei votanti, degli iscritti di un tempo e anche, forse, di più di un eletto. Si sa che il fondatore e demiurgo, Silvio Berlusconi, dopo aver messo da parte il Popolo della libertà nel 2013 perché non ha mai scaldato i cuori, da tempo meditava di mettere nuovamente a riposo la stessa bandierina forzista, per dare una scossa a quell'area. Qualcuno, dopo il risultato delle regionali umbre, deve aver pensato che il momento fosse arrivato: avranno pure una rilevanza innanzitutto locale, ma il 5,5% per il partito che per oltre vent'anni ha guidato e trainato il centrodestra è il chiaro segno che qualcosa non va, probabilmente su più di un livello.
Si giustifica probabilmente così la notizia, data ieri mattina dal Messaggero, secondo la quale proprio Berlusconi avrebbe pensato di non presentare alle prossime elezioni il simbolo di Forza Italia, contrattando con Matteo Salvini una "tribuna" per un gruppo di fedelissimi nelle liste della Lega. La notizia ha scatenato un putiferio e, puntualmente, l'edizione di oggi del Messaggero riporta in prima pagina la risposta dello stesso Berlusconi, che nega qualunque intenzione di ritirare il simbolo, di fatto "liquidando" l'esperienza di Forza Italia.
Ripartendo dalla notizia di ieri, firmata da Mario Ajello, si era dato conto di una voce sempre più insistente di una non presentazione del simbolo forzista alle prossime elezioni politiche, con la possibilità che la Lega ospitasse - in caso di assenso di Salvini - "20 deputati e 10 senatori di provenienza azzurra". Di fronte a uno scenario simile, "ognuno si sta attrezzando come può. E liberi tutti". Gli occhi di molti sono puntati soprattutto verso gli eletti e i dirigenti vicini a Mara Carfagna (in Giappone per alcuni giorni): da tempo la sua distanza dalle posizioni e scelte politiche di Berlusconi aumenta sempre più alla pari delle tensioni (specie dopo l'astensione dei forzisti al Senato sulla "commissione Segre"), senza però poter dimenticare che "Carfagna al Cavaliere deve molto e non vuole tradirlo". Ciò, naturalmente, non è bastato a frenare coloro che ipotizzano un suo approdo nei dintorni di Matteo Renzi e della neonata Italia viva (meno probabili ultimamente, a dire il vero), del già fuoriuscito Giovanni Toti (Cambiamo!, in un'ottica salviniana) o anche di Caro Calenda e del suo progetto post-Pd.
L'articolo, però, battezzava altre "schegge del big bang in arrivo": una sarebbe rappresentata dai "berluscones di strettissima osservanza", a partire da Mariastella Gelmini, ritratti come interessati a beneficiare dell'eventuale "tribuna" all'interno della Lega; un'altra - una sottoscheggia - sarebbe costituita dal "gruppo dei sudisti di provenienza azzurra" (guidati da Claudio Fazzone), interessati a trattare direttamente con Salvini per contribuire al rafforzamento leghista al Sud, temendo probabilmente che da quelle parti verrebbero candidati anche i forzisti settentrionali, per i quali potrebbe non esserci posto nelle liste della Lega al Nord. Con un piede dentro e uno fuori da Forza Italia, poi, ci sarebbero gli esponenti dell'Udc eletti nei collegi uninominali del centrodestra e attualmente iscritti ai gruppi forzisti (Antonio Saccone, Paola Binetti e Antonio De Poli): per Ajello il simbolo con lo scudo crociato potrebbe essere oggetto di una trattativa, per cui "se il governo Conte andasse in difficoltà, da qui arriverebbero i responsabili per soccorrerlo". E di mezzo, naturalmente, ci sarebbe anche il progetto di soggetto politico - citato ieri - cui stanno lavorando proprio molti di coloro che si riconoscono nel patrimonio ideale Dc, a partire da Lorenzo Cesa (Udc) e Gianfranco Rotondi (anche se ancora Ajello non esclude che il gruppo Udc tratti con la Lega "per il solito motivo che al Sud Salvini è scoperto", sebbene i post-Dc abbiano detto di voler essere antitetici alla Lega).
Già ieri, in realtà, dopo l'anticipazione del Messaggero, erano fioccate le smentite (soprattutto da parte dei berlusconiani sospettati di voler approfittare di un'eventuale tribuna salviniana) e il sospetto "che i boatos siano stati fatti circolare per favorire una scissione con approdo in Italia Viva". Certo, era e rimane un fatto - sono i numeri a dirlo - che il calo percentuale di Forza Italia si sommerebbe all'effetto prodotto dal taglio dei parlamentari, per cui "con il 7-8% dei sondaggi Fi eleggerebbe 28-32 deputati rispetto agli attuali 99": si creerebbe comunque, lo si voglia ammettere o no, un problema di conservazione del ceto politico che in qualche misura l'area berlusconiana aveva già sperimentato in passato, ma che ora assumerebbe proporzioni mai viste prima.
Per Anna Maria Bernini, "Dalla grande manifestazione di piazza San Giovanni in poi ha preso corpo una manovra di accerchiamento, interna ed esterna a Forza Italia, che ha come unico obiettivo la balcanizzazione del partito e tende a disorientare il nostro elettorato che ci vuole con entrambi i piedi ben piantati nel centrodestra, di cui siamo e restiamo la insostituibile componente liberale", per cui "prefigurare surrettiziamente la liquidazione di Forza Italia è il paravento per eventuali manovre trasformistiche". Berlusconi e gli esponenti forzisti più vicini a lui, al contrario, da settimane - se non addirittura da quando il primo governo Conte fu varato - rivendicano per Forza Italia il ruolo di indispensabile componente della coalizione di centrodestra, magari rievocando l'apertura dell'ex Cavaliere alla Lega di Bossi anche nei suoi momenti peggiori per auspicare una maggior generosità della Lega di oggi (forse nel timore che i numeri suggeriscano a Salvini di accontentarsi dell'alleanza con Fratelli d'Italia e magari il gruppo di Toti, prendendo atto che Forza Italia si è trasformata in un partito nemmeno più marginale del centrodestra, ma addirittura accessorio, dal quale dunque si può prescindere).
Proprio per togliere fondamento alla voce che vuole Forza Italia lontana dalle urne al prossimo giro, vale la pena di leggere la lettera pubblicata oggi dal Messaggero a firma di Silvio Berlusconi.
Caro Direttore,
l'idea che io possa liquidare l'esperienza di Forza Italia ritirando il simbolo è semplicemente assurda. E' esattamente il contrario di quello per cui sto lavorando.
Ho ripetuto in molte occasioni, dopo la grande manifestazione unitaria del centro-destra di Piazza San Giovanni, che la nostra coalizione unita è vincente e rappresenta la maggioranza degli italiani, ma solo a patto che sappia ricomprendere sia la destra sovranista che il centro liberale, cattolico, riformatore e garantista. Questo è il centro-destra che abbiamo fondato 25 anni fa, ed è l'unico centro-destra possibile per governare il Paese ed essere credibili in Europa e nel mondo.
Il compito di rappresentare l'area cattolica e liberale non può svolgerlo nessun altro che non sia Forza Italia, perché noi siamo orgogliosamente parte in Italia del Partito Popolare Europeo (ricordo che fu affidato proprio a me di riscrivere ed aggiornare la Carta del Valori del PPE, che definisce i principi sui quali si fonda la più grande famiglia politica della democrazia e della libertà in Europa, e con essa naturalmente il nostro Movimento).
Fra qualche giorno, il 9 novembre, saranno trent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. La grande festa della libertà è anche la nostra festa, perché noi siamo orgogliosamente gli eredi di coloro che hanno combattuto per la libertà.
Forza Italia è il futuro, non il passato, un futuro che si basa su radici solidissime. Noi siamo gli unici legittimi eredi e i continuatori delle grandi tradizioni politiche occidentali che hanno fatto dell'Italia un paese libero e progredito: la tradizione liberale, democratica, cristiana e garantista della civiltà occidentale e dei suoi principi. Disperdere questa eredità sarebbe per noi semplicemente inconcepibile.Il nostro obbiettivo al contrario è recuperare alla politica quella che io chiamo l'Altra Italia, quei milioni di italiani che si definiscono moderati, liberali, conservatori, e che non vanno più a votare perché delusi, disorientati o addirittura disgustati dalla politica attuale e dai suoi protagonisti. Stiamo lavorando con impegno per questo.
In questi giorni per esempio sulle piazze di tante città italiane stiamo raccogliendo le firme per chiedere di inserire in Costituzione un tetto alla pressione fiscale. Questa è la Forza Italia che conosco io, fatta dell'entusiasmo e del generoso impegno di migliaia di attivisti, di militanti, di eletti a tutti i livelli, non quella dei pettegolezzi e delle indiscrezioni sui giornali.
La nostra posizione dunque è chiarissima: nel centro-destra, senza dubbi o esitazioni, perché è la nostra casa; all'interno del centro-destra, ben distinti e diversi dai nostri amici e alleati.
Non ho sentito nessuno in Forza Italia proporre una collocazione e una strategia differente da questa. Anche perché qualunque altra strada indebolirebbe e non rafforzerebbe certo la presenza dei liberali nella politica italiana. A questo ritengo che nessuno di noi sia disponibile.
Silvio Berlusconi
Al di là del fatto che l'idea che "Il compito di rappresentare l'area cattolica e liberale non può svolgerlo nessun altro che non sia Forza Italia" appare più un auspicio e una speranza che un dato di fatto (un po' perché l'area liberale sembra ridotta al lumicino, e non solo nel centrodestra, un po' perché - anche se la gerarchia la pensa diversamente - più di un cattolico pare essersi trovato a suo agio nelle file leghiste e chi non è di quell'avviso non guarda in prima battuta ai lidi forzisti), è probabilmente vero che Berlusconi non vuole disperdere l'eredità "delle grandi tradizioni politiche occidentali che hanno fatto dell'Italia un paese libero e progredito". Certo, l'idea che Forza Italia sia l'unico erede legittimo di liberali e democratici cristiani, di nuovo, è più una consolidata e ripetuta convinzione berlusconiana che un dato di fatto: non a caso, alla fine della lettera parla solo di "presenza dei liberali nella politica italiana", forse rendendosi conto che i cattolici stanno e guardano soprattutto altrove.
Sicuramente è vero che Berlusconi vuole restare nel centrodestra con i suoi (e chi non dovesse farlo, guardando per esempio a Renzi o a Calenda, lo farebbe ovviamente al di fuori del partito) e, almeno per ora, rimarrebbe con il simbolo che Cesare Priori aveva creato nel 1993 e lui aveva personalmente approvato. Anche perché al momento non sembra esserci nulla di seriamente alternativo, cui poter trasmettere la posizione di Forza Italia: l'Altra Italia di cui parla Berlusconi, insomma, difficilmente diventerebbe un simbolo. La bandierina tricolore, dunque, per ora resta e, da statuto, ogni decisione sull'uso dell'emblema a livello elettorale spetta all'amministratore nazionale, Alfredo Messina. Che naturalmente deciderà in piena sintonia con Silvio Berlusconi.
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