giovedì 26 febbraio 2015

Simboli fantastici (5): Chi ha inventato il "Partitu du Pilu"?

Anche parlare dei simboli veri di partiti falsi richiede un minimo di logica. Così, dopo aver parlato di un finto pornoattore (Natalino Balasso da Zelig, con il tronchéto della felicità del suo "Listone") e di un vero attore hard (Alex Magni, pronto a scendere nell'agone politico con il partito della "sua" Cento x Cento, ovviamente solo come scusa per introdurre due suoi film), questa volta occorre scomodare il massimo esperto dell'ingrediente fondamentale di quasi tutti delle pellicole di cui è protagonista lo stesso Alex: il "pelo". Anzi, il pilu. Perché il protagonista di questa nuova puntata non poteva che essere lui, Cetto La Qualunque, il personaggio sfornato da Antonio Albanese che riesce a diventare sindaco del suo paese della Calabria infilando una scorrettezza dopo l'altra e a sbancare il botteghino con la sua prima apparizione cinematografica, Qualunquemente
Fu quella, dunque, nell'anno di non esagerata grazia 2011, la reale discesa nel campo della fantapolitica di Albanese (Cetto l'aveva interpretato anche a Che tempo che fa, ma senza una struttura vera e propria). L'anno dopo il fenomeno si sarebbe ripetuto, con Tutto tutto niente niente, ponendosi addirittura in concorrenza con le primarie del Pd, proponendo "le vere primarie" con Cetto, Frengo e Olfo. Di quell'episodio si è già parlato a suo tempo; qui interessa ricordare l'esordio, perché dal punto di vista simbolico è molto più interessante. 
Tutti ricordano, infatti, i vari gazebo montati nella piazza di turno per le primarie più singolari della storia, con un unico candidato in lizza: Cetto, ovviamente. Quella singolare iniziativa promozionale era stata studiata fin nei minimi dettagli dal direttore creativo della Fandango, Federico Mauro: c'erano moduli per le firme, adesivi, bandiere, spillette. E, ovviamente, non poteva mancare un simbolo (appiccicato sui finti manifesti e un po' ovunque nelle affissioni promozionali), disegnato in modo semplice e senza esperimenti grafici, ma indubbiamente chiaro: sul logo c'era il nome del partito e il concetto che doveva passare, "Vota La Qualunque", il tutto su colori a metà tra il glam e il trash, tinte che potevano stare benissimo sulla vestaglia del candidato unico o quasi, come si sarebbe poi scoperto guardando il film.
Proprio guardando la pellicola, però, i drogati di politica non potevano non notare un dettaglio non da poco. Perché il simbolo, quando la campagna elettorale entra nel vivo (cioè subito dopo l'incarcerazione grottesca di Melo La Qualunque), è molto più elaborato e in salsa tricolore: i toni della bandiera appaiono nel segmento inferiore, sotto al cognome "La Qualunque" (in una font Inserat che è impossibile non vedere) e nelle lettere della sigla del partito, prima non presente, evidentissima nella parte superiore dell'emblema. Da ultimo, se si deve osare è il caso di farlo davvero: per questo, anche l'occhio pigro non può non accorgersi che, tra l'acronimo tricolore e il nome del partito (tra l'altro nella sua dicitura dialettale più corretta, visto che fino a quel momento si era scritto "Partito" e non "u Partitu", forse per evitare malintesi dall'Alpe a Sicilia) e morbidamente posato il soggetto e l'oggetto della lista. Ecco dunque un pilu (o, per lo meno, qualcosa che vuole somigliargli), che si snoda mollemente da sinistra a destra, con tanto di guizzetti finali che somigliano tanto a una strizzatina d'occhio complice.
Inutile però cercare online un'immagine del simbolo completo (che lì sembra davvero fatto per le schede, visto che di norma non si scriverebbe mai "Vota..."): ci sono varie imitazioni, magari parodie della grafica Pd, ma questa non c'è, nemmeno sulla copertina del dvd. Sulla cover del cd della colonna sonora, invece, il logo usato nel film occhieggia ancora: occorre accontentarsi di quello per rievocare lo sdoganamento pubico più sfacciato e più finto. Anche se una mano birichina il "Partito della gnocca" al Viminale l'aveva presentato dieci anni prima...

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