mercoledì 1 maggio 2024

Europee, il quadro delle liste tra incertezze e "valutazioni variabili"

Alle ore 20, come da legge, si sono chiusi i cancelli delle corti d'appello di Milano, Venezia, Roma, Napoli e Palermo, sede dei cinque uffici centrali circoscrizionali per le rispettive circoscrizioni delle elezioni europee che si terranno l'8 e il 9 giugno prossimi. Non si conosce ancora il quadro completo delle ammissioni, ma una delle poche certezze è che nei cinque territori in cui è divisa l'Italia le schede saranno diverse per i simboli che conterranno (oltre che, ovviamente, per ordine dei contrassegni stessi, dipendente dal rispettivo sorteggio). Tra i motivi alla base della differenza, ce n'è almeno uno giuridicamente discutibile, cioè la diversa valutazione dei presupposti dell'esenzione dalla raccolta firme, per cui la medesima situazione è stata considerata diversamente a seconda delle circoscrizioni.

Le liste delle minoranze linguistiche

La diversa composizione delle schede elettorali dipende innanzitutto dal fatto che certe liste saranno inevitabilmente presenti nell'unica circoscrizione in cui possono correre, essendo quelle espressione di minoranza linguistica presente solo in quell'area. Il discorso vale certamente per la Südtiroler Volkspartei, presente - com'è ovvio - nel solo Nord-Est e sicuramente esente dalla raccolta firme grazie, tra l'altro, all'elezione di un rappresentante nel 2019 (Herbert Dorfmann, che siede al Parlamento europeo ben dal 2009; alla base c'è ovviamente anche l'elezione di almeno un parlamentare in un collegio uninominale). 
Nel Nord-Ovest, invece, ha scelto di non presentarsi Orgeuil Valdôtain - Federalismo & Autonomie di Laurent Viérin, poiché non si sono raggiunti accordi per l'apparentamento con una lista nazionale (richiesta dalla legge n. 18/1979 per consentire il cumulo dei voti e, qualora siano superati i 500mila consensi, fare scattare il seggio): "Malgrado i numerosi colloqui e incontri avvenuti con alcune forze politiche nazionali - si legge in una nota - la mancanza di piena condivisione sui contenuti progettuali della nostra proposta, per noi assolutamente irrinunciabili, non ha reso possibile questa formalizzazione, e crediamo opportuno oggi fermare questo percorso, coerenti con le nostre idee. Malgrado il superamento di tutte le formalità da parte nostra, con il deposito del simbolo, riconosciuto dal Viminale, e la costituzione della lista che prevedeva una candidatura valdostana, due figure piemontesi e una lombarda, tra cui 2 donne, oggi il percorso si interrompe, ma il progetto di Federalismo & Autonomie prosegue nel voler essere un punto di rifermento in Valle d'Aosta e fuori dai nostri confini sul tema delle minoranze linguistiche, della Montagna e dell'identità alpina". 
AGGIORNAMENTO DEL 2 MAGGIO 2024: Si è appreso oggi invece che è stata ammessa nella circoscrizione Nord-Ovest la lista di Rassemblement Valdôtain, annunciata in apparentamento a Libertà e regolarmente depositata dal suo leader, Davide Bionaz. Come si ricorderà, la lista riteneva di non aver bisogno di raccogliere le firme in quanto rappresentativa di minoranza linguistica (invocando a proprio favore anche un precedente che ci sarebbe stato nel 2004), anche se in apparenza l'ipotesi non era espressamente regolata dalla legge. L'Ufficio elettorale circoscrizionale presso la Corte d'appello di Milano, tuttavia, ha ammesso la lista precisando semplicemente che "non sussiste l'obbligo della sottoscrizione [...] trattandosi di partito o gruppo politico espresso dalla minoranza di lingua francese della Valle d'Aosta collegato, agli effetti dell'assegnazione dei seggi [...] con altra lista della stessa circoscrizione presentata da partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno". Questa decisione contribuisce a fare luce su una questione non regolata espressamente e, salvo nuove decisioni future, sarà rilevante anche per le nuove consultazioni elettorali europee: in qualche modo infatti il provvedimento certifica che, anche in mancanza di esenzioni esplicite (cosa che si era notata dall'inizio), sembra tuttavia irragionevole chiedere a una lista che intende rappresentare una minoranza dichiarata il sostegno di 30000 (in questo caso 15000) persone o anche solo di 3000 (stavolta 1500) della singola regione interessata.

Le liste che devono raccogliere le firme (e il taglio sfumato) 

Sulla composizione delle schede hanno poi effetti le differenze tra circoscrizioni dovute alla capacità di centrare o meno l'obiettivo della raccolta firme per le liste certamente non esenti da quell'onere (per l'occasione 15mila firme nella singola circoscrizione e almeno 1500 firme per ciascuna regione). La lista Pace Terra Dignità guidata da Michele Santoro, Raniero La Valle e Benedetta Sabene aveva annunciato di essere riuscita a ottenere tutte le sottoscrizioni necessarie e, finora, le notizie pervenute dagli uffici elettorali sembrano confermare buona parte dk quanto era stato riferito ai media nelle scorse ore; la lista sarebbe stata però esclusa a Nord-Ovest. 
Democrazia sovrana popolare
ritiene invece di essere riuscita a raggiungere la quota richiesta nelle circoscrizioni Centro e Sud, mentre nelle altre ha annunciato il ricorso (comunque a fronte della presentazione di un numero insufficiente di sottoscrizioni) per contestare il cambio "in corsa" delle norme sulle esenzioni. A questo proposito, bisogna dare conto di come due giorni fa Marco Rizzo e Francesco Toscano avessero incontrato Giorgia Meloni e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari per chiedere un ulteriore taglio delle firme necessarie, dopo la riduzione una tantum inserita durante la conversione in legge del "decreto elezioni 2024" a fronte della norma "strozza esenzioni" introdotta nello stesso percorso e della quale si è abbondantemente parlato su questo sito. "Abbiamo fatto riferimento - ha scritto Rizzo sui suoi canali social - a una riduzione delle firme a un quarto, che già per le elezioni politiche del 2018 era stata eccezionalmente introdotta in quanto la legge elettorale all’epoca fu modificata negli ultimi sei mesi prima delle elezioni. Abbiamo chiesto un pronunciamento con decreto legge della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che costituirebbe un atto di grande democraticità e garantirebbe comunque la rappresentatività della lista, considerando che si tratterebbe comunque di una cifra considerevole di sottoscrizioni, pari a 37.500 in tutta Italia. Cifra comunque superiore alle recenti elezioni politiche del 2022. In un momento così complicato per la democrazia, favorire l’accesso alle elezioni a forze rappresentative di una parte non irrilevante del Paese, sarebbe un segnale estremamente positivo. In tal senso ci riteniamo soddisfatti e fiduciosi".
Com'è noto, l'auspicata ulteriore riduzione non c'è stata: "Rizzo - hanno fatto sapere fonti di Palazzo Chigi - è stato ascoltato senza alcuna preclusione, c'era da parte del governo la disponibilità a venire incontro alla richiesta avanzata che appare in ogni caso ragionevole. Ciò con spirito collaborativo per favorire la partecipazione alla competizione elettorale e con l’aspettativa che la richiesta sarebbe stata condivisa in modo trasversale da tutte le forze politiche senza generare polemiche. A fronte della ferma contrarietà di altre formazioni politiche minori e per di più con accuse da più parti al governo di voler varare un provvedimento per qualche astruso secondo fine, l'esecutivo ha valutato opportuno non accogliere la richiesta". Marco Rizzo, che si era visto sfumare l'esenzione per via europea (che, come dichiarato ieri a Stefano Mentana di TPI in un'improvvisata conferenza stampa in Piazza Colonna, sarebbe potuta arrivare - stando esclusivamente alle dichiarazioni di Rizzo, in mancanza di riscontro in tal senso dalle forze politiche interessate - dal partito slovacco Smer, del primo ministro Robert Fico, e da Bündnis Sahra Wagenknecht, essendo però questa una formazione di nuovo conio fondata appunto da Wagenknecht, fuoriuscita da Die Linke), dopo il mancato accoglimento della sua richiesta ritiene che non sia stata rispettata la democrazia.
Sulla vicenda occorre spendere qualche riga. In condizioni normali un taglio delle firme sarebbe stato accolto con favore da chi scrive: abbassare l'asticella per l'accesso alle elezioni è pur sempre un gesto di apertura, potenzialmente in grado di ampliare il ventaglio delle forze in campo. In questo caso, però, l'eventuale taglio sarebbe stato in apparenza un gesto democratico, ma in concreto avrebbe prodotto profonde ingiustizie (e, se fosse stato praticato, sarebbe stato criticato con cortese fermezza su queste pagine). Va dato atto a Democrazia sovrana popolare di essersi impegnata a raccogliere le firme e di esserci riuscita in almeno due circoscrizioni; se però il decreto-legge richiesto fosse stato emesso ieri, questo avrebbe giovato solo al partito di Rizzo e Toscano, mentre non ne avrebbero potuto beneficiare tutte le altre forze politiche che, nelle settimane precedenti, avevano valutato che le 15mila firme richieste in ogni circoscrizione fossero, nonostante il dimezzamento, un obiettivo non alla loro portata. Il taglio chiesto da Dsp, infatti, sarebbe arrivato a una manciata di ore dalla scadenza dei termini per presentare le liste, quando ormai non si potevano più raccogliere firme (non essendo immaginabile ottenere nell'immediato nuovi certificati di iscrizione alle liste elettorali dei sottoscrittori coinvolti "in zona Cesarini"). 
Varie forze politiche - da Volt al Patto autonomie e ambiente, legato al partito europeo Efa - avevano manifestato l'idea di partecipare alle elezioni grazie all'esenzione per via europea (la stessa rivendicata da Rizzo) ma, venuta meno quell'esenzione, avevano poi rinunciato alla ricerca dei sottoscrittori: si potrebbe dire che non hanno saputo osare, ma in realtà hanno solo "preso sul serio" la nuova norma che esige, per chi rivendicava l'adesione a un partito politico europeo, l'aver eletto europarlamentari in Italia cinque anni prima. Se, a 24 ore dalla consegna delle liste, le firme necessarie fossero passate improvvisamente da 75000 a 37500, questi soggetti politici si sarebbero - a ragione - sentiti due volte buggerati (assai più della lista promossa da Cateno De Luca, che aveva subito reagito con durezza, parlando di "norma ad personam" e di "atto antidemocratico"); il governo, per parte sua, avrebbe dato la sgradevolissima impressione - di certo non rispondente al vero, ma in certi casi l'apparenza rischia di avere più peso della realtà - di voler "scegliere" quali competitori aggiungere alle elezioni, dopo che il partito di maggioranza relativa aveva aggiunto alcuni sbarramenti (solo in parte mitigati dal dimezzamento una tantum delle firme). 

Le esenzioni sperate e il "metro variabile" degli uffici elettorali

Se, al di là della composizione delle liste, il dubbio maggiore dei media riguardava la capacità delle liste guidate da Santoro - La Valle e Rizzo-Toscano di raccogliere le firme richieste dalla legge, la comunità dei #drogatidipolitica era ancora più curiosa di scoprire il destino delle formazioni politiche che ritenevano di poter presentare candidature senza sottoscrizioni, in ragione della loro adesione (o almeno del collegamento) a un partito politico europeo, nonostante la norma nel frattempo approvata dal Parlamento. Nei giorni scorsi, in particolare, avevano annunciato con certezza la presentazione delle liste Alternativa popolare (Ppe), Partito animalista - Italexit per l'Italia (Animal Politics EU - Partei Mensch Umwelt Tierschutz) e Forza Nuova (Apf); di altre liste - come Italia reale (Aemn) e Pirati (Pirati europei) - era comunque probabile l'arrivo nelle sedi di alcune delle corti d'appello interessate.
In base alle notizie fin qui pervenute, si può affermare che la nuova norma che ha di fatto sterilizzato l'esenzione per via europea non ha avuto un'applicazione uniforme. Risulta, infatti, che almeno Alternativa popolare e Partito animalista - Italexit per l'Italia, respinte nelle circoscrizioni Nord-Est e Centro (da Nord-Ovest e Isole ancora non si hanno notizie), siano invece state ammesse nella circoscrizione Sud. "L'Italia - si legge in un argutissimo lancio di Agi, purtroppo firmato solo "redazione" visto lo stato di agitazione dei giornalisti - sta per restaurare i cippi confinari che sull'Appennino dividono lo Stato Pontificio dal Regno delle Due Sicilie: da una parte le chiavi di San Pietro incrociate, dall'altra il Giglio dei Borboni; le rispettive guardie di frontiera stanno già dislocando i loro uomini. Tutto avviene, all'insaputa degli italiani, nel piovoso Primo Maggio dell'anno del Signore 2024".
In particolare, l'Ufficio elettorale circoscrizionale di Roma ha rilevato che l'art. 12 della legge n. 18/1979 "prevede, oggi, che un partito o gruppo politico possa essere esonerato dall'obbligo di raccogliere le sottoscrizioni degli elettori, al fine di presentare una lista di candidati per le prossime elezioni al Parlamento europeo, tra l'altro, quando abbia presentato candidature con proprio contrassegno e ottenuto almeno un seggio in una delle circoscrizioni italiane alle precedenti elezioni per il medesimo Parlamento europeo", non bastando più "la mera affiliazione o il collegamento concordato con un partito politico europeo rappresentato nel Parlamento europeo con un proprio gruppo parlamentare, come in precedenza ritenuto da alcune decisioni dell'Ufficio elettorale nazionale". "La nuova disposizione normativa - si legge sempre nella decisione dell'ufficio elettorale romano, che si è potuta visionare - è chiara e deve ritenersi adottata proprio al fine di superare le ambiguità interpretative che, in precedenza, avevano determinato l'emissione delle decisioni richiamate, oggi non più pertinenti proprio in virtù della volontà legislativa". Com'è noto, Alternativa popolare nel 2019 aveva presentato la lista insieme al Popolo della famiglia (senza firme, proprio in virtù dell'appartenenza al Ppe) e non aveva ottenuto eletti, per cui secondo i giudici del collegio non c'erano i presupposti per la valida presentazione della lista.
Circa nelle stesse ore, tuttavia, l'Ufficio elettorale circoscrizionale di Napoli ha ammesso la lista di Ap: nell'atto di ammissione - che, come il precedente, è stato visionato - si dà atto che tale lista "ha diritto all'esonero ai sensi dell'art. 12, quarto comma della Legge 24 gennaio 1979, n. 18, come riformulato dall'art. 4-bis del d.l. n. 7/2024, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 38/2024, giusta comunicazione inviata dal Ministero dell'interno pervenuta in data 29/04/2024 in base alla quale la lista in esame riguarda il Gruppo politico PPE che nell'ultima elezione ha presentato candidature con proprio contrassegno ed ha ottenuto almeno un seggio in una delle circoscrizioni italiane al Parlamento europeo e che è affiliata a un partito politico europeo costituito in Gruppo parlamentare al Parlamento europeo nella legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali. L'affiliazione è certificata a mezzo di dichiarazione sottoscritta dal presidente del Gruppo parlamentare europeo autenticata da un notaio o un'autorità diplomatica o consolare italiana".
Lo stesso Stefano Bandecchi ha dato la notizia dell'ammissione napoletana e della bocciatura romana, contro la quale peraltro sarebbe già stato presentato ricorso all'Ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo presso la Corte di cassazione: al suo interno si darebbe conto sia della dichiarazione del segretario generale del Ppe Thanasis Bakolas circa l'iscrizione al Ppe e la conseguente autorizzazione a partecipare alle elezioni senza firme (oltre che a usare il simbolo del partito europeo), sia della raccomandazione n. 2829 del 12 dicembre 2023 della Commissione europea (in cui si rimarca il ruolo dei partiti politici europei e si criticano le modifiche alla legge elettorale vicine al voto, anche sulla base del Codice di buona condotta elettorale della Commissione di Venezia); la richiesta di ammissione si baserebbe anche sulle parti delle Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature in cui si fa tuttora riferimento all'esenzione attraverso i partiti europei rappresentati a Strasburgo (sia pure con la precisazione "prima che entrasse in vigore il decreto-legge n. 7/2024, convertito [...]), ritenendo che questo dovesse far pensare alla perdurante attualità di quell'ipotesi (ma si proverebbe a sostenere che lo stesso Ppe è rappresentato al Parlamento italiano attraverso i gruppi di Forza Italia). 
Non è possibile avere contezza della comunicazione del Viminale datata 29 aprile, alla base della decisione dell'Ufficio elettorale circoscrizionale napoletano; ci si sente di escludere che questo possa coincidere con la circolare n. 39 pubblicata sempre il 29 aprile ed emessa dalla Direzione centrale per i servizi elettorali, nella quale sono sì indicati -  tra l'altro - i partiti che hanno eletto almeno un rappresentante al Parlamento europeo, ma tra questi non figura in alcun modo Ap (mentre il Ppe è citato solo nei gruppi parlamentari di Fi). In compenso si sa già che anche la lista del Partito animalista - Italexit per l'Italia, non ammessa dagli uffici elettorali di Venezia e Roma, è invece passata a Napoli: per quanto si sa, il provvedimento di ammissione si limita a rilevare che, sulla base dei documenti ricevuti, la lista "nell'ultima elezione [ha] presentato candidature con proprio contrassegno [e ha] ottenuto almeno un seggio in una delle circoscrizioni italiane al Parlamento europeo" (il che, in effetti, non pare proprio) e risulta affiliata a un partito politico europeo costituito in gruppo parlamentare al Parlamento europeo (vale la stessa considerazione anche qui).
Dal momento che non è possibile - per nessuna forza politica e nemmeno per il Viminale - impugnare l'ammissione di una lista, ciò significa che nella circoscrizione Sud conviveranno sulla scheda Italexit per l'Italia e il Movimento per l'Italexit che aderisce alla lista Libertà; Cristiano Ceriello, leader del Partito animalista, ha già annunciato ricorsi nelle altre circoscrizioni. Presenteranno ricorsi anche Forza Nuova e Pensioni & Lavoro - Risveglio europeo; lo faranno anche i Pirati, ai quali non è stata riconosciuta l'esenzione tramite i Pirati europei nelle circoscrizioni Nord-Ovest e Centro, mentre non ci saranno ricorsi nella circoscrizione Sud semplicemente perché lì la lista (come pure nel Nord-Est e nelle Isole) non è stata presentata.
In attesa delle successive puntate contenziose, non può non colpire come una norma di nuovissimo conio, approvata espressamente (come in qualche modo ammesso ex post da uno dei proponenti) per non consentire le esenzioni praticate con larghezza nel 2019, abbia comunque trovato un'applicazione a dir poco singolare (una quasi-disapplicazione, per la verità) da parte di un ufficio elettorale, situazione peraltro in nessun modo rimediabile. Chi legge questo sito sa bene quanto chi scrive abbia contestato la scelta di strozzare le esenzioni per via europea (nel merito e soprattutto nei tempi), ma si resta dell'idea che una norma, finché c'è, debba essere rispettata anche quando è criticabile (e, se si ritiene di non rispettarla perché viola diritti ed è ingiusta, lo si dichiari in modo netto, assumendosene la responsabilità). È questa, in fondo, la base della certezza del diritto (insieme all'idea di prenderlo sul serio, come si è detto prima).


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