giovedì 5 maggio 2022

Decreto elezioni 2022: election day, norme anti-Covid e tagliafirme (tardivo)

Com'è noto, il 12 giugno si terranno tanto i cinque referendum sulla giustizia (presentati ufficialmente da vari consigli regionali, avendo come principali promotori politici la Lega e il Partito radicale), quanto il primo turno delle elezioni amministrative nei comuni interessati (il Ministero dell'interno ne ha indicati 979), con eventuale ballottaggio previsto come sempre due settimane dopo, il 26 giugno. L'accorpamento delle due diverse consultazioni elettorali - scelto, come di consueto, "in un'ottica di contenimento della spesa pubblica" - è stato ufficialmente consentito e previsto grazie al decreto-legge 
4 maggio 2022, n. 41, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore proprio oggi. Vale la pena dare uno sguardo alle disposizioni, per verificare le loro ricadute concrete sulle procedure elettorali e preparatorie alle elezioni, soprattutto per i profili più interessanti per i #drogatidipolitica.

Quando si vota e quando si scrutina

Anche se può sembrare banale, è bene partire dalle disposizioni relative alla data di votazione: questa ovviamente non è stata stabilita con questa fonte, ma da decreti del Presidente della Repubblica, su decisione del Governo. Se dunque quei decreti presidenziali hanno indicato come data per il voto il 12 giugno, l'articolo 2 del decreto-legge n. 41/2022 ha precisato che, nei seggi in cui si vota tanto per i referendum quanto per le elezioni amministrative, "anche  quando disciplinate da norme regionali", occorre applicare le norme statali relative ai referendum con riguardo agli "adempimenti comuni", al "funzionamento degli uffici elettorali di  sezione" (degli uffici di seggio dunque) e  agli "orari della votazione" (dalle 7 alle 23); si applicano invece le norme sulle elezioni amministrative - sempre e solo in quei seggi in cui si vota per entrambe le consultazioni - limitatamente alla composizione degli uffici elettorali di sezione (che prevede la presenza di quattro scrutatori, non di tre come per i referendum) e all'entità dei compensi dei membri dei seggi. 
Le prime schede a essere scrutinate (subito dopo aver riscontrato il numero delle persone votanti per le varie consultazioni) saranno quelle dei referendum, urna per urna (e le operazioni, riguardando cinque quesiti, finiranno inevitabilmente ben oltre la mezzanotte, quindi si protrarranno nelle prime ore del 13 giugno). Lo spoglio delle elezioni amministrative si svolgerà a partire dalle ore 14 di lunedì 13 giugno.

Le norme legate alla pandemia Covid-19

Anche quest'anno, pur in condizioni ben diverse rispetto al 2020 e al 2021, si è ritenuto di dover prevedere norme eccezionali in materia di espressione e raccolta del voto, nonché di scrutinio delle schede per far fronte alla pandemia Covid-19, garantendo i diritti di chi intende votare e la sicurezza di chiunque partecipi alle operazioni elettorali. 
Innanzitutto si deve dare conto dei cosiddetti "seggi Covid", vale a dire le "sezioni elettorali ospedaliere costituite nelle strutture sanitarie che ospitano reparti Covid-19". In particolare, l'art. 3 riprende le disposizioni già dettate per il voto nel 2020 e 2021, con la costituzione di "sezioni ospedaliere" (che hanno lo stesso numero di componenti dei seggi "normali") anche nelle strutture sanitarie dotate di reparti Covid-19 aventi da 100 a 199 posti letto, per le quali di norma era previsto (prima della pandemia) solo un "seggio speciale"; questo invece, sempre istituito in strutture con reparti Covid-19, dovrà raccogliere il voto nelle strutture con meno di cento posti e di elettrici ed elettori in trattamento domiciliare, quarantena o isolamento fiduciario (che, in base all'art. 4, abbiano chiesto tra il 10° e il 5° giorno prima del voto di esercitare il loro diritto di elettorato attivo, con tanto di certificato medico). 
Come in passato, si è previsto che, per quegli uffici elettorali di sezione potenzialmente a maggior rischio di contagio, i membri ricevano "indicazioni operative in merito alle procedure di sicurezza sanitarie concernenti le operazioni elettorali e referendarie"; in più, come rimedio al rischio di rinunce dei componenti dei seggi ospedalieri e speciali (che negli ultimi due anni non sono mancati anche nei seggi ordinari, ma sarebbero certamente stati più plausibili nelle sezioni più "delicate"), si è di nuovo concessa la possibilità di nominare come componenti di seggio coloro che fanno parte delle unità speciali di continuità assistenziale regionale (Uscar) o delle organizzazioni di protezione civile che abbiano dato la loro disponibilità. (Mancando anche queste persone, i sindaci possono ricorrere alla nomina di loro delegati - spesso scelti in prevalenza tra i dipendenti comunali - purché siano iscritti nelle liste elettorali del comune.) Se nei comuni mancano strutture sanitarie con almeno 100 posti, i citati seggi speciali si possono istituire - evidentemente se emerge la necessità - anche in sezioni diverse da quelle ospedaliere; come extrema ratio si è prevista (come nel 2021) la possibilità di costituire un solo seggio speciale per due o più comuni, "sentita la commissione elettorale circondariale e previa intesa tra i sindaci interessati". A tutto il personale dei seggi - cui è garantito un onorario maggiorato della metà - sarà chiesta comunque la certificazione Covid-19, da poco "dismessa" per gran parte delle attività; per il voto raccolto a domicilio, infine, si chiede ovviamente di assicurare "con  ogni mezzo idoneo, la libertà e la segretezza del voto, nel rispetto delle esigenze connesse alle condizioni di salute dell'elettore". 
Con riferimento invece (innanzitutto) ai seggi ordinari, si conferma anche quest'anno - grazie all'art. 1 - la scelta di far inserire personalmente le schede nelle urne all'elettrice o all'elettore: ciò che in passato si praticava di solito in concreto (anche se la legge diceva altro e non era comunque possibile in caso di tagliando antifrode, dunque alle elezioni politiche e suppletive), ora - come nei due anni precedenti - è previsto per decreto "al fine di assicurare il distanziamento sociale e prevenire i rischi di contagio, nonché garantire il pieno esercizio dei diritti civili e politici". Fondi speciali sono poi previsti per sanificare i luoghi in cui saranno allestiti i seggi (meno aule scolastiche rispetto al passato, grazie alle risorse messe a disposizione lo scorso anno); come in passato, il governo provvederà a dettare "specifiche modalità operative e precauzionali" in appositi "protocolli sanitari e di sicurezza". Non manca poi una postilla (all'art. 4, comma 6), per cui tutte le disposizioni del decreto si applicheranno anche "alle elezioni regionali dell'anno 2022": il riferimento, con tutta probabilità, è innanzitutto al voto in Sicilia previsto per gli ultimi mesi dell'anno.

Contro il commissariamento facile (in attesa della "legge Augussori")

Il secondo comma dell'art. 6, relativo alle elezioni comunali, ribadisce per i comuni inferiori - dunque fino a 15mila abitanti - la norma inserita lo scorso anno in sede di conversione del "decreto elezioni": se si presenta un'unica lista (o, comunque, ne è ammessa una sola), perché la consultazione sia valida è sufficiente che quella lista ottenga un numero di voti pari almeno alla metà dei votanti, ma soprattutto che si rechi ai seggi almeno il 40% delle persone aventi diritto, non conteggiando ai fini della "platea" su cui calcolare quella percentuale gli elettori iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) che non abbiano votato.
Questa norma, pensata per ridurre il rischio che in comuni medio-piccoli o piccoli si creino le condizioni per la nullità del voto (il che accadrebbe di norma con la presenza di una sola lista e la partecipazione al voto di meno della metà dei soggetti aventi diritto) e il commissariamento, non sarebbe stata necessaria se si fosse compiuto l'iter di approvazione del disegno di legge che ha alla base essenzialmente un progetto presentato dal senatore leghista Luigi Augussori, già noto a chi frequenta questo sito con assiduità. Quel testo, infatti, mirava a rendere stabile l'abbassamento del quorum di validità per le elezioni nei comuni inferiori, per non penalizzare soprattutto quelli caratterizzati da emigrazione stagionale o da un alto numero di iscritti Aire; non mancava poi un'altra norma molto delicata, volta a reinserire l'obbligo di raccogliere un numero minimo di firme nei comuni sotto i mille abitanti, onde evitare il ripetersi di spiacevoli fenomeni di candidature esterne (e a volte inconsapevoli, dunque illecite). Il Senato aveva approvato il ddl il 26 maggio 2021; alla Camera, invece, solo lo scorso 21 aprile si è arrivati all'approvazione del testo in commissione, per cui non c'era più tempo per applicare queste regole alle elezioni 2022. Con decreto-legge, dunque, si è una tantum prevista almeno la norma anti-commissariamento anche per quest'anno, mentre anche quest'anno monitorare i comuni "sotto i mille" potrà riservare sorprese (e Massimo Bosso non mancherà di evidenziarle).

Sul voto degli italiani all'estero e dei "fuori sede"

L'articolo 6 contiene anche, al comma 3, "in considerazione della situazione politica internazionale e dei correlati rischi connessi alla cybersicurezza", il rinvio al 2023 della sperimentazione del voto elettronico per gli elettori residenti all'estero e per i "fuori sede". Per i primi occorre vedere le disposizioni contenute nell'art. 7 (che prevedono - per le elezioni future - la costituzione di quattro uffici decentrati per la circoscrizione estero presso le corti d'appello di Milano, Bologna, Firenze e Napoli, incaricati di scrutinare i voti provenienti dall'estero, aggiungendo altre norme in materia di trattamento delle schede e scrutinio, alcune relative espressamente al 2022); per i "fuori sede", invece, si tratta dell'ennesima occasione persa per rendere concretamente più facile l'esercizio del diritto di voto. 

La norma tagliafirme: più "fuori tempo massimo" che in "zona Cesarini"

Si è lasciata volutamente per ultima la norma contenuta nel breve comma 1 dell'articolo 6, in base al quale "Limitatamente alle elezioni comunali e circoscrizionali dell'anno 2022, il numero minimo di sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste e candidature è ridotto a un terzo". Si tratta esattamente della stessa riduzione inserita in sede di conversione del "decreto elezioni" del 2020 e ribadita nell'omologo decreto-legge dello scorso anno.
Tutto bene? Non tanto, anzi, quasi per niente. Certo non saranno contenti - e questo è ovvio - coloro che non vedono di buon occhio i tagli dell'unico vero onere di consistenza previsto per le liste a livello locale (per cui anche i partiti presenti in Parlamento, dal 1993 in poi, sono tenuti a raccogliere le firme se vogliono concorrere alle elezioni). Anche chi si attende che il taglio riempia le schede di liste e simboli, però, rischia di andare incontro a una delusione. Occorre infatti essere realisti e guardare il calendario: il decreto-legge è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale - salvo errore - nel tardo pomeriggio del 4 maggio, divenendo efficace il 5; le liste, però, dovranno essere presentate tra il 13 e il 14 maggio. In poche parole, chi voglia fruire della riduzione (cioè chi ora senta di poter raccogliere quelle firme, e non il numero di norma previsto) avrà a disposizione solo una settimana abbondante: davvero pochi, se si considera che la legge metterebbe a disposizione 180 giorni di validità delle autenticazioni (da calcolare a ritroso dalla data limite per la presentazione delle candidature). 
In concreto, questo significa che un numero limitato di liste potrebbe essere nella condizione di sfruttare davvero questa agevolazione: si può discutere dell'opportunità di questa scelta, che questa volta non ci si sente affatto di condividere, soprattutto con riguardo ai tempi in cui è stata presa. Il decreto-legge è stato approvato il 2 maggio 2022 e pubblicato due giorni dopo; il comunicato sul sito del governo, relativo al "decreto elezioni", nemmeno conteneva il riferimento al taglio delle firme (dato invece dai media), dunque fino a quel momento era lecito immaginare - come del resto si era scritto su questo sito - che non fosse in programma alcuna riduzione delle sottoscrizioni, anche per la situazione pandemica meno grave che nel 2020 e nel 2021 e per il venir meno di altre misure (a partire dal citato green pass). Anche dopo l'annuncio dato dai media, peraltro, solo la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale ha messo le forze politiche e i gruppi interessati a presentare liste in condizione di ragionare su un impegno più ridotto ai fini della raccolta firme; le forze politiche che fanno parte del Governo, invece, hanno avuto la notizia sicuramente almeno un paio di giorni prima (dal 2 maggio, cioè da quando il governo ha discusso la finalizzazione del decreto) e non si può escludere che abbiano avuto già prima sentore del futuro taglio. 
Per questo, chi scrive ha il timore - purtroppo non infondato - che il comma tagliafirme giovi soprattutto ai partiti medio-grandi, che potranno presentare liste con meno fatica, e assai meno alle forze più piccole, risultando meno equo dell'opportuno. Certo, il tempo per raccogliere le firme ancora c'è e naturalmente ogni partito o gruppo ha avuto tempo per organizzarsi e cercare di raccogliere il numero originario di sottoscrizioni (potendo così di fatto beneficiare di un - non del tutto atteso - abbassamento dell'asticella); il dubbio però che questa disposizione, entrata in vigore ora, aiuti alcuni più di altri resta e non aiuta a considerare positivamente il comportamento dei partiti maggiori sotto questo aspetto. 

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