giovedì 16 dicembre 2021

Simboli fantastici (30): Bocciati (e mai presentati) in Friuli-Venezia Giulia

Chi ha seguito attraverso questo sito la presentazione dei contrassegni in vista delle ultime elezioni politiche ed europee ricorderà che, in entrambe le occasioni, era stata sfoggiata una "fantabacheca" dei simboli che al Viminale avrebbero fatto ottima figura, ma non ci erano mai arrivati (ecco quella del 2018 e quella del 2019). Quello stratagemma torna buono ora, stavolta su scala non nazionale, ma regionale, e con una chiave di lettura fantastico-satirica (ma, proprio per questo, saldamente ancorata ad alcuni elementi di realtà). In effetti, a distanza di poco più di due mesi dalle elezioni amministrative che si sono svolte in gran parte dell'Italia il 3 e il 4 ottobre, c'è chi si è premurato di far conoscere i contrassegni delle liste che sono state escluse alle amministrative in Friuli - Venezia Giulia, anche perché in effetti nessuno ha pensato di presentarle: una sorta di Salon des Refusés imaginaires, in cui si può trovare di tutto, comprese assonanze con qualcosa di già noto, con ironia tagliente sparsa a piene mani in ogni fantaproposta elettorale e nei relativi emblemi.

Gli autori

L'iniziativa (assolutamente meritoria, almeno per i #drogatidipolitica che esercitano anche la fantasia e non sono affezionati alla sola realtà dei numeri) si deve al gruppo di Mataran, rivista satirica uscita per la prima volta il 
6 febbraio 2015 - il nome in furlan richiama la figura del "matto", della persona originale che ogni paese ha conosciuto almeno in un esemplare - e che da allora ha proseguito la propria attività con periodicità variabile e con diffusione multimediale (ora su carta, ora solo online). La redazione, in origine "composta quasi esclusivamente da under 35 friulani, pordenonesi, bisiachi e giuliani (questi pochissimi, assicuriamo)" (così si legge, testualmente, nel sito della testata), in questo lustro abbondante si è impegnata in moltissime iniziative satirico-artistiche, editoriali (non di rado facendo il verso a note testate locali) e di altro tipo, dalla realizzazione delle Carte Matarane (carte da briscola interpretate da oltre quaranta tra disegnatori, fumettisti e illustratori friulani) all'organizzazione di eventi-spettacolo, sempre con il sorriso - intelligente e tagliente - sulle labbra. 
L'ultima iniziativa editoriale proposta, proprio in questo 2021, è il Frico, un inserto "dal sapore deciso" (come il piatto tipico friulano da cui prende il nome) allegato al settimanale il Friuli ogni ultimo venerdì del mese: in quelle otto pagine c'è un concentrato di satira per testi, immagini, disegni, fotomontaggi e l'immancabile spazio Friûlcraft. Il periodo della pandemia è stato impegnativo anche per la redazione di Mataran (con varie attività sospese, rinviate o proposte in altre forme), ma a ripagare gran parte degli sforzi è arrivata, a settembre, l'assegnazione del Premio Satira Politica di Forte dei Marmi, nella sua edizione numero 49. I giurati hanno premiato l'esercizio continuo e sempre curato di satira (soprattutto su carta stampata, ma non solo) dal 2015 fino a oggi, in tempi in cui può riuscire difficile persino ridere come si deve, un po' per la situazione sempre più tesa e difficile, un po' perché ormai i linguaggi si sono confusi e si finisce per ridere (in modo sguaiato) o sogghignare un po' dappertutto, spesso senza aver avuto la cura di attivare il cervello, salvo poi prendersela con chi fa satira per davvero.

L'idea

Proprio nello stesso numero del Frico che conteneva la notizia della vittoria del premio si trovava anche il servizio che ha generato questo articolo. Nel mensile, uscito pochi giorni prima delle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre, era infatti presente una doppia pagina contenente le dodici fantaliste, legate ad altrettanti comuni (ovviamente verissimi, effettivamente tra quelli chiamati a rinnovare la loro amministrazione), che secondo la redazione di Mataran non erano riuscite ad arrivare sulle rispettive schede elettorali per i motivi più diversi. 
La scelta del tema, naturalmente, non è stata casuale: "Le elezioni, per chi fa satira, valgono un po' Natale e Carnevale messi insieme - spiegano dalla redazione - perché accade di tutto e c'è moltissimo materiale su cui si può lavorare. In passato abbiamo certamente dedicato spazio alle elezioni regionali, che inevitabilmente attiravano il nostro interesse, ma meritavano la nostra considerazione anche le realtà comunali che erano coinvolte da questo turno elettorale d'autunno: c'erano due capoluoghi, cioè Pordenone e Trieste, ma andavano al voto anche tanti piccoli comuni e ognuno di questi ha proprie peculiarità, molto riconoscibili. Abbiamo scelto dieci di questi comuni, da affiancare ai due capoluoghi, e ci siamo espressi!". Piuttosto che fare ironia su chi effettivamente partecipava alla competizione, tuttavia, il gruppo di Mataran ha scelto di concentrarsi su fantomatiche liste mai presentate ma rigorosamente "escluse dal voto", così da potersi sbizzarrire ancora meglio.
Anche qui, però, è stata la realtà a fornire lo spunto per far scattare la satira: "Avevano fatto parecchio rumore - ricordano dalla redazione - i casi delle due liste #AmiAmoPordenone per Anna Ciriani e Noi con l'Italia per Dipiazza sindaco di Trieste, entrambe prima escluse per difetti legati alla raccolta e all'autenticazione delle firme, poi riammesse dai giudici amministrativi. Questo ci ha invitato a esercitare la nostra fantasia anche con riguardo ad altri potenziali esclusi dalle sfide elettorali, immaginandoci i motivi più diversi". Sono state così create dodici liste, con un profilo di alcune righe per presentarle e dare conto dell'esclusione; ovviamente, insieme alla lista, non si poteva non immaginare anche un simbolo per ciascuna, mettendoci peraltro una certa cura per renderli ora verosimili, ora platealmente improbabili ma sempre ben fatti. Insomma, #veramentefalsi.
  

I simboli e le liste

Iniziando la "rassegna dei fantomatici reietti" proprio da Pordenone, ai matarans della redazione è venuto facile constatare che sulla scheda i Ciriani erano già due: oltre alla riammessa Anna Ciriani (già mancata candidata consigliera comunale di Rebalton nel 2016 e aspirante europarlamentare nel 2019 inserita nelle liste dei Popolari per l'Italia), infatti, c'era anche Alessandro Ciriani, candidato sindaco del centrodestra (poi risultato vincitore) e fratello del senatore di Fratelli d'Italia Luca Ciriani. A quel punto, tanto valeva esagerare e sparare la Lista Cirillo Ciriani (e famiglia) sindaco, vale a dire "una lista formata da soli Ciriani, composta dai familiari e altri assoldati nel gruppo Facebook 'Quelli che di cognome fanno Ciriani'", inclusi due omonimi opposti dei Ciriani veri (un ex marxista-leninista e una suora orsolina). A escludere la lista è stata l'autenticazione delle firme, cui avrebbe provveduto - casualmente senza avere titolo per farlo - il carlino del candidato sindaco, Fufi (guarda caso) Ciriani.
Niente saghe familiari a Trieste, ma un rischio politicamente molto più insidioso e col rischio di prendere botte da orbi. Lì, infatti, si è immaginata la lista Pugili nazisti, affidandone la guida a un consigliere uscente per-niente-falso, ossia Fabio Tuiach, ex pugile e portuale eletto nel 2016 nella lista della Lega Nord (poi, dopo l'espulsione dal gruppo, passato a rappresentare per alcuni mesi Forza Nuova). La redazione ha così configurato una lista a tinte forti (il cui simbolo, a fondo rosso, recava l'alabarda triestina nera su tondo bianco e scritte con font inequivocabilmente evocativi di certi anni bui), composta "da soli uomini bianchi italiani con pallino per i calzoncini, la depilazione e Adolf Hitler". Alla base della ricusazione ci sarebbero state le troppe firme eseguite "con una croce. Uncinata"; l'esclusione è stata confermata nonostante i candidati avessero minacciato di "marciare su Trieste come Martin Luther King e Gandhi".
Esauriti i capoluoghi, tanti altri centri hanno attirato l'attenzione del collettivo di Mataran. Palmanova, per esempio, è nota per la sua forma a stella, ben visibile dal satellite; in più, in una regione di per sé molto militarizzata ("essendo ai confini dell'Impero"), la cittadina fortificata storicamente ha visto la presenza di molti militari, in gran parte di origine meridionale. Questo dato di fatto ha suggerito l'idea della lista Meridionali con Salvini, guidata da Gennaro Polentone ("ex meridionale, ex pizzaiolo, ex vittima dei leghisti") e con la grafica chiaramente simile a quella della Lega (ma con Pulcinella al posto di Alberto da Giussano e la pianta stellata della città al posto del Sole delle Alpi). "Abbiamo giocato - spiegano dalla redazione - con l'idea di una lista di meridionali che non sono più il nemico numero uno della Lega ma addirittura il loro principale alleato, immaginando come obiettivi lo stop agli immigrati (tranne che dal Sud Italia) e al cibo non autoctono (escluso il babà)". Nessun problema con le firme qui, ma Polentone sarebbe stato escluso per ragioni penali, essendo stato colto in flagrante a rubare dal cestino delle offerte in chiesa (volume della refurtiva? Ben 49 centesimi, cifra meno che bagatellare ma molto significativa nel numero).
In altri casi sono stati fatti di cronaca a ispirare i "simboli fantastici" esclusi senza essere stati presentati. "In effetti uno dei primi comuni su cui abbiamo lavorato - continuano i matarans - è stato Latisana: giorni prima si era appreso di una banda che aveva praticato estorsioni di stampo mafioso nei mercati ma era stata sgominata. Ci è dunque venuto spontaneo creare la lista Mafiosi per Latisana, simboleggiata da una testa mozza di cavallo con tanto di sangue al di sotto". Nel programma della lista "con diversi prestanome" c'era l'abolizione dell'Imu e l'introduzione del pizzo e l'uso di materiali scadenti per la costruzione di un argine. Risulta tuttora ignoto il motivo dell'esclusione dalla competizione, "nonostante una martellante campagna dei candidati al mercato" (incluso l'aspirante sindaco, Matteo Messina Denaro, un nome a caso). 
Altrove ci si è concentrati soprattutto sulla grafica, con una certa cura per il simbolo scelto. Lo si può dire per esempio per la lista Stalin Grado, presentata appunto nel comune balneare di Grado, in provincia di Gorizia: il nome della città era perfetto per una sua declinazione "sovietica" e il simbolo del socialismo è stato a sua volta marittimizzato (la falce è stata incrociata con un'ancora e la stella è diventata una stella marina). Il rilancio pensato dal candidato sindaco, Bepi Stalin, passava attraverso i turisti russi, da attirare con "volantinaggi in Siberia, libero accesso ai sottomarini al porto", nonché introducendo "il menu bambini nelle strutture alberghiere" (non nella veste di ospiti, naturalmente), convertendo "il santuario di Barbana in un granaio" e istituendo il Soviet della Protezione civile. Niente guai con le firme o con la giustizia qui: a fermare la candidatura di Bepi Stalin da Fossalon sarebbe stata un'energica madre, "che gli ha intimato di trovarsi un lavoro vero" (avrà visto l'entità dell'indennità da sindaco o del gettone da consigliere...).
Per restare in ambito "Pci e dintorni", ma con un certo sentore di cibo, occorre spostarsi a San Vito al Tagliamento, così da potersi imbattere nel Partito comunista sanvitese, che su fondo azzurro (stile Pdci ultima versione) colloca la doppia bandiera con asta bianca, ma al posto di falce e martello c'è una forchetta infilata in una salsiccia da Festa dell'Unità (con tanto di macchia di unto a fare da stella). La lista, tuttavia, si sarebbe consunta prima di concorrere al voto, spaccandosi sul menu: "la corrente Salsiccia e costa si è ritirata, quella Salsiccia e polenta ha scelto di fare un Primo maggio per conto suo"; in effetti, a San Vito come altrove, a dispetto della tradizione cooperativa e sindacale, il mondo di sinistra si è diviso anche di recente (ma di iniziative se ne fanno molte, così le occasioni per mangiare non mancano).
Il simbolo madre si riconosce ancora meglio nella lista Astemi per Bertiolo, che ha rielaborato per il comune di Bertiolo (Ud) l'emblema classico del Partito socialista democratico italiano: il sole nascente, tuttavia, è stato convertito in una fetta d'arancia che emerge per metà dal mare che, virato anch'esso all'arancione, ora sembra piuttosto la superficie increspata di un bicchiere di aranciata o di succo. "Ci è venuto spontaneo pensare a un'operazione simile, in una delle tante 'città del vino' presenti in Friuli, con una manifestazione molto radicata: ci siamo messi nei panni di quelle pochissime persone astemie che certamente ci sono anche a Bertiolo e si vedono sempre accerchiate da manifesti, banchetti e fiere a base alcolica". La lista doveva avere effettivamente raccolto tutti gli astemi del paese, considerando che "non sono riusciti a raccogliere una firma, ma solo tanto sdegno dai concittadini", perfetti furlans
Fa invece graficamente il verso all'iconografia della Südtiroler Volkspartei la lista Bastian contrari (con tanto di versione in tedesco, Der Querköpfe), immaginata per Sauris, comune montano con tradizioni più germanofile che italiche o friulane. In primo piano, su fondo nero, non c'è la consueta stella alpina, ma una pannocchia, che richiama i pasti a base di polenta (e pietanze connesse): per i promotori, infatti, era ora di finirla "con la birra artigianale, lo speck, le piste da sci, il lago, il carnevale e la variante germanofona unica al mondo", cioè tutto quello che ci si aspetterebbe in quella parte di regione. Si doveva piuttosto trasformare Sauris "in un paese della Bassa friulana: campi di blave (il granturco appunto), un po' di soia, quattro tralicci, due fagiani mollati dalle gabbie, un affluente del Ledra e il gioco è fatto". Tutto il contrario, insomma, di ciò che la collocazione suggerirebbe: sarà per questo che la lista si è ritirata, "ritenendo di avere perso in partenza" ("Ma - come riflessione finale - perché accontentarsi di guidare un gatto delle nevi quando si può derapare con la mietitrebbia?" Agli elettori l'ardua sentenza).
Nella rassegna pubblicata dai matarans sul Frico non poteva mancare una comparsata di Drenchia: "Si tratta - spiegano dalla redazione - di un piccolissimo comune della provincia di Udine, con un centinaio di abitanti sparsi in più frazioni, che nelle statistiche regionali finisce sempre per porsi come 'maglia nera' per vari servizi". Poiché nei giorni in cui la campagna dei simboli "veramente falsi" è stata concepita si parlava molto della fine ingloriosa di Alitalia e della sua nuova vita, è venuto spontaneo immaginare una rinascita di quel comune ad opera di "una cordata di candidati composta da Colaninno, Montezemolo, Benetton, Tronchetti Provera, Caltagirone e Della Valle": tutti uniti avrebbero separato la città in una good country (in cui investire una montagna di soldi prima di rivenderla ai sauditi) e in una bad comp... ehm ... country, da lasciare in mano ai cittadini (e ti pareva...), riuscendo così a fare ciò che non era andato benissimo con la compagnia aerea. A bloccare la lista Rinnovare con i miliardari sarebbe stato un intervento dell'Antitrust (capirai, con quella compagnia), mentre nel simbolo di lista Rich Uncle Pennybags, il vecchietto che accompagna il gioco del Monopoly, è ancora a braccia aperte per accogliere altri colleghi facoltosi nel progetto di rinascita. 
Richiama di fatto la grafica di molte liste contemporanee, con molto testo e niente immagini (forse troppo bianca, visto l'horror albi che si è fatto strada negli ultimi anni), la lista Insieme per bonificare, immaginata a Torviscosa, comune che sorge in una terra di bonifiche e dunque "resta marchiato per sempre": ha scelto infatti come candidato tale Benito Mussons, che però come slogan ha ripetuto a nastro "è tempo di altri bonifici!". Lo ha detto e lo ha proposto a tutti: per qualunque cosa si fosse voluta fare a Torviscosa, occorreva fare un bonifico (dunque mettere mano al portafogli). Valeva anche per lo stesso candidato sindaco, "finito in povertà cercando dei candidati": sarà per questo che alla fine la lista non ha corso e che, per risparmiare qualcosa, non ha colorato lo sfondo del simbolo. Da segnalare l'uso consapevole del Font Populista per la composizione del contrassegno. 
Poteva tranquillamente trovarsi in una scheda di qualche paesino di montagna, presentata da giovani autoctoni (o extra muros, approfittando dell'assenza della raccolta firme nei comuni italiani "sotto i mille") la lista Band@ più larg@, con tanto di montagna stilizzata e, in primo piano, un ripetitore di rete ancora più stilizzato. Un simbolo che poteva dunque sorgere ovunque, in questo tempo in cui si parla di innovazione tecnologica, ma che è stato collocato nel comune fuso di Erto e Casso perché lì, e anche in comuni vicini, "la situazione si è fatta insostenibile: Mauro Corona sta 'rubando' tutto l'internet della valle per fare i collegamenti in tv" (e pensare che da qualche parte qualcuno aveva scritto, a suo tempo, "- internet + cabernet"...). A impedire l'accettazione della lista sarebbe stata "la candidatura di alcuni ungulati non residenti": anche il ricorso "al Tar di Vajont" non dev'essere andato bene.
L'ultimo simbolo "svisto e mai visto" è stato collocato a Cordenons e non è nemmeno il classico simbolo, ma semplicemente un clap, un sasso tondo "preso a caso in Grava" (cioè da uno dei greti di cui è ricca la zona e in cui non poche persone prendono il sole come se fossero in spiaggia). Una candidatura inconsueta, ma che poteva addirittura non essere del tutto sgradita al corpo elettorale: "immobilismo per immobilismo, non si sarebbero notate le differenze con le precedenti amministrazioni". Il Frico ci informa che il clap "non è stato in grado di smaltire la burocrazia restando al palo": di certo, se quello fosse stato il simbolo, vista la forma tonda non perfetta, il Viminale o una commissione elettorale qualunque lo avrebbe escluso.

Il futuro, guardando al Quirinale

Consumato il rito elettorale autunnale (e c'è chi ha fatto sapere alla redazione di Mataran "Sono meglio i vostri simboli di quelli che ho dovuto votare, nella loro follia sembrano più concreti"), non si è però smesso di pensare alla politica, guardando alle realtà locali ma spingendo lo sguardo fino al Colle più alto. Nel numero di novembre del Frico, infatti, è stata lanciata in pompa magna la candidatura di Dino Zoff alla Presidenza della Repubblica. Sarebbero infatti maturi i tempi per un friulano al Quirinale (è nato a Mariano del Friuli) e ci sarebbero tutte le ragioni per mandarcelo: "Per l'Italia del rigore serve un portiere" è stato scritto sulla copertina del numero, oltre a una serie di altri ottimi motivi (Zoff sarebbe "un simbolo di unità nazionale dal 1982, tra i pochi che hanno detto 'no' a Berlusconi, piace sia alla sinistra sia alla Lazio"). Nel pubblico degli spettacoli curati dal gruppo Mataran la candidatura è riproposta in modo costante e piace a molti, proprio nei giorni in cui il centrodestra ripropone il nome di Silvio Berlusconi (e se qualcuno potrebbe apprezzare l'idea di discorsi di fine anno molto brevi o di un capo di stato che, vista la sua altezza, potrebbe guardare in faccia i corazzieri, c'è anche chi è affascinato dalla possibilità di avere come portavoce al Quirinale un altro friulano doc dal timbro inconfondibile, Bruno Pizzul). 
Ridendo e scherzando (anche sulla base del precedente di George Weah, bandiera del Milan poi presidente della Liberia), la campagna "Zoff for president" procede: i parlamentari locali sono stati sensibilizzati a votare Zoff almeno in uno dei primi tre scrutini (quelli che di solito, per la maggioranza qualificata dei due terzi, non vanno a segno) e altrettanto avverrà con i delegati regionali. "Se il nome di Zoff raggiungerà i cinque voti, per noi sarà già un successo": e chissà che, dopo i nomi eventualmente risuonati nello spoglio del primo scrutinio, a qualcun altro venga voglia di scrivere quello stesso breve cognome, pescato fuori dalla politica e dall'ambiente tecnocratico-finanziario... 

Grazie alla redazione di Mataran, popolata da un discreto numero di #drogatidipolitica che - l'ho scoperto ora - seguono anche le evoluzioni di queste pagine: grazie per le loro idee stimolanti e per le loro trovate sulfuree, che smentiscono l'opinione generale in base alla quale i furlans non conoscono o non sanno praticare l'ironia.

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