venerdì 17 marzo 2023

Rotondi e quella voglia di "ritorno alla Dc", con ostacoli giuridici annessi

Uno scherzo, ma neanche troppo
Le ultime elezioni regionali hanno creato l'occasione per dare nuova linfalla "voglia di Democrazia cristiana" e per ottenere nuovattenzione da parte dei media per un progetto che qualcuno ha prontamente battezzato come "Balena Bianca 3.0". In effetti, dopo il risultato non esaltante delle elezioni politiche della lista Noi moderati, cui partecipava l'Udc (7 deputati e 2 senatori eletti con la coalizione nei collegi uninominali, ma un risultato sotto l'1% - inutile perfino per il risultato complessivo del centrodestra - per una lista che univa visivamente ben quattro simboli), l'1,61% ottenuto in Lazio dalla lista Unione di centro - Verde è Popolare e l'elezione di un consigliere regionale nella coalizione di centrodestra sostegno di Francesco Roccè stato considerato un esito tutto sommato soddisfacente, pur menomato dal passo falso capitato in Lombardia (ove la presentazione della lista centrista è saltatper difetti nei documenti depositati). 
Era pressoché inevitabile, dunque, che le agenzie e vari media dessero spazio alle dichiarazioni di Gianfranco Rotondi, presidente di Verde è Popolare e riconfermato deputato pochi mesi f(settima legislatura tra Camera e Senato, la sesta consecutivanel collegio uninominale di Avellino, in nome di tutto il centrodestra e iscritto per la prima voltal gruppo di Fratelli d'Italia. Rotondi, dunque, il 27 febbraio ha dichiarato ad Adnkronos di aver trovato un accordo con l'Udc, dalle ricadute politiche, nominali e simboliche non indifferenti''E' stata raggiunta un'intesa con Lorenzo Cesa e Antonio De Poli, per riunificare i due partiti democristiani del centrodestra. [...] L'ipotesi più gettonata è riassumere la denominazione 'Democrazia cristiana' in modo da coinvolgere anche i numerosi partiti che negli ultimi anni hanno provato a riattivare la Dc storica". E il simbolo? "Resta quello dello scudo crociato che ho postato oggi sui social - aveva risposto Rotondi - e in prospettiva potrebbero essere tolte la dicitura 'Verde è Popolare' e Udc".
Il progetto non arriva in un momento qualunque della politica italiana (ammesso che ne esistano, come non esiste il caso), ma in una fase in cui l'arrivo di Elly Schlein alla segreteria del Partito democratico potrebbe provocare più di un movimento tra i cattolici (dem e non solo). Posto che non è possibile generalizzare - più di un cattolico ha sostenuto, anche esplicitamente, Schlein - di certo c'è l'uscita dal partito di Giuseppe Fioroni, che sempre a fine febbraio aveva contributo a lanciare una piattaforma volta a dare concretezza a "un'esigenza diffusa di ricomposizione del variegato universo politico di movimenti, associazioni, liste civiche e personalità, che si riconoscono nella comune radice culturale del popolarismo": questa è stata denominata Piattaforma Popolare - Tempi Nuovi e nel suo logo non può sfuggire la caricatura di una balena bianca. Se per Lorenzo Cesa "la Piattaforma Popolare - Tempi Nuovi è la dimostrazione che chi sta nel Partito democratico oggi si troverà a disagio per le note posizioni di Schlein su alcuni temi. La sua elezione agevolerà la possibilità di rimettere insieme i democratici cristiani del centro destra con quelli che militavano nel Pd", per cui è stata manifestata apertura al dialogo "anche con quel pezzo di mondo cattolico che militava nel Pd di cui Fioroni è rappresentativo", occorre comunque ricordare che il progetto di Rotondi e Cesa, pur ponendosi come democristiano, resta comunque con i piedi ben piantati nel centrodestra, non al centro. Tra i nomi dei firmatari dell'appello per la Piattaforma Popolare ci sono certamente persone vicine al centrodestra (soprattutto Mario Mauro e Giuseppe Gargani), ma anche chi ha manifestato sensibilità diverse (da Lorenzo Dellai a Federico Fauttilli, da Lucio D'Ubaldo a Gero Grassi). 

Tornando comunque all'annuncio dato da Rotondi, questo è di per sé una notizia, senzalcun bisogno di scomodare un'eventuale "Balena Bianca 3.0". Per il deputato irpino, infatti, si tratterebbe di un ritorno a casa, dopo che nel 2004 Rotondi aveva scelto di abbandonare l'Udc - il cui segretario allora era Marco Follini, mentre il fondatore, Pier Ferdinando Casini, era presidente della Camera - una voltfalliti i suoi tentativi di invitare il partito a fondersi con Forza Italia vista la comune appartenenzal Ppe (lo ha raccontato lui stesso nel suo libro La variante Dc). In quell'occasione Gianfranco Rotondi fondò la "sua" Dc ("solo un po' più piccola"), mentre orannuncia il ritorno alla base facendo intendere che proprio quel nome che ha fatto la storia della Prima Repubblic- e che lui volle per sé a tutti i costi quasi vent'anni fa - potrebbe ritornare, tra l'altro abbinato allo scudo crociato cui è stato legato per quasi mezzo secolo.
Il possibile simbolo comune cui Rotondi f
a riferimento, da lui pubblicato sui suoi profili social alla fine di febbraio, altro non è che quello pensato per la lista lombardUdc - Verde è Popolare (e non arrivato sulle schede, come si diceva, per alcuni difetti nei documenti presentati): si tratta semplicemente dell'emblema dell'Udc, con lo scudo e le vele - poco visibili - al di sotto decisamente ingranditi (anche per l'assenza, in alto, del segmento rosso inserito danni nel cerchio) e il semplice inserimento, nella parte superiore del tondo, del riferimento all'associazione-partito dello stesso Rotondi. Il quale ha fatto balenare l'idea di far sparire le scritte, un po' come - in modo volutamente artigianale e lasciando qualche traccia - si è mostrato nell'immagine che apre questo articolo. Una soluzione simile, che tra l'altro consentirebbe di ingrandire ancora un po' lo scudo crociato per renderlo più evidente, costituirebbe tra l'altro un rimando quasi diretto alla Democrazia cristiana delle origini: per decenni, infatti, il partito presentava le proprie liste semplicemente schierando lo scudo crociato, senza alcun bisogno di aggiungere il proprio nome al di sotto o anche solo la sua sigla.
Se, tutto sommato, un simbolo di quel tipo potrebbe essere scelto senza troppi problemi (essendo nella piena disponibilità elettorale dell'Udc togliere elementi da emblemi e contrassegni elettorali impiegati finora), sembra più difficile la strada verso un ritorno esplicito della denominazione "Democrazia cristiana". Un'idea che certamente avrebbe fatto parlare di sé (e Rotondi lo sapeva benissimo), ma che presentalcuni profili problematici che su questo sito non si possono tralasciare. Quello che il deputato irpino in quell'occasione non aveva detto, ma che di fatto hmesso in chiaro oggi intervistato da Dario Martini per Il Tempo, è che Rotondi ritiene di avere consolidato il proprio diritto a usare quel nome, per averlo già usato per la Democrazia cristiana fondata nel 2004 (poi Democrazia cristiana per le autonomie e poi ancora, nel 2018, Democrazia cristiana) e, a monte, per aver essersi visto concedere l'uso della denominazione "Democrazia cristiana"addirittura con la facoltà di agire in giudizio a tutela del nome - da Luigi Gilli e Nicodemo Oliverio, quali unici legali rappresentanti del Ppi - ex Dc (dopo la scrittura privata con cui nel 2002 i rappresentanti del Cdu, incluso lo stesso Rotondi, avevano rinunciato alla gestione del patrimonio del Ppi - ex Dc, rimasta dunque nelle mani dei rappresentanti del Ppi-gonfalone)Sul Tempo di oggi Rotondi è più esplicito: "abbiamo chiesto una consulenza legale, in modo che sarà impossibile per chiunque avanzare qualsiasi eccezione. [...] Io ci metterò il nome, dal momento che è in uso a me quale fondatore della Dc nel 2004. Il simbolo con lo scudo crociato, invece, sarà portato in dote dall'Udc di Lorenzo Cesa, che ha mostrato disponibilità. [...] Giuridicamente parlando avremo a disposizione munizioni in grado di fermare tutti i millantatori".
Per quanto se ne sa, la Dc-Rotondi - confluita nel Pdl nel 2008 e ripescata dieci anni dopo - nel 2019 è stata nuovamente "congelata": le attività sono state sospese e l'uso del nome (non anche la sua titolarità, ovviamente) è stato conferito alla Fondazione Fiorentino Sullo, ribattezzata Fondazione Democrazia cristiana. Come era stata "scongelata" nel 2018, la Dc-Rotondi potrebbe essere "scongelata" (non risulta che nel frattempo sia stata sciolta) ed essere impiegata come "copertura" per il conferimento dell'uso del nome "Democrazia cristiana" per il partito che unisce Udc e Verde è Popolare. Nonostante questo, non è affatto scontato che l'uso concesso a Rotondi non sia revocato da parte del Ppi. Il famoso documento del 2004 di Gilli e Oliverio, infatti, aveva concesso al parlamentare campano "l'uso, sino a revoca, del nome 'Democrazia Cristiana', di esclusiva proprietà giuridica, morale ed economica della indicatassociazione 'Partito Popolare Italiano ex Democrazia Cristiana'": tale revoca potrebbe intervenire, dunque, in qualunque momento - e non ci sarebbe, per riprendere le parole di Rotondi, munizione in grado di neutralizzarla - se il Ppi non volesse veder associato il nome della Dc a persone o a un simbolo ritenuto inopportuno. Tra le situazioni inopportune potrebbe esserci anche l'uso congiunto del nome e dello scudo crociato
Nella scrittura privata del 2002 il Ppi aveva confermato al Cdu "la possibilità di utilizzare il simbolo della ex Democrazia Cristiana, contraddistinto dallo scudo crociato [...], riconoscendo altresì al Cdu la possibilità di associare il suddetto simbolo al nome ed all'attività di nuove aggregazioni politiche che direttamente emanino dalla esperienza politica della Democrazia Cristiana, fondata nel 1948", ma pochi mesi prima (aprile 2002), proprio il Ppi aveva contestato il "conferimento" dello scudo crociato da parte del Cdu all'Udc. "L'esperienza politicdella Dc, quale partito di centro, è da ritenersi conclusa ed incompatibile con il nuovo sistema maggioritario che presuppone per il suo stesso funzionamento un'articolazione tra centro-destra e centro-sinistra - si legge nell'intervento del Ppi nel giudizio iniziato dalla Dc-Duce contro Cdu e Udc - sicché il richiamo ad un partito che nella sua storia ha incarnato sia il centro-destra che il centro-sinistra, non può essere fatto unilateralmente da un movimento che milita tutto nel centro-destra. Il raggruppare tre diversi partiti tutti sotto il simbolo dello Scudo Crociato rappresenterebbe per l'elettorato una sorta di rifondazione della Dc, e ciò a danno del patrimonio politico e culturale del Ppi". Il giudice allora non accolse la tesi del Ppi (disse che i patti precedenti sull'uso del simbolo potevano in astratto essere stati violati, ma il Ppi non chiedeva di risolvere o dichiarare nulli quegli accordi né intendeva usare a sua volta lo scudo, quindi non poteva dire lesi o in pericolo i suoi diritti), ma fu chiaro l'intento di non avallare operazioni simili e piuttosto visibili. Si può supporre - a costo di essere smentiti - che la reazione possa essere più ferma di fronte alla volontà di abbinare allo scudo crociato l'uso del nome della Dc, per giunta da parte di un soggetto rappresentato in Parlamento: coi patti di Cannes del 1995 tanto i Popolari-Bianco quanto i Popolari-Buttiglione si erano obbligati a non usare più il vecchio nome; Rotondi era sì stato autorizzato a usare proprio quella denominazione (a differenza di molti altri soggetti che hanno creduto di avere titolo a rappresentare la Dc "storica"), ma solo quella, senza riferimento allo scudo. 
Ci si permette poi di d
are poco credito alla tesi di Rotondi, in base alla quale l'uso del nome "Democrazia cristiana" potrebbe coinvolgere nel progetto proposto da Udc - Verde è Popolare "anche i numerosi partiti che negli ultimi anni hanno provato a riattivare la Dc storica". Finora molti dei gruppi che intendevano riattivare la Dcal di là di generiche condivisioni di intenti, di solito non hanno accettato di prendere parte a operazioni che rischiavano di essere troppo simili a una confluenza o un'annessione nell'Udc (ritenendo che questo avrebbe tolto legittimazione ai propri tentativi di rimettere in piedi il partito o che, comunque, avrebbe avallato rendite di posizione di chi deteneva il simbolo senza restituirlo alla Dc). Proprio oggi Il Tempo fa sapere che del disegno Rotondi-Cesa sarebbe parte anche la Dc di Renato Grassiindicato quale segretario della Dc riattivata tra il 2016 e il 2017 (e prima guidata da Gianni Fontana), eppure non sembrano andare esattamente nella direzione di un percorso comune le parole diffuse da Grassi stesso pochi giorni fa:

Dopo un tormentato percorso politico ed elettorale, caratterizzato da una varietà di sigle e simboli, Rotondi e Cesa, folgorati sulla via di Damasco, riscoprono il comodo approdo della vituperata Dc.
Il ritorno del figliol prodigo va sempre valutato positivamente, ma la casa madre già esiste in forza della presenza diffusa su tutto il territorio nazionale e sulla legittimazione della sua struttura rappresentativa sancita dalle ripetute pronunce della Corte di Cassazione (23/12/2010) e del Tribunale Civile di Roma (23/12/2016 - 30/6/2022). La Dc ricostituita con il XIX Congresso celebrato il 14 Ottobre del 2018 ha pertanto piena titolarità politica e giuridica e conseguente operatività e rappresentatività.  
Certamente è auspicabile un ampliamento della partecipazione alle forze politiche che a vario titolo provengono dalla diaspora democristiana e, per quanto possibile, al variegato mondo dell'associazionismo cattolico che si riconosce nei comuni valori ispiratori. Occorre tuttavia un percorso democratico che coinvolga pienamente iscritti ed elettori su obiettivi legati ai problemi reali della vita comunitaria ed attraverso un sostanziale rinnovamento di classe dirigente.
Siamo disponibili al confronto e ad iniziative basate su ipotesi costruttive e politicamente coerenti. Siamo invece scettici di fronte di furbesche fughe in avanti per finalità mediatiche e per intese mirate alla ricerca di spazi politici di piccolo cabotaggio a sostegno degli attuali scenari politici e parlamentari.

La Dc di Grassi, tra l'altro, si sta preparando per il XX congresso, che dovrebbe tenersi a Roma il 22-23 aprile, dunque nel giro di poco più di un mese (si parlerà dell'adesione al progetto comune con Rotondi e Cesa?). Nel frattempo, scorrendo il sito del partito, oltre a trovare in ampio risalto la notizia relativall'estinta interdizione dai pubblici uffici di Totò Cuffaro (che in Sicilia ha ridato corpo a questa Dc, portandola fino all'Assemblea Regionale Siciliana), si apprende che avrebbe aderito alla Dc-Grassi anche Francesca Donato, europarlamentare eletta nel 2019 con la Lega. Vale subito la pena dire che, a meno che non cambino le norme da qui ai primi mesi del prossimo anno, questa novità non basterà a evitare alla Dc la raccolta delle firme, visto che Donato non era stata eletta con il partito di Grassi e Cuffaro (che, anzi, non aveva nemmeno partecipato al voto del 2019, essendosi visto bocciare il simbolo). 
Continu
a, per parte sua, a ritenersi segretario politico nazionale, eletto dal XIX congresso tenutosi online (in tempo di pandemia) il 24 ottobre 2020, Nino Luciani, che a suo favore cita tra l'altro, alcune pronunce recenti della magistratura (oltre a quelle, ben note a chi frequenta questo sito, che tra il 2009 e il 2010 hanno fatto ritenere che esistesse una "Dc dormiente" da risvegliare e alla decisione del 2016 che è statalla base del percorso di riattivazione in cui Luciani havuto parte attiva). In questi giorni, poi, Luciani ha dato ulteriore diffusione - condividendone l'entusiasmo, purché non si tratti di fondare un altro partito a un altro appello volto a ricomporre l'area politico-culturale dei cattolici, promosso questa volta da Publio Fiori.
L'ex parlamentare (che - dopo la militanza nella Dc, in An e nella Dca - è noto per essersi impegnato in varie iniziative politico-giuridiche nell'area democristiana) ha diffuso un documento - firmato, tra gli altri, anche da Nino Gemelli, Mario Tassone ed Ettore Bonalberti - in cui, "senza alcuna nostalgia di un passato, pure carico di indiscutibili positività", si enuncia l'opportunità di "unire tutte le energie locali, provinciali, regionali e nazionali, affinché la nostra cultura politica torni ad essere rappresentata nelle istituzioni italiane e europee. In una chiara posizione autonoma e di Centro, distinta sia dalla Destra che dalla Sinistra, per la diversità e l’inconciliabilità dei valori di riferimento". Il documento annuncia "un'azione capillare di promozione del dibattito culturale e politico su tutto il territorio nazionale [...] per favorire la più ampia partecipazione dei cittadini e delle associazioni che intendono dare il loro fattivo contributo per la ricomposizione politica dell’area popolare. Ben consapevoli che la linea politica adottata dal Pd con la nuova Segreteria, con l’esaltazione dei c.d. diritti civili (espressione di permissivismo, relativismo ed egoismi) rompe definitivamente con la strategia di Gramsci, Togliatti e Berlinguer fondata sull’intesa con i cattolici nel rispetto dei nostri valori".
Fiori non pare interessato all'uso del nome "Democrazia cristiana", a differenza di Rotondi, pronto a reagire contro possibili millantatori, avendo in mente "l'accanimento giudiziario di presunti animatori della Dc" concretizzatosi in passato. Ora, posto che il percorso politico-giuridico che ha portato alla Dc-Grassi farebbe parte a rigore di quell'accanimento (anche se Rotondi, intervistato a metà dicembre del 2016 dal Tempo dopo che questo sito diede la notizia del decreto del tribunale di Roma con cui si disponeva la riconvocazione degli iscritti, disse che non avrebbe ostacolato quel tentativo), occorre dare conto di come, proprio alla fine di febbraio - cioè mentre Rotondi e Cesannunciavano il loro progetto comune - alle più alte cariche dello Stato sia pervenuto l'annuncio di un nuovo percorso di riattivazione della Democrazia cristiana, questa volta con sede amministrativa Caserta, a seguito di un congresso svoltosi a Roma il 17 e 18 febbraio, in base all'ultima versione dello statuto e alle sempre richiamate sentenze del 2009 (corte d'appello di Roma) e 2010 (Corte di cassazione a sezioni unite), con il precedente della costituzione di unCommissione di Garanzia per il Tesseramento, guidata da Sabatino Esposito. Proprio lui aveva depositato al Ministero dell'interno il contrassegno con lo scudo crociato lo scorso 13 agosto, in vista delle elezioni politiche, anche se il simbolo era stato bocciato e l'Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di cassazione aveva confermato l'esclusione
Dal citato congresso del 17-18 febbraio è uscito eletto segretario Antonio Cirillo (che come avvocato aveva sostenuto Esposito in Cassazione nell'opporsi alla richiesta del Viminale di sostituire il simbolo; in passato Cirillo era stato anche tra i vicesegretari in Campanidella Dc guidata dAngelo Sandri): questi si è rivolto, appunto, al Presidente della Repubblica, alla Presidente del Consiglio e ai Presidenti delle Camere, nonché agli organi di stampa, dando notizia dell'avvenuto congresso, del simbolo e del proposito di "garantire il rispetto di quanto statuito dalla sentenza definitiva delle S.S.U.U. Civili della Suprema Corte di Cassazione in tutte le sedi competenti, tutelandone il nome ed il simbolo descritto della “Democrazia Cristiana”, esclusivamente in favore del Partito, così come rappresentato dagli organi eletti dal XIX Congresso Nazionale, celebrato in Roma nei giorni 17/18 Febbraio 2023", per cui "si procederà in tempo reale alla diffida di tutti coloro i quali, singoli o gruppi politici, hanno utilizzato impropriamente, raccogliendo consensi elettorali con false diciture partitiche e falsi simboli democristiani". La nota di informazione e diffida si chiude così: "E’ giunta l’ora di dire basta a mistificatori e a millantatori!!! La Democrazia Cristiana è rinata in maniera forte e determinata il 18/02/2023 e non sarà consentito a nessuno di fare proselitismo e celebrare congressi senza nessun titolo. I nostri diritti saranno tutelati in tutte le sedi giudiziarie". Rotondi, ci si permette di sospettare, non aspettaltro e avrà di che occuparsi (almeno per un paio di anni).

Nessun commento:

Posta un commento