domenica 1 maggio 2022

Ettore Vitale, una lezione da sfogliare (ben oltre il garofano del Psi)

Capita di dover attendere a lungo certi appuntamenti, rimandati più volte per la difficoltà di incastrare tutto e per nuove cause di forza maggiore: quando finalmente arrivano, riescono a non perdere un grammo del loro valore. Questo vale anche per gli appuntamenti da sfogliare, che chiedono e meritano tanta attenzione e - va da sé - tanto tempo, per prepararli in ogni dettaglio e poi per goderseli in pieno (e prendendosi il lusso di tornare indietro di qualche pagina, riguardare meglio, cercare qualche particolare che forse era sfuggito o - perché no - aprire a caso, certi che apparirà qualcosa di valido e di interessante).
Questo è certamente il caso del volume di Ettore Vitale Segno Memoria Futuro. In questo sito ne era stata annunciata l'uscita come imminente oltre due anni fa, quando si era pubblicata la ricca conversazione con il suo autore, nata per raccontare la genesi del simbolo adottato dal Partito socialista italiano nel 1979, con il garofano come elemento dominante. Già in quell'occasione era apparso chiaro che focalizzare l'attenzione su quella creazione, per quanto importante fosse (soprattutto per i #drogatidipolitica), significava perdere di vista o trascurare troppe tappe di un percorso intenso, sviluppatosi in molte direzioni e mai - davvero mai - in maniera banale. Il volume in uscita, agli occhi di chi scrive, avrebbe offerto un'ottima occasione "per tenere insieme tutte le puntate di una storia", quindi bastava aspettare un po' per poterne parlare. L'avvento dell'era Covid-19, oltre a imporci il "suo marchio speciale di speciale disperazione" strappando vite e infliggendo dolori, ha anche rallentato di molto il percorso verso la pubblicazione, rendendolo accidentato. Da un paio di mesi, per fortuna, il libro è diventato realtà, pubblicato da Aiap Edizioni, la casa editrice dell'Associazione italiana design della comunicazione visiva (Aiap): sul sito è possibile acquistare il volume (440 pagine, 58 euro, prezzo ridotto a 46 euro per gli studenti, un riferimento - come si vedrà tra poco - per nulla casuale), preparandosi a un viaggio lungo, ricco di tappe, scoperte e riscoperte.

Un libro-lezione nato da un incontro  

Ricevuto il libro - la cui mole già racconta da sé l'ampiezza del viaggio cui ci si appresta - diventa inevitabile dare una prima scorsa veloce, per rendersi conto di cosa si sta per vedere. E mentre varie immagini si avvicendano e alcuni tratti comuni o costanti iniziano ad emergere (fin dalla prima pagina "riassuntiva"), si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un catalogo di un'attività iniziata nei primi anni '70 (e in realtà anche prima). Può sembrare questo, eppure non è così: Segno Memoria Futuro è innanzitutto una lezione da sfogliare. Innanzitutto perché all'origine del volume c'è proprio una lezione, che alcuni anni fa Ettore Vitale è stato chiamato a tenere a studenti del Corso di Laurea Magistrale in Design, Comunicazione Visiva e Multimediale della Sapienza Università di Roma, ateneo nel quale Vitale aveva già tenuto un corso di grafica (l'intervento era stato intitolato dal relatore Il campo della grafica, immagine particolarmente felice: un campo ha una sua estensione, va seminato e curato perché possa portare frutti, con una dedizione che richiede tempo e - prima ancora - deve essere "educata"). 
C'era molto da mostrare, ovviamente, ma soprattutto da raccontare e da spiegare a persone che volevano affacciarsi al mondo della grafica e provavano interesse per l'esperienza di un professionista (un "progettista grafico", così si definisce lui stesso) che per molti anni ha legato il proprio nome a tanti progetti in settori diversi e con tecniche differenti. Era un peccato, però, che quel racconto fosse limitato solo alle persone presenti a quella lezione, anche perché i progetti e le creazioni di Ettore Vitale negli ultimi cinquant'anni hanno incrociato gli sguardi e le vite di un gran numero di italiane e italiani - anche senza che loro se ne accorgessero - attraverso la grafica politica e sociale, la comunicazione di servizio, la pubblicità, le sigle televisive e altri tipi di linguaggio. Questa storia meritava di essere raccontata a un pubblico ben più vasto e con il tempo necessario, con tante immagini di quella ricca galleria di creazioni accompagnate parole dell'autore e quelle di chi nel corso degli anni si è occupato di quei progetti, osservandoli e analizzandoli.
Ettore Vitale per Autovox
Segno Memoria Futuro
 è nato proprio così, traducendo quest'idea in pagine da sfogliare: i testi introduttivi per collocare a dovere l'esperienza di Vitale in quel "campo della grafica" di cui si parlava; i pensieri dell'autore stesso, validi come "chiave" per tutta la sua opera di progettista grafico; tante, tantissime immagini dei lavori prodotti, arricchite dai commenti di Vitale e di chi - come critico, artista, esperto o giornalista - aveva già scritto di quelle stesse creazioni. Completano il volume la traduzione in inglese di gran parte dei testi abbinati alle immagini (per una fruizione non limitata al solo pubblico italiofono) e un'amplissima raccolta dei testi critici che nel corso del tempo sono stati dedicati all'opera di Vitale. Difficile, a questo punto, parlare solo di un catalogo: è piuttosto una guida a un'esperienza unica, chiaramente con uno sguardo al passato (e alla memoria dei suoi tanti episodi, più o meno noti), ma sempre pronta a rivolgersi al futuro, per chiunque voglia addentrarsi in quel campo e provare ad attraversarlo, a coltivarlo a suo modo, a trovare sentieri non battuti o comunque stimolanti.  

Alle origini e nei dintorni del segno

Ettore Vitale per Arflex
Per poter inquadrare nel modo migliore l’opera creativa (e costruttiva) di Ettore Vitale, lunga mezzo secolo, è difficile prescindere dal saggio che Carlo Martino (professore ordinario di design alla Sapienza Università di Roma, proprio il docente che ha invitato Vitale a intervenire nel suo corso) ha posto in apertura del volume. Il titolo scelto per il testo - Lasciare il segno - appare particolarmente azzeccato: con un numero rilevante di idee, progetti, realizzazioni, Vitale è riuscito a "rimanere impresso nella memoria"; anche quando la singola opera ha goduto di minore fama, a essere rimasto impresso - lasciando appunto il segno - è stato lo stile stesso di Ettore, ben riconoscibile in molte delle realizzazioni ospitate nel libro.
Ettore Vitale per Comforto
Un ruolo fondamentale e - per dirla con Edmondo Berselli - seminale è stato riconosciuto agli anni '70 e, in particolare, alla grafica politica di quei tempi, specie quella con base a Roma: i nomi più rilevanti e ricorrenti, guarda caso, sono quelli di Michele Spera (Pri), Bruno Magno (Pci) e, ovviamente, Ettore Vitale (Psi, ma non solo). Quell'ambiente si è evoluto e ha cambiato forme e manifestazioni, ma fin dall'inizio Vitale ha mostrato la sua poliedricità, abbinata a un'inesauribile - ed essenziale - curiosità, pronta a trasformarsi in eclettismo. Chi avesse in testa soprattutto i manifesti e le campagne concepite da Ettore Vitale per il Psi, la Uil e altre realtà politiche potrebbe rimanere particolarmente colpito vedendo che tra i suoi primi progetti notevoli (raccolti puntualmente nel libro) ci sono le campagne promozionali per Autovox (con l'avvento dei televisori a colori marcato da "uno schermo tv costruito da fasce orizzontali bianche su fondo nero che si apre formando un occhio con la pupilla a fasce colorate, una composizione dichiaratamente optical": per Martino è un "occhio che guarda, in alternativa allo schermo che solitamente viene guardato, [...] una sorta di grande fratello che però, grazie all'introduzione del colore e alla rivisitazione del tema delle fasce cromatiche dello schermo, nonché al rimando alla solarità/mediterraneità delle persiane alla veneziana, risulta nel complesso un messaggio caldo e non inquietante"), la progettazione delle vetrine per l'azienda di mobili Arflex (si trattava di allestimenti in cui si collocava il prodotto "fuori dalla logica dell’arredamento inserendolo, invece, nel segno") e, in seguito - oltre a lavori per Bpd-Snia e Tecnolyte - vari progetti grafici per un'altra azienda di mobili, la tedesca Comforto. Già qui emergono il rigore grafico, l'attenzione alla geometria (piana e solida, a dispetto del supporto bidimensionale) e al testo (con un uso prevalente della font Helvetica), il tema dei "fili" (rossi, ma non solo) che si affacceranno ciclicamente o in modo costante in tante creazioni di Vitale.
Ettore Vitale per la Rai: Primo Piano
Negli anni '80 un campo di rilevante espressione per il progettista grafico è stato rappresentato dalle sigle televisive, tutte realizzate per la Rai: ai primi effetti speciali, che in quel periodo andavano per la maggiore, Vitale ha scelto di contrapporre un uso più consapevole e schietto dell'immagine, diretto a raccontare e rappresentare davvero il programma (cosa che, a ben guardare, sarebbe il compito vero e originale di una sigla televisiva), più che a stupire lo spettatore potenziale o affezionato.
Ettore Vitale per la Rai: Il breve volo della giovinezza
e La Lanterna magica di Ingmar Bergman
Vitale ha ottenuto questo risultato adottando varie tecniche, alternando l'illustrazione (con il gusto della sfumatura e del colore morbido) all'impiego delle fotografie e alle costruzioni geometriche, trasportate dall'universo immobile delle stampe o degli allestimenti all'ambito mobile per eccellenza della televisione. Ciò che può sembrare una "deviazione" rispetto a quanto di Vitale si è visto sin qui o a quanto è più noto acquisisce in realtà rilievo come "via personale" al genere interpretato, come strada battuta con convinzione senza mai omologarsi, ma cercando una soluzione originale e, anche per questo, destinata a farsi riconoscere.
Anche le campagne statiche e bidimensionali realizzate per la Rai nel corso degli anni sono riuscite a comunicare l'idea di qualcosa che si muove, di un "fermoimmagine" di una realtà dinamica, che attende di svolgersi (come un nastro, una forma in movimento o un contesto di fili pulsanti) davanti e con lo spettatore o il partecipante al singolo evento. L'impressione è che i progetti e le rappresentazioni di Vitale tendano di norma a rappresentare la complessità in modo semplice (con strumenti lineari e comprensibili), senza avere tuttavia la pretesa di semplificarla, come oggi capita sin troppo spesso.
In tutto questo emerge forte il ruolo del "segno", come Ettore Vitale aveva già messo in luce nella conversazione ospitata su questo sito. Lui stesso scrive nel volume che "il segno grafico è portatore di significato quando è il risultato di un'analisi e di un processo mentale. Una combinazione il cui risultato è racchiuso nella forma derivante dal contenuto"; Carlo Martino aggiunge che il segno è "una sintesi di un percorso di analisi, di una successiva fase di conoscenza, seguita dall'individuazione delle problematiche e dalle possibili soluzioni - Design Thinking - e ammette, anche nel suo comporsi, la casualità". Quel frutto pensato dell'unione di significato e significante (che, con riferimento ai partiti, dovrebbe essere rappresentato - guarda caso - dal simbolo, come unione tra espressione identitaria e rappresentazione concreta) può vivere di vita propria, anche al di fuori del contesto originario (e al di là del significato che gli era stato attribuito dal creatore: lo stesso Vitale l'ha sperimentato, anche suo malgrado). Quando questo riesce, ha il sapore di una sfida vinta.
Poco importa, in fondo, che ciò riguardi un prodotto da pubblicizzare, un'idea politica da comunicare e far arrivare a chi guarda, un nuovo luogo da identificare e far conoscere (com'è avvenuto per il logo e l'intero sistema di comunicazione dell'Auditorium Parco della Musica di Roma). Ciò che conta davvero è che, come scrive Mario Piazza (già presidente Aiap) nel suo testo introduttivo, "i segni per Arflex, per il Partito Socialista, per la Uil, per la Rai, per Autovox, per l'Auditorium di Roma ci mostrano il 'museo' della grafica di Vitale, ma soprattutto sono 'tizzoni ardenti' per farci riflettere, discutere e ancora da usare per comunicare". Questo perché il grafico, il progettista grafico non è, come sottolinea l'attuale presidente di Aiap Marco Tortoioli Ricci, "un semplice prestatore di servizi e di manualità, ma un autentico interprete del proprio tempo, non solo capace di portare avanti un proprio stile, quanto piuttosto di intercettare le necessità di una comunità di riconoscersi in una voce collettiva, di avere uno sguardo alto e prendere posizione".

Vitale e il Psi: non solo il garofano

Volendo parlare del libro di Ettore Vitale su questo sito, è impossibile non dedicare una parte importante dello spazio ai progetti e ai materiali prodotti per il Partito socialista italiano, a partire dai primi due manifesti, commissionati allo stesso Vitale per il 25 aprile e il 1° maggio del 1973. Due manifesti, due immagini potenti, che sono rimaste impresse nella mente di chi le ha viste (lasciando, appunto, il segno). E se il libro contiene un bellissimo dettaglio del foglio nero strappato su fondo rosso (quasi a voler far apprezzare il dettaglio della frattura da sanare, da un punto di vista finora riservato a chi aveva visto il manifesto originale da vicino), non si può restare indifferenti davanti al manifesto del 1° maggio - e non a caso quest'articolo viene pubblicato proprio oggi - che riaccosta due segni tradizionali del socialismo, il pugno chiuso e il garofano, ridando vita (anche socialista) al primo e restituendo piena visibilità al secondo, preparandolo a diventare simbolo del Psi.
Il volume, pur non dedicando spazio alla nascita del simbolo tra il 1978 e il 1979 (per cui si rimanda interamente alla nostra conversazione con Ettore Vitale), contiene vari manifesti che contengono quello stesso simbolo (e anche, per quelli più recenti, il nuovo fregio col garofano elaborato da Filippo Panseca). Nel dare conto della propria opera ventennale per il Psi, in un passaggio cruciale Vitale sottolinea un concetto con attenzione, come a voler chiarire definitivamente ogni equivoco: "Ho mantenuto sempre un rapporto esclusivamente professionale con la grafica politica. Non mi sono mai iscritto al Partito Socialista e a nessun partito, pur avendo da sempre un orientamento di sinistra, perché ritengo l'appartenenza ad un partito una condizione limitante della propria visione della realtà politica e sociale, specialmente con riferimento alla mia attività di comunicatore visivo".
Sempre con riferimento alla lunga opera prestata per il Psi, poco più avanti è molto significativa un altro intervento di Ettore: "Rinnovare l’immagine di un partito non è una operazione facile, vanno superate barriere dovute alla storia di quel partito e alla insicurezza dei dirigenti nell’affrontare l’idea di novità. Fortunatamente il Psi ha capito la necessità di intraprendere la via di un nuovo linguaggio per la propria comunicazione". In queste poche frasi emerge chiaro un punto fermo (che chi scrive ha potuto apprezzare anche nelle varie conversazioni avute con l'autore): a guidare il rinnovamento dell'immagine del Psi è stato Ettore Vitale, non il partito stesso e chi era al suo vertice. Con i primi due manifesti del 1973, così diversi da quelli consueti fino a quel tempo, Vitale ha certamente rischiato, andando incontro alla possibilità che quei progetti non fossero compresi e graditi e che, dunque, il rapporto con il committente non proseguisse: non fu così e il Psi si affidò a Vitale fino al 1992. Di certo lo fece avendo intuito l'importanza e il bisogno prima di cambiare linguaggio, poi - soprattutto con l'arrivo di Bettino Craxi alla segreteria - di renderlo sempre vivo; a decidere la direzione, le forme e i linguaggi, tuttavia, è stato sempre Vitale, che "ha fatto del proprio personale impegno civile una cifra stilistica", come ha sottolineato nel suo testo Luciano Galimberti, presidente dell'Adi - Associazione per il disegno industriale (vale a dire il soggetto che ha assegnato per tre volte a Vitale il Compasso d'oro, nel 1984 proprio per l'immagine coordinata del Psi).
La stessa cifra stilistica emerge nei progetti politici non relativi al Psi, a partire dal lungo e articolato lavoro svolto per l'Unione italiana del lavoro, a partire dalla fine degli anni '70 e per oltre un ventennio. Lo stesso Vitale racconta come in una prima fase sia stato necessario "dare alla Uil una identità attraverso un coordinamento della comunicazione visiva", in particolare adottando "immagini strutturate geometricamente, con forme solide, per comunicare l’idea di aggregazione e di costruzione di una rinnovata immagine", recuperando anche l'idea del "filo rosso" adottata già in precedenza.
Il lavoro per il sindacato è proseguito in molte direzioni, con particolare attenzione per alcuni momenti fondanti della vita della Uil, inclusi i congressi: dell'undicesima assise, tenutasi nel 1993, il volume ricorda l'impresa dell'allestimento scenografico del congresso - di cui Vitale aveva già parlato nella nostra conversazione - e la grafica congressuale del nastro multicolore che, dopo vari usi e adattamenti, nel 1998 sarebbe diventato il nuovo marchio del sindacato (che, pur con altre modifiche, resiste tuttora).
Molto prima dell'idea di quel nastro, peraltro, si può trovare il "segno gestuale" (così lo chiama Vitale) che campeggia sul mensile Pace e Guerra (legato a Luciana Castellina, Claudio Napoleoni e Stefano Rodotà): "le due forze opposte - spiega l'ideatore - si fronteggiano in una situazione di stallo. Le due frecce, in una configurazione dinamica, sembrano non avere né l'una né l'altra la possibilità di contrastare la forza contraria. Nel segno non sappiamo quale sia la pace e quale la guerra, proprio perché queste due opposte visioni del vivere sono sempre state in un equilibrio instabile e identificarle visualmente risulta purtroppo ancora impossibile". Un segno che tuttora, purtroppo, mantiene forte la sua drammatica attualità.
Questa spiegazione è ora accessibile, grazie al volume di Vitale; certo non era scontato che lo stesso, identico messaggio passasse al tempo in cui il segno fu coniato. Eppure la forza di quest'ultimo è indubbia, anche a distanza di tanto tempo: è la prova, una volta, di più, tanto del valore del segno quanto dell'innovazione che sta dietro. Non a caso, nella pagina del volume dedicata alle conclusioni, Vitale si rivolge così ai lettori, agli appassionati e agli aspiranti grafici: "Insistere sul concetto di unicità del segno che ci appartiene perché, appunto, tracciato da noi senza alcuna mediazione o condizione esterna, ci riporta, in relazione al concetto di innovazione, alla convinzione che ognuno di noi ha una potenzialità - a volte inespressa o sottovalutata - che ci consente di sviluppare concetti innovativi spesso assopiti per ragioni di 'tranquillità' intellettuale. Perché la ricerca dell’innovazione presuppone impegno e consumo di energia". Di certo Segno Memoria Futuro è ricco di questa energia, riversata nei tanti progetti cui Ettore Vitale ha dato corpo in oltre mezzo secolo di attività. Di tutto questo, chi ha vissuto anche solo un briciolo di quegli anni (o magari tutti) deve davvero essergli grato. Dimostrarlo è facile, anche solo sfogliando il volume una volta di più, per cercare un manifesto, un dettaglio, un segno da riscoprire.

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