giovedì 19 marzo 2015

Simboli fantastici (6): Asfalto che ride di Pravettoni, non c'è partita

Bisogna proprio dirlo: alle volte si inizia un percorso e lo si traccia, senza sapere che qualcuno lo farà durare - piacevolmente - più del previsto. E' stato così anche per i "Simboli fantastici", nati per trovare un fil rouge tra quegli emblemi che qualcuno aveva creato sul serio per dare corpo (per un'apparizione fugace o per appuntamenti ripetuti) a partiti che di reale avevano ben poco, salvo il sembrare a volte più plausibili di certe sigle partorite da chi la politica vorrebbe farla sul serio. 
Così, dopo aver inaugurato la serie con il Paperon de' Paperoni del Partito socialista aristocratico (Spa, della banda del Male) e avendo proseguito con gli improbabili salvagenti di Proloche e del Listone Balasso, è capitato che l'amico Massimo Bosso, conosciuto proprio a causa di vicende "simboliche", piazzasse lì un commento apparentemente innocuo: "Ed adesso un articolo sulla lista Asfalto che ride di Carcarlo Pravettoni". Aveva lanciato un semino, non sapendo che aveva già attecchito.
Chi scrive sconta tuttora un peccato originale: non avere mai - dicasi MAI - guardato Mai dire gol. Eppure il 1996-1997 era stato un anno speciale, l'anno (per dire) in cui Daniele Luttazzi aveva lanciato il telegiornale sgangherato e imperdibile di Tabloid e, appunto, un esilarante Paolo Hendel, dopo aver inaugurato l'anno precedente il personaggio di Carcarlo Pravettoni (un campione maligno delle ricerche di mercato, Nando Pagnoncelli lo avrebbe guardato con sospetto) aveva deciso di far morire tutti dalle risate trasformando il Pravettoni nel più assurdo dei manager. Dall'alto del suo ufficio dirigenziale della multinazionale Carter & Carter (scalata per ragioni "di letto", più che di merito), avrebbe potuto continuare ad accontentarsi di "produrre il futuro", dando i natali nello stesso stabilimento a creme contro i brufoli e allo stracchino, studiando per anni orologi usa e getta e pandori con lo zucchero a velo fissato con la colla. Eppure non si è fermato lì.
Già, perché il 17 marzo 1997 può iscriversi a buon diritto tra le date indelebili della fantapolitica: in quel giorno, Carcarlo Pravettoni ha annunciato al pubblico l'intenzione di candidarsi a sindaco di Milano (e la voce fuori campo, un po' mixeriana e un po' mentaniana di Walter Fontana avrebbe subito potuto commentare "... e la lira s'impenna!"). Poteva sembrare una moda, visto che qualche tempo prima aveva annunciato la propria candidatura anche Gianfranco Funari (facendo la fortuna di Corrado Guzzanti), ma il Pravettoni l'aveva pensata bene. Perché con il suo team, progenitore dei think tank che sarebbero venuti molto più tardi (e che comprendeva menti fine come quelle di Topo Gigio, Maciste, Provolino e Zorro, ma anche Sandokan come curatore di immagine), aveva messo in piedi la lista Asfalto che ride, con il proposito di essere il sindaco di tutti i milanesi con un reddito superiore ai 500 milioni annui e, soprattutto, con un programma elettorale niente male. 
Le ricette erano assolutamente innovative: chiusura delle isole pedonali, pensionamenti delle piste ciclabili in favore di circuiti per i go-kart di bambini ricchi, presa di consapevolezza che "Milano è troppo verde" e per questo gli animali sporcano la città. C'era persino l'idea di mettere mano in fretta al sistema elettorale, suggerendo una formula a punteggio, pesando il voto in base al reddito e attribuendo ai miliardari la scheda Golden Vote, che dava diritto a votare telefonicamente e a piacimento, oltre a concedere un bonus di tre reati comunali al mese (dal parcheggio selvaggio all'insulto libero ai vigili). Il tutto, ovviamente, scandalizzando la Gialappa's e con la certezza che Milano dovesse essere gestita come un'azienda, "anzi, come una mia azienda. Per prima cosa ho intenzione di intestarla a mia moglie, per risparmiare quel 20% buono di tasse", magari risparmiando qualcosa di più trasferendo la città in un paradiso fiscale.
Fin dall'inizio, però, la grafica ha costituito un valore aggiunto. Prima ancora che fosse disegnato, Carcarlo Pravettoni aveva in testa il simbolo della sua lista: "il sole che ride ingoiato da una betoniera" ("Così almeno smette di ridere, l'imbecille", avrebbe aggiunto anni più tardi). Due puntate più tardi, il 7 aprile, il simbolo si sarebbe materializzato sulla sua scrivania, ma ne erano pronti a detta sua altri due. Il secondo rappresentava "la betoniera ha mangiato il solicino - slurp - e si lecca i baffi", ma i grafici non avevano avuto cuore di preparare il terzo, bastando il braccio scattante di Pravettoni a evocare la cacatio del povero sole.
Nelle settimane successive il personaggio di Hendel ebbe un successo strepitoso, da fare invidia a più di un opinion maker: apparve persino al fianco di Francesco Rutelli (allora sindaco di Roma) in una campagna contro le affissioni selvagge. Non ci arrivò alla fine sulle schede l'Asfalto che ride, come non ci arrivò la lista di Funari: Pravettoni, in compenso, rilasciò all'AdnKronos una dichiarazione fulminante, per cui la mancata presentazione della lista "è stata solo una svista perché ci siamo accorti troppo tardi che a Milano si votava per l'elezione del nuovo sindaco", ma era tempo nella nuova stagione di puntare alle prime poltrone di Roma e Napoli (lo avrebbe detto pure all'Unità), perché "un bravo sindaco deve essere capace di esserlo in ogni città e farlo anche contemporaneamente in più comuni". Eppure qualcuno dev'essere stato proprio dispiaciuto di non trovare il sole e la betoniera sulle schede: quelli di Sorrisi e canzoni erano pronti a giurare che qualcuno il nome di Pravettoni sulla scheda l'avesse scritto. Risultato, scheda nulla, ma volete mettere la soddisfazione?

Questo post non può terminare senza i ringraziamenti dovuti e meritati, oltre che a Massimo Bosso, a Francesca Doati (ufficio stampa Agidi) e Claudia Soffritti (Biblioteca dell'Assemblea legislativa - Emilia Romagna) che hanno provato a cercare il simbolo, ma soprattutto ai ragazzi di Maidire.it che, grazie alle puntate di allora, mi hanno permesso di tirare fuori i fotogrammi di ricordi altrimenti irrimediabilmente persi. Grazie, anche a nome degli asfaltati (del sole in betoniera, un po' meno). Ovviamente i fotogrammi non mi appartengono e non vogliono ledere il diritto di Mediaset... ma vi prego, questa è memoria ed è cultura, nessuno ci guadagna, ma se si perde è persa...

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