lunedì 9 marzo 2015

Fondazione An, tensioni sul patrimonio (e sul simbolo)

Il giorno esatto di giugno della convocazione ancora non c'è, ma sul futuro della Fondazione Alleanza nazionale la tensione è salita subito alle stelle e - bisogna ammetterlo - alcuni protagonisti non hanno fatto nulla per nasconderlo. Non ci si risparmiano accuse, additamenti e insinuazioni (anche a mezzo social network, davanti a tutti o quasi), senza che ancora ci siano idee pubbliche definite su cui lavorare. 
Nella lettera con cui ha convocato l'assemblea "straordinaria" degli aderenti alla fondazione, il presidente Franco Mugnai ha messo in luce i punti di forza e di fragilità della realtà da lui guidata: "siamo un soggetto forte perché ricco di potenziali grandi energie, che sia pur in parte, ha già preso a dispiegare". La fondazione però è anche fragile "perché, riproducendo all’interno di uno schema strutturale rigido e in dimensione numeriche infinitamente più anguste tutte le diverse e spesso contrapposte sensibilità del nostro Partito di provenienza, necessita, per questa sua tendenziale fragilità, della costante ricerca di punti di equilibrio". 
Sono proprio quei punti - assolutamente necessari per il percorso unitario che, per Mugnai, è l'unico possibile - che però in questo momento sembrano latitare. Da una parte Giorgia Meloni ricorda di avere richiesto alla fondazione poco più di un anno fa l'uso del simbolo di An "impegnandomi a garantire una continuità con quei valori ma anche impegnando Fratelli d’Italia a rinunciare a qualsiasi pretesa sul patrimonio": per lei la fondazione deve restare tale, magari con la creazione di un centro studi (lo dichiara al sito Barbadillo) che supporti l'azione di chi vi si riconosce, ma "pensare di utilizzare la Fondazione An o suoi organismi, frutto in gran parte di cooptazioni, per forzare processi politici, lo trovo sbagliato e inefficace".
Qualcun altro la forzatura di progetti politici non la paventa proprio e punta ad altri terreni, molto più delicati: "Se qualcuno pensa di cancellare le proprie sconfitte e i propri errori politici creando un nuovo partito con i soldi della Fondazione, si sbaglia di grosso". Sono alcune delle parole, nient'affatto accomodanti, di Maurizio Gasparri, il più in vista tra gli ex An attualmente iscritti a Forza Italia (insieme ad Altero Matteoli): per lui una scelta simile creerebbe "un contenzioso infinito", anche perché a suo dire la discesa in campo della fondazione come partito sarebbe contrario alle finalità indicate nello statuto (ma avrebbe ragione, se si volesse dare luogo a un partito volto a "promuovere il patrimonio politico e di cultura storica e sociale" della destra italiana, magari con gli stessi scopi di Alleanza nazionale?)
Il sospetto che qualcuno potesse puntare alla cassa che fu di An l'aveva avuto anche la Meloni ("È un modo per cercare di rieditare un qualcosa che non c’è più, per mettere in pista persone che hanno già dato, forse anche per provare a mettere le mani sul patrimonio. E quindi non m’interessa"). In compenso, dalle colonne del "suo" Giornale d'Italia, Francesco Storace non ha risparmiato almeno un appunto alla leader di Fdi: "È legittimo che la Meloni consideri chiusa quell'esperienza. Eppure, proprio in questa settimana Fratelli d'Italia ha ottenuto dalla fondazione An, e contrariamente al solito la Meloni era presente alla riunione del cda, il simbolo del partito anche per le elezioni regionali ed amministrative 2015. E' un modo - e sarebbe una sorpresa - per non usarlo più evitando che sia concesso ad altri? Altrimenti, se il simbolo di An verrà usato da Fdi anche in questa tornata elettorale, quella frase non si spiega. Il passato è fra tre mesi?"
Sul sito di Prima l'Italia (realtà legata a Gianni Alemanno), in compenso, appare il commento non proprio entusiasta di Francesco Biava, segretario dell'associazione, vicepresidente della stessa fondazione e tra i primi a divulgare la notizia dell'assemblea a giugno: "Non c’è nessun gruppo di oscuri malfattori che cerca di impadronirsi di un fantomatico tesoretto, ma un semplice quanto dovuto richiamo alla democrazia e all’adempimento dei compiti statutari. I più di mille soci regolarmente iscritti devono decidere, una volta per tutte, se questa Fondazione deve servire solo a creare un museo della nostra storia o provare a contribuire, proprio in nome dei valori della Destra, a ricostruire una Casa comune per tutti coloro che in questi valori si ritrovano e comunque a incidere nell’attuale devastato scenario politico". Quella sarebbe l'occasione per coinvolgere davvero tutti coloro che si ritengono di destra (anche chi per età non ha fatto parte di An): chi vuole lasciare la Fondazione ai suoi compiti storici e culturali, per Biava,  può farlo, ma senza agitare lo spettro il sospetto del "tesoretto".
Interessata al possibile futuro politico della fondazione è anche Isabella Rauti, moglie di Alemanno e animatrice di Prima l'Italia (non aderente alla fondazione): "Se si trasformasse in un partito, sarebbe senza dubbio un interlocutore privilegiato col quale dialogare per veder finalmente riunita la destra. Non si tratterebbe di rifare An tale e quale, ma solo di inserire il nuovo contenitore in un processo di riaggregazione e allargamento della destra".
La partita, come si vede, non è affatto chiusa e ha permesso a vari giornalisti - a partire da Carlantonio Solimene, che oggi sul Tempo ha firmato una pagina intera sul tema - di occuparsi di un tesoro dal futuro incerto. A sbarrare la strada a eventuali idee "improprie" sui beni della fondazione pensa Assunta Almirante, con un intervento in prima pagina, sempre sul Tempo di oggi: "Per fare un partito servono gli iscritti e quelli che oggi siedono in Fondazione sono solo membri di una commissione che amministra soldi appartenuti ad altri. Quei quattrini sono stati donati al partito in gran parte da simpatizzanti del Movimento Sociale (non certo di An). (...) Oggi questi signori si litigano il tesoro che Giorgio ha lasciato loro dopo averlo accumulato fra grandi sacrifici e indicibili difficoltà. È bene, dunque, che gli attori di questa sceneggiata si ricordino che i soldi nella cassa della Fondazione Alleanza Nazionale vanno usati per opere di bene, per assistenze ospedaliere, per mantenere le sedi di chi ha continuato a battersi per gli ideali di un tempo". Le daranno retta? E il simbolo, che è pur sempre parte del patrimonio immateriale della fondazione (e prima ancora del Msi-An), tornerà a tutti gli effetti in pista o la fiammella potrà essere lasciata in pace?

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